Natale è la vera festa dei cattolici: dovrebbe essere, in
realtà, la Pasqua
la quale contiene e condensa in pochi giorni (o, addirittura, ore) tutta la
vicenda di un certo Joshua bar Joseph (Gesù figlio di Giuseppe), che sarebbe
diventata la colonna sonora di due millenni di storia, oggi conclusa,
terminata, smarcata dalle cronache religiose del pianeta. Vedremo poi.
Già, Natale…però il Natale, celebrando la nascita del
Redentore delle Anime, sconfessa apertamente chi non aveva riconosciuto in lui
il Davide, il Grande Re Davide che avrebbe riportato alla gloria il grande
popolo d’Israele. Non l’hanno riconosciuto? Ben gli sta! Giù la testa!
Se il grande regno di Davide mai non giunse, anche il
surrogato – ossia il povero Joshua bar Joseph – non fu una gran trovata. Ossia,
lo fu sotto l’aspetto secolare, di potere – indubbiamente servì a tanto per
superare la crisi dell’Impero Romano e trasformarlo nel Sacro Romano Impero,
con annessi e connessi – ma fallì totalmente sotto l’aspetto della religione e,
soprattutto, della contigua filosofia religiosa. Prima di partire, ricordiamo
una curiosità: il primo a godere dell’appellativo di Pontifex Maximus (pressappoco “guida suprema”) fu…Giulio Cesare!
Dopo di lui, tutti gli imperatori romani.
Bisogna partire da lontano per capire tutto l’arzigogolo, e
quando si dice da lontano quel “lontano” è, niente popò di meno che…Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus,
in arte Nerone, quinto imperatore romano. Perché?
Perché Nerone aveva ben compreso che il futuro dell’Impero
non era nella lontana Britannia o nella riottosa Germania, bensì nel
Mediterraneo: ossia, voleva spostare il baricentro dell’Impero verso Oriente,
non verso l’inospitale Nord. Nel 67 d. C. si recò in Grecia e concesse a tutti
i Greci l’immunità, qualcosa che si avvicinava alla cittadinanza romana, ed
iniziò a meditare che Alessandria d’Egitto (seconda città dell’Impero) aveva
tutti i crismi per diventarne la prima: la Biblioteca – che, oggi,
definiremmo “un grande polo universitario” – il grandioso porto e la posizione
geo-centrica di quello che lui immaginava il futuro dell’Impero. E la
religione? Le tradizioni? Beh…ci penseremo…in Oriente si trova di tutto…
A Roma non furono molto d’accordo, e lo fecero fuori. Ma il
dado era tratto: nemmeno 60 anni dopo, Adriano ammetteva “Christus” fra gli dei
onorabili a Roma, sempre che i seguaci lo onorassero nel Pantheon romano e non
come unico Dio. Ma la strada era tracciata. S’era intorno al 120 d. C.
Ci furono ancora lotte, discriminazioni, uccisioni…ma, due
secoli dopo, Costantino sanciva il passaggio definitivo, quello della religione
cristiana come unico credo del regno. E, annessa, vi fu la prima truffa dei
cristiani, ossia la cosiddetta “donazione” di Costantino (mai avvenuta) poi
codificata nel Constitutum Constantini, un testo apocrifo del IX secolo d. C. la quale concedeva al papato
non la guida della Chiesa, bensì una specie di titolo di imperator, ossia
la supremazia su qualsiasi regno o (futuro) feudatario del grande impero. La
frittata (un colossale falso storico) era sfornata, ed era nato lo Stato della
Chiesa.
Per i secoli a seguire, dunque, i Papi non furono le guide
religiose che tutti pensiamo ed immaginiamo nella nostra tradizione, bensì i Re
d’alcuni possedimenti italici e gli imperatori dell’ex Impero Romano, perché
avevano nelle mani uno strumento potente per mantenere quel primato (che
usarono più volte), ossia la scomunica. Furono Pontifex Maximus dei re ed imperatori d’Europa.
