Corrono notizie di guerre, grandi guerre, imminenti,
devastanti...tutti si preparano, corrono, accendono i motori, decollano,
sparano, uccidono...140 soldati italiani andranno in Lettonia come forza NATO...missili
Iskander pronti al lancio a Koenisberg/Kaliningrad...flotta russa di fronte a
Tartus, flotta americana negli stessi mari...
Veramente, qualcuno vuol correre dietro a queste voci che –
da decenni – gli USA fanno pubblicare da sedicenti giornalisti, pagati dalle
fondazioni statunitensi, con soldi devoluti in cambio di succosi sconti
fiscali?
Questa non è disinformazione – perché le notizie in sé non
sono false – è malainformazione,
perché tutti, all’unisono, urlano “al lupo” ma nessuno dice che schiacciare il
bottone è tassativamente proibito. Capito?
La campagna elettorale americana? Un tempo si diceva: “i
repubblicani sono isolazionisti, i democratici interventisti”. E Bush II? Come
Clinton, né più e né meno, Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, poi Libia...senza
correre a ricordi lontani, al Vietnam, alla Corea, Panama, eccetera...si fanno
le piccole guerre per definire gli equilibri internazionali, soprattutto
economici, ma la guerra, la guerra vera...ah, ah...
E per due, sostanziali motivi:
1) Il tasso di profitto è ancora abbastanza alto (ossia Wall
Street guadagna ancora);
2) La guerra nucleare è pericolosissima (ossia, nessuno sa
cosa capiterebbe dopo il primo ICBM o missile tattico).
Ciò che ci riguarda da vicino, è che le “piccole guerre”, le
guerricciole, gli “scazzi”...beh, per questa roba gli USA s’impegnano il meno
possibile, ricordiamo la Somalia. E allora? Chi ci va? I servi di palazzo,
ossia noi italiani – ovvio, compresi in “alleanze per mantenere la pace”.
Ma davvero l’Italia ha necessità di rispettare un accordo
preso nel 1943, senza possibilità di sconto, eternamente schiava?
Dobbiamo correre ovunque per fare servaggio a Washington,
senza nessun tornaconto per la nazione, come la campagna di Libia ci ha
insegnato: unico risultato (per noi), la perdita delle commesse per le nostre
imprese che Gheddafi regolarmente ci assegnava. Poi venne l’Europa – che doveva
(nei desiderata dell’epoca) avere il compito di staccarci dalla sudditanza
americana – e invece non solo Washington ha alzato il tiro, ma adesso abbiamo
preso servizio anche presso la rinomata maison berlinese.
I nostri giovani lavorano per 500 euro al mese grazie alla
trovata di Renzi – definita “voucher” – ossia come faticare 6 mesi a 500 euro
il mese (il “tetto” del “sistema voucher” è di 3.000 euro l’anno a giovane),
mentre per le imprese non c’è limitazione di sorta. Possono cambiarne 20,
30...l’anno e godere di un lavoro tassato al 25%, mentre per i lavoratori
spariscono le contribuzioni previdenziali e, domani, anche il servizio
sanitario sarà a rischio.
Le grandi imprese sono scomparse: distrutte, incorporate, assorbite,
chiuse, demolite...poiché solo il capitale tedesco, migrato nei nuovi Lander
dell’Europa dell’Est, possa prosperare mentre – vinca la Clinton oppure Trump –
per noi non cambia nulla. Sempre a pulire le scarpe, ovunque passano, in
silenzio: eppure, sono trascorsi più di 70 anni dal termine della 2° G.M.!
Ci domandiamo se vivere da pecore in questo modo ci porti
qualche vantaggio: tutti ci sputano in testa – ricordiamo l’accordo Koln –
Miterrand per la deindustrializzazione dell’Italia (puntualmente avvenuto) – e
la caccia alle migliori teste pensanti del Paese (che ci costano circa 100.000
euro l’una, dalla materna alla maturità) per rinverdire la panoplia dei loro
brevetti.
In genere, giunti a questo punto, la maggioranza dei lettori
fa spallucce e pensa “Tanto, che ci possiamo fare con gli americani?”, e passa
oltre. Il che, non è del tutto vero.
Gli americani non sono Dio sceso in terra per comandare urbi
et orbi: ci ricordiamo di Craxi, quando fece circondare i marines dai
Carabinieri? Certo, dopo...ma le responsabilità furono tutte italiane, dei
soliti zerbini italiani.
