Una sera qualunque, a casa d’amici: senza saperlo, sto per
accedere ai veri conti dell’economia spicciola, quelli che gli italiani fanno
tutti i giorni. In questo caso, i conti dei padroni. Sono conti della serva
fatti a spanne, però ci danno il “polso” di come s’è trasformata l’economia
della produzione dei comuni beni di consumo, quelli che troverete nelle grandi
catene commerciali, nei franchising, negli ipermercati.
Sono le 22,30: arriva, visibilmente stanco, il figlio che ha
terminato il turno in fabbrica. Si siede, assaggia una torta, beve un bicchiere
di vino. Ha gli occhi fissi su qualcosa di lontano, come quelli di una persona
che non riesce a staccarsi da un sogno. O da un incubo.
Domanda banale: come va il lavoro?
Risposta scontata: bene, ho finito il secondo turno, quello
dalle 14 alle 22, la prossima settimana farò la notte.
Sgranocchia la torta, sorseggia il vino: non riesce a
staccarsi da qualcosa che gli ronza in testa, come un’ipnosi che ancora lo
pervade.
Lavora in una fabbrica dove si fanno oggetti abbastanza
costosi, di largo consumo: due macchine automatiche le quali necessitano solo
d’essere alimentate manualmente.
Ossia, si prende un pezzo, lo si sistema sulla macchina, si
preme un pulsante ed una resina calda scende nello stampo: 15 secondi, la
resina è solida, si stacca e si ricomincia. Il pezzo finito esce già pronto per
la vendita.
Come avrete compreso, mi tengo sul vago per non rendere
riconoscibile il bene prodotto o la fabbrica di produzione, ma si tratta di
qualcosa che milioni di persone usano quotidianamente.
Quanti pezzi riesci a produrre in un turno? 1.400 circa.
Tre turni, due macchine: 8.400 pezzi il giorno. Ogni tanto,
capita un piccolo intoppo (il pezzo non si stacca subito, oppure il pezzo
superiore ha un difetto, ecc): scendiamo ad 8.000 per fare cifra tonda.
Quanto costano questi beni?
Sono di ottima qualità – racconta – e, alla vendita, il
costo d’acquisto s’aggira sui 140 euro. Mi fa vedere un esemplare: veramente
bello e robusto.
I conti sono presto fatti: ipotizzando che i pezzi siano
venduti al grossista (od alla grande distribuzione) alla metà del prezzo di
vendita (una stima abbastanza realistica), fanno 70 euro x 8000: 560.000 euro
il giorno. Sì, avete letto bene: incassano più di mezzo milione di euro il
giorno. 15 milioni di euro il mese, perché – ovviamente – la produzione è
continua e non ci sono Domeniche, Pasque o Natali che tengano.
Approfondiamo l’analisi, tenendo conto che sono conti della
serva: utili, però, per comprendere – a grandi linee – qual è la ripartizione
fra capitale e salario.
I pezzi che assemblate, li fate voi?
No, li comprano in un piccolo Paese dell’estremo Oriente: li
pagano pochi spiccioli.
Li osservo e non ho difficoltà a crederlo: ben fatti,
precisi, Immagino mani di donne o di bambini che cuciono, legano, rivettano…e
poi una grande portacontainer che giunge a Porto Vado (praticamente, Savona)
dove vomita i suoi container dai quali schizzano fuori migliaia, milioni di
pezzi.
Cosa vuoi dire con “pochi spiccioli”? Scuote la testa:
“proprio pochi, un’inezia”.
Non riesco a sapere di più: pochi spiccioli vorrà dire 5 o
10 euro? Mettiamo 10, tanto per strafare.
E la resina?
Qui, ne so più io di lui.
La resina che utilizzano è comunissima: deriva – ovviamente
– dagli intermedi di reazione i quali, altrettanto chiaramente, si ricavano dal
petrolio, mediante processi di cracking e di reforming. Come giocare con il
Lego: ho una molecola grande? La rompo in due, od in quattro…poi la unisco ad
un pezzo da sei, ci attacco un pezzo da tre e…voilà, la resina è pronta.
