Osservate ben questa fotografia perché non so se si nota
chiaramente: a parte le olive abbandonate sulla pubblica via, o quelle che
nessuno raccoglierà sulla scarpata, sulla strada si notano migliaia di
noccioli. Si tratta della “nuova usanza” di fare l’olio direttamente
sull’asfalto: pratica, oltretutto, assai pericolosa, perché passare in moto
sopra quel “mix” di olio e minuscoli noccioli è rischioso. Non fa niente: se
avrete un incidente, potrete fare causa al Comune il quale (con comodo, ovvio)
sarà obbligato a risarcirvi.
Questa è la situazione di chilometri di strade liguri:
accanto, ci sono gli oliveti abbandonati con strati d’olive che marciscono,
qualche (raro) podere con le reti stese (ma troppo tardi, sotto le reti c’è già
una strato d’olive marce) e le cunette per il deflusso dell’acqua intasate da
chili e chili di olive.
Ho cercato dotte informazioni sulla situazione olivicola
italiana e sono state tutte rassicuranti: tranquilli, ragazzi...sì, in un
decennio hanno chiuso i battenti più di 200.000 piccole aziende...ma la
superficie coltivata ad olivo è diminuita solo di un’inezia%. Sarà.
Si legge, però, che l’olio d’oliva italiano è solo un
ricordo: grazie ai “saggi” provvedimenti dell’UE, soltanto una percentuale
inferiore al 10% è sufficiente per qualificarlo come “olio d’oliva
italiano”...cioè...olio comunitario con presenza d’olio italiano. Quanto? Ah,
difficile dirlo...l’Italia produce circa la metà dell’olio necessario al
consumo interno, la Spagna 4 volte l’Italia – ed ha il controllo dei mercati
del Nord Africa, Marocco ed Algeria – ma l’olio spagnolo, e quello che diventa
tale appena sbarca ad Alicante, è una schifezza rispetto all’olio italiano. Per
due motivi: le cultivar, molto inferiori per qualità, ed il sistema di
raccolta, che è molto diverso da quello italiano (gli spagnoli “ammucchiano” le
olive sotto l’albero, quando hanno terminato la raccolta le portano al
frantoio...immaginate che “fragranza”...).
Qui, entrano in gioco i chimici, i quali sono in grado di farvi
diventare qualsiasi schifezza almeno accettabile, quanto basta per stare, con
accattivante etichetta e smaglianti luci, sullo scaffale di un supermercato.
La questione, però, è un’altra: di tutti gli olivicoltori
che conosco, nessuno è sotto i 60 anni, ovvero sono quasi tutti pensionati
che...fin che ce la faranno, dicono, poi...qualche santo sarà per il podere e
per le olive. Quelle olive pestate sulle strade, però, già raccontano come la
pensa il santo.
L’olivicoltura è solo un settore dell’agricoltura italiana:
il divario con Francia e Germania è abissale. In Germania, per 8 agricoltori sopra
i 65 anni ce ne sono 8,1 sotto i 35,
in Francia, per gli stessi 8 agricoltori ce ne sono 7,9
sotto i 35: c’est pareille, direbbe un francese. In Italia, sempre riguardo a
quegli 8 agricoltori over 65, ce n’è solo uno sotto i 35 anni: un divario
abissale.
Le ragioni? Decenni di disinteresse, tagli verticali ed
orizzontali ad ogni sostegno, menefreghismo da parte di tutte le parti
politiche...chi se ne frega della terra? Pare che la terra produca così, da
sola, semplicemente guardandola.
