12 giugno 2021

La conferenza postbellica di Jalta (quarta ed ultima parte)

 

Josef Mengele, il medico-boia di Auschwitz

Nelle indagini storiche, l’assillo d’ogni ricercatore sono le fonti, che devono essere ampiamente documentate ed affidabili: altrimenti, si è subito cestinati ed accusati di complottismo. Ma c’è un “ma” che molte volte non si nomina che però esiste, eccome.

In fin dei conti, chi scrive veramente la Storia? Gli storici, che traggono le loro fonti dagli archivi, sempre che da quegli archivi non siano passati prima altri e sottratto od immesso quello che loro faceva comodo. Quelli che la Storia hanno il vezzo di “addomesticarla”.

 

L’esempio lampante fu lo storico inglese Hugh Trevor-Roper, autore del famoso libro Gli ultimi giorni di Hitler nel quale cercava di tacitare le molte voci che, soprattutto dai Paesi del Socialismo reale (URSS in testa), accusavano gli Alleati d’aver nascosto Hitler per loro vantaggi.

Lo stesso Trevor-Roper, però, durante la guerra era un agente segreto inglese, in stretto e costante contatto con Wilhelm Canaris, capo indiscusso dei servizi segreti germanici, con il quale tentò d’intessere una trattativa – poi fallita poiché i sovietici mangiarono la foglia – per una pace separata con la Germania. Insomma, per quei due, la Guerra Fredda sarebbe nata con almeno una decina d’anni d’anticipo: a questo punto, fregiarsi del titolo di “storico ufficiale” inglese, mi sembra un poco esagerato.

Quando poi dichiarò autentici i Diari di Hitler nel 1983, subito dopo si scoprì che erano un falso: insomma, molta confusione sotto il cielo…non vi stupirà sapere, allora, che alcune notizie qui riportate provengono, addirittura, dalla prestigiosa e di certo non accusabile di complottismo, Università Luiss di Roma.

 

Il conflitto sul metodo, dunque – ricordando Popper – dovrebbe nascere dal confronto aperto sui contenuti, ed analizzando attentamente anche il cui prodest, senza il quale molte “mosse”, in guerra o in diplomazia, finiscono per non reggere se l’analisi si fa più serrata.

Magari non prestare attenzione a chi spaccia teorie senza la minima prova, ma ascoltare chi pone una serie d’eventi concatenati, segno evidente che lasciano trasparire sospetti molto consistenti: non è un buon affare per la cultura storica, anche se pare acquietare gli animi e tranquillizzare la popolazione.

Quel “andrà tutto bene”, propalato ai quattro venti durante la pandemia, mostra tutti i suoi limiti, sia per le questioni pandemiche e sia per le questioni storiche.

 

Devo confessare che di tutta la vicenda la parte che meno m’impressionò fu la sorte di Hitler, anche se Abel Basti – pur comprendendo le necessità editoriali – intervistò persone che dicevano d’averlo incontrato, e la presenza di Ante Pavelic, il dittatore croato, fu sicuramente documentata nel dopoguerra a Buenos Aires e pare che ci sia stato un incontro fra i due.

Stalin non ci credeva affatto alla morte di Hitler e, alla conferenza di Postdam (a guerra finita) fece sapere come la pensava chiacchierando con un addetto d’ambasciata britannico. “Dove avete nascosto Hitler?” gli chiese, creando un notevole imbarazzo.

Anche Mussolini fece la fine che fece per credere a delle fandonie: lui – pilota – cosa ci avrebbe messo, volando di notte, a decollare dal nuovissimo aeroporto di Linate a rifugiarsi in Spagna da Franco? Ma i servizi segreti italiani non erano quelli tedeschi, è la più ovvia risposta. Oppure Franco non voleva grane e declinò la richiesta? Come vedete, la strada per la Valtellina è zeppa di “bivi” mai indagati.

 

In ogni modo, la figura dei due dittatori era oramai inutile nel nuovo panorama internazionale: erano già iniziati i prodromi della Guerra Fredda.

Lo capirono entrambi: l’interprete del loro ultimo incontro, quello avvenuto dopo l’attentato ad Hitler, intervistato nel dopoguerra, raccontò che a parte la sparata iniziale di Hitler sulle nuove armi che avrebbero…eccetera, eccetera…ascoltato più per cortesia che altro da Mussolini, stettero almeno un’ora a ricordare gioiosamente i loro passati di caporali, uno sul fronte francese (con suo ufficiale Rudolf Hess!) e l’altro sul fronte italiano: avevano creato e gestito un’epoca, e milioni di morti. Erano, usando un termine oggi consueto, “obsoleti”.

