I cinque
poliziotti uccisi a Dallas – Dallas? Curioso, vero? – rappresentano uno
spartiacque da molto tempo mai più oltrepassato. Dai tempi delle Pantere Nere?
O dalla rivolta di Sand Creek? Forse. Il presidente nero si limita a commentare
“Tutte le persone imparziali dovrebbero
essere preoccupate”, e non ci sentiamo di dargli torto, ma riecheggiano
ancora, nelle nostre orecchie, le parole di Malcolm X pronunciate all’indomani
dell’assassinio di John F. Kennedy: “La
violenza che i Kennedy non sono riusciti a calmare ha finito per rivolgersi
loro contro”. Purtroppo, nemmeno a questa riflessione riusciamo a dar
torto. E si torna a Dallas.
Eppure, qualche
segnale, qualche sforzo per cambiare c’era stato, come quando la Guardia Nazionale
accompagnò fra i banchi della recalcitrante università dell’Alabama gli
studenti neri: la scena è riportata nel film “Forrest Gump”, e molti altri film
come “La calda notte dell’ispettore Tibbs” cercarono di “rieducare” un popolo
che non vuole e non riesce a comprendere dove finisce la propria libertà ed
inizia quella altrui.
Le pistole sono
solo il triste epilogo di un pensiero mai evoluto, mai interiorizzato
completamente: pur essendo presente un vigoroso patriottismo, l’americano
medio, nei suoi sogni proibiti, desidererebbe ogni giorno una bella prateria,
solo per lui, con relativi indiani da prendere a fucilate.
La vicinanza lo
urta, le mode lo condizionano – se fumate in una strada di una qualsiasi città
degli USA, la gente si scansa – soffrono il prato del vicino di casa perché
meglio rasato, la macchina nuova del cognato…sono un popolo prigioniero dei
media – che devono veicolare consumi – i quali sono decisi dalle lobbies, alle
quali basta corrompere poche centinaia di parlamentari per raggiungere i loro
obiettivi.
Non volevo
parlare di armi, ma togliamoci il sassolino dalla scarpa. I due ingredienti:
una costituzione del ‘700 – vergata quando la gente portava naturalmente la
spada al fianco – e la fortissima American Rifle Association la quale, ogni
volta che si deve votare sulle armi, paga qualche parlamentare e la legge va
nel cestino. Cosa cambia se una pistola te la consegnano solo dopo una
settimana (Stato di New York)? La moglie l’ammazzi dopo.
Il problema non
è qui, come ha spiegato esaurientemente Michael Moore. Il problema è accettare
il “diverso” da te, impedire che nascano plotoni di “giusti” e di “diversi”,
“Ragazzi della via Pal” che si sparano.
I neri, in
America, li hanno portati gli americani stessi: qui c’è una enorme differenza
con l’Europa. Per noi si tratta di un fenomeno nuovo: se seminassimo un po’ di
bombe in meno, se non distruggessimo gli habitat naturali (le strade, in Ciad,
sono disseminate di residui della raffinazione dell’Uranio: leggi AREVA,
capisci FRANCIA), se non riducessimo i fiumi a delle cloache ove gettare gli
scarti del petrolio (vedi Nigeria, compagnie petrolifere, ENI in testa) forse,
la gente non scapperebbe.
Finché non
abbiamo realizzato un bel gioco a “RISIKO” in Siria, i siriani stavano a casa
loro, in Libia (sotto “il despota” Gheddafi) nascevi con la pensione (o reddito
di cittadinanza che dir si voglia) ed era, per reddito pro-capite, la seconda
nazione africana, dietro il Sudafrica.
Quindi, chi è
senza colpe scagli la prima pietra.
Gli americani,
di colpe, ne hanno un intero mazzo. Prendetevene una vista, ma è solo
l’antipasto: di queste foto, ce ne sono a decine, e tanto è successo prima
dell’invenzione della fotografia:
Come si uscì da
quell’abisso di turpitudine?
Con la promessa,
in parte esaudita dal 1960 in
poi, d’aprire le porte dell’American Dream anche ai neri. Perché?
Poiché
l’alternativa sarebbe stata un ruzzolone non verso una guerra civile, bensì
verso la guerriglia senza quartiere fra il KKK ed i Black Panthers. Per questa
ragione i neri entrarono nelle Università americane, finì la discriminazione
razziale nell’istruzione e nel welfare: per non passare ai massacri a 2, 3, poi
4 cifre. Per giunta endemici: come disse Mao-Tse-Dong, “Il potere passa nella canna del fucile”, e Dio sa quanto è vero!
