La sera di Natale giunge stanca, e tutti ci domandiamo che
festa sia S. Stefano: va beh, è un giorno di festa in più, tanto per avere il
tempo di smaltire gli eccessi di sbobba…
Dopo le orate (d’allevamento, comprate al Famila, 6,35
euro/kg) della vigilia, siamo passati ai ravioli di mezzodì: fatti
amorevolmente a mano, ma proprio tutto a mano, perché la macchina cinese appena
comprata dopo due sfoglie (dov’è finita la vecchia “Imperia” a manovella dei
nonni? non mi ricordo, forse è in soffitta…) avviluppa tutto in un melange
apocalittico di sfoglie e metallo. Va beh, ci siamo fatti i muscoli a tirare le
sfoglie col mattarello…
E viene la sera più noiosa dell’anno, quella “che è festa e
qualcosa devi fare”: una scopetta all’asso in quattro, almeno si ride un po’ su
chi si dimentica che di Re ce n’era ancora uno in giro…e giù una scopa…oppure,
di mazzo, gioca la sua ultima carta con un sapore di vendetta negli occhi. E
gira un asso sul tavolo vuoto, perché i sette se ne sono andati. Va tutto bene
la sera di Natale, anche chi gioca a poker e dice boriosamente “vedo” con una
coppia di dieci in mano…è la sera di Natale, si deve arrivare a domani per
festeggiare (!) il patrono d’Italia, al quale avremmo tante cose da chiedere,
ma abbiamo imparato a tacere, anche coi santi.
La suocera di mio fratello, 90 anni, ci osserva dalla sedia
a rotelle: ogni tanto biascica qualcosa, vede qualcuno morto da trent’anni,
saluta un figlio che non c’è…l’Alzheimer galoppa…povera donna, speriamo che
queste visioni la sottraggano, almeno un poco, alla sua triste condizione
d’inferma, nell’attesa della morte più fulminea e misericordiosa possibile.
Quando, però, strabuzza gli occhi all’indietro e s’abbandona
come un cencio slavato, tutti ci fermiamo, agghiacciati, muti, silenti, la
carta si ferma nell’aria e non scende nemmeno sul tavolo. Impietriti. Solo lei
scatta: l’infermiera di famiglia, alla quale non è permesso lasciarsi prendere
dallo scoramento, salta su come un lampo, la regge, poi si volta: “Datemi una
mano”.
Dio come pesa questa vecchietta, questi pochi brandelli di
pelle e ossa paiono piombo…sembra di tirare su le batterie della barca dalla
sentina…finché la sdraiamo sul letto: siamo divenuti tutti pallidi, cerei…sarà
il gelo della morte che ti passa accanto…
Ma è già tutto cambiato: con una mano sul cuore, la
strapazza. Dove ti fa male? Qui o qui? La poveretta riemerge, riesce a parlare,
ma capire se è un dolore allo sterno o allo stomaco è tutto un programma…“dammi
il tuo orologio, veloce!” Lo slaccio e faccio partire il cronometro…dopo pochi
istanti ci sono già i primi dati: pulsazioni e respirazioni…già, ma che farne?
“Chiamiamo il 118”?
La figlia, con le lacrime agli occhi “se la portiamo in ospedale ci muore”.
Già, con le infezioni ospedaliere che girano…ma, d’altro canto, che si può
fare?
La Guardia Medica.
Ecco, questo si può fare.
“Il medico è già impegnato in un’altra telefonata: non
riagganci, per non perdere la priorità acquisita!” : ma che è, siamo al call
centre dell’Ipercoop?!?
Niente. Mezzora ad aspettare, mezzora durante la quale la
nonnina si riprende, l’amica/infermiera riesce a parlarle, a farsi raccontare
con più precisione i sintomi, e si tranquillizza anche lei. “Mi sembra più una
faccenda di stomaco…non un infarto…” ribatto: se era un infarto era già
andata…risponde con garbo e fermezza “non è vero per un cazzo di niente, ci
sono infarti che ti lasciano anche ore per intervenire!” Taccio, che è meglio.
