Finalmente, il dado è tratto, ed è uscito il numero quattro.
Quattro nuovissime centrali nucleari che saranno inaugurate – la prima, beninteso – nel 2020. Perciò…se avete figli piccoli, promettete loro: «Per il tuo diciottesimo compleanno, quando avrai preso la patente, papà e mamma ti porteranno a vedere il primo avvio della prima centrale nucleare italiana.» Almeno loro, saranno soddisfatti.
Se vi domanderanno dove sarà, glissate, chiedete notizie della scuola o della festa di compleanno: se ancora insistono, per disorientarli, domandate loro se in Nuova Zelanda la gente cammina a testa in giù. Funziona: garantito.
Sì, perché non potreste dire loro che dovrebbero essere costruite in località off-limits, circondate da cannoni anticarro e contraerea, e sarà necessario un pass soltanto per transitare a dieci chilometri dal sito. Tanto, non capirebbero e chiederebbero: «Perché, se è una cosa bella, non ci possiamo andare già Domenica?».
Se fossimo cattivi ed ingenui potremmo continuare con questo tono, ma siamo certi che il lettore sarebbe tediato da una sfilza di ragioni (che potrebbe trovare facilmente su innumerevoli siti qualificati) per le quali le centrali nucleari italiane sono una ciofeca incommensurabile. Faremo presto: le scorie, la sicurezza, il prezzo e la scarsità d’Uranio, i costi astronomici, l’interminabile fase di costruzione, la fine della “cuccagna” derivante dall’Uranio proveniente dalle testate dimesse per gli accordi Salt, il problema energetico italiano che viene, così, accoppiato a quello francese…e potremmo continuare, ma oggi non siamo ingenui, solo cattivi. Di più: ci ha già pensato Ugo Bardi[1] a smontare l’ennesima boutade berlusconiana.
Quando siamo cattivi, però, iniziamo col domandarci perché abbiamo così bisogno di questi quattro macinini ad Uranio, e perché non è stata costruita nessuna centrale solare termodinamica (pronto? Priolo Gargallo? C’è qualcuno? Non doveva essere per il 2009? La Spagna ne sta costruendo 28!) o perché l’Italia non abbia ancora – a fronte delle 23 installazione attive in Europa e delle 20 in costruzione – un vero campo eolico off-shore, ossia in mare.
Fin qui, siamo ancora molto ingenui ed anche un poco retorici, ma aspettate. Sì, perché l’Italia il suo primo campo eolico off-shore lo avrebbe da tempo…se…se…se…
E’ questa una storia interessante da raccontare, perché ci sono anime buone, traffici non proprio belli – anzi, decisamente brutti – e tanti, tanti cattivoni. Una premessa: la storia iniziò quando ancora regnava Prodi e termina con Berlusconi, pressappoco fra il 2006 ed il 2008. Cominciamo.
C’era una volta un principe milanese[2] che voleva costruire la prima centrale eolica off-shore in Italia: munito di strumenti adatti e molto denaro, voleva installarla al largo di Termoli e Vasto, sulla costa molisana. Sì, proprio là dove fanno quella buona pasta.
L’impianto doveva essere costituito da 54 aerogeneratori da 3 MW di potenza ciascuno, per una potenza complessiva di 162 MW ed una produzione (stimata sulle mappe eoliche del CESI) che avrebbero soddisfatto la domanda d’energia elettrica per 120.000 famiglie: mica da buttare.
La prima curiosità che avrà il lettore sarà quel misterioso “CESI”: niente paura, si tratta solo dell’ente che sta stendendo – e via via migliorando – il primo “atlante” delle risorse eoliche italiane. E’, in pratica, una società mista, pubblico/privata, con l’ENEA che detiene il 51% del capitale. Cosa dicono queste mappe?
Raccontano una realtà assai triste per i bollitori d’atomi e per gli alchimisti del carbone “pulito” (ma, avete mai incontrato qualcosa di più sporco del carbone? Sì, lo so, ma è difficile bruciarla in centrale, meglio farla fermentare per produrre metano): dicono semplicemente che – a volerlo cercare – il vento per far girare i mulini, in Italia, c’è ed è pure corposo.
Dov’è? Principalmente in mare, proprio là dove nessuno può vedere gli aerogeneratori e non può, quindi, lamentarsi perché “distruggono” il paesaggio.
E’ un segreto gelosamente custodito? No, è pubblico e tutti possiamo accedervi dal Web[3].
La mappa fornisce la velocità del vento a varie altezze ed altri dati: con la grafica ed i colori, è così chiara che può consultarla anche un bambino.
Le aree più interessanti sono tre: la costa meridionale Adriatica, il Canale di Sicilia ed il Sud della Sardegna, proprio nei pressi del famoso Capo Teulada, quello che le nostre navi da guerra si divertono – da secoli – a demolire a cannonate. A nostre spese.
Dobbiamo precisare che lo sviluppo dell’eolico avanza con gli stivali delle sette leghe e già, in Norvegia, stanno sperimentando aerogeneratori (5 MW l’uno) che non poggiano più sul fondale, bensì “fluttuano” assicurati a tre ancore[4]. Le soluzioni sono parecchie: dall’aerogeneratore ancorato direttamente al fondale alla piattaforma eolica: quindi, già oggi, anche aree più distanti dalle coste sono fruibili.
Problemi per la navigazione? Nessuno, perché sono adeguatamente segnalati (riflessione radar, sistemi ottici, acustici, ecc) e poi, con quello sviluppo in altezza, anche un radar comprato per pochi dollari sulle bancarelle ad Hong Kong li “becca”. Alla faccia del clutter[5].
Problemi per la pesca? Sì, forse qualche limitazione ma, se non creiamo delle aree di ripopolamento, è inutile lamentarsi del prezzo del gasolio per i pescherecci: è il pesce che manca. Al punto che il 40% del pesce che consumiamo è già d’allevamento: i campi eolici off-shore sarebbero un bell’incentivo per iniziare a meditare sul ripopolamento ittico.
Per il turismo? Se prendete il largo da Termoli senza radar, in una giornata nebbiosa, senza carte nautiche né GPS, e pretendete pure d’andare in Croazia…beh, lasciatevelo dire: sareste morti ugualmente, perché siate fessi.
Se, invece, scendete in spiaggia e all’orizzonte scorgete nel baluginare della nebbia estiva qualcosa che si muove – ma non riuscite a distinguere se è l’Olandese Volante o l’omino della Michelin – e vi scappa «Ecco: quei maledetti m’hanno rovinato la giornata! Non tornerò mai più qui!» la sentenza è ancora peggiore, perché non potete essere che Vittorio Sgarbi. Lo so, è dura.
Forte di queste premesse, il nostro principe meneghino s’appressò alli Bruzzi e presentò la regolare domanda (con ampia documentazione) alla regione Molise, che un tempo era una dipendenza delli Bruzzi.
Apriti cielo!
Il Presidente di quella Regione – tale Michele Iorio – andò in bestia: come, a questi nordisti ancora non basta averci colonizzati, vogliono pure la nostra aria? Bello vero? Quasi convince.
Dobbiamo – abbiamo premesso che oggi ci sentiamo cattivi – aprire una parentesi su questo personaggio, il tal Iorio Presidente, perché non è solo un uomo politico, è un personaggio da Bagaglino.
Basti pensare che il tizio ha infarcito la sanità molisana (soffocata dai debiti) di parenti ed amici oltre qualsiasi decenza[6]:
Nicola Iorio (fratello): primario di Neurofisiopatologia all’ospedale “Veneziale” di Isernia.
Rosa Iorio (sorella): direttrice del distretto sanitario regionale di Isernia.
Sergio Tartaglione (cognato): primario di Psichiatria al “Veneziale” e presidente dell'Ordine dei Medici di Isernia.
Luca Iorio (figlio): medico chirurgo al “Veneziale”.
Vincenzo Bizzarro (cugino): ex direttore del distretto sanitario regionale di Isernia, oggi consigliere regionale di Forza Italia.
Luciana De Cola (moglie del cugino): vice direttrice sanitaria al “Veneziale”.
Raffaele Iorio (figlio): direttore medico al centro medico privato (Hyppocrates), convenzionato (ovviamente!) con la Regione.
Davide Iorio (figlio): lavora per una multinazionale estera che svolge – guarda a caso – consulenze per la Regione Molise.
Giovanna Bizzarro (cugina): funzionaria della Regione Molise.
Paolo Carnevale (cognato): direttore dell’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale di Isernia.
Per gli “amici” si va da Ulisse Di Giacomo, primario del reparto di Cardiologia, senatore e coordinatore regionale di Forza Italia e, scendendo per importanza, fino a Giuseppe Scarlatelli, figlio del suo portavoce, assunto negli uffici del distretto sanitario di Termoli con l'incarico di “correttore di bozze” del giornalino (!) dell'ente.
Michele Iorio non è solo un uomo politico…è una famiglia politica, no, ci sbagliamo…non troviamo le parole…ecco: è una “Trimurti” politica, elevata però al cubo.
Questi sono i “difensori” del “vento molisano”, ma troveremo delle sorprese.
Per difendersi dal meneghino invasore, vengono erette in fretta e furia difese e barricate ed è subito chiamata in causa la Territoriale Armata Rivoluzionaria. Il TAR del Molise dà ovviamente ragione a patron Iorio, ma non s’aspetta che il Consiglio di Stato cassi quella sentenza[7], motivando che le istituzioni delegate alla Cultura ed al Turismo (in primis il Ministero) non hanno titolo per fermare il progetto.
La sentenza getta fuori dalla mischia Francesco Rutelli, il quale – nella famosa puntata di “Annozero” dedicata all’energia (quella con Rubbia che cercava di balbettare qualcosa ai politici) – aveva rassicurato d’aver già provveduto a fermare l’eolico in altre parti d’Italia (c’è la registrazione, attenti…). Che fare?
Un impianto off-shore produce sì energia elettrica in mare, ma deve portarla a terra per convogliarla nella rete di distribuzione: un semplice cavo sottomarino, mica roba da fantascienza. Però, però…
Ecco un appiglio per fermare il “mostro”: noi non concediamo l’attraversamento del Molise ai cavi del meneghino…questione di permessi, carte bollate, infiniti bastoni fra le ruote…oh, saremo padroni a casa nostra?
Qui c’è il colpo di scena, che – mi rendo conto – getterà nello sconforto chi ancora crede esista un barlume d’opposizione: si schierano, compatte ed unite sulle coste molisane, la 7° Panzerdivisionen “Von Iorien” (Forza Italia) ed il 10° Royal Tank Regiment “The Black Mount Peter’s” (IDV) che prendono posizione a difesa del Vallo di Termoli. Alla faccia di Prodi, Pecoraio Scannato e verdicchi tutti, il buon Di Pietro s’affianca al governatore di Forza Italia. Kamarad e Tommies uniti nella lotta: fosse una novità.