Se si desidera avere una politica estera, bisogna avere
delle forze armate. Se si desidera avere una politica estera indipendente,
bisogna che – sin dalla loro progettazione – le forze armate siano
corrispondenti ai bisogni della nazione.
Gli USA sono più attenti di quel che si creda nel valutare
l’armamento dei loro “alleati”: oggi, costruiamo navi che servono soltanto per
i loro scopi, i loro bilanci, le loro esportazioni militari. A cosa serve,
all’Italia, possedere portaerei e navi da sbarco? Dove dobbiamo sbarcare?!?
Ci fu un tempo nel quale la teoria navale italiana era
centrata sulla cosiddetta “polvere navale”, ossia unità poco costose, ma che
garantivano attacchi micidiali, ad un prezzo contenuto. I MAS avevano fatto
scuola: insieme ai Siluri a Lenta Corsa
(detti “maiali”), ci diedero le più eclatanti vittorie nelle due guerre
mondiali.
Uno di questi casi fu la creazione della classe d’aliscafi
“Sparviero” (o “Nibbio”), negli anni ’70-’80 del Novecento.
Piccoli aliscafi di 25 metri di lunghezza, i quali potevano colpire
un bersaglio a circa 200 km
di distanza mediante i due missili Otomat dei quali erano armati. La difesa
perfetta per i mari italiani. Ma.
Beccatevi questa edificante storiella di un tempo lontano,
quando Internet era ancora oltre l’orbita di Giove.
Durante un’esercitazione di routine (primi anni ’80), la
nuovissima portaerei Nimitz stava entrando nel Tirreno dal canale di Sardegna
ed aveva condizioni di mare molto agitato (4-5) che impedivano il decollo degli
aerei. Da Messina salpò uno “Sparviero”, il quale – giunto nei pressi delle
Egadi – con mare forza 3 aveva ancora una “finestra” di lancio per i suoi
missili. Li lanciò (ovvio, solo simulazione!) e recapitò il messaggio con tutti
i dati alla Nimitz. Gli americani, costernati, dovettero ammettere che la nave
sarebbe stata inevitabilmente colpita e, molto probabilmente, affondata.
Risultato?
Gli aliscafi furono tutti radiati negli anni ’90 –
giustificando la radiazione con “alti costi di gestione” (!) – e solo il
Giappone ne costruì tre su licenza italiana, i quali sono tuttora in servizio.
Si noti che, per eterne questioni di bilancio, le navi militari
italiane vengono tenute in servizio anche per 30, 40 anni...come spiegare la
radiazione di quelle piccole navi dopo così pochi anni?
Parallelamente, gli USA radiarono la loro classe “Pegasus”
(simili agli “Sparviero”): nessuno deve avere aliscafi lanciamissili, troppo
pericolosi! Per noi, ovvio: ricorda un poco la “scarsa” attenzione per i
sommergibili degli inglesi, i quali temevano – nei primi anni del ‘900 – che “altri”
se ne interessassero. Come, poi, avvenne.
E fra i non alleati degli USA, cosa avviene?
Non sono molte le nazioni che possono permettersi questo
lusso, ma l’Iran lo è, lo è stata per molti anni. Qual è la sua forza
deterrente? Missili antinave, piccoli sommergibili d’attacco e poco altro: con quelle
modeste forze, però, è in grado di bloccare il traffico nel Golfo Persico, cosa
che farebbe schizzare il prezzo del greggio a 200 $ il barile in pochissimi
giorni. Inconcepibile per i grandi investitori.
L’altra nazione, che non ha il privilegio di bloccare
un’arteria come il Golfo del Petrolio, è la Corea del Nord: già, la piccola
Corea, povera, affamata, ma in grado di recapitare un’arma nucleare (forse)
sugli USA, di certo in Alaska, facilmente sul Giappone, innescando una
distruzione (soprattutto economica) inaudita.
Per contro, osservate la fine della Libia. Abbindolato da
Sarkozy e da Berlusconi, Gheddafi distrusse le sue armi chimiche,
batteriologiche ed i corrispondenti vettori: finì crivellato di colpi in un
canale di scolo, con una baionetta piantata nel retto.