Per le olive, tanto per citare un dato, molti anni fa c’era
un sussidio di 1000 lire (o 1 euro, non ricordo) per ogni litro d’olio che
usciva dal frantoio: era poco, ammettiamolo, ma il costo di molitura, almeno,
lo pagava lo Stato. Il quale, in questo modo, aveva anche dati precisi per
quanto riguarda la produzione italiana...adesso? Tutto sta in quel che
dichiarerà il frantoio il quale, beninteso, fra qualche settimana (conclusa la
raccolta), riprenderà in mano le sanse che ogni olivicoltore ha lasciato, le
sottoporrà ad una nuova estrazione intorno ai 60° – la prima è sui 28°, il
cosiddetto “olio a freddo” – e venderà, poi, l’olio extra vergine super a
freddo incontaminato con garanzia biologica che gli allocchi correranno a
comprare, a costi superiori ai 10 euro il litro. Quindi, estraendo nuovamente
quasi all’ebollizione, verrà fuori una delle tante schifezze che i chimici
metteranno a posto.
I chimici? Questi novelli maghi della frode? E che ci
possono fare...fanno il loro mestiere, sono altri che dovrebbero spiegare
perché ordinano loro di “nobilitare” certe schifezze.
Molti anni or sono, mi venne ordinato di valutare il
contenuto di acido oleico (ossia se c’erano state sofisticazioni con altri oli
non d’oliva) nell’olio di una grande marca: mi misi al lavoro – per gli
addetti: saponificazione, idrolisi acida, estrazione dell’acido oleico,
rotazione, mediante Mercurio, cis/trans del doppio legame e trasformazione in
acido elaidinico (solido), pesata finale – e vidi che il risultato era circa il
50% di quello atteso, ossia del titolo in acido oleico che avrebbe dovuto avere
quell’olio d’oliva.
“Professore, devo aver sbagliato...mi viene la metà del
previsto...”
Il professore solleva gli occhi dal giornale “No, Bertani, è
giusto, è giusto così...”
“Ma come, la metà!”
“E dai, Bertani, dattela...non farmi dire altro va...il voto
sarà alto, tranquillo: consegni il risultato?”
Oggi, dopo aver fatto un poco il contadino, capisco perché
il mio olio è denso e verde, mentre quello della “grande marca” era (ed è) una
bagnarola giallognola.
Non voglio, però, tediarvi oltre perché il “Fatto
Quotidiano” ha recentemente pubblicato una lunga inchiesta (più articoli, che
tutti potrete trovare facilmente) sulle frodi in campo oleario: sono le
implicazioni sociologiche che m’interessano e ci torneremo. Andiamo avanti.
Proseguendo su queste strade dell’interno, ciascuna con il
suo “tappeto” di noccioli d’oliva, si giunge alla periferia della grande
Genova: Sestri, dove c’è l’aeroporto e ci sono i cantieri navali Fincantieri –
ultimo ricordo dell’IRI – i quali, insieme al Muggiano, Riva Trigoso,
Castellammare, Palermo e Monfalcone sono le principali sedi italiane.
All’estero, Fincantieri lavora anche in Norvegia, Romania, Croazia, USA,
Brasile, India, Emirates e Vietnam: ovviamente, con una galassia di
compartecipazioni ed accordi commerciali d’ogni tipo.
La loro specialità?
Navi da crociera costruite con un sistema modulare che
all’estero c’invidiano, perché i moduli vengono costruiti a terra e poi
assemblati sulla nave, con precisione millimetrica: un lavoro di grande perizia
e precisione, per i progettisti e per le maestranze. Non disdegnano poi di
costruire portaerei, fregate e sottomarini, ma anche comuni navi mercantili,
soprattutto nei cantieri delle “controllate” estere.
Come va Fincantieri?
Per dare una risposta sensata bisogna prima valutare il
sistema di riferimento: gli ordinativi sono al loro massimo storico e, dunque,
sono necessari aumenti di capitale per far fronte all’espansione del lavoro
conseguente alle commesse. Almeno, in un’economia sana così stanno le cose: hai
più ordini e lavoro? Devi acquistare più materiali e pagare più maestranze? Ti
servono dei capitali, che saranno remunerati con gli utili. Invece, pare di no:
“Crisi di Fincantieri”, “Problemi a Fincantieri”, eccetera...questi sono i
titoli sulla stampa.
Perché?
