Spiace dover citare se stessi, ma serve quando si deve
dimostrare la linearità di un’analisi politico/strategica, ossia una tappa del
proprio pensiero ed è utile per comprendere – sempre secondo l’autore che si
cita – dove s’andrà a parare.
E’ il caso di “Pronto
in tavola un piccolo Iraq, a due passi da Lampedusa”, del 18 Marzo 2011.
Se vorrete rivederlo, questo è il link diretto:
Se, invece, desiderate risparmiare tempo e vi fidate
dell’autore della citazione (!), vi riassumo alcuni passaggi:
“Non abbiamo in gran
simpatia il colonnello libico, anzi, però l’esperienza insegna che nessuna
delle avventure di “democrazia” occidentali ha regalato qualcosa di meglio ai
Paesi “liberati”. Qualcuno se la sente d’affermare che, il “dopo Ghaddafi”,
sarà meglio del prima? Come doveva essere il “dopo Saddam”?
...
Ma, ancora una volta,
la democrazia deve essere esportata: USA, Francia e Gran Bretagna in testa. I
soliti: quelli che ressero, per secoli, i traffici dei negrieri.”
Oggi si parla apertamente di guerra in Libia: la “Quarta
sponda” di mussoliniana memoria torna a far parlare di sé. E tutti d’accordo,
appunto: armiamoci e partite.
Primo problema: con chi e con che cosa?
L’Esercito Italiano ha un organico complessivo di 105.000
persone: sottraete gli ufficiali superiori, gli addetti alla sanità, alle
trasmissioni e tutto il resto...al cannone del Gianicolo più tutte le divise
che vedete circolare per Roma con una cartella al braccio...togliete le
migliaia di militari che sono in missione “di pace” all’estero e vedrete che
rimane ben poco per un’avventura di simile portata. Non serve aver letto
Sun-Tzu per capirlo.
Gentiloni ha parlato di 5.000 unità: ciò significa che –
considerando i ricambi per tre turni (come è normale che avvenga, ma forse
nemmeno la Pinotti lo sa) – vuol dire mettere in campo 15.000 uomini. Follia.
E i mezzi?
L’Italia dispone d’appena una cinquantina di elicotteri in
funzione SAR (Search And Rescue), ossia quelli che dovrebbero salvare i piloti
che eventualmente si catapultassero dietro le linee nemiche o, comunque,
lontano dalle linee amiche. Dubito molto che esista una “cultura” del
salvataggio dietro le linee nemiche, nel senso di sensori, mezzi di
comunicazione inaccessibili al nemico, supporto aereo ravvicinato, commando
aviotrasportati rapidissimamente, prima che quelli dell’ISIS ci catturino un
pilota e lo passino sulla graticola.
Si può evitare la guerra – direte voi – perché la guerra non
ha mai portato una pace vera, non ha mai risolto i problemi...sì,
sì...conosciamo benissimo le argomentazioni, ma non cerchiamo di scadere (anche
se ci piacerebbe) in una retorica da liceali.
Perché?
Poiché i rischi esistono e sono reali.
Sei mesi fa, Renzi fu avvertito:
“Il primo a parlare a
Renzi della Libia con toni molto allarmati era stato il presidente egiziano
Abdel Fattah al-Sisi, sei mesi fa al Cairo. Ai primi di agosto il rais si
rivolse a Renzi con questo argomento: «Si stanno prendendo la Libia, che
vogliamo fare?»” (1)
Oggi la situazione sta precipitando e l’Egitto ha inviato i
propri cacciabombardieri a bombardare l’ISIS in territorio libico, il che la
dice lunga sul disastro amministrativo e militare della “quarta sponda”.
Ma c’è di più, molto di più.