 

Gli uomini d’apparato, però, sono preziosi e vengono salvaguardati, anche se hanno commesso qualche “marachella” durante la guerra: ne avemmo anche noi, seppur frettolosamente “tutti assolti” dalle malefatte pre e post belliche.

Ne è un esempio il prefetto di Milano nel 1969, Marcello Guida, il quale indirizzò immediatamente le indagini per la strage di piazza Fontana verso Valpreda e gli anarchici, dimostratosi poi non solo un “indirizzo” sbagliato, ma anche colluso con gli interessi della destra eversiva dell’epoca. Ma chi era Marcello Guida?

Fu, in epoca fascista, commissario e direttore della colonia penale per motivi politici di Ventotene e, nel 1970, il presidente della Camera Sandro Pertini, scendendo dal treno a Milano dove il prefetto era andato a riceverlo in pompa magna, si rifiutò di stringergli la mano.

 

Mentre l’Italia non ebbe grandi “richieste” di personaggi del mondo occulto dei servizi segreti, annessi & connessi, la Germania nel dopoguerra viveva un incubo: suddivisa in quattro settori, uno comunista e tre (s)governati dagli alleati, fino al 1950 restò letteralmente alla fame. Bisognava farle pagare le bombe su Londra e, soprattutto gli inglesi, si misero con impegno a farlo.

Molti tedeschi abbandonarono la Germania in quegli anni, ma c’era chi non poteva farlo alla luce del sole, perché mostrare un documento poteva trasformarsi in un capo d’accusa di fronte ad un tribunale militare. Qui, tornarono utili le vecchie conoscenze, in luoghi vissuti per secoli come contee tedesche e che ora, per i ghiribizzi della Storia, languivano sotto il tacco italiano.

 

Non era difficile giungere fino a Vipiteno (Sterzing) o recarsi in altre località della ex Operationszone Alpenvorland, che fino al Maggio del 1945 conteneva il Trentino, l'Alto Adige e la Provincia di Belluno sotto la Germania nazista: lì, c’erano ancora molti amici. E proprio in quelle zone iniziò la “rat-line” (via dei topi), ossia il percorso che portava gli ex nazisti a ricevere nuove identità e documenti italiani, poi a Roma, dove soprattutto i religiosi croati “sistemarono” centinaia di persone, quindi a Genova, dove il cardinal Siri li imbarcava, con la buona volontà dei Costa, sulle navi e li spediva in Sudamerica. Che gioielli di bontà cristiana: tutto sotto gli occhi di Pio XII, che era stato nunzio apostolico per molti anni in Germania (firmando nel 1933 un Concordato dove riconosceva il partito nazista) e, nel 1936, come Segretario di Stato aveva soggiornato a lungo in Argentina.

 

La domanda da porsi è allora: perché gli americani strinsero quel patto scellerato con quella gente? Che, notiamo, in larghissima parte abbandonò la Germania, la quale era timorosa d’essere accusata di nazismo per secoli: molti comportamenti, ad esempio, sono tollerati più in Italia o Spagna che in Germania. Lo Horst Wessel Lied, l’inno nazista, in Germania è reato suonarlo ed ascoltarlo, e la legge viene fatta rispettare.

 

Quando, se ben ricordo era il 2003, mia figlia si recò in Argentina con il fidanzato per conoscere la sua famiglia le chiesi, qualora si fosse ritrovata a San Carlos de Bariloche – considerata il rifugio dei nazisti argentini – di telefonarmi, e lo fece.

Qui era Estate e laggiù Inverno, sotto i contrafforti delle Ande: mia figlia desiderava darmi delle informazioni, anche se il gelo sentivo che l’attanagliava, ma avvertivo che non sapeva cosa raccontarmi. Sì…sulla piazza c’era una birreria in stile bavarese…ma che prova è? Magari possiamo trovarla anche a Roma od a Bari. Le case erano in stile nordico, ma erano quasi sulle Ande…la notizia più curiosa fu che, lì vicino, era sopravvissuta una comune hippie da anni lontani e che erano diventati famosi perché costruivano delle bellissime stufe in terracotta.

Ciò che pensai, mentre lei parlava, fu che si trovava in un teatro di posa abbandonato.