La bagarre “molisana” avviene nella primavera del 2007, e ci sono delle “chicche” da avanspettacolo, come “l’incontro” che il consigliere provinciale Cristiano di Pietro ottiene dal Ministro delle Attività Produttive. In pratica, va a trovare papà a Roma e poi sentenzia ed emette comunicati.
Il buon “papà” così si giustifica[8]:
«Si tratta di un progetto nato più nel sottoscala che nelle sedi opportune…Non sono stati coinvolti né gli enti locali, né la popolazione…In ogni caso, poiché la procedura autorizzativa non investe il mio ministero, ma quello dei Trasporti, mi sono già messo in contatto col collega Bianchi.»
Traduzione dal politichese: siccome non sono passati dalla mia anticamera, nisba. Vorremmo sapere come la mette con il suo compare Grillo, l’alfiere delle rinnovabili.
Siccome il Vallo di Termoli è invalicabile, e non vale la pena sbarcare in una fortificata Calais quando puoi farlo in Normandia, il meneghino compie una riflessione: se il Molise è impraticabile, non si potrà sbarcare in Abruzzo?
La costa abruzzese dista soltanto pochi chilometri in più: per un elettrodotto sottomarino non fa quasi differenza.
Di più: in Abruzzo, regna Ottaviano della Sublime Porta, il quale non ha mai mostrato repulsioni per i mulini a vento, al punto di volerne piazzare addirittura qualcuno nel suo paesello, Collelongo, dove ha già “benedetto” un impianto fotovoltaico.
Il Turco, però, sa – da quando mondo è mondo – che deve vedersela con Greci e Persiani. I primi stanno a Roma, l’odiato ex PM di Mani Pulite ora Ministro delle Attività Produttive, i secondi ce li ha addirittura in casa, nella persona di Alessandro Ciciani, il figlio di sua sorella, il quale (Forza Italia) guida un comitato anti-aerogeneratori proprio a Collelongo, il suo comune di residenza[9].
Quindi, il buon Ottaviano – che già si ritrova una serpe in seno – deve vedersela anche con il (suo) ministro dei Lavori Pubblici, il quale impera a Roma e pure nella molisana.
Il quadro – ci rendiamo conto – si complica assai: il (buon?) Rutelli (Ministro della Cultura e del Turismo) nella parte di Ponzio Pilato – l’imperatore Tiberio (Consiglio di Stato) m’ordina di non intervenire! Bacinellaaaa…– il perfido Di Pietro nelle vesti di Richelieu, Ottaviano chi è? Potremmo chiedere aiuto ad Alexandre Dumas padre, perché questa è una storia di cappa e spada. Ci sarà anche una bionda milady? No, bionda no, nera: con i capelli lunghi e gli orecchini alla zingara. Così va meglio.
Dalle Tuileries, Ottaviano scorge l’antico nemico, spauracchio d’ogni socialista, che ancora una volta si mette di traverso e conta di fargliela pagare. Oh, parbleu, maledetto des Pierres: assaggerai la mia lama!
Ecco, allora, l’affondo: se il Molise non concede, noi potremmo…
Il tempo scorre, il meneghino aspetta una missiva ma…casualmente…ecco – estate 2008 – scoppiare il “caso” Del Turco, ossia la scoperta che Ottaviano imperava sulla sanità abruzzese, e la sua Guardia Pretoria esigeva assi e sesterzi da ogni buon cerusico.
Ciò che stupisce, è la veemenza che viene usata nei confronti del Proconsole dei Bruzzi: oh, un mese d’arresto, mentre Previti (condanna definitiva) s’è fatto cinque giorni. Ci sono sempre, ovviamente, due pesi e due misure ma, nel caso di del Turco, sembra quasi di rivedere la “mano” d’altri tempi, quando l’Uomo del Monte (Nero) regnava al Palazzo di Giustizia di Milano.
Ovviamente, non sappiamo se Del Turco abbia acchiappato soldi oppure no – la consuetudine oramai consolidata “all’acchiappo” farebbe pensare di sì – ma non possiamo affermarlo con certezza.
Ciò che stride, in questa vicenda, è quella che potremmo definire quasi “urgenza”. Si potrà affermare che Berlusconi volesse mettere le mani sui Bruzzi, ma non ci sembra questa una priorità per la sua azione di governo.
Siccome la sanità è oramai il “buco nero” del bilancio italiano – e tutti, destra e sinistra, la usano come serbatoio di soldi e voti – Berluska correva pure un rischio: quello di vedersi resa la pariglia da qualche altra parte. Si sa: il “terzo potere” è bipartisan, con un occhio sempre attento alle “riforme” che possano togliere loro stipendi da nababbi e privilegi.
Un’azione così violenta, nel panorama politico italiano, deve avere “sotto” potenti e pressanti giustificazioni: se fossimo cattivi ed ingenui, potremmo credere ad un “vigoroso” interessamento per i Bruzzi da parte del Falso Pelato, ma oggi siamo solo cattivi ed abbiamo bandito ogni ingenuità. Al più, concediamo l’adagio di “prendere due piccioni con una sola fava”.
Ovviamente, tutto è concluso: i meneghini sono tornati a bere l’aperitivo sotto il Duomo, Iorio continua ad infilare parenti ed amici nella sanità molisana e Di Pietro cerca sempre nuovi mezzi per rimanere sull’onda. Se non aver fermato definitivamente la società “Ponte sullo Stretto”, quando era ministro, fu spiegato con una penale da pagare (tutto da verificare), i gran sostenitori del Pietruzzo Nazionale dovrebbero spiegare come mai il Masaniello di Bisaccia finì per schierarsi, nella vicenda, con Berlusconi, Iorio, l’ENI, l’ENEL e con il loro araldo, un tizio di nome Vittorio Sgarbi, del quale una collega di partito – Letizia Moratti – affermò che nei confronti del suo (ex) assessore alla cultura doveva giocare un duplice ruolo, “quello di sindaco e di psicoterapeuta”.
Sarebbe troppo chiedere a Pietruzzo perché infilò nelle liste dell’IDV un personaggio infido come De Gregorio – il quale cambiò casacca immediatamente, iniziando da subito a far navigare con l’acqua alla gola il governo Prodi – ma riteniamo che i suoi fans troveranno tantissime giustificazioni. Ma, lo abbiamo premesso, oggi siamo solo cattivi e non ingenui.
La vicenda veramente conclusa – questo è il dato importante – è la costruzione del primo impianto eolico off-shore italiano, che sarebbe stato un vero spauracchio: perché, se l’appetito vien mangiando…
Adesso, l’attenzione s’è spostata sulla Sicilia: gli aerogeneratori del trapanese erano controllati dalla Mafia! Ma come si riescono a fare simili scoperte dell’acqua calda? In una regione nella quale anche per vendere lupini con una bancarella ambulante devi avere l’imprimatur del mammasantissima di turno, possiamo credere che sfuggisse un simile affare? Sarà pure energia “pulita”, ma i soldi che passano per la Sicilia viaggiano sempre fra i soliti nomi.
Infine, Vittorio Sgarbi – dopo aver sbattuto l’ennesima porta (Comune di Milano) – se ne va a fare il sindaco di Salemi: se lo saranno tolto di mezzo, penseranno i più.
Quelli cattivi e poco ingenui, invece, sanno che la Sicilia è una delle regioni più “gettonate” per l’eolico: scarso valore dei terreni, buona ventosità, nessun problema amministrativo. Là, si sa sempre a chi rivolgersi.
Ecco allora il nostro Sancho Panza (cavaliere, no, proprio no…) scendere nella Mancia…pardon…nella Sicilia dove iniziano ad esserci troppi mulini a vento. Un caso? Certo, ma la sua prima dichiarazione – come sindaco – è[10]:
“Farò di tutto perché non vengano più installate quelle terribili pale eoliche che tanto rovinano il paesaggio. Dovranno passare sopra di me per installarne di altre. Chi ne vorrà di altre cominci a pensare di infilarsele in quel posto…”
Qualcuno, si domanderà cosa c’entrino le centrali di Berlusconi: c’arriviamo.
Posto che ogni KWh prodotto con l’eolico toglie una fettina di petrolio all’ENI, già l’impianto di Termoli avrebbe portato via un pezzettino di torta. Il vero problema, però, era il futuro.
Se a qualcuno fosse venuto in mente di costruire tre grandi impianti off-shore – Puglia, Canale di Sicilia, Sardegna – il panorama energetico nazionale sarebbe mutato. Eccome, mica per dei decimali.
Proviamo, per una volta, a pensare in grande.
Tre estese installazioni off-shore, nei tre punti precedentemente indicati, che utilizzassero piattaforme ancorate ad una distanza di 20 Km dalla costa, consentirebbero d’installare circa 10.000 aerogeneratori da 5 MW di picco.
Immaginiamo tre “corridoi” lunghi circa 200 Km ciascuno, (provvisti di canali per la navigazione ad intervalli regolari) larghi circa due chilometri: “immaginiamo”, perché da terra non si vedrebbe nulla.
Siccome in quelle aree il CESI stima una produzione alla massima potenza per circa 3000 ore/anno, s’otterrebbero ogni anno circa 150.000 GWh, che rappresentano il 44% circa del fabbisogno elettrico italiano (anno 2006).
L’investimento richiesto sarebbe dell’ordine dei 50 miliardi di euro[11], da diluire in un decennio: come trovare i soldi?
Emettendo dei “bond energia”, garantiti dallo Stato, con un rendimento più elevato degli attuali titoli, e quindi più “appetibili” (il costo di produzione eolico è così basso che, anche con il petrolio ai minimi, è ampiamente remunerativo), prediligendo “tagli” piccoli, per incentivare l’azionariato popolare.
Perché sarebbe possibile creare ricchezza a fini sociali con l’eolico?
Il conto è presto fatto: un MW di potenza installata, produce in mare (mappe CESI) 3000 MWh l’anno e costa (installazione) un milione di euro. In 30 anni di funzionamento, il nostro MW produrrà 90.000 MWh i quali, al prezzo di 75 euro/MWh[12], fanno la rispettabile cifra di 6.750.000 euro. Dopo, servirà soltanto sostituire le parti rotanti (con minori costi) per avere altri 30 anni d’energia, e così via.
Dopo cinque anni, l’investimento del milione di euro sarebbe già ripagato: poi, 25 anni d’energia gratis! Con le centrali di Berlusconi, si parla di 30 anni! Forse.
Ci sono pochi investimenti che garantiscono una così elevata redditività: senza rischi, senza inquinamento, senza intervenire nel paesaggio, senza lasciare pesanti “eredità” (scorie) alle generazioni future e senza dover investire per anni e non ricavare nulla. Difatti, l’eolico è il metodo di produzione energetica che più incrementa, ovunque.