Prova a chiamare un amico medico, ma non risponde…avrà
staccato il cellulare di servizio, è la sera di Natale…tocca alla Guardia
Medica…ma dopo 40 minuti desistiamo dal chiamare la Guardia Medica, ci mancano solo
le musichette… Nel frattempo la nonnina s’è ripresa, è tornata rosea: con un
po’ d’acqua, limone e bicarbonato ha tirato un paio di sonori rutti…è andata
bene.
Nessuno, però, può impedirmi di ricordare una sera di
quarant’anni fa, al capezzale di una bambina che aveva la febbre alta, troppo
alta, e non si lamentava. I genitori, entrambi biologi, erano perplessi: i
bambini, ancorché malati, non sono mai così inerti, senza riflessi…è colpa mia,
si rattristava la madre, non dovevo metterla in cortile solo con la
canottiera…pareva caldo…poi si avvicina alla piccola, le fa passare la mano
sotto la nuca e rialza il capo: immediatamente, la piccola geme.
“Questa è meningite” afferma sicura “vado a chiamare il
medico.” La risposta del medico fu un poema: “Dagli una bella Aspirina e
prendine una anche tu, altrimenti viene a te la meningite.”
Disperata, un’idea le attraversa la mente (era il 1974): “ma
non hanno messo quel nuovo servizio…come si chiama… ah sì, Guardia Medica”…elenco
telefonico…dopo un quarto d’ora un giovanissimo medico varca la porta, visita
la piccola, prende la febbre, compie anche lui la manovra del capo poi, sicuro:
“E’ il primo caso che osservo, ma sono più che certo: è meningite o, comunque,
infezione meningea.”
La bimba fu immediatamente ricoverata e la mattina seguente
era già fuori pericolo: attendere la notte per il ricovero sarebbe stato,
probabilmente, fatale (dissero gli infettivologi).
Ora voltiamo la pagina, e domandiamolo a voi – miseri
saltimbanchi d’avanspettacolo di paese, che si fingono attori shakespeariani –
a voi, che per mesi ci strapazzerete i cosiddetti con le vostre misere sparate,
che altrettanto miseri giornalisti strombazzeranno sulle colonne dei quotidiani
per far sembrare una cazzata più grande di un’altra, nello sciagurato
spettacolo che ci offrirete in un’assurda campagna elettorale.
Non vi chiedo di pensare come pensano i grandi, poiché non
ne siete capaci: perciò non vi chiederò di sanare il baratro che oramai separa
come un vallo incolmabile la ricchezza ostentata, gravida di scempiaggini,
urlata nel silenzio delle notti, esposta al ludibrio dei tanti…da coloro che
vivono di poco, che ritagliano anche sul biglietto dell’autobus, che misurano
il vino a tavola, quando non devono misurare anche il pane.
Non vi chiederò di stendere piani energetici credibili,
impostazioni finanziarie meno disperanti, sovranità – territoriali,
industriali, monetarie, culturali… –
svanite…no, vi chiederò solo una cosa: vi siete accorti del danno
provocato dalla gestione regionale della Sanità?
100 miliardi l’anno che svaniscono ogni anno come uno sciame
di bolle di sapone…gli ospedali vengono ridotti, i reparti chiusi, i servizi
decimati…mentre le uniche cose ad aumentare sono i costi per i cittadini ed il
numero delle infezioni ospedaliere, dovute anch’esse a “risparmi” sulla
sterilità dei mezzi impiegati?
E tutto questo per permettere ai vari Formiconi & similia
di trascorrere dorate vacanze in barche da sogno o sulle nevi più gettonate, in
club esclusivi, su isole irraggiungibili…tutto questo deve essere rubato sulla
pelle della gente? Sei mesi d’attesa per un’ecografia, reparti inaccessibili,
Guardie Mediche intasate, gente che aspetta in barella per ore nei Pronto
Soccorso?
Chi di voi, in questa sfolgorante campagna elettorale, avrà
il coraggio di alzarsi e dire: “E’ stato un colossale errore: abbiamo
moltiplicato i costi per 20 e diminuito di 20 volte la nostra capacità di
curare la popolazione. Perciò, con la prossima legislatura, la Sanità tornerà allo Stato,
seguendo metodologie d’intervento già sperimentate in passato, che davano
risultati sicuramente migliori.” Punto.
Chi avrà il coraggio di farlo? (e di attuarlo?)