Caro professore,
la scuola è finita e s’appressano le vacanze. Avrai tempo per riflettere, per pescare, per scrivere o per fotografare. Per amare e per cercare d’esser amato, per coltivare senza limiti passioni ed odi: senza la cesura della campanella.
In altre parole, avrai tempo. E’ vero: chi “ha” gli esami dovrà aspettare ancora un poco, ma ci si sente già un po' in vacanza.
Anche la scuola va in vacanza, ma la scuola ricomincia, e sempre peggio. Non si capisce più cosa dobbiamo fare: se non vedi il bullo che sta “bullando”, sei colpevole. Se lo vedi e lo redarguisci, prima dovresti contare fino a mille prima di comminare la sanzione. La povera collega siciliana, usa il vecchio sistema: scrivi 100 volte “Sono un deficiente”.
Si scatena la bagarre e viene subito inquisita dal Ministero: ma quello – uno che si pianta sulla porta dei bagni e non lascia entrare i compagni definendoli “ricchioni” – non è deficiente per davvero?
E’ mancante d’educazione e d’intelligenza: dunque, deficiente di qualcosa. Cosa ha sbagliato la collega?
La collega non ha avuto tempo per riflettere: se ne avesse avuto, probabilmente avrebbe vergato diligentemente sul registro di classe la canonica “nota” e l’avrebbe indirizzata al Preside…pardon…Dirigente Scolastico. Il quale, avrebbe convocato i rappresentanti degli studenti – non stupitevi, queste sono le norme! – per discutere, più che comunicare, le decisioni da prendere.
Ne sarebbe scaturito un civile dibattito, nel quale il Preside avrebbe ricordato le elementari regole di buona educazione e di convivenza civile, che non contemplano l’insulto e la prevaricazione. Dall’altra, qualche paio d’occhi – un po’ stupiti, un po’ annoiati – avrebbero sopportato il sermone, per poi concludere che “aveva sbagliato” ma che, in fondo, era un “bravo ragazzo”. Siamo tutti “bravi ragazzi”, fin quando non ci trovano in casa il cadavere della vicina, sgozzato.
In definitiva – perché nessuno può sottrarsi alla morale – è il tempo a mancare, sempre lui, quello che sprechiamo in abbondanza. Tempo libero. Libero da che? Come se apprendere, conoscere, sapere fosse tempo coatto, rubato.
Tutti d’accordo, oramai: siamo rimasti solo noi, pochi, degeneri insegnanti, i quali ancora credono che conoscere sia un valore, qualcosa per il quale vale la pena d’impiegare il tempo, perché domani – anche se sarà la “Velina” di turno ad acchiappare i dobloni – ti rimarrà pur sempre la soddisfazione di non farti prendere per il culo dal primo che passa, e che urla più forte.
Tutti gli altri, ci son contro. Le famiglie, che vogliono solo leggere “Promosso” sul tabellone, i ragazzi che, grazie a quelle otto lettere, vogliono ricevere il telefonino che fa anche il caffé. I Presidi che, con pochi bocciati, sono promossi dai Sovrintendenti e i Sovrintendenti che, a loro volta, sono promossi a pieni voti dal Ministro di turno.
Con poco tempo a disposizione e molte – oramai tantissime – cose da insegnare, dobbiamo fare di necessità virtù: fra qualche anno, faremo 45 minuti di lezione e 5 minuti di pubblicità. Con buona pace dei mille Soloni che, quando non trovano orecchie che li ascoltino altrove, il Ministro di turno invia a fare pistolotti nelle scuole.
E i ragazzi? Credono di vivere più felici perché scansano un po’ di fatica, fin quando il loro tempo non sarà scaduto. Forse non s’accorgeranno di niente, forse non capiranno, chissà…recriminare? E che cosa? Si può recriminare per aver vissuto un’adolescenza avulsa dalla realtà?
Prima di nominare il Carpe diem, però, bisognerebbe almeno sapere cos’è.
In altre parole, avrai tempo. E’ vero: chi “ha” gli esami dovrà aspettare ancora un poco, ma ci si sente già un po' in vacanza.
Anche la scuola va in vacanza, ma la scuola ricomincia, e sempre peggio. Non si capisce più cosa dobbiamo fare: se non vedi il bullo che sta “bullando”, sei colpevole. Se lo vedi e lo redarguisci, prima dovresti contare fino a mille prima di comminare la sanzione. La povera collega siciliana, usa il vecchio sistema: scrivi 100 volte “Sono un deficiente”.
Si scatena la bagarre e viene subito inquisita dal Ministero: ma quello – uno che si pianta sulla porta dei bagni e non lascia entrare i compagni definendoli “ricchioni” – non è deficiente per davvero?
E’ mancante d’educazione e d’intelligenza: dunque, deficiente di qualcosa. Cosa ha sbagliato la collega?
La collega non ha avuto tempo per riflettere: se ne avesse avuto, probabilmente avrebbe vergato diligentemente sul registro di classe la canonica “nota” e l’avrebbe indirizzata al Preside…pardon…Dirigente Scolastico. Il quale, avrebbe convocato i rappresentanti degli studenti – non stupitevi, queste sono le norme! – per discutere, più che comunicare, le decisioni da prendere.
