Oggi nevica, ed entro alla prima ora: rapido sguardo alla strada, e noto con piacere (sic!) che lo spartineve – come sempre – non s’è visto. Sarà colpa del “federalismo” che non arriva: dopo, ci saranno decine di spartineve in azione, come no.
Da un paio di giorni, ho un fastidioso dolore reumatico alla spalla destra, che quasi m’impedisce di volgere il capo da quella parte: sarebbe un ottimo motivo per stare a casa a curarlo, giacché guidare su una strada innevata, senza poter vedere rapidamente chi c’è alla tua destra, non è il miglior viatico.
Eppure, penso che i ragazzi hanno cominciato il loro viaggio in pullman proprio mentre m’alzavo dal letto: mentre uscivo dal caldo delle coltri, loro erano già appostati alla pensilina dell’autobus, sperando che non fosse in ritardo. E, magari, s’erano già fatti un po’ di strada sotto la neve: sono giovani, non è una tragedia.
C’è, però, in quelle scelte – la mia di prendere la macchina e guidare sotto la neve e la loro, di correre a prendere l’autobus con il gusto del caffelatte in bocca – qualcosa che si chiama, semplicemente, senso del dovere. Non so se sono riuscito a spiegarmi e se lei, signor Presidente del Consiglio, è in grado di capirmi.
Svolgo due ore di lezione, poi ho un’ora a disposizione ed apro un giornale sul Web: c’è la sua dichiarazione – Signor Presidente del Consiglio – nella quale afferma che si deve “essere liberi” di mandare i propri figli in altre scuole, che non siano la scuola di Stato.
Perché?
Poiché nella scuola si Stato ci sono insegnanti che “vogliono inculcare principi che sono contrari a quelli che i genitori vorrebbero inculcare nell’ambito della loro famiglia.” Sono parole sue.
Ma Lei, fra un bunga bunga e l’altro, si rende conto di quel che dice? Ha ancora padronanza del linguaggio? Deve ricorrere alla perpetua correzione da parte dei suoi avvocati, questa volta dell’avvocato Gelmini? Si rende conto d’aver detto una bestialità senza senso?
Premettendo che, da allievo, frequentai entrambe le scuole, quella privata cattolica e poi quella pubblica – e che non metto in dubbio l’esistenza della scuola privata, nell’ambito di quanto previsto dalla Costituzione “…senza oneri per lo Stato” (art. 33) – le confesso che ci furono, per entrambe, pregi e difetti.
Se guardiamo alla preparazione scolastica, forse la scuola privata mi fornì un maggior bagaglio di conoscenze, ma la scuola pubblica m’aprì le porte della vita. Nella scuola privata cattolica si tende a creare un ambiente super-protetto, nel quale l’allievo/a non viene mai a contatto con idee, posizioni ed opinioni diverse da quelle dell’Istituto. Nella scuola pubblica, va come va, secondo chi incontri: e, la vita, è proprio così, una serie d’incontri diversissimi l’uno dall’altro, nei quali bisogna saper scegliere.
La persona che frequenterà un intero percorso – fino all’Università Cattolica – nella scuola privata cattolica, rimarrà sempre all’interno di quel sistema di valori: attenzione, ciò non significa che non si possa essere cattolici al di fuori di quella scuola. Qual è la differenza?
Un cattolico che ha vissuto nella scuola pubblica si troverà, talvolta, a dover confrontare le sue opinioni e lo farà: quante volte ho assistito, da studente e da docente, a confronti e discussioni in tal senso! Dove sarebbe il pericolo?
La persona che, invece, frequenta per tutta la sua vita scolastica solo l’ambiente cattolico, non sarà preparato al confronto, perché gli/le mancherà l’abitudine a farlo: tenderà, inevitabilmente, ad essere dogmatica e ad accusare chi ha opinioni diverse d’essere un miscredente o, come lei ripete spesso, un “comunista”.
Ed è, esattamente, quello che le persone come lei desiderano.