Si può venderla solida per comodità di trasporto, oppure
mantenuta fluida mediante autobotti riscaldate…dipende dal tipo di produzione e
dal tipo di resina.
Il 5% del petrolio che importiamo va all’industria petrolchimica,
che si distingue per il bassissimo apporto di manodopera rispetto al capitale
investito in tubi, cisterne, refrigeratori, riscaldatori…perché quel gioco del
“rompi e incolla” avviene semplicemente tramite temperature, pressioni e
catalizzatori. E si producono – veramente a fiumi – gli intermedi, che poi
prenderanno la via delle vernici, dei medicinali, delle materie plastiche, ecc.
Tanto per capirci, i medicinali dal costo contenuto –
diciamo la fascia da 0 a
20 euro – sono tutti prodotti da intermedi del petrolio. Idem le vernici, e
tutto il resto.
Un chilogrammo di resina per pezzo è un costo che è
addirittura difficile stimare: più centesimi che euro, tanto per intenderci.
Quindi, per le materie prime, possiamo ipotizzare 12 euro:
10 per il pezzo che è importato, qualche centesimo di resina ed un euro per la
confezione.
Veniamo al personale.
Le macchine sono due e lavorano su tre turni: 6 persone.
Ovviamente, dobbiamo calcolare anche eventuali rimpiazzi. Facciamo 8? Poi, tre
addetti per l’impianto delle resine (uno per turno), qualche meccanico,
elettricista, magazziniere, confezionatore, e poi due impiegati, un paio di
dirigenti…quanto fa? 25 persone? Ma facciamo 30, dai…ad abundantiam…
30 persone che non ricevono identico salario: per gli operai
stimiamo un costo di 3.000 euro il mese ciascuno, e fanno circa 70.000 euro,
poi ci sono i dirigenti…100.000 euro in tutto? Ma sì, dai, non lesiniamo. Sono
paghe mensili, non dimentichiamo.
Energia: certo, di corrente elettrica, acqua, spazzatura e
tutto il resto ne fanno andare…stimiamo 10.000 euro il mese? Proviamo.
Infine, ci sono i costi d’ammortamento del capitale
investito, provenienti – di norma – dalle banche.
Qui le ipotesi sono più difficili: ricordo che una macchina
che assemblava – da sola, bastava alimentarla con le componenti – le porte
blindate, in anni lontani, costava due miliardi di lire. Un impianto per
produrre pellet si aggira (secondo le dimensioni) fra il milione ed i 10
milioni di euro.
Con due macchine per l’estrusione della resina, più
l’impianto di alimentazione della resina stessa, quadri elettrici, tubature, e
poi il magazzino con l’immancabile furgone e l’elevatore per le
merci…beh…ritengo che l’investimento sia stato di 5 milioni di euro, forse meno
che più.
Le banche cosa chiedono?
Per un investimento di 5.000.000 di euro, restituibile in 5
anni, la rata mensile s’aggira intorno ai 70.000 euro.
Infine, c’è il socio occulto: lo Stato. Quanto saranno le
tasse? Qui ci sono le mille alchimie dei bilanci…proviamo con la massima, ovvero
il 43%?
Possiamo, a questo punto, scrivere un conto economico che ci
darà, a grandi linee, la “fotografia” di una piccola azienda.
INCASSO ANNUO: 204.400.000 euro
SPESE ANNUE:
Materiali (pezzi, resine, energia, ecc): 35.160.000
Spese per il personale (13 mensilità): 1.300.000 euro
Spese finanziarie (banche, mutui, ecc): 840.000 euro
TOTALE SPESE: 37.300.000 euro
AVANZO (al lordo delle tasse): 167.100.000 euro
Tassazione (43%, massima): 71.853.000 euro
GUADAGNO (al netto di spese e tasse): 95.247.000 euro.
Non pretendiamo d’aver definito con precisione la “vita” di
quell’azienda, ma d’aver tracciato almeno gli ordini di grandezza all’interno
dei quali opera.
Come noterete, non è stata considerata l’IVA, perché l’IVA è
una partita di giro, ma non a risultato zero: sarebbe troppo difficile
calcolare, per ogni singolo passaggio, il dare/avere dell’IVA. Così come non
sono state considerate le tasse d’importazione ed i trasporti. Oppure le
agevolazioni che l’azienda incassa dallo Stato per l’assunzione di personale.