A parte gli oleodotti sabotati dai guerriglieri dell’ISIS,
il “Secolo XIX” riportava una notizia (2) che di per sé, in apparenza, parrebbe
innocua
“Oltre a emittenti e a
un ospedale, l’Isis controlla a Sirte anche altri uffici governativi tra cui
quello che emette i passaporti: è quanto emerge da resoconti dell’agenzia Lana
e altri media libici. Funzionari sono stati espulsi dall’ «Ufficio passaporti»,
scrive l’agenzia mentre altre fonti mediatiche parlano di un «Centro per
l’immigrazione» precisando che era già stato preso «la settimana scorsa» per
essere diviso in un «tribunale islamico» e un «collegio femminile»”
Lasciando perdere tutte le balle sui tribunali islamici e
sui collegi femminili, spicca che il materiale dello Stato libico in fatto di
passaporti, oggi, sia caduto nelle mani dell’ISIS. Timbri, passaporti in bianco
e quant’altro.
Che ne direste se – fra qualche mese, quando nessuno più si
ricorda della faccenda – si presentasse alla frontiera croata (dalla Bosnia) un
distinto uomo d’affari siriano o egiziano, non importa...Mohammed e
fischia...con regolare passaporto libico e visto per l’ingresso in
Croazia...che succederebbe?
Probabilmente sarebbe lasciato passare (in area Shengen!), e
come lui quanti altri?
Da quel momento in poi, dovremmo dare la caccia sul nostro
territorio a possibili terroristi che potrebbero essere soltanto “teste di
ponte dormienti”, nell’attesa di rinforzi. Fanfaluche?
Proprio ieri, una motovedetta italiana (Guardia Costiera) in
servizio nel canale di Sicilia, a 50 miglia dalle coste libiche – quindi senza
nessuna giustificazione giuridica (né 12 né 23 miglia nautiche) – s’è
vista minacciare con i Kalashnikov da personaggi anonimi ma decisi: volevano la
barca che gli italiani stavano soccorrendo. I migranti non interessavano loro:
volevano la barca. Così gli italiani (che, nel Canale di Sicilia, viaggiano
disarmati!) non hanno potuto far altro che eseguire. (3)
A cosa serviva la barca?
Per queste ragioni si parla oramai apertamente di guerra,
solo che l’Italia sarà lasciata sola sia dai suoi evanescenti alleati europei,
sia dagli ancora più distanti e menefreghisti americani. Che frega agli altri?
Se la sbuccino loro, cioè noi.
Qualcosa bisogna fare, non c’è dubbio, altrimenti domani
sarà solo peggio: è il momento di non ascoltare le colombe di pace, perché
questi – le colombe – o paghi salato per riaverle (vedi il caso siriano) oppure
le impallinano subito. Anche le nostre – le colombe per convenienza politica,
come del resto i falchi – si tacciano per qualche attimo e ragionino.
Vorremmo però, prima di decidere, ascoltare qualche
“sentenza” un po’ meno idiota di quella della signora Daniela Granero detta
Santanché, la quale ha dato tutta la colpa a Napolitano per la folle decisione
d’abbattere Gheddafi. Signora, non dubitiamo per un attimo sulla decisione di
Napolitano e del Consiglio di Difesa – un lacché come quello... – però, il
Presidente del Consiglio, dov’era? “Molto rabbuiato e dispiaciuto”, lei
afferma.
Dovremmo ricordarle che il dovere di un capo di Governo non
è dispiacersi o rabbuiarsi – sono categorie dei sentimenti, che in politica non
contano nulla – ma quello di decidere. Noi ricordiamo un certo Craxi il quale,
contrario alle decisioni americane, fece schierare i Carabinieri a Sigonella e
la vinse.
L’errore primigenio è stato quello d’abbattere Gheddafi –
l’ho sempre sostenuto – poiché (come ricordava Andreotti su Saddam Hussein)
“non era il tipo col quale avrei trascorso le vacanze, ma non era né meglio né
peggio di tanti altri”.
