27 gennaio 2020

Cosa è successo? Niente


Le recenti elezioni regionali, in Emilia-Romagna e Calabria, hanno catalizzato l’attenzione dei media italiani negli ultimi tre mesi: presto ci saranno altre elezioni e siamo certi che, nuovamente, tutto l’ambaradan mediatico si dedicherà, di nuovo, a predicare, profetare, indicare, sollecitare, credere, arrabbiarsi, congedare, riprendere, richiamare, contenere, sobillare, contare, ri-contare, prevedere, calcolare, ascoltare, intervistare…tutto la panoplia di personaggi che (dicono loro) contano.
Le novità di questo fine settimana, a volerle ridurre a ciò che sono, raccontano che l’elettorato italiano è diviso in due grandi “entità” le quali – secondo i luoghi, i cieli, le emozioni ed i tempi – sono a grandi linee equivalenti: 50 e 50, suddivise fra una cosiddetta “destra” ed una cosiddetta “sinistra”. L’altra novità è che il Torino ha perso 7-0 contro l’Atalanta: erano molti anni che in serie A non capitava un bel sette a zero, sette pappine e vai a casa.

La terza notizia non è una novità e ci racconta che, mentre solo nel 2016 il 10% della popolazione italiana godeva del 50% della ricchezza nazionale, nel 2020 siamo giunti al punto che i super ricconi del 10% controllano il 55%, mentre il restante 90% deve accontentarsi solo più del 45%. (1)
Spiegato in termini di PIL, significa che – mediamente – i sei milioni d’italiani più ricchi godranno di circa 161.000 euro lordi annui pro capite, mentre il restante 90% avrà – sempre in media – circa 14.000 euro lordi annui a testa. In quel 90%, però, ricordiamo che ci siamo (quasi) tutti noi comuni mortali lavoratori dipendenti o piccoli artigiani e pensionati: da quello che guadagna 30.000 euro l’anno a quello che rasenta lo zero assoluto, da chi ha 2-3000 euro di pensione a chi deve vivere con 512 euro di pensione, e magari pagarci pure un affitto.
Insomma, da chi può campare con circa 15.000 euro il mese a chi deve sopravvivere con circa 1.000 euro: da chi potrà comprarsi una Harley Davidson ogni mese a chi la guarderà in cartolina e la sognerà tutta la vita.
E poi vengono a raccontarci che il RdC è un “nemico” colossale della crescita, perché “uccide” il lavoro!

La stranezza delle competizioni elettorali è che, appena s’accende il motore delle elezioni, tutto ciò sparisce dall’immaginario collettivo, dal pensiero e dalla parola, e nei dibattiti si parla solo più di “crescita”, “investimenti”, “obiettivi”, “immigrazione” e tante belle cosette che interessano gli italiani: da quanti mojto uno beve alla spiaggia o da quante volte va a fare il “pianista dei citofoni” (un tempo, era la trasgressione dei ragazzini) mentre oggi si cimentano anche paludati leader politici.

Eppure, non è assolutamente vero che alle persone le cose stiano bene così: la prova, evidente, è che ad un costante declinare del M5S – movimento che voleva essere di protesta e di proposta – ne nasce subito un altro, chiamato “Sardine”, il quale sceglie come simbolo il pesce più bistrattato nei mercati rionali, poiché abbondante e di poco prezzo, e cibo prelibato per le specie ittiche più pregiate. Quasi una metafora sociale.
Insomma, i poveracci bistrattati da 500 a 1.000 euro il mese, i raider in bicicletta che consegnano buste, i furgoni di Amazon che ci portano in casa ogni novità cinese a basso prezzo, appartengono a dei potenziali rivoluzionari, che però non sanno da dove cominciare per fare questa benedetta rivoluzione contro i paradigmi – paludati ed intangibili – dell’economia ufficiale, quella che determina – e le cose sono giuste così! Rammentatelo! Questa è la ricchezza 2.0! – che loro debbano tornare ad essere servi della gleba, velocipedizzati, appunto.

Il tanto bistrattato M5S, accusato d’ogni ignominia, colpito da tutte le parti, accusato d’ogni male è (o è stato, oggi non possiamo saperlo) un vero miracolo: chi mai aveva avuto il coraggio d’andare a toccare i signori delle Autostrade? Chi ha cominciato a mettere in riga i magistrati per i tempi dei processi, chi ha tolto a lor signori la comodissima prescrizione? E ce ne sono molte altre.

Solo che, fare seriamente politica, richiede preparazione e qualche esperienza: quella ce l’avevano sicuramente tutti gli attori della vicenda MOSE a Venezia, e si nota chiaramente che l’esperienza ha contato, per costruire un manufatto adatto alle esigenze e destinato a proteggere la città dalle acque (sic!).

Purtroppo, la genesi di una classe politica non è acqua fresca, e i 5Stelle se ne sono dovuti accorgere a caro prezzo: anche perché, dove sbagliavano loro, s’attivava subito il grande can can dei media inviperiti mentre dove sbagliavano gli altri, vedi MOSE o vedi processo di Viareggio, Moby Prince, Eternit, Thyssen Krupp…i toni erano sempre minori ed i tempi relegati al termine dei Tg, appena prima della pubblicità. 