Ancora ricordiamo quell’afflato che le sfuggì di bocca in un confronto televisivo con Romano Prodi – proprio una “voce dal sen sfuggita” – nella quale, candidamente, affermava che il figlio dell’operaio no, non poteva reclamare gli stessi diritti del figlio dell’imprenditore. Salvo che, la Costituzione, all’art. 34 – per quanto riguarda l’istruzione – proprio questo prevede “I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
Già, ma la Costituzione è da cambiare, è vecchia, è da rottamare…meglio la “Costituzione materiale”, quella che lei scrive e cancella ogni volta che ne ha voglia. Sentito parlare della differenza fra libertà e licenza?
Noi, insegnanti “comunisti” e miscredenti, che lavoriamo in modo perverso contro le famiglie dei nostri allievi, non abbiamo bisogno di tirar fuori chissà che cosa per mostrare il ludibrio della sua persona e del suo agire: ci pensa lei stesso a farlo.
Basta leggere un quotidiano in classe – attività didattica – e ci s’imbatte nei titoli che riguardano la sua vita privata e pubblica, i suoi infiniti processi, la sua infinita lotta per acchiappare qualche voto in cambio di qualche poltrona. Anche questa esternazione – entrambi lo sappiamo bene – era diretta alla platea di cattolici conservatori che l’ascoltavano, per acchiappare qualche consenso nella frana che la sta travolgendo.
Crede forse che i ragazzi, gli adolescenti, pensino soltanto a vestiti e motorini?
Si sbaglia: lo fanno, ma fanno anche altro.
Di tutta la vicenda, che ha riguardato la “rimessa in opera” di una maggioranza per il suo Governo, sa cos’hanno ricavato? Che il Parlamento è un mercato rionale, nel quale le merci – i parlamentari – sono lì per essere acquistate da chi ha molti soldi a disposizione.
Hanno imparato che, qualora ci s’imbatta in una vicenda giudiziaria, la prima cosa da fare è cambiare la legge per la quale si potrebbe essere condannati.
Colpa degli insegnanti comunisti?
No, è soltanto il suo sistema di governo/comunicazione, che le torna indietro come un boomerang: è stato lei, per decenni, a propalare ai quattro venti la teoria che due mezze bugie, se ripetute, finiscono per diventare una mezza verità.
Oggi, proprio questo sta accadendo: tutte le sue vicende giudiziarie e la compravendita dei parlamentari – propagati ai quattro venti dai mille canali d’informazione, dai giornali alle tv al Web – hanno finito per creare intorno alla sua persona un alone…non trovo altri aggettivi che ripugnante, da rifuggire, da evitare: di conseguenza, anche gli istituti di rilevazione del consenso più vicini a lei – anche la Ghisleri! – devono ammettere il crollo.
Perciò – questo è il modesto consiglio di un insegnante della povera scuola pubblica – se vuole risalire nei consensi, provi a governare seriamente, provi ad essere uno statista che non fa le corna nelle occasioni ufficiali e che non racconta barzellette stupide e blasfeme in giro per il mondo. Perché – vede – per un insegnante è difficile, a fronte delle domande degli allievi, giustificare chi sta ancora più in alto del Ministro che sta sopra a tutti noi.
Oppure, se vuole tentare la carta estrema, quella della spettacolarizzazione oltre ogni limite del suo pensiero, la prossima volta che deve comperare un parlamentare od una velina minorenne lo faccia pubblicamente, con Jerry Scotti – suo dipendente – come regista dell’operazione.
Così, con un Razzi, uno Scilipoti od un Calearo che dovrà guadagnarsi 150.000 euro a fronte della domanda “Quando si può costruire una casa?” – (R: 1) Solo dopo aver ricevuto i necessari permessi. 2) Solo dopo aver pagato la tangente. 3) Solo dopo aver fatto una visita ad Arcore. 4) Solo dopo aver portato una ragazzina al Presidente del Consiglio) – la popolazione potrà capire ed imparare quali sono le leggi che lei fa approvare e desidera.
In questo modo, almeno, la lenta discesa all’Inferno del Paese, che Lei indegnamente guida, sarebbe almeno accompagnata da qualche risata: meglio dello sconforto che ci assale, al pensiero delle macerie che ci lascerà.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
Questa pubblicazione non può essere considerata alla stregua della pubblicazione a stampa, giacché ha carattere saltuario e si configura, dunque, come un libera espressione, così come riferito dall'art. 21 della Costituzione. Per le immagini eventualmente presenti, si fa riferimento al comma 3 della Legge 22 Maggio 2004 n. 128, trattandosi di citazione o di riproduzione per fini culturali e senza scopo di lucro.