Un simile progetto, consegnerebbe all’Italia – due anni prima che una fumosa centrale berlusconiana avvii la turbina – il 44% della richiesta elettrica contro l’ottimistico (e quando?) 15% di Berlusconi. Di più: la produzione, scaglionata in un decennio, fornirebbe energia già dal primo anno, non undici anni dopo.
Altro effetto benefico, la nascita di un’industria italiana dell’eolico: decine di migliaia di posti di lavoro, a tempo indeterminato e ben retribuiti. Infine, un investimento – “popolare” e sicuro – per i piccoli risparmiatori, la gente comune, quelli che mettono da parte i 1000 euro per il nipotino.
Non consideriamo gli aspetti ecologici, ossia gli impegni di Kyoto: già queste ragioni sono sufficienti per scatenare la bagarre, per far eleggere Sgarbi in Sicilia, per mettere insieme il diavolo e l’acqua santa, da Di Pietro a Iorio, fino all’enigmatico Rutelli. Tutti assatanati, destra e sinistra, che corrono appresso ai denari di ENEL ed ENI.
Anche la pretesa discontinuità dell’eolico è un argomento per sordi: certamente, non possiamo immaginare il mondo delle rinnovabili come quello del petrolio! Ad esempio: perché non dirottare, nei week-end (industrie ferme), quote d’energia per la generazione d’idrogeno per i trasporti? Oppure compensare la discontinuità con le biomasse? Quelle stagionali con il solare termodinamico? Suvvia: qui servono teste pensanti, non i blateranti arruffoni che c’ammansiscono di cazzate dal teleschermo!
Se qualcuno si sente spaventato da questi numeri – Oddio! Andiamo a costruire una “grande opera” – rifletta che, dal 1830 al 1880, in Italia furono costruiti 10.500 Km di ferrovie: la velocità dei trasporti, in mezzo secolo, decuplicò, giacché prima era ancora la stessa delle vie consolari romane.
Le grandi opere che non servono sono la TAV ed il Ponte sullo Stretto, mentre investire in un sistema energetico, che risolva definitivamente il problema, vuol dire evolversi, non involgersi.
Potrete sempre optare per la produzione su piccola scala, ma sarà molto meno redditizia, poiché sulla terraferma difficilmente si superano le 1700 ore/anno: quasi la metà.
Per questa ragione, sarebbero convenienti le grandi installazioni in mare, mantenendo però il controllo – con rigidi protocolli normativi, che implichino il re-investimento dei proventi a scopo sociale, per rendere impossibile il “dirottamento” da parte dei soliti noti – alla parte pubblica.
Il problema energetico richiederebbe altri interventi – ben lo sappiamo – soprattutto per avere “casse di compensazione” sulla discontinuità della fornitura: biomasse, termodinamico, metano da rifiuti, piccolo idroelettrico, risparmio energetico, ecc, ma non vogliamo trasformare un articolo in un saggio.
Berlusconi promette (dopo il 2020!) d’iniziare ad incidere sulla ripartizione delle risorse energetiche – che sarebbero comunque importate (l’arricchimento dell’Uranio avverrebbe in Francia) – per un 10-15% del mercato elettrico. Con i tre impianti ipotizzati, invece, si sarebbe ricavato il 44% della richiesta nazionale: e, con la semplice manutenzione, per sempre!
E, qui, consentitemi di togliermi un sassolino dalla scarpa.
Nel 2004, informai Prodi (al tempo, era ancora Presidente della Commissione Europea) della questione e proposi – visto che l’Italia era rimasta indietro nella tecnologia degli aerogeneratori – di scegliere la strada della produzione su licenza, coinvolgendo le principali aziende meccaniche italiane: FIAT, Ansaldo, OTO Melara, Italcantieri, ecc.
Senza, però, avviare poi la produzione nel nostro Paese, sarebbe stato inutile coinvolgere le aziende: insomma, era un problema di simbiosi. Produco aerogeneratori perché servono, servono perché c’è un problema energetico e per risolverlo c’è un piano.
Lo informai, inoltre, della necessità d’avviare sperimentazioni (come stanno attuando in altri Paesi) sulle correnti sottomarine e sullo sfruttamento delle caldere dei vulcani attivi a magma basico. Oggi potrete giudicarmi un ingenuo, ma sono trascorsi cinque anni: mai negare, anzitempo, la buona fede.
La risposta (che conservo) fu molto deludente: non è mio costume pubblicare la corrispondenza privata, e mi atterrò a questo nobile principio del vecchio giornalismo. In altre parole, se mi fossi trombato Diana, non sarei subito sceso – ancora sudaticcio – dall’editore sotto casa.
La prova che quanto affermo è vero? E’ nei fatti.
Salvo le chiacchiere, nulla è stato avviato nei due anni del governo Prodi.
Il piano era semplice: ogni anno, versiamo a paesi esteri tot miliardi per l’approvvigionamento energetico. Una parte di questi soldi, “dirottiamola” in investimenti nell’industria italiana – non importa se dovremmo pagare le royalties per le licenze – e creeremo decine, forse centinaia di migliaia di posti di lavoro, come ha fatto la Germania.
Se quel piano fosse iniziato quando lo proposi, oggi non avremmo bisogno di quelle improbabili centrali, e sarebbe possibile iniziare già domattina a lavorarci, se solo ce ne fosse la volontà. Ma, da un governo così cieco come l’attuale, non possiamo attenderci che promesse al vento.
Il problema – che è veramente bipartisan, la vicenda Di Pietro/Iorio lo dimostra – è che in Italia, a fronte di uno dei problemi più importanti che abbiamo – l’energia – non esiste un dicastero competente. Sì, c’è una “appendice” del ministero delle Attività Produttive: va bene…serve un po’ di vapore per le filande…lo troveremo…
Invece, l’energia è uno dei principali “nodi” della nostra democrazia malata poiché, chi controlla l’energia, controlla le nostre vite.
In realtà, le scelte energetiche sono decise fuori del controllo democratico: chi le compie?
Due attori, ENI ed ENEL, hanno in mano il destino energetico italiano e non sono sottoposti a nessun controllo reale, al punto che ENEL si permetteva (e ancora si permette) di farci pagare in bolletta un contributo per le energie rinnovabili per poi, con arzigogoli linguistici, farlo confluire sugli inceneritori e, addirittura, sul petrolio, considerando il cracking degli idrocarburi pesanti un’attività di “riciclo”. I Moratti han copiosamente vendemmiato.
La risposta, giunti a questo punto, è chiara: se Berlusconi punta sul nucleare, il PD è da sempre legato all’ENEL (ricordiamo Chicco Testa), Scaroni è un ex pupillo socialista e Di Pietro s’adatta e ci marcia pure, chi rimane?
Un cadavere che si rivolta nella tomba: solo Enrico Mattei pensò ad un futuro “democratico” per l’energia, poiché si riteneva un serio ed onesto servitore dello Stato. Oggi, siamo certi che guarderebbe avanti, non indietro: ma il mondo dell’energia non è per gli ingenui, e chi va fuori dal gregge paga, oppure non viene nemmeno ascoltato.
I siti per le centrali nucleari – elettori di destra, dove siete? – saranno comunicati (34, secondo le indiscrezioni di Scajola) solo dopo le elezioni europee. Prima, cari elettori del PdL, andate tranquilli a giocare con le crocette nella cabina elettorale: dopo, vi diranno se il vostro comune sarà militarizzato per decenni.
Gli abitanti dei 34 misteriosi siti (centrali, scorie, ammennicoli vari) vedranno il valore delle proprie abitazioni precipitare ad un decimo: nessuno vuole abitare vicino alla rumenta nucleare.
La vostra casa varrà un decimo di prima? E che gliene importa: basta che crediate a quel che blatera Sgarbi!
Noi, che siamo cattivi, non vogliamo così male agli abitanti di Salemi – dove il buon Vittorio ha posato le chiappe – al punto d’augurare loro una bella centrale nucleare.
Chiediamo – per un giusto ed inattaccabile contrappasso – che una sia costruita a Ferrara, proprio nei pressi dell’avita magione sgarbiana.
A quel punto, giuro che porterò il mio nipotino in visita e gli dirò: «Vedi, quello è un grand’uomo: per essere coerente con le sue idee, ha accettato il deprezzamento della sua abitazione da 500.000 a 50.000 euro. D’altro canto, con tutto quello che aveva fatto per le centrali…»
L’altra, spero la costruiranno ad Imperia – presso “Villa Scajola” – perché? Perché mi piacerebbe comprare per due soldi un bel villone in Riviera. A quel punto, sopporterei anche la centrale.
PS: Da qualche parte, ho scritto più volte la parola “buoni”. Scusate i refusi.
Quattro nuovissime centrali nucleari che saranno inaugurate – la prima, beninteso – nel 2020. Perciò…se avete figli piccoli, promettete loro: «Per il tuo diciottesimo compleanno, quando avrai preso la patente, papà e mamma ti porteranno a vedere il primo avvio della prima centrale nucleare italiana.» Almeno loro, saranno soddisfatti.
Se vi domanderanno dove sarà, glissate, chiedete notizie della scuola o della festa di compleanno: se ancora insistono, per disorientarli, domandate loro se in Nuova Zelanda la gente cammina a testa in giù. Funziona: garantito.
Sì, perché non potreste dire loro che dovrebbero essere costruite in località off-limits, circondate da cannoni anticarro e contraerea, e sarà necessario un pass soltanto per transitare a dieci chilometri dal sito. Tanto, non capirebbero e chiederebbero: «Perché, se è una cosa bella, non ci possiamo andare già Domenica?».
Se fossimo cattivi ed ingenui potremmo continuare con questo tono, ma siamo certi che il lettore sarebbe tediato da una sfilza di ragioni (che potrebbe trovare facilmente su innumerevoli siti qualificati) per le quali le centrali nucleari italiane sono una ciofeca incommensurabile. Faremo presto: le scorie, la sicurezza, il prezzo e la scarsità d’Uranio, i costi astronomici, l’interminabile fase di costruzione, la fine della “cuccagna” derivante dall’Uranio proveniente dalle testate dimesse per gli accordi Salt, il problema energetico italiano che viene, così, accoppiato a quello francese…e potremmo continuare, ma oggi non siamo ingenui, solo cattivi. Di più: ci ha già pensato Ugo Bardi[1] a smontare l’ennesima boutade berlusconiana.
Quando siamo cattivi, però, iniziamo col domandarci perché abbiamo così bisogno di questi quattro macinini ad Uranio, e perché non è stata costruita nessuna centrale solare termodinamica (pronto? Priolo Gargallo? C’è qualcuno? Non doveva essere per il 2009? La Spagna ne sta costruendo 28!) o perché l’Italia non abbia ancora – a fronte delle 23 installazione attive in Europa e delle 20 in costruzione – un vero campo eolico off-shore, ossia in mare.