Ci sono una miriade d’altre variabili, ma sono soltanto un corollario che non
muta il quadro generale.
Un dato, però, è chiaro: le retribuzioni – soprattutto
quelle degli operai – sono una frazione infinitesima del guadagno netto: circa
il 2%. In altre parole, se l’orario di lavoro fosse di 20 ore settimanali (la
metà, a parità di salario) per l’azienda i costi per il personale salirebbero
soltanto al 4%. Un po’ la vecchia idea di “lavorare meno e lavorare tutti”.
Ma i costi per il personale sono comprimibili, mentre non lo
sono la tassazione (che fa la parte del leone), le banche, che sono
praticamente un “cartello” ed i costi di
produzione, l’energia, le tasse comunali, ecc.
Come si è arrivati a questa situazione?
Il grande colpevole è stato il sindacato: venduto è ancora
dire poco. Connivente, partecipativo con il capitale.
Questo ha condotto alla crescita dell’indice di Gini, e
dunque alla sperequazione nella ripartizione della ricchezza.
Lo vediamo tutti: per un imprenditore, acquistare
un’automobile da 80.000 euro è come, per noi, comprare una bicicletta usata. Se
non ci credete, recatevi al porto di Varazze ed osservate. I cantieri navali
sfornano a ripetizione yacht – i cosiddetti “ferri da stiro” – di 20-30 metri, con motori di
migliaia di Cv. Costo: 2-3 milioni di euro.
Una parte di questi mastodonti viene usata per le tangenti:
giri e rigiri di denaro per far impazzire i magistrati che indagano, quando non
sono anch’essi conniventi. Oppure sono destinati alla vendita, ma qui avviene
un paradosso: si vende più facilmente un colosso del genere (iscritto alla
Cayman, ovviamente) che una piccola barca per uso familiare. La classe media è
sparita, fagocitata dai grandi capitalisti, mentre la classe operaia vive
condizioni al limite della schiavitù.
Del resto, la classe politica – e questo è un leitmotiv che
dura dall’Unificazione – preferisce prendere poco a tanti, piuttosto che tanto
a pochi.
Se osserviamo come vanno le cose in Germania, notiamo che –
grazie alla cogestione – il sistema, seppur parzialmente, si riequilibra,
poiché 4-6000 euro l’anno di premio di produzione, oltre al salario, fanno la
differenza fra una vita di stenti ed una da cittadini.
Inoltre, la facilità del “far soldi” non stimola a produrre
beni innovativi, non incentiva la ricerca: se guadagno tanto fabbricando
scarpe, pneumatici o pentole a pressione, perché devo impegnarmi a studiare
soluzioni innovative sul fronte energetico o nei trasporti?
La nostra classe politica potrebbe mettere in Costituzione
(come fece la Germania)
la partecipazione agli utili dell’azienda, ma se ne guarda bene: riceve troppe
pressioni (leggi: soldi) per applicarsi in questo campo e nessuno ne parla mai.
Loro, discutono di legge elettorale, perché è il mezzo
mediante il quale definiranno gli equilibri interni alle forze politiche per i
prossimi decenni: che gliene frega di noi?
Beh, se le cose stanno così…non vado più a metter crocette
su delle schede elettorali fasulle, almeno mi risparmio la rottura di scatole.
Almeno, all’orizzonte, ci fosse qualche prospettiva, ma così no, non ne vale la
pena.
4 commenti:
A me sembra che fino agli anni '80 il sindacato funzionasse, si sono ottenuti bei miglioramenti nelle normative. E' negli '80 che i padroni compresero che era meglio cooptare e pagare piuttosto che combattere, in fondo non siamo la Colombia o il Brasile, dove sparare ad un sindacalista costa solo due dollari. Allora si cominciarono a vedere caporioni di scioperi divenire dirigenti in azienda, equamente ripartiti fra CGIL e CISL, patinate rivistine sindacali pagate dal padrone, un alto dirigente UIL, Benvenuto (PSI e UIL), diventare addirittura Segretario Generale al Ministero dell'Economia e delle Finanze, dopo essersi venduto un nostro rinnovo contrattuale.