Non ci dobbiamo perciò meravigliare dei fasti della corte
papale, delle molte concubine, delle mille corruzioni, delle sanguinose lotte
di potere…non dimentichiamo che molti Papi non furono nemmeno preti, oppure
furono nominati cardinali da bambini…erano dei regnanti, stop. Machiavelli
scrisse che gli italiani crebbero “senza
religione e cattivi”, poiché allevati in quei torbidi consessi, nei quali
la gestione del potere era “santificata” da qualcosa che, di veramente santo,
non aveva niente.
Ma venne la prima punizione.
Un oscuro monaco agostiniano germanico, Martin Lutero – dopo
una visita a Roma nella quale vide quel che vide, non ultimo il commercio,
venale, delle indulgenze, che lo terrificò – tornato in Germania (e sotto la
protezione di Federico di Sassonia) pubblicò le famose 95 tesi affiggendole
sulla porta della Chiesa di Wittemberg. Era il 1517, era la Rivoluzione.
Lutero voleva tornare ad un Cristianesimo più puro, mondato
da ogni coinvolgimento secolare che la Chiesa
Romana, ovviamente, non poteva concedere, senza correre il
rischio d’enormi perdite, territoriali e di ricchezza.
La prima avvisaglia di come i Protestanti desideravano
“accomiatarsi” dal potere romano avvenne nel 1527, con il Sacco di Roma ad
opera dei Lanzichenecchi: 20.000 morti ed il resto della popolazione in fuga.
Per “scalzarli” da Roma il papa dovette pagare 400.000 ducati d’argento. Cash.
La risposta, da Roma, venne nel 1545 con il Concilio di
Trento e fu una risposta totalmente di chiusura, con la proibizione del
possesso degli antichi testi biblici (in greco ed aramaico): solo la Vulgata
– pessimo titolo! – ossia la
Bibbia in Latino visionata e distribuita solo da Roma. E la
creazione del Sant’Uffizio (la futura
Inquisizione) e dell’indice dei testi
“scomunicati”.
Gli ultimi a ricevere questo “trattamento” furono Simone de
Beauvoir, Gide, Moravia e Sartre (!). Li precedettero, praticamente, tutti i
“pilastri” della civiltà moderna occidentale, da Cartesio in poi, e l’ultimo
Papa passato sullo scranno del Sant’Uffizio,
poi divenuto “Congregazione per la
dottrina della Fede” fu papa Ratzinger, tuttora vivente, Benedetto XVI.
Insomma, in barba a tutti i “consigli” che giungevano
dall’esterno, la Chiesa Cattolica
non ha deviato di un’unghia, non ha discusso con nessuno, non ha accettato
nessun “bonario” consiglio.
Ha continuato a non concedere rogatorie nemmeno quando le
vicende dello IOR (la Banca Vaticana)
sprofondavano, più che nella tragedia, nella farsa. Pedofilia, niente,
preservativi, nulla, divorzio, ignorato. Salvo concederlo, già a Trento (1545),
per le coppie di neri che erano state battezzate dai missionari e poi vendute,
schiave, a differenti proprietari. Una vera e propria chicca: un’attenzione
perfetta per le esigenze del commercio! La giustificazione? Qualcuno aveva
potuto leggere le pubblicazioni dell’atto? Magari affisse su un albero della
foresta equatoriale? Penosi.
Ma la nemesi giunge da dove meno te lo aspetti. Stavolta non
c’è più un monaco che affigge delle tesi su una chiesa per chiederne la
discussione, per avviare una ricostruzione di quel credo suggerito (pare) molto
tempo prima da un oscuro pescatore/predicatore della Galilea. Rivisto e purgato
– in primis Paolo di Tarso, poi Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino eccetera,
eccetera… – per l’udito e la forma mentis dei greci e dei latini dapprima, poi
per i loro eredi.
Quando un edificio si mostra troppo vecchio per resistere
ancora allo scorrere del tempo, quando non sono stati eseguiti per tempo i
necessari lavori di ristrutturazione, entrano in funzione le ruspe demolitrici:
non c’è altra soluzione.