Fin qui, siamo ancora molto ingenui ed anche un poco retorici, ma aspettate. Sì, perché l’Italia il suo primo campo eolico off-shore lo avrebbe da tempo…se…se…se…
E’ questa una storia interessante da raccontare, perché ci sono anime buone, traffici non proprio belli – anzi, decisamente brutti – e tanti, tanti cattivoni. Una premessa: la storia iniziò quando ancora regnava Prodi e termina con Berlusconi, pressappoco fra il 2006 ed il 2008. Cominciamo.
C’era una volta un principe milanese[2] che voleva costruire la prima centrale eolica off-shore in Italia: munito di strumenti adatti e molto denaro, voleva installarla al largo di Termoli e Vasto, sulla costa molisana. Sì, proprio là dove fanno quella buona pasta.
L’impianto doveva essere costituito da 54 aerogeneratori da 3 MW di potenza ciascuno, per una potenza complessiva di 162 MW ed una produzione (stimata sulle mappe eoliche del CESI) che avrebbero soddisfatto la domanda d’energia elettrica per 120.000 famiglie: mica da buttare.
La prima curiosità che avrà il lettore sarà quel misterioso “CESI”: niente paura, si tratta solo dell’ente che sta stendendo – e via via migliorando – il primo “atlante” delle risorse eoliche italiane. E’, in pratica, una società mista, pubblico/privata, con l’ENEA che detiene il 51% del capitale. Cosa dicono queste mappe?
Raccontano una realtà assai triste per i bollitori d’atomi e per gli alchimisti del carbone “pulito” (ma, avete mai incontrato qualcosa di più sporco del carbone? Sì, lo so, ma è difficile bruciarla in centrale, meglio farla fermentare per produrre metano): dicono semplicemente che – a volerlo cercare – il vento per far girare i mulini, in Italia, c’è ed è pure corposo.
Dov’è? Principalmente in mare, proprio là dove nessuno può vedere gli aerogeneratori e non può, quindi, lamentarsi perché “distruggono” il paesaggio.
E’ un segreto gelosamente custodito? No, è pubblico e tutti possiamo accedervi dal Web[3].
La mappa fornisce la velocità del vento a varie altezze ed altri dati: con la grafica ed i colori, è così chiara che può consultarla anche un bambino.
Le aree più interessanti sono tre: la costa meridionale Adriatica, il Canale di Sicilia ed il Sud della Sardegna, proprio nei pressi del famoso Capo Teulada, quello che le nostre navi da guerra si divertono – da secoli – a demolire a cannonate. A nostre spese.
Dobbiamo precisare che lo sviluppo dell’eolico avanza con gli stivali delle sette leghe e già, in Norvegia, stanno sperimentando aerogeneratori (5 MW l’uno) che non poggiano più sul fondale, bensì “fluttuano” assicurati a tre ancore[4]. Le soluzioni sono parecchie: dall’aerogeneratore ancorato direttamente al fondale alla piattaforma eolica: quindi, già oggi, anche aree più distanti dalle coste sono fruibili.
Problemi per la navigazione? Nessuno, perché sono adeguatamente segnalati (riflessione radar, sistemi ottici, acustici, ecc) e poi, con quello sviluppo in altezza, anche un radar comprato per pochi dollari sulle bancarelle ad Hong Kong li “becca”. Alla faccia del clutter[5].
Problemi per la pesca? Sì, forse qualche limitazione ma, se non creiamo delle aree di ripopolamento, è inutile lamentarsi del prezzo del gasolio per i pescherecci: è il pesce che manca. Al punto che il 40% del pesce che consumiamo è già d’allevamento: i campi eolici off-shore sarebbero un bell’incentivo per iniziare a meditare sul ripopolamento ittico.
Per il turismo? Se prendete il largo da Termoli senza radar, in una giornata nebbiosa, senza carte nautiche né GPS, e pretendete pure d’andare in Croazia…beh, lasciatevelo dire: sareste morti ugualmente, perché siate fessi.
Se, invece, scendete in spiaggia e all’orizzonte scorgete nel baluginare della nebbia estiva qualcosa che si muove – ma non riuscite a distinguere se è l’Olandese Volante o l’omino della Michelin – e vi scappa «Ecco: quei maledetti m’hanno rovinato la giornata! Non tornerò mai più qui!» la sentenza è ancora peggiore, perché non potete essere che Vittorio Sgarbi. Lo so, è dura.
Forte di queste premesse, il nostro principe meneghino s’appressò alli Bruzzi e presentò la regolare domanda (con ampia documentazione) alla regione Molise, che un tempo era una dipendenza delli Bruzzi.
Apriti cielo!
Il Presidente di quella Regione – tale Michele Iorio – andò in bestia: come, a questi nordisti ancora non basta averci colonizzati, vogliono pure la nostra aria? Bello vero? Quasi convince.
Dobbiamo – abbiamo premesso che oggi ci sentiamo cattivi – aprire una parentesi su questo personaggio, il tal Iorio Presidente, perché non è solo un uomo politico, è un personaggio da Bagaglino.
Basti pensare che il tizio ha infarcito la sanità molisana (soffocata dai debiti) di parenti ed amici oltre qualsiasi decenza[6]:
Nicola Iorio (fratello): primario di Neurofisiopatologia all’ospedale “Veneziale” di Isernia.
Rosa Iorio (sorella): direttrice del distretto sanitario regionale di Isernia.
Sergio Tartaglione (cognato): primario di Psichiatria al “Veneziale” e presidente dell'Ordine dei Medici di Isernia.
Luca Iorio (figlio): medico chirurgo al “Veneziale”.
Vincenzo Bizzarro (cugino): ex direttore del distretto sanitario regionale di Isernia, oggi consigliere regionale di Forza Italia.
Luciana De Cola (moglie del cugino): vice direttrice sanitaria al “Veneziale”.
Raffaele Iorio (figlio): direttore medico al centro medico privato (Hyppocrates), convenzionato (ovviamente!) con la Regione.
Davide Iorio (figlio): lavora per una multinazionale estera che svolge – guarda a caso – consulenze per la Regione Molise.
Giovanna Bizzarro (cugina): funzionaria della Regione Molise.
Paolo Carnevale (cognato): direttore dell’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale di Isernia.
Per gli “amici” si va da Ulisse Di Giacomo, primario del reparto di Cardiologia, senatore e coordinatore regionale di Forza Italia e, scendendo per importanza, fino a Giuseppe Scarlatelli, figlio del suo portavoce, assunto negli uffici del distretto sanitario di Termoli con l'incarico di “correttore di bozze” del giornalino (!) dell'ente.
Michele Iorio non è solo un uomo politico…è una famiglia politica, no, ci sbagliamo…non troviamo le parole…ecco: è una “Trimurti” politica, elevata però al cubo.
Questi sono i “difensori” del “vento molisano”, ma troveremo delle sorprese.
Per difendersi dal meneghino invasore, vengono erette in fretta e furia difese e barricate ed è subito chiamata in causa la Territoriale Armata Rivoluzionaria. Il TAR del Molise dà ovviamente ragione a patron Iorio, ma non s’aspetta che il Consiglio di Stato cassi quella sentenza[7], motivando che le istituzioni delegate alla Cultura ed al Turismo (in primis il Ministero) non hanno titolo per fermare il progetto.
La sentenza getta fuori dalla mischia Francesco Rutelli, il quale – nella famosa puntata di “Annozero” dedicata all’energia (quella con Rubbia che cercava di balbettare qualcosa ai politici) – aveva rassicurato d’aver già provveduto a fermare l’eolico in altre parti d’Italia (c’è la registrazione, attenti…). Che fare?
Un impianto off-shore produce sì energia elettrica in mare, ma deve portarla a terra per convogliarla nella rete di distribuzione: un semplice cavo sottomarino, mica roba da fantascienza. Però, però…
Ecco un appiglio per fermare il “mostro”: noi non concediamo l’attraversamento del Molise ai cavi del meneghino…questione di permessi, carte bollate, infiniti bastoni fra le ruote…oh, saremo padroni a casa nostra?
Qui c’è il colpo di scena, che – mi rendo conto – getterà nello sconforto chi ancora crede esista un barlume d’opposizione: si schierano, compatte ed unite sulle coste molisane, la 7° Panzerdivisionen “Von Iorien” (Forza Italia) ed il 10° Royal Tank Regiment “The Black Mount Peter’s” (IDV) che prendono posizione a difesa del Vallo di Termoli. Alla faccia di Prodi, Pecoraio Scannato e verdicchi tutti, il buon Di Pietro s’affianca al governatore di Forza Italia. Kamarad e Tommies uniti nella lotta: fosse una novità.
La bagarre “molisana” avviene nella primavera del 2007, e ci sono delle “chicche” da avanspettacolo, come “l’incontro” che il consigliere provinciale Cristiano di Pietro ottiene dal Ministro delle Attività Produttive. In pratica, va a trovare papà a Roma e poi sentenzia ed emette comunicati.
Il buon “papà” così si giustifica[8]:
«Si tratta di un progetto nato più nel sottoscala che nelle sedi opportune…Non sono stati coinvolti né gli enti locali, né la popolazione…In ogni caso, poiché la procedura autorizzativa non investe il mio ministero, ma quello dei Trasporti, mi sono già messo in contatto col collega Bianchi.»
Traduzione dal politichese: siccome non sono passati dalla mia anticamera, nisba. Vorremmo sapere come la mette con il suo compare Grillo, l’alfiere delle rinnovabili.
Siccome il Vallo di Termoli è invalicabile, e non vale la pena sbarcare in una fortificata Calais quando puoi farlo in Normandia, il meneghino compie una riflessione: se il Molise è impraticabile, non si potrà sbarcare in Abruzzo?
La costa abruzzese dista soltanto pochi chilometri in più: per un elettrodotto sottomarino non fa quasi differenza.
Di più: in Abruzzo, regna Ottaviano della Sublime Porta, il quale non ha mai mostrato repulsioni per i mulini a vento, al punto di volerne piazzare addirittura qualcuno nel suo paesello, Collelongo, dove ha già “benedetto” un impianto fotovoltaico.
Il Turco, però, sa – da quando mondo è mondo – che deve vedersela con Greci e Persiani. I primi stanno a Roma, l’odiato ex PM di Mani Pulite ora Ministro delle Attività Produttive, i secondi ce li ha addirittura in casa, nella persona di Alessandro Ciciani, il figlio di sua sorella, il quale (Forza Italia) guida un comitato anti-aerogeneratori proprio a Collelongo, il suo comune di residenza[9].
Quindi, il buon Ottaviano – che già si ritrova una serpe in seno – deve vedersela anche con il (suo) ministro dei Lavori Pubblici, il quale impera a Roma e pure nella molisana.