Votare significa soltanto alimentare, fornire energia al Sistema.
Comunque, Carlo, respiriamo particolato d'alluminio, mangiamo glifosato, e ci iniettano il mercurio: è ora di dire basta!
Anch'io ho voglia di chiedere asilo all'Austria od alla Svizzera perché mi stanno privando dei miei diritti civili! Che non sono soltanto le unioni fra gay, ma anche il diritto di decidere per la mia salute e quella dei miei figli e nipoti, garantito dall'Articolo 32 della Costituzione.
Ti abbraccio.
E.
Ho degli amici che si sono trasferiti a lavorare in Germania ma l'unica differenza è che li si produce ancora, la produzione di merci che prima era in Italia per intenderci, e quindi trovi un impiego facilamnete ma quello che ti resta a fine mese è come da noi, poco o niente. La VW fà utili stratosferici ma in Germania un cappuccino costa 3/4 Euro e la barilla 2 volte che qui quindi il dipendente non ha poi quei grandi vantaggi che si pensano. Con la fine dell'URSS sappiamo bene che il grande capitale non ha avuto più bisogno di tenersi buone e calme le classi sottoposte e poi perchè mai avrebbe dovuto spartire la torta con gli altri non essendo più necessario, non lo ha mai fatto nessuno. L'URSS si è potuta abbattere allorquando l'enorme massa di denaro necessario alla corruzzione dei dirigenti dell'URSS e della politica in generale è stato creato dal nulla con le nuove tecniche della moneta FIAT collegata anche al debito perpetuo. E allora cosa si può provare a fare oltre che a lasciare il timone a chi già lo manovra contro di noi ? Ho una idea concreta ma la scrivo la prossima volta, così ti costringo a scrivere anche a te qualcosa di nuovo.
Un caro saluto ad Augusto ed Eli.
Roberto: per abbattere l'URSS non è stato necessario corrompere chissà chi! E Bastato Gorbaciov e pochi altri del Politburo...però, il grande sponsor di Vledimir Putin, all'inizio, è stato proprio Gorbaciov. Insomma, per mettere "sotto spirito" le testate nucleari sovietiche serviva un controllo forte, tipo KGB. E guardalo lì. Poi, che il "ragazzo" si sia dimostrato più intraprendente del previsto...eh...sorpresa! Comunque, Gorbaciov disse di lui "E' la nostra ultima speranza". Ciao
Ciao, sono Theresa Williams. Dopo anni di rapporti con Anderson, mi ha interrotto, ho fatto tutto il possibile per riportarlo indietro, ma tutto era inutile, lo volevo tornare così a causa dell'amore che ho per lui, Gli ho pregato con tutto, ho fatto delle promesse ma lui ha rifiutato. Ho spiegato il mio problema al mio amico e lei ha suggerito che dovrei piuttosto contattare un incantesimo che potrebbe aiutarmi a lanciare un incantesimo per riportarlo indietro ma sono il tipo che non credeva mai in magia, non avevo altra scelta che provarlo Inviò il cinguettino e mi disse che non c'era nessun problema che tutto andrà bene prima di tre giorni, che il mio ex tornerà da me prima di tre giorni, lancia l'incantesimo e, sorprendentemente, nel secondo giorno, era alle 16.00. Il mio ex mi ha chiamato, sono stato così sorpreso, ho risposto alla chiamata e tutto quello che ha detto era che lui era così dispiaciuto per tutto quello che è accaduto che voleva tornare a lui, che mi ama tanto. Sono stato così felice e sono andato a lui che è stato come abbiamo iniziato a vivere insieme felicemente felicemente. Da allora, ho promesso che chiunque conosco che abbia un problema di relazione, sarei d'aiuto a tale persona, facendogli riferimento a lui o lei all'unico vero e potente cronometro che mi ha aiutato con il mio problema. Email: drogunduspellcaster@gmail.com potrai inviarlo via email se hai bisogno della sua assistenza nel tuo rapporto o in qualsiasi altro caso.
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