Bisogna chiarire una cosa: non si tratta di fare la guerra
agli USA (o ad altri), ci mancherebbe! Si tratta, semplicemente, di mantenere
rapporti amichevoli ma rispettosi dell’altrui sovranità. Non vivere nell’ansia
di un B- emesso da qualche banca americana, dietro suggerimento del
Dipartimento di Stato, oppure essere governati da un certo Mario Monti, eletto
per noi a Berlino. Gli esempi fioccano, non sto certo a ricordarli tutti.
Riflettiamo un attimo: quale vantaggio ci portano le nostre
alleanze? La Francia (1) ha “ridefinito” i suoi confini marittimi con l’Italia
– in Liguria e Sardegna – a suo esclusivo vantaggio (soprattutto per la pesca),
ossia aree di mare sono passate sotto la sovranità francese. E noi? Zitti, il
parlamento ratificherà l’accordo, se non lo ha già fatto segretamente.
La Germania spacca, vende, compra, sberleffa, decide...e noi
sempre zitti.
Gli USA, invece, dirigono semplicemente la politica italiana
a loro vantaggio, con la “facile” corruzione dei nostri politici o coi servizi
segreti.
Possiamo, ragionevolmente, supporre che questo quadro di
alleanze euro-atlantiche ci porterà, in futuro, dei vantaggi? Possiamo fare
riforme economiche rivoluzionarie (a parte trovare la classe politica in grado
di farlo)?
Se si desidera cambiare politica estera (come ha deciso,
coraggiosamente, la Gran Bretagna) anche lo strumento militare deve essere
riformato: basta con le costruzioni o le acquisizioni che non hanno senso per
la nazione italiana!
Riflettiamo sulla costruzione della nave “umanitaria” (2) –
approvata dal Parlamento per una spesa di 844 milioni e, appena giunto il
progetto al cantiere, divenuta portaerei (con relativi F-35) per una spesa
iniziale di 1,1 miliardi – poiché queste navi non servono a difenderci, semmai
ad attaccare.
E come si fa a difendersi (come recita la Costituzione) da
chi ha forze preponderanti rispetto alle nostre?
Con la dissuasione.
Bisogna inculcare nelle altrui menti che l’Italia non è
invincibile, ma in grado di colpire chiunque la attacchi in modo devastante, al
punto da far riflettere se il gioco vale la candela e condurlo, quindi, a
trattare, ma su un piano di parità. Finché andremo avanti come oggi, con
l’Italia sempre si vincerà (economicamente) senza fastidi di tipo militare.
E come si fa a cambiare? Riducendo drasticamente le spese
militari. Paradossale? No, se si analizzano i costi.
Una portaerei costa 1-2 miliardi, un F-35 100 milioni, un
carro armato intorno ai 20 milioni. Una squadra navale (portaerei,
cacciatorpediniere, fregate) sui 5-6 miliardi, una squadriglia di aerei da
caccia intorno al miliardo, un plotone di carri armati circa mezzo miliardo. Si
noti che tutte queste spese non sono completamente rubricate sul bilancio del
Ministero della Difesa (farebbero “sforare” – e di parecchio! – il limite
dell’1% delle spese militari), bensì direttamente su quello dell’Economia. Per
una nave, definita “oceanografica”, addirittura sul Ministero dell’Istruzione.
Un missile da crociera (ICBM) costa intorno al milione di
dollari, un missile contraereo dai 100.000 dollari al milione (secondo il
tipo). Come si può notare, si riduce il rapporto di spesa di due/tre cifre, dai
miliardi alle decine di milioni all’incirca. Già, ma dove “piazzarli”
materialmente?
La gittata di questi missili (pensiamo al Kalibr russo, usato recentemente in
Siria) è di 1.500 km: dalla Puglia, un missile di quel tipo colpisce in quasi
tutto il Mediterraneo Orientale, dalla Sardegna, in quello Occidentale. In
pratica, l’Italia – con missili piazzati in shelter corazzati sotterranei –
potrebbe colpire ovunque nell’area del Mediterraneo. Al costo di un solo F-35,
bloccare una delle vie più importanti per il traffico marittimo.
Un sistema missilistico antiaereo come l’S-300 russo ha una
gittata di 300 km,
ossia dalla Sicilia potrebbe colpire i bersagli aerei che si avvicinano, ad
esempio da Sud, ancor prima che raggiungano le coste dell’Africa del Nord.
L’Italia ha fior d’industrie militari: si pensi alla OTO
Melara ed all’Alenia, solo per citare due aziende fra le più note ed è
perfettamente in grado di produrre tecnologia di questo livello: ristrutturando
la propria difesa in questo modo, non ci vorrebbe molto per avere prodotti
all’altezza dei tempi e delle necessità.