Ne sarebbe scaturito un civile dibattito, nel quale il Preside avrebbe ricordato le elementari regole di buona educazione e di convivenza civile, che non contemplano l’insulto e la prevaricazione. Dall’altra, qualche paio d’occhi – un po’ stupiti, un po’ annoiati – avrebbero sopportato il sermone, per poi concludere che “aveva sbagliato” ma che, in fondo, era un “bravo ragazzo”. Siamo tutti “bravi ragazzi”, fin quando non ci trovano in casa il cadavere della vicina, sgozzato.
In definitiva – perché nessuno può sottrarsi alla morale – è il tempo a mancare, sempre lui, quello che sprechiamo in abbondanza. Tempo libero. Libero da che? Come se apprendere, conoscere, sapere fosse tempo coatto, rubato.
Tutti d’accordo, oramai: siamo rimasti solo noi, pochi, degeneri insegnanti, i quali ancora credono che conoscere sia un valore, qualcosa per il quale vale la pena d’impiegare il tempo, perché domani – anche se sarà la “Velina” di turno ad acchiappare i dobloni – ti rimarrà pur sempre la soddisfazione di non farti prendere per il culo dal primo che passa, e che urla più forte.
Tutti gli altri, ci son contro. Le famiglie, che vogliono solo leggere “Promosso” sul tabellone, i ragazzi che, grazie a quelle otto lettere, vogliono ricevere il telefonino che fa anche il caffé. I Presidi che, con pochi bocciati, sono promossi dai Sovrintendenti e i Sovrintendenti che, a loro volta, sono promossi a pieni voti dal Ministro di turno.
Con poco tempo a disposizione e molte – oramai tantissime – cose da insegnare, dobbiamo fare di necessità virtù: fra qualche anno, faremo 45 minuti di lezione e 5 minuti di pubblicità. Con buona pace dei mille Soloni che, quando non trovano orecchie che li ascoltino altrove, il Ministro di turno invia a fare pistolotti nelle scuole.
E i ragazzi? Credono di vivere più felici perché scansano un po’ di fatica, fin quando il loro tempo non sarà scaduto. Forse non s’accorgeranno di niente, forse non capiranno, chissà…recriminare? E che cosa? Si può recriminare per aver vissuto un’adolescenza avulsa dalla realtà?
Prima di nominare il Carpe diem, però, bisognerebbe almeno sapere cos’è.
1 commento:
Caro professore.
Sono uno scolaro "classe 68"; fin dall'inizio della mia carriera scolastica sono stato definito irrequieto, disinteressato e fannullone.
A quel tempo si poteva bollare uno studente con questi epiteti e mio padre, povero Cristo, si rifiutava di partecipare alle riunioni genitori-insegnanti per il semplice motivo che si vergognava. Io, onestamente, non mi sentivo eccessivamente preoccupato.
Nonostante tutto negli anni passati sono andato a ricercare molti dei miei ex professori (ahime', adesso abito in Belgio e non vedo piu' nessuno) ed e' raro che il ritrovarsi non sia stato qualcosa di estremamente gioioso per entrambe le parti.
Devo confessare di avere avuto dei buoni insegnanti: persone libere, terrene e con un carattere da tagliare con il coltello; se la mia memoria puberale e’ estremamente confusa dal marasma di sensazioni ed esperienze, non lo e’ certo quella parte che riguarda quei momenti in cui il professore si lasciava andare a commenti e citazioni vuoi per riprenderci, vuoi per commentare il nostro comportamento o vuoi, intenzionalmente, per far entrare nelle nostre zucche dure un concetto.
Da parte mia corrispondeva una rinnovata attenzione e sentivo che il mio cervello (agonizzante per il non uso) anelava di assorbire queste perle e provava pura un timido tentativo di funzionare.
Mi confrontavo, in quei momenti, con una realta’ che ancora non conoscevo (beatamente rinco…ito dalle fidanzatine, i motorini truccati e i luna park).
Nella mia mente stanno, scolpite nella pietra, una serie di frasi e fatti che mi hanno insegnato molto piu’ di tutto quello che avrei potuto imparare in prima persona. Per un’altro potrebbero non siginificare nulla, per me hanno un contesto che si rinnova in ogni cosa che faccio.
Non ci sono stati solo I professori, a onor del vero: genitori, datori di lavoro, colleghi piu’ “esperienziati”, una moglie, a volte qualche scrittore. No, non dovrei aver dimenticato nessuno.
E cosa si prova per queste persone? Rispetto, cameratismo, gratitudine. E per I professori in misura maggiore perche’, ti rendi conto dopo tanto, lo fanno per mestiere, molti per passione.
Caro professore, non tutto e’ perduto. Il suo mestiere e’ ancora importante, Lei e I suoi colleghi dovete tener duro e mantenere il Vostro lato umano perche’, alla lunga, e’ quello che riuscite a trasmettere con piu’ efficacia.
Ma Lei lo sa sicuramente meglio di me
Con tutta la mia stima e complimenti per i suoi scritti.
Gabriele Bozzi
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