Mentre gli italiani stanno compiendo in questi giorni un importante passo in avanti – iniziando a capire che il calcio è soltanto la metafora della politica – per le vicende estere si continua a credere che Europa e Stati Uniti siano coloro che menano a loro piacere le danze del pianeta, e questo è un errore.
Se gli USA amano il tintinnar di sciabole, in Oriente si preferisce far ascoltare il fruscio del gas nelle condotte: il ricatto energetico russo è oramai evidente anche per chi fa finta d’esser sordo.
Se gli europei (da noi ENI) non concederanno a Gazprom una quota dei loro mercati il gas russo finirà in Cina che – grazie alla crescita economica ed alle enormi riserve valutarie – può pagare di più rispetto ad europei ed americani.
Forte di questi contratti, Gazprom va a “caccia” di stock di metano nell’intero pianeta e sta acquistando da paesi terzi ciò che un tempo era la riserva di caccia di Exxon/Mobil. Solo dieci anni or sono, un impotente Yeltsin consentiva agli oligarchi russi di spadroneggiare ed alle compagnie americane d’impadronirsi delle riserve russe: in un solo decennio la situazione si è completamente rovesciata, ed oggi sono le “sette sorelle” americane ad essere sulla difensiva nei confronti dell’aggressività del colosso russo.
La Cina ha un contratto per 300.000 barili giornalieri con il Venezuela di Chavez, importa petrolio e gas da paesi come Angola, Sudan, Congo, Nigeria…ed intesse rapporti economici con questi paesi fornendo loro tecnologia, soprattutto in campo militare.
Fra pochissimi anni saremo di fronte ad uno scenario nel quale le tre potenze orientali (Cina, Russia ed India) inizieranno a cogliere i frutti dei loro investimenti in politica estera, ed al cosiddetto “Occidente” non rimarranno che due strade: partire all’attacco in mille piccole guerre nell’intero pianeta o cedere lo scettro.
Per questa ragione è importante seguire lo sviluppo della crisi iraniana, laddove Europa e Stati Uniti non riescono a strappare alle controparti Russia e Cina nemmeno l’avallo per porre sanzioni economiche all’Iran, altro che guerra.
Comunque vadano le cose – con la pace o con la guerra – il destino di Europa e Stati Uniti è segnato: con un indebitamento colossale, ed una crescita economica che è pari ad un terzo rispetto a quella delle economie orientali, il declino è inevitabile.
Tutto ciò pone di fronte l’Europa (ed il nuovo governo italiano) a difficili scelte: seguire gli USA nei loro ruggiti oramai stonati e fuori tempo massimo, oppure gestire un atterraggio “soft” come saggiamente seppe compiere l’Impero Britannico?
Il baricentro mondiale si sposterà inevitabilmente nell’area del Pacifico, molto lontano dal Mediterraneo e dall’Atlantico: da Singapore e da Shangai, così come da New Delhi e da Vladjivostok, è quasi impossibile avvertire timidi belati che vorrebbero apparire ruggiti.
Se gli USA amano il tintinnar di sciabole, in Oriente si preferisce far ascoltare il fruscio del gas nelle condotte: il ricatto energetico russo è oramai evidente anche per chi fa finta d’esser sordo.
Se gli europei (da noi ENI) non concederanno a Gazprom una quota dei loro mercati il gas russo finirà in Cina che – grazie alla crescita economica ed alle enormi riserve valutarie – può pagare di più rispetto ad europei ed americani.
Forte di questi contratti, Gazprom va a “caccia” di stock di metano nell’intero pianeta e sta acquistando da paesi terzi ciò che un tempo era la riserva di caccia di Exxon/Mobil. Solo dieci anni or sono, un impotente Yeltsin consentiva agli oligarchi russi di spadroneggiare ed alle compagnie americane d’impadronirsi delle riserve russe: in un solo decennio la situazione si è completamente rovesciata, ed oggi sono le “sette sorelle” americane ad essere sulla difensiva nei confronti dell’aggressività del colosso russo.
La Cina ha un contratto per 300.000 barili giornalieri con il Venezuela di Chavez, importa petrolio e gas da paesi come Angola, Sudan, Congo, Nigeria…ed intesse rapporti economici con questi paesi fornendo loro tecnologia, soprattutto in campo militare.
Fra pochissimi anni saremo di fronte ad uno scenario nel quale le tre potenze orientali (Cina, Russia ed India) inizieranno a cogliere i frutti dei loro investimenti in politica estera, ed al cosiddetto “Occidente” non rimarranno che due strade: partire all’attacco in mille piccole guerre nell’intero pianeta o cedere lo scettro.
Per questa ragione è importante seguire lo sviluppo della crisi iraniana, laddove Europa e Stati Uniti non riescono a strappare alle controparti Russia e Cina nemmeno l’avallo per porre sanzioni economiche all’Iran, altro che guerra.
Comunque vadano le cose – con la pace o con la guerra – il destino di Europa e Stati Uniti è segnato: con un indebitamento colossale, ed una crescita economica che è pari ad un terzo rispetto a quella delle economie orientali, il declino è inevitabile.
Tutto ciò pone di fronte l’Europa (ed il nuovo governo italiano) a difficili scelte: seguire gli USA nei loro ruggiti oramai stonati e fuori tempo massimo, oppure gestire un atterraggio “soft” come saggiamente seppe compiere l’Impero Britannico?
Il baricentro mondiale si sposterà inevitabilmente nell’area del Pacifico, molto lontano dal Mediterraneo e dall’Atlantico: da Singapore e da Shangai, così come da New Delhi e da Vladjivostok, è quasi impossibile avvertire timidi belati che vorrebbero apparire ruggiti.
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