Siccome non mi piace ripetermi, leggetevi ciò che scrivevo nel lontano 2008 proprio sulla creazione di una classe dirigente:


e capirete molte cose, tuttora valide e, purtroppo, ben presenti.

1- https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/disuguaglianza-in-italia-il-sorpasso-dei-superricchi

21 gennaio 2020

Quando si vuol fare il passo più lungo della gamba

L'eremo di Blagaj, nei pressi di Mostar

Come saprete, ho abbandonato Comedonchisciotte al suo destino perché troppo compressi dalla teoria che gli ebrei siano i veri padroni dell’economia del Pianeta: siccome nessuno li schiodava da lì – ben corroborati da leghisti, Casa Pound e neofascismi vari – ho deciso di fare un passo indietro.
Questo non significa che io non legga CDC, perché ha il pregio di raccogliere dal Web una serie di contributi: a volte interessanti, altre un po’ meno. Si prende il buono e non si perde tempo con il resto.

Mi ha colpito un articolo di Pepe Escobar, addirittura intitolato “Le radici della demonizzazione dell’Islam sciita da parte dell’America”, ossia come se esistesse una differenza incolmabile di tipo filosofico/religioso che impedisse all’America di Trump di colmare, e calmare, i dissidi che esistono fra le due Nazioni.
Ohibò – mi son detto – leggiamo cosa vuol dire Escobar, perché – essendo una materia che richiederebbe più volumi per essere esposta – se ci è riuscito, tanto di cappello.
Purtroppo, la frittata non è proprio caduta bene nel piatto: anzi, diciamo che nel momento di voltarla, durante la cottura è scivolata via, obbligando i commensali a raccogliere i pezzi da terra. D’altro canto, il tentativo di spiegare, anche in un’ottica geopolitica, la vicenda persiana/iraniana degli ultimi 2 millenni e passa, va oltre le possibilità di un articolo, anche abbastanza corposo. Non se la prenda Escobar: nel “manico” era già insita la sconfitta, inutile piangerci sopra, sarebbe come descrivere l’intera storia Romana, decadenza compresa, in due paginette.
Non sono mai stato in Iran ed in Iraq – le terre degli sciiti – però da molti anni sono un corrispondente di IRIB, la radio iraniana in lingua italiana. Ciò mi consente almeno di provarci evitando, però, d’avviarmi senza pensarci prima su chine così impegnative.
Perciò, ho attuato una suddivisione per epoche, cercando di rispettare le loro epoche.

L’epoca pre-islamica
L’area persica in epoca pre-islamica fu un confine ben presente negli atti militari dell’antichità: più volte i persiani giunsero in Grecia, più volte Romani e Greci s’avvicinarono alla Persia.
L’unico a conquistarla fu Alessandro il Macedone: il quale, però, non aveva alle spalle una nazione coesa e decisa nell’appoggiarlo, ed Alessandro lo sapeva. Le mille rivalità fra le polis greche lo aiutarono col contagocce nel conquistare, ma nulla dopo nel mantenere le conquiste fatte: fu, in sintesi, una lunga corsa per raggiungere il mitico fiume Indo e nulla più. Alessandro lasciò un’eredità che durò secoli nel Mediterraneo, ma non in Asia.
I Romani si resero conto che la potenza persiana doveva essere attenuata e disillusa dal venire in Occidente, e ci riuscirono, ma mai – neppure Traiano che espugnò Ctesifonte (l’allora capitale) – meditarono di conquistarla e di fare della Persia una provincia romana.
Sull’altro versante – nell’odierno Afghanistan – i persiani dovettero controllare per secoli l’incontro/scontro con la civiltà cinese: un po’ con la guerra, ma molto con la diplomazia.

La prima epoca islamica
 L’Islam ereditò un mondo in disfacimento, soprattutto nella parte occidentale: per alcuni versi fu un vantaggio per la nascente cultura islamica senza dimenticare, però, che l’Impero Romano d’Oriente – i Bizantini – durarono fino al 1500.
Le vicende dinastiche delle classi dirigenti islamiche seguirono un percorso che è abbastanza simile a quello che abbiamo avuto in quei secoli in Occidente: una sequela infinita di lotte intestine per il potere, a tutti i livelli ed a tutte le latitudini. Cosa si poteva creare, dopo la disfatta del mondo greco-romano che aveva dipinto la civiltà per quasi un millennio?
Mi chiedo – dall’articolo di Escobar – come si possa citare il martirio di Alì come “la storia di Karbala e Imam Hussein e lo sforzo sciita nel proteggere e difendere gli oppressi e lottare contro l’oppressore.” Siamo al 680
d.C.: qualcosa di quel mondo esiste ancora? Certo, come la battaglia di Legnano-Pontida (1167) viene celebrata dalla Lega come la “liberazione” dei lombardi…dimenticando completamente il contesto storico, ossia che il nemico non era “Roma ladrona”, bensì l’Imperatore Federico Barbarossa. Una delle mille battaglie medievali.
Insomma, non prendiamo a prestito pessime citazioni di pessimi politici per cercare nella Storia delle giustificazioni per il presente: ne viene ancora a Bossi od a Trump, di aizzare qualcuno nel nome di faccende accadute nella fossa del tempo per giustificare le loro sporche mire.