Ripeto: non si tratta di meditare chissà quali ritorsioni,
guerre, scenari apocalittici...ma di presentare uno strumento di difesa
credibile, non come i sottomarini italiani della classe U-212, che sono armati
con semplici siluri, mentre potrebbero lanciare dai tubi lanciasiluri missili
del tipo Harpoon, con gittata di circa 100 km. Gli israeliani e, addirittura, i greci
hanno armato gli stessi sottomarini con i missili: l’Italia no, continua coi
siluri! Siamo al livello della II GM!
Ovvio che qualche nave, aereo o carro armato dovrebbe
rimanere sempre in servizio: ricordando, però, che senza una micidiale difesa
molto lontano dalle nostre coste, quelle navi, aerei o carri armati
diventerebbero in un amen ferraglia bruciata.
Chi dovrebbe prendere decisioni del genere? Il parlamento,
ovvio. Ma anche la casta degli ufficiali ha le sue responsabilità. Nella
recente inchiesta di Taranto sul pizzo richiesto da alcuni ufficiali, un
Capitano di Vascello (un colonnello) ha intascato una tangente di 2.500 euro da
un’impresa di pulizie. 2.500 euro dall’impresa di pulizie?!? Ma di che gente
stiamo parlando?!? Cos’è, un film di Totò?
Questa gente dovrebbe indagare l’evoluzione delle
puliz...pardon, tecnologie in campo bellico?
Eppure, questi argomenti ci sono, e sono interessanti,
sempre che si consideri interessante la guerra, la quale – di fronte ai cadaveri
ingrigiti dalla polvere, con la colonna sonora del ronzio di mosche – perde,
perde parecchio interesse, eppure esiste. E come fatto reale – parafrasando
Hegel – deve avere una sua logica, ossia una sua razionalità.
La logica della guerra è, in primis, un processo di
pensiero, non di muscoli.
La US Navy è molto interessata ai droni (3): niente piloti
abbattuti, meno stipendi da pagare, meno seggiolini eiettabili...meno costi. Insomma,
un aereo senza pilota che deve recapitare dei missili sul bersaglio.
Per quanto sofisticato sia il software interno, è del tutto
evidente che una portaerei con i suoi droni è un sistema di rete, senza –
oltretutto – il pilota, che può decidere d’intervenire sulle procedure, secondo
la sua valutazione sul posto. Ad esempio, decidere di variare la procedura
d’attacco da A>B>C in A>C>B, ritenendo C più pericoloso di B.
Una rete di computer, per quanto sorvegliata da algoritmi in
rapida sequenza come password, non è inaccessibile. Riflettiamo
sull’affondamento delle corvette israeliane da parte di Hezbollah, nel 2006
(guerra in Libano), laddove i missili non si fecero ingannare dalle
contromisure elettroniche delle navi. Probabilmente furono ingannate da sistemi
a terra, chi lo sa...
Il missile è, invece, un sistema chiuso: può essere
ingannato sulla reale posizione dell’unità dalle contromisure elettroniche – in
quel caso va perso – ma nessuno può entrare nel suo software di gestione. Una
volta inserito il software, o comunque prima dell’utilizzo, i primi bit
d’accesso alla sequenza vengono distrutti, con una procedura di “pipeline burns”.
Il missile può essere ingannato nella fase di “apertura” del
suo sistema di ricerca (se antinave), ma le poche esperienze belliche depongono
a suo favore.
Si può discutere sui vantaggi di un sistema sull’altro,
“aperto”, oppure “chiuso”: mi permetto di affermare, però, che con tanti
tecnici a disposizione ovunque – americani, ma anche russi, cinesi, indiani,
ecc – la sicurezza di un sistema complesso perde colpi, a vantaggio di un
software magari più semplice, ma impossibile da penetrare.
E’ un argomento interessante, ma...nessuno ne parla...i
Capitani di Vascello sono più impegnati nella raccolta di mazzette dalle
imprese di pulizia, gli Ammiragli...beh...
Purtroppo, il “Conosci te stesso” – che affermava Sun-Tzu al
primo punto del sul celebre “L’arte della guerra” – è il principale assioma: ebbene,
se per le questioni di difesa vogliamo pensare a noi stessi, ossia all’Italia,
non ci resta che piangere.