Poi, vorremmo dire quattro parole ai francesi, alla politica
francese, alla strategia francese. E ci riferiamo a quel bel tipetto del
magiaro divenuto francese per volere della CIA – un certo Nicolas Sarkozy (in
realtà, Nicola Sarkösy de Nagy-Bocsa) – che ha intessuto più legami con i
servizi USA e con le mafie di Charles Pasqua – noto malavitoso francese
(contrabbandava assenzio) e suo testimone di nozze (le prime) – di un
marsigliese dei bassifondi. Il ritratto che ne fa Thierry
Meyssan (4) è tranchant, tanto per
rimanere in lingua.
Questo per dire – cari francesi – che
“l’operazione Libia” era stata studiata da una parte dell’amministrazione USA
(quella degli Skull and Bones, per intenderci) e Sarkozy fu incaricato di darla
a bere ai francesi i quali, fra un Pernod ed un Calvados, ingoiarono anche il
tappo.
Per questa ragione sarebbe stato vantaggioso
non concedere in nessun modo le nostre basi – con la scusa che eravamo stati
potenza coloniale nel Paese – e smascherare così lo sporco gioco del magiaro.
Da ultimo, un caro ricordo anche per il prof.
Prodi, quello che sembra un confessore pacato: una persona limpida, senza
responsabilità né scheletri nell’armadio. E si confessa con il Fatto Quotidiano
(5):
“(D) Le
cancellerie occidentali cosa dovrebbero fare in questo momento secondo lei?
(R) Occorre senza dubbio uno sforzo per produrre un minimo risultato nel
tentativo di fare sedere tutti gli interlocutori al tavolo e impegnare in un
lavoro comune Egitto e Algeria. Non c’è altra via che non produca una
situazione ancora più catastrofica di quella attuale.”
Fantastico: far sedere tutti attorno ad un tavolo. Come se
all’ISIS importasse qualcosa.
Non è, per caso, che lei si senta – solo qualche volta, per
carità – un poco responsabile per questa Unione Europea egoista e menefreghista
che lei ha dato una grossa mano a creare, un posto dove lasciano alla fame un
Paese (la Grecia) e “L’Alto rappresentante per la Politica Estera” non viene
nemmeno ascoltato sulla questione ucraina?
Questa UE, nella quale i singoli Stati hanno smesso di farsi
la guerra sulla Mosella soltanto perché era più redditizio combattere con le
monete ed i cambi? O, meglio, con gli artifizi di bilancio, le multe e tutto il
resto? Ci dica qualcosa – professore – su come immaginava la politica estera
dell’Unione, ci racconti cos’ha fatto per pianificarla al meglio. L’hanno
fottuto? cacciato? messo in un angolo?
E lo dica, perdio! La smetta con questi sussurri da
confessionale, faccia nomi e cognomi di quelli che contano e che l’hanno
fregato...altrimenti, stia zitto!
Vuole un consiglio su come risolvere la crisi libica? Glielo
do io, gratis.
Nelle carceri libiche è imprigionato, dal 2011, un certo
Saif al-Islam Gheddafi, detenuto dai ribelli che lo arrestarono: è il figlio di
Gheddafi, quello destinato alla successione. Parrebbe anche una persona
intelligente e preparata: peccato che gli ex ribelli lo vogliano impiccare. Per
quale motivo?
Per aver compiuto crimini contro l’umanità durante la guerra
civile, ai danni dei cosiddetti (all’epoca) “ribelli”. I quali gli ammazzarono
padre e fratelli, ma per questi poco importa: avranno dato loro, come condanna,
un diploma di benemerenza.
C’è anche una richiesta del Tribunale dell’Aia per il
giovane Gheddafi, per lo stesso reato.
Consiglio: estradatelo all’Aia e poi assolvetelo. Dopodichè,
rimandatelo in Libia con consistente appoggio militare e vedrete che, in un
paio d’anni, tutto tornerà tranquillo: petrolio (suddiviso col manuale Cencelli),
ISIS (distrutta) e migranti (calmierati).
Altrimenti, smettiamo d’ascoltare queste Cassandre e
prepariamoci al peggio.