Ciò che invece bisogna notare è il “picco” della cultura islamica contemporaneo ai califfati abbasidi di Baghdad (900 d.C.) i quali, liberi dalla prevaricazione teologica cattolica, condussero la scienza e la tecnologia a livelli impensabili per l’epoca: dagli interventi chirurgici con anestesia totale (oppiacei), che rimasero nei testi di medicina inglese fino al 1700 alle prime cartiere, importate dal sapere cinese.
Dai numeri cosiddetti “arabi”, che giunsero in verità dall’India, all’algoritmo, che fu inventato in Persia da un dimenticato matematico chiamato Al-Kwarizmi (De Al-Kwarizmi de numero indorum). Anche il pensiero fece molti progressi: da “solo la logica (kalam) può riconciliare in pieno ragione e fede” (scuola filosofica dei Mutaziliti) a “dal mondo minerale a quello vegetale, dal vegetale all’animale, e da quest’ultimo all’uomo” (Alì al-Masudi), laddove si cercava d’ipotizzare l’evoluzionismo.
Per favore, Escobar: lasciamo da parte Cartesio, che ancora doveva nascere molti secoli dopo.

La seconda epoca islamica
Finite le Crociate e tutti gli sconquassi che ne derivarono, agli albori del Settecento si verificarono alcuni mutamenti: purtroppo, di segno opposto rispetto alle aspettative od alle speranze di una conciliazione.
Paradossalmente, laddove gli islamici avevano scoperto la logica nel 900 d.C., la dimenticarono mentre in Europa con l’Illuminismo stava affermandosi: questo è uno dei punti chiave delle rispettive evoluzioni. Gli Illuministi cozzarono violentemente contro il potere cattolico, mentre gli islamici – segregati nella Umma e nei versetti del Corano – non poterono accedervi.
Vi fu un luogo dove le rispettive tradizioni tentarono l’incontro: da un lato i Gesuiti, dall’altro i Dervisci – da non confondere con i Dervisci Danzanti, che erano per una via più legata all’ascetismo – mentre i Dervisci Ottomani erano il vero contraltare dei Gesuiti cattolici.
Anche il luogo è noto e suffragato da prove storiche: l’eremo di Blagaj, alle sorgenti della Buna, presso Mostar, in Bosnia.
In quel luogo (che visitai) per secoli le tradizioni vennero confrontate, i “sacri testi” letti collettivamente, le discussioni fiorirono, vi nacquero amicizie. Purtroppo, fu tutto inutile: l’Europa marciava a passo lesto verso qualcosa che gli islamici non potevano cambiare così in fretta, e già s’intravedeva l’ombra di un Corso che avrebbe significato il crollo definitivo dell’Europa medievale, dei suoi riti, delle sue monarchie assolute, delle nobiltà intangibili.
Dall’altra parte, e più precisamente nel deserto saudita, un oscuro teologo islamico – Al-Wahabi – sosteneva proprio la tesi opposta, ossia l’aderenza totale – letterale – con il Corano, scritto più di mille anni prima (!). Incontrò un giovane emiro – tale Al-Saud – e, insieme, giurarono fedeltà alla nuova (?) visione del Corano: era nato l’imperituro legame fra  quello che 200 anni dopo sarebbe diventato il regno degli Al-Saud e la visione di una civiltà islamica rigida e conservatrice.
E l’Iran?

Fino all’anno 1000 governato dai califfati abbasidi, se ne staccò quando gli abbasidi andarono in rovina, occupati dagli Ottomani. Fino al 1500 la regione subì invasioni dal grande Nord, dalle steppe asiatiche, e fu governata da sovrani di derivazione mongola: nel 1500 – attenzione, secoli prima del regno saudita – con la dinastia Safavide stabiliva confini abbastanza definiti e corrispondenti grosso modo all’antico regno persiano. Nel 1600, infine, iniziava la sua azione diplomatica, prendendo accordi con le nazioni europee sempre nell’ottica di proteggersi dal pericolo ottomano (che era, comunque, in caduta dopo l’ascesa dell’Impero Britannico).
Si può ben dire che l’inizio dell’Era Moderna trovò un Iran già “strutturato” per entrarvi a pieno titolo: a parte la breve occupazione del 1941 – ad opera di britannici e sovietici – ricordiamo che l’Iran non è mai stato colonizzato.