Poiché l’unico fondo ancora nelle mani (parzialmente) del
Tesoro è la Cassa Depositi e Prestiti, ossia la cassa che riceve il risparmio
postale ed essendo Fincantieri ancora in mani statali, è giocoforza prenderli
da lì.
Ci sono, però, due ragioni che s’oppongono a questa semplice
soluzione – prestarli ad un’azienda che ha un portafoglio ordini come quello di
Fincantieri non è come darli alla banche, dal Monte Paschi in poi, che s’è
“beccato” subito la prima rata dell’IMU da 3,9 miliardi, per poi restituirli e
creare un “buco” di bilancio di 5 miliardi (1), ossia peggio di prima – però,
proprio per questa ragione, tutti gli avvoltoi bancari e finanziari sono
contrari a finanziare del semplice “lavoro”.
Oddio, questi parvenu...perché non investirli sui future del
petrolio che promettono così bene? Compro petrolio per 5 milioni di dollari
stasera...domani li rivendo ad un centesimo di più ed o guadagnato 50.000
dollari! Perché bisogna lavorare? Salvo poi, quando il giochino non riesce,
scaricare tutto sulle spalle degli azionisti – a volte circuiti, altre
inconsapevoli: ho amici che mi hanno raccontato i raggiri per poi fare loro
firmare le famose “obbligazioni subordinate” – ed oggi si osserva una cosa mai
vista: per sanare i folli giochi dei banchieri, si prendono i soldi delle
persone. Anche quelli di chi ha un conto sopra i 100.000 euro? Il governo deve
decidere.
La seconda, è che tanti aspettano una privatizzazione di
Fincantieri – i francesi ci provano dai tempi di Ateliers et Chantiers de
Normandie – per “buttarci un piede” e poi...chissà...insomma, se questi
rastrellano commesse ovunque, e poi non hanno soldi per costruirle...e se
premessimo sui politici italiani e sulle banche di riferimento? Eppure,
Fincantieri resiste (ed “esiste”) proprio per la tenacia della sua dirigenza e
per le alte qualità delle maestranze: oggi, sono i francesi a temere una
“cannibalizzazione” da parte italiana.
C’è dunque una convergenza da molte parti su Fincantieri:
basta “consumare” risorse! Il governo vuole avere libertà sulla Cassa Depositi
e Prestiti per gestire i suoi affari – debito, “mance” elettorali, buchi di
bilancio, ecc – insomma: ma cosa vuole questa gente? Lavorare? Eh sì, ma per
lavorare ci vogliono soldi...in mano alle banche, investiti sui mercati
emergenti, rendono di più...(quando rendono).
Il paradosso del “turbo” capitalismo – che assomiglia molto
all’imperialismo di leninista memoria: vedi le guerre e le imprese neocoloniali
– è che il denaro deve rendere profitti nel minor tempo possibile, e il lavoro
ne richiede troppo. Ma – direte voi – per fare soldi bisogna che qualcuno
produca (ossia lavori) ma per questo ci sono le economie emergenti...non la
Cina o l’India, no...oramai si parla d’Indonesia...200 milioni di potenziali
lavoratori...gente che lavora per un pezzo di pane...e cosa credete sia
l’Ucraina, una semplice storia di missili? Per averli 500 chilometri più
avanti quando la loro gittata è di 15.000? No, l’Ucraina è un posto dove,
attualmente, la gente lavora per il corrispettivo di 100 euro il mese: piatto
ricco, mi ci ficco! Solo che, lassù, è roba per i tedeschi, che non vogliono
altri rompiscatole. Sentito parlare di Lebensraum
d’hitleriana memoria?
La soluzione da trovare riguarda le popolazioni: come si può
fare per tenere buona gente che non ha un reddito sicuro, o scarso, o nullo? La
soluzione l’ha suggerita, a suo tempo, George W. Bush: lo stato sociale
“caritatevole”, il welfare della mano tesa. Se non basta, ci sono i lacrimogeni
e, se non bastano i lacrimogeni, si spara. Si noti: Padoan (sul decreto “Salva
banche”): “non daremo rimborsi, bensì aiuti umanitari”. Carità.