Il quadro – ci rendiamo conto – si complica assai: il (buon?) Rutelli (Ministro della Cultura e del Turismo) nella parte di Ponzio Pilato – l’imperatore Tiberio (Consiglio di Stato) m’ordina di non intervenire! Bacinellaaaa…– il perfido Di Pietro nelle vesti di Richelieu, Ottaviano chi è? Potremmo chiedere aiuto ad Alexandre Dumas padre, perché questa è una storia di cappa e spada. Ci sarà anche una bionda milady? No, bionda no, nera: con i capelli lunghi e gli orecchini alla zingara. Così va meglio.
Dalle Tuileries, Ottaviano scorge l’antico nemico, spauracchio d’ogni socialista, che ancora una volta si mette di traverso e conta di fargliela pagare. Oh, parbleu, maledetto des Pierres: assaggerai la mia lama!
Ecco, allora, l’affondo: se il Molise non concede, noi potremmo…
Il tempo scorre, il meneghino aspetta una missiva ma…casualmente…ecco – estate 2008 – scoppiare il “caso” Del Turco, ossia la scoperta che Ottaviano imperava sulla sanità abruzzese, e la sua Guardia Pretoria esigeva assi e sesterzi da ogni buon cerusico.
Ciò che stupisce, è la veemenza che viene usata nei confronti del Proconsole dei Bruzzi: oh, un mese d’arresto, mentre Previti (condanna definitiva) s’è fatto cinque giorni. Ci sono sempre, ovviamente, due pesi e due misure ma, nel caso di del Turco, sembra quasi di rivedere la “mano” d’altri tempi, quando l’Uomo del Monte (Nero) regnava al Palazzo di Giustizia di Milano.
Ovviamente, non sappiamo se Del Turco abbia acchiappato soldi oppure no – la consuetudine oramai consolidata “all’acchiappo” farebbe pensare di sì – ma non possiamo affermarlo con certezza.
Ciò che stride, in questa vicenda, è quella che potremmo definire quasi “urgenza”. Si potrà affermare che Berlusconi volesse mettere le mani sui Bruzzi, ma non ci sembra questa una priorità per la sua azione di governo.
Siccome la sanità è oramai il “buco nero” del bilancio italiano – e tutti, destra e sinistra, la usano come serbatoio di soldi e voti – Berluska correva pure un rischio: quello di vedersi resa la pariglia da qualche altra parte. Si sa: il “terzo potere” è bipartisan, con un occhio sempre attento alle “riforme” che possano togliere loro stipendi da nababbi e privilegi.
Un’azione così violenta, nel panorama politico italiano, deve avere “sotto” potenti e pressanti giustificazioni: se fossimo cattivi ed ingenui, potremmo credere ad un “vigoroso” interessamento per i Bruzzi da parte del Falso Pelato, ma oggi siamo solo cattivi ed abbiamo bandito ogni ingenuità. Al più, concediamo l’adagio di “prendere due piccioni con una sola fava”.
Ovviamente, tutto è concluso: i meneghini sono tornati a bere l’aperitivo sotto il Duomo, Iorio continua ad infilare parenti ed amici nella sanità molisana e Di Pietro cerca sempre nuovi mezzi per rimanere sull’onda. Se non aver fermato definitivamente la società “Ponte sullo Stretto”, quando era ministro, fu spiegato con una penale da pagare (tutto da verificare), i gran sostenitori del Pietruzzo Nazionale dovrebbero spiegare come mai il Masaniello di Bisaccia finì per schierarsi, nella vicenda, con Berlusconi, Iorio, l’ENI, l’ENEL e con il loro araldo, un tizio di nome Vittorio Sgarbi, del quale una collega di partito – Letizia Moratti – affermò che nei confronti del suo (ex) assessore alla cultura doveva giocare un duplice ruolo, “quello di sindaco e di psicoterapeuta”.
Sarebbe troppo chiedere a Pietruzzo perché infilò nelle liste dell’IDV un personaggio infido come De Gregorio – il quale cambiò casacca immediatamente, iniziando da subito a far navigare con l’acqua alla gola il governo Prodi – ma riteniamo che i suoi fans troveranno tantissime giustificazioni. Ma, lo abbiamo premesso, oggi siamo solo cattivi e non ingenui.
La vicenda veramente conclusa – questo è il dato importante – è la costruzione del primo impianto eolico off-shore italiano, che sarebbe stato un vero spauracchio: perché, se l’appetito vien mangiando…
Adesso, l’attenzione s’è spostata sulla Sicilia: gli aerogeneratori del trapanese erano controllati dalla Mafia! Ma come si riescono a fare simili scoperte dell’acqua calda? In una regione nella quale anche per vendere lupini con una bancarella ambulante devi avere l’imprimatur del mammasantissima di turno, possiamo credere che sfuggisse un simile affare? Sarà pure energia “pulita”, ma i soldi che passano per la Sicilia viaggiano sempre fra i soliti nomi.
Infine, Vittorio Sgarbi – dopo aver sbattuto l’ennesima porta (Comune di Milano) – se ne va a fare il sindaco di Salemi: se lo saranno tolto di mezzo, penseranno i più.
Quelli cattivi e poco ingenui, invece, sanno che la Sicilia è una delle regioni più “gettonate” per l’eolico: scarso valore dei terreni, buona ventosità, nessun problema amministrativo. Là, si sa sempre a chi rivolgersi.
Ecco allora il nostro Sancho Panza (cavaliere, no, proprio no…) scendere nella Mancia…pardon…nella Sicilia dove iniziano ad esserci troppi mulini a vento. Un caso? Certo, ma la sua prima dichiarazione – come sindaco – è[10]:
“Farò di tutto perché non vengano più installate quelle terribili pale eoliche che tanto rovinano il paesaggio. Dovranno passare sopra di me per installarne di altre. Chi ne vorrà di altre cominci a pensare di infilarsele in quel posto…”
Qualcuno, si domanderà cosa c’entrino le centrali di Berlusconi: c’arriviamo.
Posto che ogni KWh prodotto con l’eolico toglie una fettina di petrolio all’ENI, già l’impianto di Termoli avrebbe portato via un pezzettino di torta. Il vero problema, però, era il futuro.
Se a qualcuno fosse venuto in mente di costruire tre grandi impianti off-shore – Puglia, Canale di Sicilia, Sardegna – il panorama energetico nazionale sarebbe mutato. Eccome, mica per dei decimali.
Proviamo, per una volta, a pensare in grande.
Tre estese installazioni off-shore, nei tre punti precedentemente indicati, che utilizzassero piattaforme ancorate ad una distanza di 20 Km dalla costa, consentirebbero d’installare circa 10.000 aerogeneratori da 5 MW di picco.
Immaginiamo tre “corridoi” lunghi circa 200 Km ciascuno, (provvisti di canali per la navigazione ad intervalli regolari) larghi circa due chilometri: “immaginiamo”, perché da terra non si vedrebbe nulla.
Siccome in quelle aree il CESI stima una produzione alla massima potenza per circa 3000 ore/anno, s’otterrebbero ogni anno circa 150.000 GWh, che rappresentano il 44% circa del fabbisogno elettrico italiano (anno 2006).
L’investimento richiesto sarebbe dell’ordine dei 50 miliardi di euro[11], da diluire in un decennio: come trovare i soldi?
Emettendo dei “bond energia”, garantiti dallo Stato, con un rendimento più elevato degli attuali titoli, e quindi più “appetibili” (il costo di produzione eolico è così basso che, anche con il petrolio ai minimi, è ampiamente remunerativo), prediligendo “tagli” piccoli, per incentivare l’azionariato popolare.
Perché sarebbe possibile creare ricchezza a fini sociali con l’eolico?
Il conto è presto fatto: un MW di potenza installata, produce in mare (mappe CESI) 3000 MWh l’anno e costa (installazione) un milione di euro. In 30 anni di funzionamento, il nostro MW produrrà 90.000 MWh i quali, al prezzo di 75 euro/MWh[12], fanno la rispettabile cifra di 6.750.000 euro. Dopo, servirà soltanto sostituire le parti rotanti (con minori costi) per avere altri 30 anni d’energia, e così via.
Dopo cinque anni, l’investimento del milione di euro sarebbe già ripagato: poi, 25 anni d’energia gratis! Con le centrali di Berlusconi, si parla di 30 anni! Forse.
Ci sono pochi investimenti che garantiscono una così elevata redditività: senza rischi, senza inquinamento, senza intervenire nel paesaggio, senza lasciare pesanti “eredità” (scorie) alle generazioni future e senza dover investire per anni e non ricavare nulla. Difatti, l’eolico è il metodo di produzione energetica che più incrementa, ovunque.
Un simile progetto, consegnerebbe all’Italia – due anni prima che una fumosa centrale berlusconiana avvii la turbina – il 44% della richiesta elettrica contro l’ottimistico (e quando?) 15% di Berlusconi. Di più: la produzione, scaglionata in un decennio, fornirebbe energia già dal primo anno, non undici anni dopo.
Altro effetto benefico, la nascita di un’industria italiana dell’eolico: decine di migliaia di posti di lavoro, a tempo indeterminato e ben retribuiti. Infine, un investimento – “popolare” e sicuro – per i piccoli risparmiatori, la gente comune, quelli che mettono da parte i 1000 euro per il nipotino.
Non consideriamo gli aspetti ecologici, ossia gli impegni di Kyoto: già queste ragioni sono sufficienti per scatenare la bagarre, per far eleggere Sgarbi in Sicilia, per mettere insieme il diavolo e l’acqua santa, da Di Pietro a Iorio, fino all’enigmatico Rutelli. Tutti assatanati, destra e sinistra, che corrono appresso ai denari di ENEL ed ENI.
Anche la pretesa discontinuità dell’eolico è un argomento per sordi: certamente, non possiamo immaginare il mondo delle rinnovabili come quello del petrolio! Ad esempio: perché non dirottare, nei week-end (industrie ferme), quote d’energia per la generazione d’idrogeno per i trasporti? Oppure compensare la discontinuità con le biomasse? Quelle stagionali con il solare termodinamico? Suvvia: qui servono teste pensanti, non i blateranti arruffoni che c’ammansiscono di cazzate dal teleschermo!
Se qualcuno si sente spaventato da questi numeri – Oddio! Andiamo a costruire una “grande opera” – rifletta che, dal 1830 al 1880, in Italia furono costruiti 10.500 Km di ferrovie: la velocità dei trasporti, in mezzo secolo, decuplicò, giacché prima era ancora la stessa delle vie consolari romane.
Le grandi opere che non servono sono la TAV ed il Ponte sullo Stretto, mentre investire in un sistema energetico, che risolva definitivamente il problema, vuol dire evolversi, non involgersi.
Potrete sempre optare per la produzione su piccola scala, ma sarà molto meno redditizia, poiché sulla terraferma difficilmente si superano le 1700 ore/anno: quasi la metà.