La religione sciita come differenziazione sociale, oltre che teologica?
Francamente, la “teoria” di Escobar mi lascia un po’ freddo.
Le differenze fra i due sistemi teologici, mentre non sono in discussione gli aspetti coranici, sono soprattutto nella scelta e soprattutto nella genesi del clero, che è molto diversa.
Nel mondo sunnita si trova ancora un’eco molto presente di derivazione genealogica: il Re del Marocco s’ostina a difendere la sua (pretesa) discendenza per via diretta dal Profeta Maometto. Inoltre, le figure eminenti dell’universo sunnita (come l’imam di Al-Azhar al Cairo) sono sì ascoltate per quanto riguarda gli aspetti dottrinali, ma non hanno ruoli sociali né, soprattutto, politici.
Invece l’Iran – piaccia o non piaccia, e nemmeno vi sto a raccontare se sia più o meno giusto – è una repubblica islamica, nella quale la figura principale – come se noi avessimo come Presidente il Papa – è il prodotto di una gerarchia ecclesiastica, anche se fare raffronti è difficile e carico di tranelli ideologici.

L’Iran, fra i Paesi del Medio Oriente, è il più orientale: non mi stupisce che una gerarchia religiosa esprima il “migliore” a guida della nazione: se vogliamo, è molto orientale questo tipo di scelta, paragonabile ai santoni indiani, tibetani, birmani, cinesi, ecc. Ossia, devi dimostrare le tue capacità e che il tuo pensiero è ben saldo e determinato: tutte doti richieste a qualsiasi capo religioso in Oriente. C’è poi il caso, tutto iraniano, che la guida religiosa sia anche colui che indica, a grandi linee, il percorso politico della Nazione, anche se la gestione è completamente in mani civili.
La Religione Sciita, allora, in sé racchiude tutto questo sistema: nelle città sante – in Iran ed Iraq – cresce un clero dal quale escono le alte cariche. Ovvio che questo modo di procedere entra in conflitto con tutto l’universo sunnita, dove troviamo soprattutto reami, reami fasulli, presidenti che sono dei padri-padroni e dittatori che vengono chiamati presidenti.
In altre parole – migliore o peggiore, giusto o sbagliato che sia – l’Iran possiede una struttura costituzionale che nessuno ha in quell’area: una solidità che dura, come Stato indipendente, dal 1500.
Ed è questo, se vogliamo, che potrebbe spaventare un presidente americano: sapere d’avere di fronte una struttura composita – certo, c’è anche la religione sciita – ma estremamente moderna.
Di una strana modernità, che non è misurabile con i nostri “metri”: una modernità islamica.

19 gennaio 2020

Via Gradoli Caput Mundi


Forse qualcuno pensava che il punto più importante, nella storia geopolitica romana ed italiana, fosse piazza san Pietro a Roma, per qualcun altro il Quirinale, altri ancora la sede dell’ENI all’EUR…peccato se ci avete creduto, perché questa anonima via della zona Nord di Roma – guarda a caso a pochissimi chilometri dagli studi romani della Rai di Saxa Rubra (Grottarossa) – è senz’altro il centro politico e strategico di Roma. Peccato, non ve ne siete mai accorti: lì si trova il centro strategico dove la cosiddetta “politica nazionale” è sempre stata forgiata prima d’esser presentata sulle piazze politiche, di questo o di quello, come desiderate o più vi fa piacere.

Fino al 1978, chi capitava in via Gradoli ci passava solo per andare alla Tomba di Nerone: poi, col rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, entrò in prima pagina. Anzi, con scherzi e burle, comprese le “sedute spiritiche” di quel buontempone di Romano Prodi. Ma la storia non finisce qui.
Se il numero 96 divenne famoso per la prigionia di Moro – a questo punto, ogni affermazione deve essere anticipata con un “presunta”, viste le cose come stanno – via Gradoli fu “gradita” anche dai terroristi dei NAR (quelli di Valerio Fioravanti), che s’insediarono comodamente nella via in due covi, al numero 65. Chissà se la sera, fra una sparatoria e l’altra, non giocavano a scopone con Moretti & Company.

Ovviamente, tutti questi appartamenti facevano capo a società fittizie (Immobiliare Gradoli Spa, Srl Caseroma, ecc…controllate da Fidrev, definita (durante la lunga odissea dei processi per la Strage di Bologna) una società di consulenza controllata dal SISDE, il servizio segreto che dipendeva dal Ministero dell’Interno, ma che era infarcito di ufficiali dei Carabinieri e d’altre Armi.
Non ho aggiunto il classico “deviato” dopo la parola “SISDE” perché fuorviante: in realtà, si dovrebbe definire più correttamente “Servizi segreti foglia di fico”, giacché se erano deviati era tutta la struttura di Stato ad essere deviata. Verso dove? Bella domanda.
Anche gli amministratori erano gente vicina al SISDE, un certo Domenico Catracchia, che si è rifiutato di testimoniare ai processi perché ha semplicemente riferito agli inquirenti d’avere più cara la pellaccia. Anch’egli, ovvio, “vicino” ai servizi, eccetera, eccetera…
Insomma, un bel teatro di posa per tutte le necessità degli “amici” oppure dei padroni, in genere americani: una telefonata e via…sempre a disposizione…

Così, Moro fu ammazzato dai comunisti brigatisti, non dai servizi americani che non ne potevano più della vera e propria politica italiana di potenza nel Mediterraneo, inaugurata da Mattei e poi seguita dalla coppia Moro-Berlinguer (che si salvò per il rotto della cuffia dall’attentato di Sofia…) per la quale ogni novità veniva discussa fra Roma, Tunisi, Tripoli e La Valletta, che era uscita dal Commonwealth soltanto quando aveva ottenuto la protezione aeronavale italiana.
Però, dopo la tragedia, si continua con la farsa.