 

Un teatro di posa che era servito, per molti anni, per immagazzinare, controllare e decidere la destinazione di ricchezze inaudite: per noi italiani, la fine – mai conosciuta – dell’Oro della Banca d’Italia trafugato dapprima a Fortezza, in Alto Adige. La parte sparita e mai recuperata ammontava a due tranches del 1944, una di circa 64 tonnellate confluite nella Reichsbank di Berlino e l’altra di circa 7 tonnellate prelevata dal Ministero degli Esteri tedesco. In totale, circa 71 tonnellate mai ritrovate, e viene da chiedersi cos’avessero trasportato i sottomarini a San Matias: 71 tonnellate erano il carico di due sottomarini e mezzo, se le nostre ipotesi del capitolo precedente sono corrette.

 

Ma, se da una parte i servizi americani tollerarono questi traffici, dall’altra chiesero qualcosa in cambio.

Anzitutto, la democrazia in Argentina era un optional: dal 1950 al 1970 l’economia crebbe parecchio e la povertà diminuì fino a toccare un valore minimo del 7% (forse anche grazie all’enorme ricchezza precipitata sull’Argentina?). I governi democratici si succedevano a periodi dittatoriali, fino al 1976, quando prese il potere la giunta Videla. Lì, fu la catastrofe con almeno 30.000 desaparecidos, persone scomparse e mai più ritrovate.

Parallelamente, in Cile nel 1973 andava in scena la seconda rappresentazione: il golpe militare del generale Pinochet, che inaugurò un periodo di disgrazie e morti senza fine.

Mentre la presenza e l’attività di Klaus Barbie – il boia di Lione – è documentata in Argentina ed in Bolivia, quella di Walter Rauff, SS-Obersturmbannführer (simile a Colonnello) nelle SS è documentata in Cile, dove godette della protezione di Pinochet fino alla sua morte, avvenuta nel 1984.

Fra Cile, Argentina, Bolivia e Brasile non si conosce il numero delle vittime né la precisa identità dei loro assassini: si sa che il neofascista italiano Stefano delle Chiaie operò in Argentina sotto la dittatura e poi in Bolivia, in quel grande intervento che prese poi il nome di Operazione Condor. I nazisti, probabilmente operarono dietro alle quinte, senza intervenire direttamente, ma delle tracce le lasciarono, ben evidenti.

 

Colonia Dignidad fu una di queste.

Un orrore nazista, creato nel 1961 da un ex caporale della Wermacht, medico o infermiere che sia stato (un medico caporale?): Paul Schäfer, a 350 chilometri da Santiago del Cile, costruì un campo dove una apparente setta idolatrava il loro leader, pedofilo e nazista fino al midollo, con un annesso ospedale dove un medico (?) tedesco, Harmut Hopp, riforniva di bambini il suo capo, mentre altri li utilizzava come cavie per i suoi esperimenti. Pare che da Colonia Dignidad sia passato anche Josef Mengele, il medico-boia di Auschwitz: non vi è la certezza, ma il marchio sembra proprio il suo.

Nel campo era proibita qualsiasi attività sessuale e, grazie agli psicofarmaci, la gente viveva imbambolata più che tranquilla. D’altro canto, un “campo” circondato da un recinto elettrificato qualche ricordo lo fa rinvenire, e non sono bei ricordi.

 

Vissuto per molti anni nella totale indifferenza, il “campo” divenne tristemente famoso dopo il golpe di Pinochet del 1973, quando parecchi “indesiderati” gli fecero visita e scomparirono per sempre. Sotto Pinochet, il campo fu inviolabile: nessun magistrato poteva indagare e chi lo faceva veniva trasferito, se insisteva spariva. D’altro canto, la presenza della DIMA – la polizia segreta del regime d Pinochet – era abituale a Colonia Dignidad.

Quando, finalmente, in anni recenti si riuscì a penetrare nel “campo”, si scoprirono depositi di armi e di munizioni, molte risalenti all’ultimo conflitto mondiale e, ben celato sotto terra ma perfettamente funzionante, addirittura un carro armato.

Harmut Hopp, il “medico” dell’ospedale, condannato in Cile, è tornato in Germania dove vive libero, mentre Schäfer è morto a Santiago nel 2005 in carcere, dopo essere scappato in Argentina e ripreso.