Per questa ragione, sarebbero convenienti le grandi installazioni in mare, mantenendo però il controllo – con rigidi protocolli normativi, che implichino il re-investimento dei proventi a scopo sociale, per rendere impossibile il “dirottamento” da parte dei soliti noti – alla parte pubblica.
Il problema energetico richiederebbe altri interventi – ben lo sappiamo – soprattutto per avere “casse di compensazione” sulla discontinuità della fornitura: biomasse, termodinamico, metano da rifiuti, piccolo idroelettrico, risparmio energetico, ecc, ma non vogliamo trasformare un articolo in un saggio.
Berlusconi promette (dopo il 2020!) d’iniziare ad incidere sulla ripartizione delle risorse energetiche – che sarebbero comunque importate (l’arricchimento dell’Uranio avverrebbe in Francia) – per un 10-15% del mercato elettrico. Con i tre impianti ipotizzati, invece, si sarebbe ricavato il 44% della richiesta nazionale: e, con la semplice manutenzione, per sempre!
E, qui, consentitemi di togliermi un sassolino dalla scarpa.
Nel 2004, informai Prodi (al tempo, era ancora Presidente della Commissione Europea) della questione e proposi – visto che l’Italia era rimasta indietro nella tecnologia degli aerogeneratori – di scegliere la strada della produzione su licenza, coinvolgendo le principali aziende meccaniche italiane: FIAT, Ansaldo, OTO Melara, Italcantieri, ecc.
Senza, però, avviare poi la produzione nel nostro Paese, sarebbe stato inutile coinvolgere le aziende: insomma, era un problema di simbiosi. Produco aerogeneratori perché servono, servono perché c’è un problema energetico e per risolverlo c’è un piano.
Lo informai, inoltre, della necessità d’avviare sperimentazioni (come stanno attuando in altri Paesi) sulle correnti sottomarine e sullo sfruttamento delle caldere dei vulcani attivi a magma basico. Oggi potrete giudicarmi un ingenuo, ma sono trascorsi cinque anni: mai negare, anzitempo, la buona fede.
La risposta (che conservo) fu molto deludente: non è mio costume pubblicare la corrispondenza privata, e mi atterrò a questo nobile principio del vecchio giornalismo. In altre parole, se mi fossi trombato Diana, non sarei subito sceso – ancora sudaticcio – dall’editore sotto casa.
La prova che quanto affermo è vero? E’ nei fatti.
Salvo le chiacchiere, nulla è stato avviato nei due anni del governo Prodi.
Il piano era semplice: ogni anno, versiamo a paesi esteri tot miliardi per l’approvvigionamento energetico. Una parte di questi soldi, “dirottiamola” in investimenti nell’industria italiana – non importa se dovremmo pagare le royalties per le licenze – e creeremo decine, forse centinaia di migliaia di posti di lavoro, come ha fatto la Germania.
Se quel piano fosse iniziato quando lo proposi, oggi non avremmo bisogno di quelle improbabili centrali, e sarebbe possibile iniziare già domattina a lavorarci, se solo ce ne fosse la volontà. Ma, da un governo così cieco come l’attuale, non possiamo attenderci che promesse al vento.
Il problema – che è veramente bipartisan, la vicenda Di Pietro/Iorio lo dimostra – è che in Italia, a fronte di uno dei problemi più importanti che abbiamo – l’energia – non esiste un dicastero competente. Sì, c’è una “appendice” del ministero delle Attività Produttive: va bene…serve un po’ di vapore per le filande…lo troveremo…
Invece, l’energia è uno dei principali “nodi” della nostra democrazia malata poiché, chi controlla l’energia, controlla le nostre vite.
In realtà, le scelte energetiche sono decise fuori del controllo democratico: chi le compie?
Due attori, ENI ed ENEL, hanno in mano il destino energetico italiano e non sono sottoposti a nessun controllo reale, al punto che ENEL si permetteva (e ancora si permette) di farci pagare in bolletta un contributo per le energie rinnovabili per poi, con arzigogoli linguistici, farlo confluire sugli inceneritori e, addirittura, sul petrolio, considerando il cracking degli idrocarburi pesanti un’attività di “riciclo”. I Moratti han copiosamente vendemmiato.
La risposta, giunti a questo punto, è chiara: se Berlusconi punta sul nucleare, il PD è da sempre legato all’ENEL (ricordiamo Chicco Testa), Scaroni è un ex pupillo socialista e Di Pietro s’adatta e ci marcia pure, chi rimane?
Un cadavere che si rivolta nella tomba: solo Enrico Mattei pensò ad un futuro “democratico” per l’energia, poiché si riteneva un serio ed onesto servitore dello Stato. Oggi, siamo certi che guarderebbe avanti, non indietro: ma il mondo dell’energia non è per gli ingenui, e chi va fuori dal gregge paga, oppure non viene nemmeno ascoltato.
I siti per le centrali nucleari – elettori di destra, dove siete? – saranno comunicati (34, secondo le indiscrezioni di Scajola) solo dopo le elezioni europee. Prima, cari elettori del PdL, andate tranquilli a giocare con le crocette nella cabina elettorale: dopo, vi diranno se il vostro comune sarà militarizzato per decenni.
Gli abitanti dei 34 misteriosi siti (centrali, scorie, ammennicoli vari) vedranno il valore delle proprie abitazioni precipitare ad un decimo: nessuno vuole abitare vicino alla rumenta nucleare.
La vostra casa varrà un decimo di prima? E che gliene importa: basta che crediate a quel che blatera Sgarbi!
Noi, che siamo cattivi, non vogliamo così male agli abitanti di Salemi – dove il buon Vittorio ha posato le chiappe – al punto d’augurare loro una bella centrale nucleare.
Chiediamo – per un giusto ed inattaccabile contrappasso – che una sia costruita a Ferrara, proprio nei pressi dell’avita magione sgarbiana.
A quel punto, giuro che porterò il mio nipotino in visita e gli dirò: «Vedi, quello è un grand’uomo: per essere coerente con le sue idee, ha accettato il deprezzamento della sua abitazione da 500.000 a 50.000 euro. D’altro canto, con tutto quello che aveva fatto per le centrali…»
L’altra, spero la costruiranno ad Imperia – presso “Villa Scajola” – perché? Perché mi piacerebbe comprare per due soldi un bel villone in Riviera. A quel punto, sopporterei anche la centrale.
PS: Da qualche parte, ho scritto più volte la parola “buoni”. Scusate i refusi.
[1]Italia, Francia e il nucleare. Fonte: http://aspoitalia.blogspot.com/
[2] La società EFFEventi, http://www.effeventi.com/
[3] Link: http://www.cesiricerca.it/Testi/link.aspx?idN=10 cliccare su “Atlaeolico”.
[4] Fonte: http://www.bcp-energia.it/wind_energy_project/hywind_offshore_wind_turbine_energia_eolica.php
[5] Il clutter è un fenomeno di riflessione radar causato dalle creste delle onde in condizioni di mare agitato. In pratica, genera sullo schermo radar un “disturbo” di punti luminescenti, che possono causare problemi nell’individuazione di piccoli natanti. Non è certo il caso di “bersagli” alti 100 metri.
[6] Fonte: “La Repubblica”. http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/iorio-isernia/iorio-isernia/iorio-isernia.html
[7] Fonte: http://www.anev.org/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=43
[8] Fonte: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2007/03_Marzo/08/eolico.shtml , Corriere della Sera, 3 Marzo 2008.
[9] Fonte: ANSA, 8 marzo 2008.
[10] Fonte: intervista concessa al quotidiano on-line ILoveSicilia il 7 Luglio 2008.
[11] Per l’eolico a terra, si stima un costo di un milione di euro per MW installato. In mare, il 25% in più: però, un così vasto progetto godrebbe d’importanti risparmi “di scala”. Tutti i calcoli sono al netto dei “Certificati verdi”.
[12] Dato corrispondente alla settimana 16-22 Febbraio 2009, con il prezzo dell’energia già in calo. Fonte: http://www.affaritaliani.it/ultimissime/flash.asp?ticker=240209104012
16 commenti:
Caro Carlo tu vuoi essere cattivo,e hai tutte le ragioni per esserlo , io invece voglio continuare ad essere ingenuo e ti ricordo che quella che tu chiami opposizione all' epoca era governo e che fu sconfitta oltre che dalla propria inettitudine dall' insofferenza del popolo che la reputò incapace e sanguisuga (tasse, tasse e tasse).Ora perdonami, ma nella faccenda Iorio immagino che tu abbia ragione e non conoscendo bene i fatti non riesco a trovare una spiegazione logica alla presa di posizione dell' IDV , ma ciò che mi fa veramente arrabbiare e che ancora oggi, mentre migliaia di persona ( tra cui anche io) rischiano il posto e sono schiavi di uno stato governato da squadristi che giorno dopo giorno stanno scardinando quel poco di diritto che la nostra costituzione ci concede, noi continuiamo a infierire contro quella opposizione che tu stesso hai detto non esistere più, possibile che non ci siano più punti di appoggio politici, anche io credo che Di Pietro sbaglio tenendo in piedi la società ponte di messina, anche io credo che la TAV in Val susa sia un errore, però credo altresi che la prima emergenza da risolvere in questo paese sia la giustizia perchè se i tribunali chiudono tutte queste chiacchiere stanno a zero.O si fa gruppo e si crea un movimento credibile o si fa la rivoluzione ma anche per quella ci vogliono punti di riferimento e coraggio.Quando parli di ambiente e geopolitica sei grandiosi e meriteresti attenzione dalle istituzioni, però le leggi si fanno al parlamento e quindi per rendere effettivi i buoni propositi bisogna entrarvi, in questo paese nessuno è perfetto e privo di interessi e qualcuno va sempre scelto, magari incalzandolo ma è l' unico modo per evitare che si arrivi a quella deriva che purtroppo ora sembra stiamo vivendo.Ciao!!!
Oggi voglio fare l'ingenuo e riempire il mio intervento di banalità, ma come diceva sempre il mio maestro 'repetita iuvant'.
Siamo decadenti:
-quando siamo in fila in una struttura pubblica (Centro Prenotazioni dell'Ospedale, Poste, uffici Dell'Ag. delle Entrate, Catasto, Uffici anagrafe, ecc ecc)
guardiamoci attorno, ascoltiamo i commenti, accorgiamoci degli sbuffi...qualche volta (sempre più spesso) facciamoci attenti agli alterchi fra 'sportellista'e 'cittadino'...
-magari, poi, confrontiamo la stessa fila in un luogo privato e/o commerciale (supermercati, saldi, autostrade, ecc ecc) vedremo delle differenze...
Gli atteggiamenti sono diversi, magari di poco ma moltiplicato per i molti della fila...alla fine sono molto differenti.