Fu così che un povero pulcino bagnato come un ex giornalista RAI – Piero Marrazzo – presidente della Regione Lazio con la passione delle trans…per lui, che amava incontrarsi con alcuni transessuali della zona, fu riservato un appartamento nello stesso stabile dove “alloggiarono” le BR…forse c’era una sorta di “prelazione” fra destra e sinistra…
Il lavoro, in quel caso fu completo: il “protettore” delle trans morì per un’overdose di droga subito dopo, e nei giorni seguenti anche una delle trans fu trovata morta avvelenata per una stufa mal funzionante…eh, col gas bisogna starci attenti…

Quindi, ragazzi cari, smettiamola di mandare in onda i TG, i messaggi dei politici, quelli del Presidente…da altre sedi, che non hanno rilevanza…spostate una troupe in pianta stabile da Saxa Rubra a via Gradoli e finiamola lì. Avete a disposizione un intero quartiere!
Anzi, visto che a giorni ci sarà la pompa nazionale di fine Inverno – denominata Festival di Sanremo – e già che nella selezione dei testi come quelli di Junior Cally – Lei si chiama Gioia, beve poi ingoia. Balla mezza nuda, dopo te la da. Si chiama Gioia, perché fa la troia, sì, per la gioia di mamma e papà…” – si nota una “mano” che non c’entra molto con la canzone italiana tradizionale (quella di Dalla e Celentano, ad esempio, ma anche di quelli che a Sanremo non ci misero mai piede, come De André e De Gregori) e non può essere tutta colpa di Amadeus, che col grande compositore austriaco condivide ignominiosamente il nome.
Magari le scelte le fanno altri…come per la politica…e allora perché – anche se comprendiamo che si deve andare a Sanremo per via dell’orchestra, della tradizione… – la giuria popolare, gli studi, tutto l’ambaradan della RAI non lo spostiamo direttamente in via Gradoli?
In fondo, tutto ciò che è stato veramente importante, per decenni, è sempre stato deciso lì, nei Gradoli’s  studios, che c’entra il resto di Roma? Perché non ci hanno girato “Fascisti su Marte”? Dai, veniva meglio…

11 gennaio 2020

Siamo tutti bersagli

 - Dag Hammarskjöld, segretario generale dell'ONU, morto in un incidente aereo in Zambia, senza colpevoli, Alcuni sospetti conducono al Belgio, per le sue attività minerarie nel Congo (ex) Belga (dove si stava recando per risolvere questioni interne), ma nessuno ha mai ammesso nente, salvo il presidente USA Truman che ammise "quando l'hanno ucciso";
- Ustica, un caso clamoroso, con tanto di battaglia aeronavale nel Mediterraneo ed un Mig che si schiantò sulla Sila, probabilmente dovuta al tentativo, fallito, di abbattere l'aereo di Gheddafi in volo verso Varsavia. Nessuna ammissione di responsabilità;
- Egipt Air, 19 Maggio 2016, 66 morti. Scomparso dai radar nei pressi di Creta. Tracce d'esplosivo sui reperti. Esercitazione NATO nella zona. Nessuna ammissione di responsabilità;
- volo Metrojet, Russia, volo 9268, in servizio da Sharm el Sheikh (Egitto) a San Pietroburgo. 224 morti. Quasi sicuramente un ordigno a bordo. Nessuna ammissione di responsabilità.
- volo Malaysia Airlines 17 MH17/MAS17,da Amstardam a Kuala Lumpur. 298 morti. Abbattuto da un missile terra aria nei pressi del confine russo-ucraino. Nessuna delle parti ha mai ammesso l'abbattimento.

Sono solo alcuni casi d'abbattimenti "per errore" fra i più famosi: purtroppo, quando un aereo civile viene colpito da un missile terra aria, s'inabissa (spesso) in mare senza lasciare tracce, che molte volte scompaiono dopo la lunga immersione o i rottami non vengono recuperati. Inoltre, molto spesso non c'è tempo per inviare messaggi o tali messaggi vengono intercettati e disturbati, al punto da non essere più ricevuti.
I casi dubbi, purtroppo, nella storia dell'aviazione civile sono almeno molte decine e ciò identifica il volo civile come un obiettivo dei servizi segreti di tutti i Paesi del Mondo.
Gli iraniani hanno affermato che è stata colpa loro, e di questo bisogna rendere loro merito: è la prima volta che abbiamo una piena ammissione di colpa. Si può contestare loro che non è stato un "soldatino", perché le consolle di lancio dei missili sono sempre al comando di un ufficiale, non di un soldato. E che c'erano molte "tracce" in arrivo questo è sicuro, poiché dopo l'attacco missilistico iraniano gli USA avevano certamente molti velivoli presso i confini iraniani nell'attesa di ordini.
L'errore è stato duplice: gli iraniani senz'altro, e l'hanno ammesso, ma le compagnie aeree che lasciano partire i loro voli in un simile scenario, sono da considerare quasi in concorso di colpa.
Le assicurazioni pagheranno senz'altro, ma la vita umana non ha prezzo: come la mettiamo?