 

Colonia Dignidad fu scoperta per la fuga di un suo “adepto” che rivelò al mondo quella ignobile presenza: ma quante sopravvissero, in silenzio, sia come “campi di adepti” o come semplici strutture dei servizi segreti? In fin dei conti, agli USA interessava soprattutto il Rame cileno e che l’URSS non mettesse piede in Sudamerica: paradossale, ma  gli aerei che bombardarono il palazzo della Moneda, uccidendo il presidente Allende, erano Mig-21 cileni.

 

Così, la lista di nomi che segue (probabilmente molto incompleta) è tutta composta da gente scomparsa in Europa e ricomparsa in Sudamerica, e mai più tornata per affrontare la giustizia nei Paesi dove l’avevano offesa (salvo Eichmann e Priebke):

 

Josef Mengele, Adolf Eichmann, Klaus Barbie, Gerhard Bohne, Walter Kutschmann, Erich Priebke, Erich Muller, Walter Rauff, Josef Schwammberger…ed i meno noti:

-Ludolf von Alvensleben, ex ufficiale delle SS in Russia.

-Josif Berkovic, fascista croato.

Gerard Blaton, collaborazionista belga.

-Michel Boussemaere, fondò l’associazione Vlaanderren in Argentiniae.

- Bytebier Gerard, collaborazionista belga condannato a morte.

-Bytebier Michel, suo fratello.

-Franz Calcoen, già condannato a Bruges.

-Kurt Christmann, ex ufficiale delle SS e colonnello della Gestapo.

-Pierre Daye, collaborazionista belga.

-Jan Durcanksy, ministro della Repubblica indipendente slovacca.

-Erwin Fleiss,capo delle SS nel Tirolo.

-Fridolin Guth, partecipò al fallito colpo di stato austriaco del 1934.

-Hans Friedrich Heffelmann, accusato di aver preso parte al programma di eutanasia di Hitler.

-Friedrich Rauch, ex ufficiale delle SS e vicino al Fuhrer.

-Eduard Roschmann, ex comandante del ghetto di Riga.

-Bilanovic Vjubomir Sakic, ex comandante del campo di concentramento di Jasenovac, Croazia.

-Franz Votterl, ex dirigente della Gestapo e ufficiale delle SS.

-Guido Zimmer, ex comandante delle SS a Genova.

-Albert Rits, ex ufficiale delle SS.

-Fritz Lantschner, coinvolto nel colpo di stato in Tirolo del 1934.

 

Queste persone, però, giunsero in Argentina tramite la cosiddetta “rat-line” ossia le protezioni e le falsificazioni delle identità in gran parte create in Alto Adige e poi in Italia, come ricordavamo all’inizio, ma viene da pensare che prima giunsero delle “avanguardie” le quali, per prima cosa s’incaricarono di spostare in Argentina le copiose ricchezze rapinate in tutta Europa dai nazisti e quindi di sistemare degnamente i “profughi” che arrivavano dall’Europa. Ecco perché, all’epoca, San Carlos de Bariloche era un “teatro” molto attivo divenuto, nel 2003 (quando ci passò mia figlia) un teatro di posa abbandonato.

C’è inoltre da ricordare che la Spagna, anche se oramai controllata più rigidamente dagli ex-Alleati, forse chiuse più di un occhio a cavallo del 1950, e nessuno poteva controllare chi partiva da Vigo per il Sudamerica, soprattutto se dotati di documenti falsi e d’identità non facilmente riconoscibili: d’altro canto, lo faceva tranquillamente anche l’Italia.

Non dimentichiamo, inoltre, che tutto avveniva con la bonaria distrazione dei servizi segreti americani, che ebbero poi molti contatti con quella gente: ricordiamo che, dopo il 1970, ci fu un momento nel quale nell’America Latina non ci fu più un solo governo democratico.

 

In fin dei conti, non sappiamo quanti ex nazisti giunsero in Sudamerica – probabilmente, i nomi scoperti sono soltanto la punta dell’iceberg – e la Storia ufficiale ha taciuto, sia per i limiti di ricerca attuati dai servizi segreti di mezzo mondo ed altri storici per aperta collusione.

Allora, vista la situazione di stallo nella quale gli storici si sono trovati, perché continuare a negare l’evidenza di moltissime prove che indicherebbero la sopravvivenza di un’ideologia perversa e soltanto utile a fini strategici?

In fin dei conti, la guerra al bolscevismo inaugurata da Hitler continuò in America Latina, oggi forse connotata più dai grandi cartelli internazionali del traffico di droga piuttosto che da ideologie anticomuniste ma, comunque si voglia definirlo, un brutale assassinio della tanto sbandierata democrazia.