Mi direte che 'dallo stato' ci si va 'obbligati' mentre dai 'privati' volontariamente e questo potrebbe 'filare' se la fila procedesse liscia, se ci sta in fila richiedesse lo stesso comportamento da chi gli sta difronte...
invece: quando siamo in fila dallo stato pretendiamo la gentilezza, il nome e la foto in vista sul tesserini, efficienza (se chiedi a qualcuno della fila che cosa significa efficienza non te lo sanno dire), la velocità della luce, i sorrisi, magari anche qualche cornetto caldo nell'attesa...insomma dallo stato 'pretendiamo'...
Dal privato no, ovvero siamo molto meno 'pretendenti' siamo più 'malleabili', quando -in cima alla fila- ci chiederanno una enormità per un metroquadro di spiaggia più ombrellone...faremo un bel sorriso!
Non voglio dire che non ci siano problemi, che non ci siano persone che 'ci marciano' ecc...ma questo vale in tutti i settori...se, nel pubblico, possono essere gli sportellisti a fare i 'furbi' nel privato lo sono i 'padroni' che -quindi- obbligano i loro sportellisti a fare i farabutti (con il sorriso sulle labbra però)...sempre:eccetera.
Non voglio nemmeno parlare dell'atteggiamento diffuso verso le 'competenze'. Verso il 'maestro' o il 'professore' di scuola pubblica oppure il 'medico' di struttura pubblica, confrontato con l'affetto a favore dei maestri e professori e medici privati (che in molti casi sono le stesse persone!).
E le regole?
Le regole dello Stato sono sempre da aggirare. Le assurde 'burocrazie' di moltissimi istituti privati (banche, assicurazioni, fornitori vari, corrieri, istituti privati di qualsiasi genere, supermercati, ecc) che ci impongono balzelli e divieti ingiustificati ci limitano salvo 'aprire' a fronte di congrui pagamenti, invece, sembrano addirittura piacere.
(ah! mi direte -infatti così dicono- che è lo stato che gliele impone...un esempio fra tutti: chiedere a paypal o ad ebay...che sono fuori giurisprudenza italiana)
Insomma siamo decadenti, se alla fila in Usl (Ausl) cominciamo a fare i duri con lo sportellista, questo si tradurrà in un ritardo ed un disservizio per tutti...ma noi ci sentiremo eroi...
Io non lavoro in nessuna Usl ma mi sono informato...infatti non capivo (ci sono capitato solo qualche volta ma con tre figli e può anche essere frequente) come mai la fila fosse così lunga e lenta.
Mi hanno detto che in quel centro, dove usavano lo sportello unico, le competenze dello 'sportellista' erano contenute in un 'manuale' di oltre 500 pagine, molte delle quali subivano aggiornamenti mensili, semestrali ed annuali.
Lo sportello unico deriva dalle 'richieste' dei cittadini (?) in qualità, efficienza e costi dei servizi, infatti si potevano concentrare in un unico posto tutti i 'servizi' (prenotazioni, ritiro esami, richieste di medico, pediatra, raggi ecc ecc ecc ecc ecc ecc). In quell'unico posto lavoravano molti (in realtà fra 5 e 7 in tutto) sportellisti che quindi potevano essere più efficienti ecc... In più gli spostamenti del pubblico erano limitati a quel solo unico posto.
Problemi?
Competenze per ogni sportellista da docente universitario, con paga spesso e volentieri da precario;
mancanza di parcheggi sufficienti nella 'location' scelta per questo 'sportello unico', ed il famoso 'nervosismo' italiano vero 'lo stato'...
Traduzione:
casino pazzesco e sportellisti che resistono appena il tempo della formazione...ergo ogni persona stava allo sportello decine di minuti invece del paio o più previsti di media...ergo fila abnorme...
Quindi ti chiedo, carissimo ed ammiratissimo Carlone, come potremo sollevarci sulle maestose ali (sei mai stato in cima al passo Resia? oppure in cima al Passo di M.Croce Carnico? Ci sono in ognuno due o tre meravigliosi aerogeneratori con bellissime ali bianco/angeliche) degli aerogeneratori, quando siamo ancora invischiati nella melma della decadenza, nella totale ignoranza civica e nella insipienza consumistica? Per non dire nella furia autolesionista che ci porta a disprezzare tutto quello che è Stato (a partire dai nostri politici ovviamente)....ma il mio discorso vuole partire dal basso perché è dall'atteggiamento in fila che dobbiamo cominciare a cambiare (Inglesi, Tedeschi, Belgi, Canadesi ecc insegnano)...
Codice: 'filiamo' via lisci con il vento, il sole e l'acqua...
ciao
GMG
Cari amici,
io ben conosco la protervia dell'attuale governo: quando si dice che mette in pratica il piano della P2, c'è poco da aggiungere. Sono, per dirla in breve, dei malvagi apprendisti stregoni.
Come se ne esce?
Non è ancora il tempo.
Perché una nuova forza politica possa sperare d'avere successo, bisogna che l'assenteismo elettorale (oggi intorno al 20%) s'attesti finalmente intorno al 35-40%. Perché?
Poiché, se solo 20 italiani su 100 non li considerano (e una parte è solo assenteismo "fisiologico") sanno d'essere in una botte di ferro.
Qualora l'assenteismo elettorale salisse di brutto, verrebbero messi di fronte ad un pericolo: ci sarebbe spazio per una nuova forza politica, che potrebbe superare con un balzo le pastoie della legge elettorale.
Per questa ragione, è importante sottolineare sempre che non è una semplice questione di "Berlusconi", ma anche di chi lo ha lasciato fare tranquillamente. Vogliamo ricordare che il centro sinistra non votò mai una seria legge sul conflitto d'interessi? Negli USA, Berlusconi sarebbe ineleggibile.
Solo dopo potrebbe partire un percorso di ricostruzione della vita politica e sociale del Paese, con nuove regole, nuove prassi, ecc.
Siamo ancora lontani dal "tonfo": può darsi che la crisi economica acceleri il processo.
Un saluto a tutti
Carlo Bertani
Caro Roberto i miei complimenti appoggio e replico dicendo che gli Italiani, popolo eternamente in fila, ama sempre fare le pecora, criticando sempre l'operato dell' altro e mai mettendo in discussione il proprio è proprio per questo che continuo a dire che è inutile cercare la perfezione nella politica o nelle classi intellettuali ma cercare di sfruttare quel poco di buono che ne possiamo trarre facendo attenzione nel cambiare in primisi il nostro atteggiamento per fare in modo ,poi, di cambiare il loro.Evviva gli ingenui Ciao!!!
Ciao Carlo,
volevo complimentarmi per il post. E' un po' che non mi faccio vivo da queste parti, ma continuo a seguire il tuo blog e ci trovo spesso idee e ragionamenti interessanti.
Quello che davvero mi sfugge sul tema energie rinnovabili è questo: capisco che per gli equilibri (o meglio squilibri cronici) del capitalismo italiano si trasformi la battaglia per i mulini a vento del "povero" meneghino in una battaglia contro i mulini a vento...
Quello che non capisco, però, è perchè non lo facciano Eni ed Enel di piazzare 'ste dannate piattaforme off-shore et similia. Non hanno neppure bisogno dell'idea, ormai, basta solo copiare.
E invece no. Nucleare qui, nucleare là, carbone pulito, inceneritori... lo sapranno anche loro che il nucleare, almeno quello odierno, nel medio termine è una scelta da autolesionisti da qualsiasi punto di vista la si guardi.
Mi viene quasi il dubbio che la "decadenza" dell'Italia sia stata anch'essa decisa a tavolino da qualche piduista o simile un po' troppo zelante.
Nel Gattopardo tutto cambiava affinché nulla cambiasse. Ora nulla cambia e nulla deve poter cambiare... che senso ha?
Il lucido tracollo del nostro paese finirà per travolgere anche le attuali oligarchie. Gli avranno promesso un qualche paradiso tropicale?
O hanno pianificato un lungo "ciclo di decadenza" per l'Italia (e altri), magari "vendendo allo scoperto" questo e quello, per lucrare dai disastri che stanno essi stessi orchestrando, salvo poi trovarsi in una posizione di forza all'alba di una "ripresa" anch'essa pilotata?
Non lo so, ma dato che abbiamo detto che vogliamo essere cattivi, e dando per scontato che non siamo i soli ad esserlo, questa mi sembra l'unica ipotesi che, per quanto perversa, abbia un senso.
L'altra è quella della idiozia suprema della nostra classe dirigente...
Vedi, S, io spiego il fenomeno con alcune analogie storiche. Possiamo ragionevolmente credere che Mussolini non sapesse che la guerra era persa? Tutti lo sapevano, tedeschi compresi, tanto che i generali, all'est, concordavano con i sovietici le ritirate. Come si poteva pensare, con lo strapotere alleato del 1943, di ribaltare le sorti della guerra?
Sì, (si) raccontavano storie d'armi "decisive", ma sapevano degli studi americani di Los Alamo.
L'essere umano tende naturalmente a riproporre schemi e comportamenti che conosce - direi che può "controllare" - e tende a negare l'ignoto, anche per l'energia. I portoghesi scelsero la via ignota del mare come ultimo appiglio per sopravvivere: che "vicino" avevano alle spalle?
Immagina d'esser seduto alla poltrona di Scaroni: sa che il mercato reggerà ancora per almeno 30 anni e pensa: après de moi, le deluge.
Perché - e qui c'entra la vetustà delle classi politiche ed imprenditoriali - devo andare ad infilarmi in un nuovo mercato, che ancora non si è consolidato (nel senso di transazioni certe, fra i soliti noti) e rischiare?
Il "breve termine" è oggi l'imperativo dei ceti dominanti: se presenti un piano, anche redditizio, a 30 anni, ti cacciano di brutto.
Sanno che quel sistema è decrepito, ma hanno paura a compiere un passo non facile: dal mondo, finito, dei fossili a quello, infinito, delle rinnovabili. Si può capire. Non sapevano della crisi economica e finanziaria?
Aggiungici poi gli interessi personali, di casta e di partito.
Ma, Berlusconi, non fa lo stesso? Vedrà, a 85 anni, la sua prima centrale? Sono chiacchiere, tanto per dire qualcosa, e noi - spesso - li facciamo più furbi di quel che sono.
Non è detto che si dovrà passare necessariamente per un disastro: se mediti sui possibili interventi che ho proposto, capirai che una rapida "riscossa" delle rinnovabili è possibile, magari s'inventeranno una nuova "emergenza"...
La cosa migliore sarebbe passare la mano, ma non hanno nessuna intenzione di farlo. Piuttosto che riconoscere che Ciano aveva ragione, Mussolini fece fucilare il genero. Così va il mondo.
Grazie per l'interessante contributo.
Carlo Bertani
Secondo me il cavoliere di arcore, visto che vive fra i lustrini, pensa di campare ancora diversi lustri (saecularia decima) o giù di li...
E si aspetta di diventare comandante dell'enterprise...
Ecco vi ho svelato l'arcano...lo sapevo che dovevo stare zitto!