Da un paio di giorni, ho un fastidioso dolore reumatico alla spalla destra, che quasi m’impedisce di volgere il capo da quella parte: sarebbe un ottimo motivo per stare a casa a curarlo, giacché guidare su una strada innevata, senza poter vedere rapidamente chi c’è alla tua destra, non è il miglior viatico.
Eppure, penso che i ragazzi hanno cominciato il loro viaggio in pullman proprio mentre m’alzavo dal letto: mentre uscivo dal caldo delle coltri, loro erano già appostati alla pensilina dell’autobus, sperando che non fosse in ritardo. E, magari, s’erano già fatti un po’ di strada sotto la neve: sono giovani, non è una tragedia.
C’è, però, in quelle scelte – la mia di prendere la macchina e guidare sotto la neve e la loro, di correre a prendere l’autobus con il gusto del caffelatte in bocca – qualcosa che si chiama, semplicemente, senso del dovere. Non so se sono riuscito a spiegarmi e se lei, signor Presidente del Consiglio, è in grado di capirmi.
Svolgo due ore di lezione, poi ho un’ora a disposizione ed apro un giornale sul Web: c’è la sua dichiarazione – Signor Presidente del Consiglio – nella quale afferma che si deve “essere liberi” di mandare i propri figli in altre scuole, che non siano la scuola di Stato.
Perché?
Poiché nella scuola si Stato ci sono insegnanti che “vogliono inculcare principi che sono contrari a quelli che i genitori vorrebbero inculcare nell’ambito della loro famiglia.” Sono parole sue.
Ma Lei, fra un bunga bunga e l’altro, si rende conto di quel che dice? Ha ancora padronanza del linguaggio? Deve ricorrere alla perpetua correzione da parte dei suoi avvocati, questa volta dell’avvocato Gelmini? Si rende conto d’aver detto una bestialità senza senso?
Premettendo che, da allievo, frequentai entrambe le scuole, quella privata cattolica e poi quella pubblica – e che non metto in dubbio l’esistenza della scuola privata, nell’ambito di quanto previsto dalla Costituzione “…senza oneri per lo Stato” (art. 33) – le confesso che ci furono, per entrambe, pregi e difetti.
Se guardiamo alla preparazione scolastica, forse la scuola privata mi fornì un maggior bagaglio di conoscenze, ma la scuola pubblica m’aprì le porte della vita. Nella scuola privata cattolica si tende a creare un ambiente super-protetto, nel quale l’allievo/a non viene mai a contatto con idee, posizioni ed opinioni diverse da quelle dell’Istituto. Nella scuola pubblica, va come va, secondo chi incontri: e, la vita, è proprio così, una serie d’incontri diversissimi l’uno dall’altro, nei quali bisogna saper scegliere.
La persona che frequenterà un intero percorso – fino all’Università Cattolica – nella scuola privata cattolica, rimarrà sempre all’interno di quel sistema di valori: attenzione, ciò non significa che non si possa essere cattolici al di fuori di quella scuola. Qual è la differenza?
Un cattolico che ha vissuto nella scuola pubblica si troverà, talvolta, a dover confrontare le sue opinioni e lo farà: quante volte ho assistito, da studente e da docente, a confronti e discussioni in tal senso! Dove sarebbe il pericolo?
La persona che, invece, frequenta per tutta la sua vita scolastica solo l’ambiente cattolico, non sarà preparato al confronto, perché gli/le mancherà l’abitudine a farlo: tenderà, inevitabilmente, ad essere dogmatica e ad accusare chi ha opinioni diverse d’essere un miscredente o, come lei ripete spesso, un “comunista”.
Ed è, esattamente, quello che le persone come lei desiderano.
Ancora ricordiamo quell’afflato che le sfuggì di bocca in un confronto televisivo con Romano Prodi – proprio una “voce dal sen sfuggita” – nella quale, candidamente, affermava che il figlio dell’operaio no, non poteva reclamare gli stessi diritti del figlio dell’imprenditore. Salvo che, la Costituzione, all’art. 34 – per quanto riguarda l’istruzione – proprio questo prevede “I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
Già, ma la Costituzione è da cambiare, è vecchia, è da rottamare…meglio la “Costituzione materiale”, quella che lei scrive e cancella ogni volta che ne ha voglia. Sentito parlare della differenza fra libertà e licenza?