La “ruspa” – addirittura comico! – sgattaiola fuori dal
garage delle Edizioni San Paolo di Roma, ma non affigge tesi per discutere, non
chiede udienza, non dà alla vetusta istituzione cattolica nemmeno l’appiglio di
un confronto: “non voglio intromettermi fra ciò che pensano e credono i
cattolici rispetto alla loro Fede”. E’ ciò che Mauro Biglino ripete, anche se
sa benissimo che non ci potrebbero essere più roghi per bruciarlo.
Magari, però, una pallottola vagante potrebbe sempre manifestarsi:
i tempi cambiano e gli inquisitori accettano anche qualche “suggerimento” della
modernità. La morte del comandante delle Guardie Pontificie, Alois Estermann
(mai chiarita), della moglie e di un caporale, è stata una sparatoria degna di
un film di Sergio Leone. Proprio accanto all’appartamento del Papa.
Così, dalle Bibbie più antiche – guarda a caso quelle
proibite nel ‘500 con l’Inquisizione – salta fuori, traducendo letteralmente,
che il potente e “glorioso” Dio Javhé viaggiava nei cieli su un “carro di
fuoco”, mentre i suoi “cherubini” assomigliavano più a delle guardie del corpo
che agli angioletti del presepe.
Ma anche il Nuovo Testamento è stato “rivisitato” –
soprattutto grazie all’acume “greco” di Paolo di Tarso – e, dunque, una vicenda
interna alla comunità ebraica, uno scontro fra fazioni discordi ed un fallito
assalto al tempio di Salomone, ha creato i prodromi per la creazione di una
nuova religio, visto che quella
vigente nella Roma imperiale era in forte crisi, pervasa e stravolta da nuovi
credi.
Mentre era stato proibita dal Senato la pratica dei
Baccanali, i culti di Cibele, Iside e, soprattutto, Mitra erano entrati a far
parte del Pantheon Romano, scombussolandone le radici, che risalivano
addirittura al primo re, Numa Pompilio. C’era bisogno di “aria nuova”: che durò
per due millenni.
Oggi, osservando con occhio disincantato e senza nessun tipo
d’acredine, possiamo affermare che la religione Cattolica sia ancora uno dei
“perni” del vivere italico?
Vivo di fronte ad una chiesa, che si dice sia stata un
“luogo” dei Templari, e nella quale è stato anche girato un pessimo film (The broken key) sull’infinita saga dei
cavalieri antichi e delle moderne società segrete.
Le campane, a parte le ore, suonano musichette che sembrano
il “liscio” dei Casadei: mai più ascoltato una musica sacra. Rari matrimoni e
battesimi, più frequenti i funerali, con un solo denominatore: niente che abbia
a che vedere con una pratica sacra, ma solo cerimonie mondane, allegre o
tristi, ma solo mondane. Abiti eleganti le donne, camicie e cravatte gli
uomini: per quel che ne so, una liturgia spenta senza più nessuna tensione
religiosa verso il sacro, il supremo, l’assoluto inconoscibile.
Le statistiche ci dicono che circa la metà della popolazione
italiana si dice cattolica, ma coloro che si dicono credenti e praticanti sono
soltanto il 22%. Ci sono, poi, un 10% circa che appartiene ad altre religioni,
ed un 14% che, genericamente, “crede in Dio”. Questa è, sostanzialmente, la
situazione.
Al di là della sfera religiosa, gli italiani che credono
molto o abbastanza alle coincidenze rappresentano ben il 53% mentre il 41%
crede nella fortuna, il 25% nella reincarnazione, il 24% nella predestinazione
dell'anima, il 21% nei miracoli dei guaritori, il 18% nel karma, il 17%
nell'astrologia, il 16% nella presenza di alieni sulla Terra, un altro 16%
nella jella e nel malocchio, sempre il 16% nelle sedute spiritiche, il 14%
nella possessione diabolica, il 9% nei tarocchi e un altro 9% nella magia.
(sondaggio Adnkronos)
Sembra quasi l’identica situazione del tardo Impero Romano
anzi: forse peggio.
Eppure, continuiamo a definirci un “Paese cattolico”: in
ogni modo, felice Natale a tutti!