Caro Carlo con la storia dell' assenteimsmo a me sembra che in Italia siano scomparsi solo i piccoli mostri, ovvero i vari Diliberto,Pecoraro Scanio ,Bertinotti ovvero coloro che più che altro si facevano del male da soli ma che pur sempre riuscivano a portare 4 gatti in piazza e a combattere per avere qualche area verde o presidio scolastico in qualche municipio.In Italia se anche solo 10 persone vanno a votare si fa una maggioranza e coloro che vanno al governo, e guardacaso ultimamente sono sempre loro ( anche quando non ci sono) se ne fregano se i loro elettori sono scesi, anzi si permettono di dare dei coglioni agli altri e continuano nel processo di distruzione di quel poco che rimane di uno stato sociale.Se penso che per cambiare questo paese devo attendere che il 40% del popolo non va a votare e che poi esso decida di votare per un qualcosa e soprattutto un qualcuno che non c'è, visto che quel qualcosa e qualcuno nasce da noi mi viene voglia di suicidarmi.Non abbiate paura non lo farò mai, la mia vita a questi 4 mentecatti non la regalo, comunque io la mia scelta la continuerò a fare e se non mi conforterà avanti il prossimo ma io le istituzione a questo branco di fascisti supportati da una massa di pecoroni non gliele lascio Ciao a tutti!!!
Sì,
ci ho pensato anch'io alla faccenda del "breve termine" (tanto cara alle schizofrenie di borsa) per giustificare la mancanza di innovazione tipica dei (recenti) vertici di Eni ed Enel.
Resta il fatto che, come tu stesso hai fatto notare, il nucleare è tutto tranne che una soluzione energetica di breve termine, mentre l'eolico, anche nelle dimensioni che tu auspicavi, avrebbe ritorni più rapidi e significativi.
Interessante e sempre attuale il discorso, in sostanza, dell'ego umano, che cercando solo la glorificazione personale finisce per creare i più grandi disastri, anche quando c'erano tutti i segnali per correre ai ripari e aggiustare il tiro.
Condivido anche il discorso della tendenza generale a sopravvalutare le doti mentali e gestionali della nostra classe dirigente.
Tuttavia qualcosa ancora non mi torna: che tanti scienziati, tecnici e politici si coalizzino su un progetto di questo tipo senza valutare i costi e le alternative, senza guardarsi attorno...
Spero a questo punto che si tratti dell'ennesima trovata pubblicitaria, ma dubito che sia così.
Penso vada vagliata anche un'altra ipotesi: che Berlusconi ambisca a fornirsi delle buone vecchie armi di distruzione di massa per sentirsi "più forte" in Europa e nel mondo, essendo il suo carisma da solo abbastanza indigesto alle altre nazioni.
Berlusconi ha oggi abbastanza influenza e supporto per puntare i piedi sull'opzione del nucleare che, per quanto stupida, finisce per trovare il solito coro di consensi da parte di coloro che gravitano attorno alla sua poltrona.
Scajola, fermo sostenitore del nucleare per gli Italiani, a casa sua ha pannelli solari e una turbina di ultima generazione per la produzione di energia elettrica (tutte cose che sconsiglia al resto degli Italiani perchè troppo ingombranti...)
Insomma, ho come l'impressione che molti degli attuali politici non ci 'siano' (ignoranza) ma ci 'facciano' (malafede), a promuovere una lenta decadenza per il loro connazionali, per "ottimi" motivi, sicuramente, che però non sono così chiari.
Caro Marco,
aspetta ad attaccarti alla canna del gas, perché io credo che non ci vorrà tanto per arrivare al 40% d'astensionismo: scommettiamo una pizza, a "Il Nuovo Mondo" al Testaccio, che ci arriviamo vicini già alle prossime elezioni?
Il problema è mettere insieme quella gran melassa di cosiddetti "intellettuali" che dovrebbero essere l'alternativa. Qui, la vedo dura. Troppe primedonne, e nessuno che s'adatti a fare lo scrivano.
Rispetto tutte le opinioni, ma quella di un'Italia con la BBBoooommmBBBaaa mi sembra un po' eccessiva.
Per prima cosa l'arricchimento avverrebbe in Francia, dunque nessuna indipendenza nel processo. Poi, ci sono ancora i vincoli di nazione sconfitta nella II GM, infine enormi carenze nei vettori: non abbiamo missili per spedire la merce, e gli aerei sono pure vecchiotti.
Tutte queste manfrine - il traffico d'organi, Eluana, la pensione a 65 anni per le donne, il nucleare, Carla Bruni...e domani ce ne sarà un'altra - servono soltanto a mascherare una semplicissima cosa: non sanno che fare per la crisi che si sta abbattendo su una nazione priva di stato sociale, non sanno che pesci pigliare.
Saludos amigos
Carlo Bertani
Bah, da quel che so il plutonio è prodotto dalla reazione dell'uranio arricchito all'interno di un reattore nucleare, dunque suppongo che, disponendo di reattori + uranio arricchito, nel tempo se ne possa ricavare del plutonio. Sarebbe diverso se dovessimo restituire alla Francia certi "scarti di reazione" (come la Russia infatti aveva chiesto all'Iran, preoccupandosi poi dei suoi relativi tentennamenti).
So anche che, teoricamente, l'Italia è tenuta da accordi internazionali a non fare roba simile, ma come la storia insegna queste vincoli sono aggirabili e/o ignorabili, a seconda del caso, senza contare il segreto di stato.
Se pensiamo a quando (e come) si è scoperto che Israele disponeva di un massiccio arsenale nucleare...
E' anche vero che OGGI l'Italia non dispone dei necessari vettori per "spedire la merce", ma da qui a 20-30 anni...
Si potrebbe anche obiettare che non disponiamo della tecnologia per produrre 'a bbomba, ma se c'è riuscito Musharraf in Pakistan forse una possibilità ce l'abbiamo anche noi altri.
Non sto dicendo che l'Italia (nella persona di Silvio) avrebbe intenzione di diventare una potenza nucleare a tutti gli effetti, ma penso che alcuni nostri politici (Berlusca in primis) accarezzino l'idea di avere questo ninnolo in più nella loro stanzetta dei giochi. In fondo, per un paese relativamente piccolo e in declino come l'Italia, questa chicca aggiungerebbe un po' di pepe al nostro curriculum, senza contare l'eterna rivalità con i francesi che già ce l'hanno...
Lanciarsi sul nucleare oggi (costruendo e mantenendo le relative infrastrutture) mi sembra abbia senso solo in quest'ottica, che si tratti dell'Italia o di altri paesi, ma sarò felice di essere smentito dai fatti, nel caso in cui ci si volesse produrre solo energia "pulita", "economica" e "senza rischi per la popolazione".
L'alternanza e discontinuità dei governi in Italia e realtivi progetti faraonici però potrà rappresentare un ottimo "deterrente alla deterrenza nucleare", dunque concordo che, in fin dei conti, è probabile che di tutta 'sta storia non se ne faccia nulla.
Purtroppo hai ragione. Vedi solo che cosa succede a Licata:
Licata, il Consiglio comunale boccia il Parco eolico off shore(http://www.agrigentoweb.it/index.php?option=com_content&task=view&id=12203&Itemid=452)
quando dalla costa in realtà non si vedrebbe nulla (http://www.peppeamato.it/?p=280)
Addirittura scrivono:
''Infatti in quel tratto di costa, tra Licata e Gela, di fronte la quale, l’Enel e il Gruppo Moncada, vorrebbero impiantare circa 109 pale eoliche per una superficie di 54 Kmq, sono state realizzate delle importanti strutture turistiche ricettive, come il Serenusa Village, un resort 4 stelle di 490 camere e 1500 posti letto e il Falconara Charming House & Resort una straordinaria struttura anch’essa 4 stelle di 64 camere, ed altre somiglianti strutture alberghiere sono in procinto di essere costruite.
Dal dibattito in aula è emerso che un impianto di tali dimensioni, per il suo impatto visivo, pregiudicherebbe notevolmente di fatto l’attività delle strutture turistiche le quali avrebbero un calo di presenze inimmaginabili che provocherebbero gravissimi danni all’occupazione locale.
Non solo, anche la flotta peschereccia riceverebbe dei seri danni in ordine agli effetti negativi che subirebbero sia la flora che la fauna marina di quell’esteso tratto di mare.''
Ho visto le foto su internet di quel tratto di costa e praticamente sono proprio i mega hotel che deturpano la costa!!!!
Per non parlare del fatto che l'area sottrata alla pesca dalle torri eoliche favorirebbe il ripopolamento del mare in quel punto con aumento della resa del pescato e non il contrario!!!
Vada per la pizza, che comunque sarei onorato di offrirtetela a prescindere pur di scambiare quattro chiacchiere con te, comunque quello che non mi convince è la funzionalità dell' astensionismo,in questo paese è sinonimo di rifiuto delle responsabilità e non di ricerca di nuovi progetti.
Quella di un astensionismo "consapevole" è una speranza, perché, altrimenti, sono davvero cavoli amari. Quali altre speranze abbiamo? E' inutile creare nuove aggregazioni se non c'è consapevolezza. Basta riflettere su quanto scrive Greciudd: le turbine eoliche rovinano il paesaggio anche a chilometri (gli alberghi sulla spiaggia no), mentre la scarsità di pesce serve per chiedere sussudi al governo. In una regione che sostiene con gioia il cavaliere, che ha 1 dipendente pubblico su 30 abitanti e che li manda in pensione con 19 anni, sei mesi e un giorno.
E vai col tango.
Saluti
Carlo Bertani
Grazie a Greciudd x il contributo. Dunque sembra che l'eolico interessi anche all'Enel.
Forse tutto sommato anche a loro gli investimenti utili e intelligenti non fanno proprio schifo, il che è già qualcosa.
Purtroppo oggi in Italia, quando si richiede un intervento di questo tipo in un comune, soprattutto da parte di privati o semi-privati, finisce per essere quasi solo una sfiga per il comune interessato, e tutto l'utile va in tasca all'azionista e (molto) marginalmente al consumatore finale.
Se si fosse portata avanti una sorta di contrattazione, del tipo:
i comuni che accettano questa struttura al largo delle loro coste riceveranno, per tutta la durata dell'impianto, 'x' MW annuali di forniture gratis o scontate
allora penso che i consiglieri comunali avrebbero guardato all'investimento con occhi più benevoli.
Sembra che invece, in questo caso, si sia preferita la via dell'intimidazione per ottimizzare i potenziali profitti...
E' la solita dicotomia del capitalismo: mungere il più possibile un popolo/territorio o creare ricchezza e sviluppo per tutti gli interessati?
Se cinismo e prospettiva di breve termine puntano a mungere, nel medio periodo penso che paghi di più creare ricchezza condivisa, ma a ognuno la sua scelta, suppongo...
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