04 gennaio 2020

Gambit

Il gambit è una mossa d’apertura nel gioco degli scacchi, che prevede il sacrificio volontario di un pezzo per acquisire risultati superiori: tipicamente, scambiarlo con un pezzo di valore più importante oppure di giungere fulmineamente allo scacco al Re.
Questo 2020 si è aperto con una curiosa vicenda, alla quale ne è seguita subito un’altra e già se ne promette un’altra ancora: chissà se queste vicende ne sottendono altre, ancor più segrete? Un vero e proprio gambit. Mascherato.
Beh…partiamo dalla prima.

Proprio nella notte di Capodanno, a San Pietroburgo doveva andare in scena uno “spettacolo pirotecnico” ad alto potenziale: no, non erano fuochi artificiali, bensì un attacco terroristico dell’ISIS (?) che prevedeva alcuni attacchi alla popolazione in punti diversi della città. Almeno, così ce l’hanno venduta. (1)
Prontamente, la polizia è intervenuta ed ha arrestato due cittadini russi (?) che avevano il solito ambaradan d’armi ed esplosivi in casa. Così è stato comunicato.
E chi è stato il “canarino” che ha cantato?

Il Presidente americano Trump, il grande “amico” di Putin. Oddio…con qualche faccenduola in sospeso fra loro, roba da poco…storie d’oleodotti e di piccoli Paesi, con l’Ucraina in prima pagina…ma non mancano altre scenografie ad arricchire la grande “amicizia”: Israele, Arabia Saudita, Iran, Siria, Libano, Turchia…cosa volete che siano…
Ovviamente,  Putin ha sparso subito – urbi et orbi – sincerissimi ringraziamenti per l’amico americano, salutandolo come persona seria ed affidabile, che si mostra “comprensivo” dei problemi altrui e poi, bla, bla, bla…
Pochissimi giorni dopo, “l’amico americano” fa saltare per aria il comandante delle brigate “Al Quds” iraniano, il generale Suleimani, molto noto in patria e molto stimato da tutti, amico personale dell’ayatollah Khamenei, eccetera, eccetera.
Naturalmente, l’Iran lancia subito minacce apocalittiche nei confronti degli USA e di Trump, minacciando sfracelli e disgrazie infinite per gli americani e per i loro amici (Israele ed Arabia Saudita, tanto per non far nomi).
Che bella storiella.

Assolutamente razionale, perfetta, ben congegnata, spendibile su tutti i media internazionali senza pecche e, soprattutto, fatta apposta perché i tanti cosiddetti “giornalisti” del Web ci caschino come tanti citrulli, imbevuti di retorica post-modernista, post-guerra fredda, post guerra irachena, post petrolio-dipendenti, post, post, post…basta postare in fretta e furia un articolo, per soddisfare la sete dei molti lettori, di tutte le taglie, forme, razze e religioni del Pianeta.
Se non che, non funziona.

Prima domanda: cosa ci faceva uno dei massimi comandanti militari iraniani in Iraq? Era andato a trovare i parenti, a salutare un amico, a trovare l’amante? Vabbè, prendiamole per buone.
Perché gli americani l’hanno ammazzato? Perché sono cattivi, perché sono stato imbeccati da Tel Aviv, perché s’era macchiato di tanti morti americani, perché, perché, perché…non ce n’è uno che funziona. Un generale che si “macchia” di morti americani?!? E cosa fanno i generali, normalmente, il solletico alle ragazzine?

Non dimentichiamo, poi, che i movimenti dei massimi dirigenti politici e militari delle nazioni non sono mai casuali, ossia ci sono una serie di “contrappesi” che devono essere soddisfatti: altrimenti, che ci vorrebbe a tirare un missile contro l’aereo di Trump o di Putin, di Macron o della Merkel, ma anche del capo di Stato Maggiore della Romania o del Perù?
Queste cose avvengono raramente, e si vide nel 1980 cosa causò l’aver tentato, con un sotterfugio, di far fuori Gheddafi mentre volava a Varsavia: una battaglia aeronavale nel Mar Mediterraneo, che anche se siamo qui a parlarne nessuno ha mai ammesso, perché i Mig cadono nei cieli di Calabria quando grandina. Eh…sì, patiscono la grandine: se non vi va bene e non ci credete, non ce ne frega una mazza.
Quindi, gli spostamenti del gen. Suleimani – un uomo molto vicino, per il suo ruolo, ai servizi di vari Paesi – sono stati rivelati: c’è un “canarino” che ha cantato, altrimenti non sarebbe successo niente del genere.
Ma vediamo di dare una risposta alle vere ragioni di questa vicenda, ossia:

a) Perché gli USA hanno pensato bene di far fuori Suleimani e perché, probabilmente, è stato tradito;
b) Quali possono essere gli sviluppi futuri.