Cos’è successo
oggi?
Il neo-liberismo
imperante ha richiesto la chiusura dell’American Style of Life: troppo costoso,
che si adattino alla paga minima sindacale, 6 dollari e pochi centesimi l’ora,
così i profitti delle Major crescono, le azioni pure ed esporremo in pianta
stabile il toro a Wall Street.
I risvolti
sociali? Cavoli dei governi, e della Guardia Nazionale. Se vogliamo trovare
riscontri in Europa, cavoli dei governi nazionali, l’Europa tira dritto e non
si tocca.
Così avvenne: la
famosa middle class, la spina dorsale degli USA, iniziò ad essere intaccata dal
basso: sempre più americani lasciarono le casette col prato, con la scritta
“For sale”. Crollo del mercato immobiliare, come in Italia.
Dopo tanti anni
di corsa verso l’integrazione, però, non furono solo più i neri degli slums a
pagare il prezzo: una bella fetta di bianchi fini sulla strada, bianchi
certificati, WASP in piena regola che campavano coi sussidi statali o le
Charities delle fondazioni.
Al contrario,
neri “rampanti” s’erano arricchiti ed erano saltati oltre la siepe: Obama ne è
una prova, avvocato di grido prima di diventare presidente.
Risultato: io,
bianco purissimo, discendente dei Padri Pellegrini, faccio il poliziotto con
una paga da fame, che non mi consente certo il reddito del commerciante nero,
del medico nero, dell’avvocato nero. Eppure, quello è nero. Giuro che il primo
bastardo nero che mi capita sotto, e muove solo un’unghia, lo ammazzo.
Altrimenti, non
si spiega la mattanza di neri da parte della polizia americana: c’è il solito
odio sotto, quella del mio prato perduto, della mia prateria svanita, della
vita di merda che faccio al posto di quella che m’avevano promesso, che hanno
avuto i miei genitori.
Qui c’è un
parallelo con l’Europa: il tizio che ha ammazzato il nero perché aveva reagito
all’insulto (scimmia!) non era certo un banchiere od un capitano d’industria.
Viveva in mezzo ai campi in una baracca, e non conosceva i motivi della fuga di
Emanuel dall’Africa – ed era inutile spiegarglieli, perché non li voleva capire!
– dato che la percezione del sottoproletario è questa, già Marx scriveva
dell’incapacità di essere “classe” (o gruppo, unione, ecc) dell’Umproletariat.
Il limite dei sottoproletario è proprio quello di non saper riconoscere altri
sottoproletari come lui: questioni di razza, religione e colore della pelle lo
confondono.
Un altro
aspetto, comune alle due sponde dell’Atlantico, è la sostanziale impunità della
quale godono le forze cosiddette dell’ordine. In America, pistola elettrica per
immobilizzare: quindi, colpo da 357 Magnum in testa per finire il lavoro. In
Italia, niente armi da fuoco: bastano le botte ad ammazzare la gente, come nei
casi Uva, Cucchi, Aldrovandi…poi la caserma Diaz, chiaro esempio di depistaggio
e di insabbiamento.
Per i politici è
necessità primaria mantenere la fedeltà delle forze cosiddette dell’ordine:
stralciati dalle riforme pensionistiche, favoriti nell’assegnazione delle case
popolari e perdonati se alzano troppo le mani. Quando ci scappa il morto,
partono i depistaggi e gli attacchi contro magistrati “persecutori”.
Insomma, basta
che non rompano i maroni e ci difendano, poi, se ammazzano qualche “tossico”
(così definito dal loro alfiere Giovanardi), si perdonano…i nostri padroni non
vogliono grane.
E i padroni del
vapore, come la pensano?
I grandi capi
(ovunque siano, fate voi) hanno, fra di loro, un dissidio permanente – se
riesco a fregarti un pezzo di prato, di banca, di fabbrica, di mercato o
d’Ucraina quello è mio, e ci godo – ma una percezione della vita univoca:
inizia con il gonfiore alla natica destra, dove tengono il portafogli, e
termina con il culo della escort, che hanno pagato, e dunque è merce anch’esso.
Una conferma.
Gli altri?
Sono soltanto i
destinatari della merce, quella cosa che ti fa guadagnare soldi per il prato, la Ferrari e tutto il resto.