 

Chissà se un giorno, cancellati gli omissis dai documenti secretati, i nostri nipoti sapranno veramente quel che è accaduto.

6 commenti:

Daniel ha detto...

Ciao Carlo, sono arrivato alla fine dei tuoi articoli un pò frastornato dalla mole di dati, ipotesi e analisi che ci hai regalato e sto cercando di collegarli ma non è facile dati i vari piani che hai toccato. Il filo conduttore mi sembra sia la verosimile ipotesi che molti nazisti, con adeguate coperture, riuscirono a scappare in sud america, sfuggendo alla giustizia e riciclandosi nella lotta al comunismo. Argomento di per sé non nuovo ma suffragato con dovizia di dettagli a me non noti. Molto interessante la tua chiosa "sull'ansia da documentazione" degli storici: del resto il buon Barbero ha più volte ammesso che per onestà intellettuale della storia sappiamo ben poco (usa una espressione un pò più colorita) proprio perché da appassionato ricercatore si è reso conto delle difficoltà in cui ci si imbatte nel cercare una ricostruzione storica attendibile. La conclusione è un pò sconfortante: riusciremo forse a vedere le pennellate ma ci mancherà la visione d'insieme del quadro. Magari nel prossimo secolo saranno scoperchiati gli altarini ma non potremo assistere allo show...pazienza, per ora mi accontento di capirne un pò di più e ti ringrazio per il gran lavoro fatto. Complimenti e in attesa di tuoi nuovi contributi ti auguro buona vita.

Carlo Bertani ha detto...

Grazie, Daniel, per il tuo giudizio generoso: andrò a sentire cosa racconta Barbero, perché è persona onesta. Credo, in questa lunga storia, d'aver messo in evidenza le parti meno conosciute: Doenitz, che non partecipò alla congiura ed all'attentato contro Hitler ma, visto la piega che prese la guerra, s'industriò - grazie al fatto d'essere il Capo della Marina - per essere chi avrebbe salvato il nazismo dalla totale cancellazone.
Il sospetto mi nacque anni fa qando, leggendo il libro di Bagnasco sui sommergibili, compresi che tanti tipo XXI scomparsero dalle liste ufficiali, ossia "sabotati" e nulla più. Poi, leggendo Basti, venne la notizia di San Matias, e così cominciai a mettere insieme il puzzle.
A presto!
Carlo

Massimo ha detto...

Buongiorno Carlo

mi unisco ai ringraziamenti degli altri lettori. Volevo porle una domanda: visti i dubbi sulla fine di Hitler che attanagliavano i sovietici, secondo Lei, lo hanno mai cercato? Quinte colonne ne avevano un po' dappertutto....

saluti

Carlo Bertani ha detto...

E' una bella domanda. La risposta è che Hitler, se è scappato, era protetto non solo dai suoi, ma anche dalla CIA e dall'M16. Difatti, gli israeliani diedero una lunga caccia ai criminali nazisti ma, il Mossad, in tanti anni riuscì soltanto (e con molta fortuna) a prendere Eichmann e poi ad uccidere Herbert Cukurs, il "macellaio di Riga".
E basta. Molti fallimenti, notevole quello su Mengele, costellarono l'attività del Mossad nel dopoguerra ma molti non sanno che il più efficiente fra i servizi segreti israeliani non è il Mossad, bensì lo Shin-Bet. Ciao e grazie. Carlo

spes ha detto...

Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio,
di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia
W. Shakespeare
Così senza oltrepassare il cielo ,ma restando con i piedi ben piantati sulla terra , si può’ pensare della Storia passata e recente che si basa su documenti,carteggi e quant’altro resce ad essere consultato.Il dubbio resta sempre lo stesso,come da te sostenuto, :cosa è rimasto,cosa non è stato rimaneggiato e censurato se non distrutto o cambiato nelle varie traduzioni per non contraddire la “versione ufficiale”? .
Attraverso i quattro articoli ci hai reso partecipi di storie-novità,almeno per me, che vanno oltre la "versione ufficiale" che ,per una logica secondo la quale ci fanno solo sapere quello che dobbiamo sapere,è ricca di chiaroscuri in più artificialmente avvolti nella nebbia a volte molto fitta e maleodorante.
Ciao e grazie

Carlo Bertani ha detto...

Grazie te, Spes, per la pazienza che hai avuto a leggerli!
Ciao
Carlo