L’Italia è straordinariamente avanti su questa strada,
poiché è l’unico Stato europeo a non avere separazione fra assistenza e
previdenza. Non c’è mai stata! Ci ha sempre pensato e ci pensa l’INPS!
Pensioni, sussidi, cassa integrazione, mobilità,
pre-pensionamenti...tutto nel gran calderone di Tito Boeri! E il governo,
grazie alla “riforma” dell’INPS cominciata da Tremonti – ossia la soppressione
di qualsiasi controllo interno sull’attività dell’ente – può fare tutta la
“carità” che vuole, compresa la carità “pelosa” in tempo d’elezioni!
Sulla “anomalia” italiana – negli altri Paesi l’assistenza
ricade sul bilancio statale – c’è un vulnus giuridico enorme, lapalissiano:
come si fanno a con-fondere due
diritti, quello previdenziale (individuale) e quello all’assistenza (collettivo)? Soprattutto in tempi di sistema contributivo, quando “prendi quel che versi”, ma cosa
“prendo”...il “mio” meno la cassa integrazione di qualcuno, il “mio” meno la
mobilità di un altro...che senso ha?
Invece, in Italia, si prende una cassa qualunque e, con essa,
si finanzia l’assistenza: domani potrebbe toccare alla Cassa Depositi e
Prestiti...basta che ci siano soldi da rastrellare...ricordate le famose
“cartolarizzazioni” di Tremonti? Ovvio che hanno lasciato buchi di bilancio
enormi, perché era sbagliata la premessa di vendere il Colosseo
(cartolarizzandolo) per far quadrare il bilancio.
D’altro canto, quando un Paese vive per anni governato da
una classe dirigente completamente fuorilegge – non perché dichiarato
dall’Arcivescovo di Costantinopoli, ma dalla sua, stessa Corte Costituzionale!
– cosa c’è ancora da spiluccare sul fronte del Diritto? Sono degli abusivi, dei
portoghesi (in senso calcistico), dei falsari...gente che andrebbe giudicata e
condannata, non osannata e riverita!
Il tirapiedi che hanno sistemato all’INPS, adesso, lancia
allarmi ai giovani – andrete in pensione a 70 anni! Con 350 euro! – nella
speranza che gli diano una mano non per “tagliare le unghie” alla classe
politica & aggregati, che fanno il “sacco” della provvista previdenziale,
ma a coloro che prendono una pensione di 2.000 euro (lordi) – 1.600 netti – per
portare anche questi nella fascia di povertà. Poveri è bello, soprattutto dopo
aver lavorato una vita.
D’altro canto, la Corte Costituzionale ha già sancito la
correttezza che gente come Amato incassi 31.000 euro e rotti il mese e che
Ilona Staller (Cicciolina) prenda più di 3.000 euro per una sola legislatura,
sponsorizzata da Pannella. All’epoca, gliel’avrà data? Mah...
Il problema di Boeri è recuperare (al voto, al consenso, ecc)
quella larga fascia (milioni di persone) che è rimasta nel “limbo” della
riforma Fornero: ossia coloro che, oggi, hanno dai 60 ai 66 anni: ah, se
potesse dare loro qualcosa (sempre nell’ottica caritatevole di Bush II) e
portarli a Renzi in dono! Perché Renzi un po’ disperato lo è: mica per nulla fa
gli occhi dolci alla mafia siciliana per il Ponte sullo Stretto, che è
ricomparso dal libro dei sogni! Altrimenti, non basta più Berlusconi come
soccorso in Parlamento...B. oramai se ne frega, basta almeno “vederla” ogni
tanto, bei tempi quelli del bunga-bunga...e non ce la fa più a tenere insieme
che qualche voto...qui, il M5S va a vincere! (Poi, vedremo cosa saranno capaci
di fare...)