A ben vedere, non c’è gran differenza di pensiero fra un sottoproletario ed un
iper-capitalista: entrambi reagiscono ad istinti primari, che devono
semplicemente soddisfare i loro bisogni. Non hanno alcuna percezione di spazi
comuni, perché il mondo termina all’esterno del loro corpo (al più la famiglia,
naturale o mafiosa) e dunque sono portati a disinteressarsene.
Ammazzano i
neri? E chissenefrega! Ammazzano i bianchi? E chissenefrega! Ammazzano gli Utu?
E chi cazzo sono ‘sti Utu?
Il mestiere
della politica – che entrambi non riescono a comprendere – è quello,
paradossale, di far sopravvivere il loro mondo, che permette il grande Monopoli
di un euro il pezzo di profitto. E’ il capitalismo bonario dei Kennedy, di Obama,
di Prodi e Berlusconi, di papa Francesco…e di tutti i “buonisti” della terra.
I quali riescono
a spacciare questo sistema come “accettabile” fin quando si ammazzano 100.000
persone. Abbastanza lontane che nessuno possa accorgersene, se non di striscio.
Dai, c’è la finale degli Europei, c’è il motomondiale, zitto e mosca.
Poi, un giorno
qualsiasi, spunta un Micah Xavier Johnson qualunque con il suo fucile d’assalto
di ex combattente in Afghanistan ed ammazza 5 poliziotti bianchi. La polizia lo
ammazza e, nei giorni seguenti, uccide altri neri.
Per gli uomini
di Wall Street non cambia nulla: e chi è mai Micah Xavier
Johnson? Come va il titolo di Unilever? E quello della Mac Donnel Douglas? E
allora…dammi cinque!
Non sono
addestrati a capire, solo ad eseguire.
Gli uomini di
governo, in versione “pompiere”, si danno un gran daffare a spedire messaggi
nell’etere. Era uno sbandato! Non era legato a nessuna organizzazione! Un cane
sciolto! Già, vero.
Non si rendono
conto che, in una società come quella americana, Micah Xavier Johnson è già un
idolo per i disperati neri, per i quali trovare un ferrovecchio che spara è più
facile che, per noi, trovare una bottiglia di birra vuota ai lati di una
strada. Quanti decideranno di non farsi più ammazzare in silenzio, per
soddisfare le turbe psichiche dei poliziotti frustrati?
I politici?
Non hanno più il
potere di far spendere qualche spicciolo in più per mostrare che esistono, per
fare in modo d’allargare le maglie, e permettere che un poco di ricchezza in
più calmi le acque. Non c’è più la ricchezza di un tempo (per ragioni
geopolitiche) e nemmeno la speranza di procurarsela limando le unghie ai
profitti: Wall Street nega. In questo, c’è un parallelismo inquietante fra USA
ed Europa: il liberismo detta l’agenda, gli altri obbediscano.
Quindi?
In entrambe le
sponde dell’Atlantico, il vero problema si chiama liberismo. Non è possibile che, in questa grave situazione,
l’indice di Gini (che misura la disparità di ricchezza all’interno delle
popolazioni) continui ad aumentare nella direzione di ancor maggiore disparità:
ricchi ancora più ricchi e poveri ancora più poveri.
Negli USA, per
un fatto singolare – la gran diffusione di armi – tale processo può condurre a
mattanze senza fine, ad una situazione di scontro latente: molto dipenderà dal
nuovo presidente, perché la
Clinton o Trump hanno ricette molto diverse, ed è inutile
fare previsioni. Anche se, come scrivevamo poco sopra, il margine di manovra
della politica è veramente esiguo.
In Europa è la
dissoluzione dell’UE il segnale precipuo: una dissoluzione oramai conclamata
che porterà Olanda, Grecia, Svezia…poi tutti gli altri in coda. Ma non
risolverà il problema, perché attinente ad altre cause. I vecchi stati
nazionali sono ancora più deboli.
Solo una
redistribuzione della ricchezza, ed una bella “calmata” sulle velleità
imperiali, potrà far virare la nave verso nuovi lidi. In un caso o nell’altro,
il capitalismo è spacciato: può scegliere fra una lunga agonia (in mano ai
“buonisti”), oppure un colpo alla testa (con le ricette degli iper-liberisti).
Altre alchimie non esistono.
Ci vorrebbero
teste pensanti per immaginare il futuro, ma non ne esistono più, o molto rare e
zittite. I passi da fare sarebbero di portata epocale, e la Storia non si ferma ad
attendere chi rimugina senza scegliere.
Semplicemente,
lo macina: servirà come concime per nuove società. Così è sempre stato, e così
sarà.