Premesso che, un aumento del prezzo del petrolio di pochi dollari significa miliardi di dollari che s’ammassano (per tutti, Iran compreso!), ci passiamo oltre, perché questa è una storiella banale e non vogliamo raccontare banalità.
Prendiamo, ad esempio, in esame la situazione dell’Aeronautica Iraniana? E perché proprio gli aerei iraniani?
L’Aeronautica Militare Iraniana è ricchissima d’ottimi cervelli, tecnici e militari, ma è poverissima di mezzi, al punto – nel raffronto con Israele e l’Arabia Saudita (suoi avversari regionali) – di riuscire, forse e a malapena, a difendere il territorio nazionale.
Lasciamo pure fuori del conto gli aerei e le portaerei americane: per questa ragione ha ricevuto dalla Russia il sistema di protezione dello spazio aereo S-300, ma non ancora l’S-400 – che hanno richiesto – ma la Russia, che lo ha fornito seduta stante alla Turchia, ha risposto picche.
E gli aerei? Peggio che andar di notte a fari spenti.

Dalla fornitura degli F-14 (1975) americani, è stato un pianto antico: F-4 (quelli del Vietnam), poi F-5, vecchio caccia di seconda linea e pochi (e/o vecchi) Mig-29. Un disastro.
Per questa ragione, l’Iran ha scelto una via che potremmo definire “coreana” anche se non ha l’atomica: è fornita di migliaia di missili con gittate d’oltre 1.000 Km e decine di migliaia di minor gittata, molti dei quali forniti ad Hezbollah, il fedele alleato sciita in un mondo sunnita di nemici d’Israele. Il che, è già una bella tautologia.
Insomma, andare a toccare seriamente l’Iran scatenerebbe Armagheddon e gli Stati Uniti lo sanno benissimo: se l’Iran non può permettersi Armagheddon, nemmeno l’America osa andare a vedere cosa succederebbe.
Sono decenni che Michael Chossudowsy urla allarmi per una “futura” guerra contro l’Iran e mi fa piacere doverlo smentire ogni volta: non perché Chossudowsky mi stia antipatico (anzi), bensì perché mi sta molto antipatica la guerra.
L’industria aerospaziale iraniana è però molto sviluppata, e ricca di veri e propri talenti in quel campo. Notate cosa sono stati capaci di fare:



Questo aereo, denominato Saeqeh (in pharsi, non facile translitterazione) è, in realtà, un Northrop F-5 americano modificato:



al quale è stata totalmente riprogettata e ricostruita la sezione di poppa (si noti la doppia deriva, in stile F-A 18), più una serie d’interventi sull’elettronica di bordo, per dargli migliori potenzialità aerodinamiche e di combattimento.
Non sappiamo fino a che punto gli iraniani siano riusciti in questo giochetto, però siamo certi di una cosa: poche (o nessuna) industrie aerospaziali europee sarebbero state in grado di farlo.
In questo modo, gli iraniani hanno fatto fare al vecchio F-5 un salto generazionale, da un vecchio aereo di 3° generazione ad uno di 4°, almeno così sperano. Però, questo aereo rimane un semplice caccia-bombardiere per l’appoggio locale alle truppe oppure per la difesa aerea ravvicinata: è solo dotato di missili per autodifesa all’infrarosso (Sidewinder, ecc) con portate di una manciata di Km e non è in grado di portare missili in grado di colpire un aereo nemico a 50 o 100 Km di distanza.

Gli iraniani, si sono allora attivati ed hanno chiesto alla Russia di poter acquistare i più potenti Su-30, aerei di 4°+ generazione, pari almeno (o superiori) agli F-15 sauditi, ma…si sono messe di mezzo le sanzioni…che hanno impedito alla Russia (che ne sarebbe stata felicissima!) di soddisfare le loro richieste.
Qualcuno sostiene (2) che piloti iraniani siano già andati in Russia per addestrarsi sui caccia Sukhoi, perché un simile cambiamento richiede un lungo addestramento: è solo nei film americani (Indipendence day) che un ex-pilota del Vietnam, il quale vola su un biplano per spandere concimi, per andare a sparare agli alieni si siede su un F/A 18. E’ come passare da un biplano Sophwith Camel della 1GM ad uno Spitfire, forse peggio.
E quando scadono ‘ste benedette sanzioni? Nel 2020. Iniziate a capire qualcosa?