Così, il buon Boeri s’è studiato di tagliare le pensioni più
“ricche” – ossia di quelli che almeno campano – per fare una sola classe di
pauperes, quelli dai 500 ai millecinque: dai tremila-quattromila in su bisogna
lasciarli tranquilli...eh, sono quel che rimane dell’elettorato di Forza
Italia...
Combinate i dati che abbiamo citato.
Le olive non s’hanno da raccogliere, perché ci conviene di
più fare affari con gli spagnoli & company – e si dimentica che in Francia
si va ancora in pensione a 61-62 anni, ma molti non sapranno che la Francia è
principalmente un Paese agricolo, non industriale – mentre le navi non sono da
costruire perché costa troppo fornire capitali a Fincantieri, quei soldi ci
servono per tamponare mille altre cose...comprese le pensione d’oro a migliaia
di persone, altrimenti si crea un buco di bilancio.
E, per risolvere l’arcano, si tagliano (con la scusa del
contributivo, come se i boiardi di Stato avessero versato tutti quei
contributi!) le pensioni intorno ai 2.000 euro (lordi) e si fa un po’ di carità
(Bush II) a coloro che vanno avanti a pane e latte.
In altre parole, ci si dimentica di un assioma dl
capitalismo “sano”: investimento di capitali, maestranze, materie prime e
lavoro. Quindi, profitti e salari, sui quali poi si va a discutere per la loro
divisione, ma quella è ancora una discussione “sana”, perché basata su
ricchezza creata, non sulla fuffa.
Non si capisce più quale tipo di capitalismo sia quello di
Renzi & Co...capitalismo “magico”? “stordito”? “fantasioso”?
“deliquescente”? “brigantesco”? Ma lo sapranno quali sono le regole del
capitalismo?
Tutto bene? Ok, magari ci salta fuori anche il Ponte sullo
Stretto: avanti tutta!
2 commenti:
E' la globalizzazione, bellezza!
Vogliono che consumiamo l'olio tunisino, marocchino, spagnolo, greco...E magari fosse solo quello greco, che almeno è buono. Ed i truffatori nostrani si tuffano a pesce nel business, vedi recenti indagini e denunce della magistratura.
La causa ritengo che sia sempre l'avidità dell'uomo, il suo bisogno di fregare l'altro perché non si riconosce nell'altro il proprio simile, anzi, se stesso. Occorre chiamarsi fuori dall'inconscio collettivo attraverso la meditazione e procedere indefessi per la propria strada. Allontanarsi da certi metodi e certi corrotti, non scendere a compromessi con la propria coscienza. Un altro mondo è già qui, perché noi esistiamo, e siamo anche consapevoli.
Tempi duri richiedono un master in coraggio!
Sai la battuta che circola in questi giorni?
"In vaticano gira un libro rivoluzionario e pericoloso. E' Il Vangelo!"
C'è sempre un lato comico in ogni vicenda.
Ti auguro tanta allegria!
E.
Ecco qua,
Il Califfo di Rignano sta preparando un pacchettino per depenalizzare le frodi sull'olio: come darsi una martellata sulle p.... da soli!
Dal Corriere della Sera:
Il Parlamento pronto a votare il condono per chi truffa sull'olio d'oliva extravergine (e non solo)
Corriere della Sera
Pubblicato: 15/12/2015 15:05 CET
Altro che salvaguardia del cibo made in Italy. Alla Camera arriva un decreto legislativo che intende depenalizzare il reato di contraffazione alimentare: oggi i produttori che imbrogliano i consumatori rischiano fino a due anni di reclusione, con la nuova norma potranno pagare una multa di massimo 9500 euro e farla franca.
Il caso riguarda anche i produttori di olio d'oliva sotto inchiesta a Torino perché nell'etichetta indicano "olio extravergine" quando invece proprio extravergine non è: Carapelli, Bertolli, Santa Sabina, Coricelli, Sasso, Primadonna, e Antica Badia.
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