Noi, insegnanti “comunisti” e miscredenti, che lavoriamo in modo perverso contro le famiglie dei nostri allievi, non abbiamo bisogno di tirar fuori chissà che cosa per mostrare il ludibrio della sua persona e del suo agire: ci pensa lei stesso a farlo.
Basta leggere un quotidiano in classe – attività didattica – e ci s’imbatte nei titoli che riguardano la sua vita privata e pubblica, i suoi infiniti processi, la sua infinita lotta per acchiappare qualche voto in cambio di qualche poltrona. Anche questa esternazione – entrambi lo sappiamo bene – era diretta alla platea di cattolici conservatori che l’ascoltavano, per acchiappare qualche consenso nella frana che la sta travolgendo.
Crede forse che i ragazzi, gli adolescenti, pensino soltanto a vestiti e motorini?
Si sbaglia: lo fanno, ma fanno anche altro.
Di tutta la vicenda, che ha riguardato la “rimessa in opera” di una maggioranza per il suo Governo, sa cos’hanno ricavato? Che il Parlamento è un mercato rionale, nel quale le merci – i parlamentari – sono lì per essere acquistate da chi ha molti soldi a disposizione.
Hanno imparato che, qualora ci s’imbatta in una vicenda giudiziaria, la prima cosa da fare è cambiare la legge per la quale si potrebbe essere condannati.
Colpa degli insegnanti comunisti?
No, è soltanto il suo sistema di governo/comunicazione, che le torna indietro come un boomerang: è stato lei, per decenni, a propalare ai quattro venti la teoria che due mezze bugie, se ripetute, finiscono per diventare una mezza verità.
Oggi, proprio questo sta accadendo: tutte le sue vicende giudiziarie e la compravendita dei parlamentari – propagati ai quattro venti dai mille canali d’informazione, dai giornali alle tv al Web – hanno finito per creare intorno alla sua persona un alone…non trovo altri aggettivi che ripugnante, da rifuggire, da evitare: di conseguenza, anche gli istituti di rilevazione del consenso più vicini a lei – anche la Ghisleri! – devono ammettere il crollo.
Perciò – questo è il modesto consiglio di un insegnante della povera scuola pubblica – se vuole risalire nei consensi, provi a governare seriamente, provi ad essere uno statista che non fa le corna nelle occasioni ufficiali e che non racconta barzellette stupide e blasfeme in giro per il mondo. Perché – vede – per un insegnante è difficile, a fronte delle domande degli allievi, giustificare chi sta ancora più in alto del Ministro che sta sopra a tutti noi.
Oppure, se vuole tentare la carta estrema, quella della spettacolarizzazione oltre ogni limite del suo pensiero, la prossima volta che deve comperare un parlamentare od una velina minorenne lo faccia pubblicamente, con Jerry Scotti – suo dipendente – come regista dell’operazione.
Così, con un Razzi, uno Scilipoti od un Calearo che dovrà guadagnarsi 150.000 euro a fronte della domanda “Quando si può costruire una casa?” – (R: 1) Solo dopo aver ricevuto i necessari permessi. 2) Solo dopo aver pagato la tangente. 3) Solo dopo aver fatto una visita ad Arcore. 4) Solo dopo aver portato una ragazzina al Presidente del Consiglio) – la popolazione potrà capire ed imparare quali sono le leggi che lei fa approvare e desidera.
In questo modo, almeno, la lenta discesa all’Inferno del Paese, che Lei indegnamente guida, sarebbe almeno accompagnata da qualche risata: meglio dello sconforto che ci assale, al pensiero delle macerie che ci lascerà.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
Questa pubblicazione non può essere considerata alla stregua della pubblicazione a stampa, giacché ha carattere saltuario e si configura, dunque, come un libera espressione, così come riferito dall'art. 21 della Costituzione. Per le immagini eventualmente presenti, si fa riferimento al comma 3 della Legge 22 Maggio 2004 n. 128, trattandosi di citazione o di riproduzione per fini culturali e senza scopo di lucro.