Allora, allora…
Il 2020, per Trump, è anno d’elezioni: ha sulla schiena una richiesta d’impeachment, non si sente molto sicuro…ha bisogno dei voti dell’elettorato ebraico, che in America può fare la differenza. E i finanziamenti elettorali non fanno la differenza?
Ha provato in tutti i modi a scotennare l’odiato Khamenei, ma non ha ottenuto molto: un drone abbattuto, qualche petroliera colpita…niente d’importante. Tel Aviv, però, non è contenta: sono loro a dover vivere sotto la minaccia dei missili di Hezbollah, mica gli americani! Ci hanno provato nel 2006 a farli fuori, ma non ce l’hanno fatta, e non trovano un presidente che dia loro retta: vogliamo aspettare che Tehran abbia l’atomica?
Preso fra due fuochi, Trump ha dovuto dare loro un contentino, scambiando con i russi qualche rivelazione “coperta”? Non siamo in grado di sostenerlo.
Ha anche spostato un contingente di 750 soldati dalla Siria all’Iraq occidentale – aveva detto loro: “si torna a casa!” (sic!) – lontano dalle popolazioni sciite e più vicino ad Israele ed all’Arabia Saudita. Insomma, io la buona volontà ce la sto mettendo tutta…ma a voi non basta mai!
E i russi?

Ai russi la cosa non può che portare vantaggi: scadute le precedenti sanzioni, nel 2020 potrebbero dare finalmente il via alla consegna dei tanto desiderati Su-30 all’Iran! Sarà una consegna molto “succosa”, si parla d’almeno 30-50 caccia dei quali gli iraniani hanno un bisogno disperato…e non staranno tanto a tirare sul prezzo. La vicenda di Suleimani ha scosso gli animi, da una parte e dall’altra, ed i russi potrebbero decidere autonomamente di consegnare gli aerei agli iraniani: anche i commentatori russi hanno glissato all’acqua di rose: “pericolo per la pace mondiale”… “atto inconsulto”…e via discorrendo…parliamo di cose serie, d’aerei per difendersi dalle minacce americane e saudite…

L’ultima risposta è su cosa potrà fare l’Iran per vendicarsi: lo farà, è chiaro, perché anch’essi hanno un elettorato ed una popolazione da soddisfare. Però, ci sono tanti modi per farlo.
Sul “come”, però, temo che sia il punto interrogativo che aleggia, proprio in queste ore, in molte menti a Tehran.
Aeronautica e Marina possono ben poco: non sono certo 3 sottomarini a spaventare la US Navy e sull’aeronautica abbiamo già detto.
Il presidio dello stretto di Hormuz, però, è molto ben fornito di missili antinave ed imbarcazioni veloci d’assalto: in assenza, però, di naviglio militare americano, non rimane che qualche petroliera che sconfini.
Il canale delle acque territoriali, ad Hormuz, è molto stretto e spesso avvengono leggeri sconfinamenti: da questo, però, ad affondare una petroliera con tutto l’equipaggio ce ne passa, peggio ancora affondare un’unità militare, con centinaia di morti. Sarebbe l’inizio di Armagheddon.
La brigata americana che si sta trasferendo dalla Siria all’Iraq è, ovviamente, sotto il tiro dei missili iraniani, e potrebbe essere un bersaglio adatto: anche qui, però, centinaia di morti.
Scarterei, in linea di massima, queste ipotesi comprendendo anche un eventuale attacco di Hezbollah su Israele: tutte troppo zeppe d’incognite sul futuro dell’area.

Ricordiamo che l’Iran ha messo più volte l’accento sulla “pazienza” nella vendetta: potrà lasciar passare anche qualche mese, prima d’attuare qualcosa. Molto probabilmente si tratterà dell’uccisione o della presa d’ostaggi americani nell’area, quando la tensione sarà calata e tutti tenderanno a dimenticare.
Il punto saliente, per gli iraniani, è ottenere finalmente la vendita degli aerei da parte russa, cosa di primaria importanza per la loro difesa: poi, qualcosa s’inventeranno, ma sarà qualcosa che non dovrà impegnare militarmente nessuno.

In fin dei conti, a questo serve il terrorismo: a mandare avvertimenti, senza mai comparire in prima persona, e questo è uno degli attori delle guerre a geometria variabile, che devono tener conto del prezzo del petrolio, delle armi nucleari e di riuscire ad intimidire l’avversario senza entrare in questi “campi minati”.
Dalla diplomazia alla guerra il salto può essere repentino, ma entrambi i contendenti lo sanno, e sanno anche cosa rischiano: per noi, che non vorremmo più dover raccontare storie come queste, rimane l’assillo di un Pianeta senza pace, che non riesce a convivere senza una pistola sotto il cuscino.
Ed è questa la grande sconfitta che tutti i giorni dobbiamo affrontare.

01 gennaio 2020

Teoria del Chiasso

Sulla questione climatica, oramai, si sente soltanto chiasso. Chiasso mediatico, chiasso rabbioso, chiasso interessato, genuino, ispirato, malevolo…ma sempre e solo chiasso. Perché il chiasso è il fenomeno che più s’oppone al ragionamento ed alla meditazione, unica via per giungere alla sintesi di qualsiasi evidenza naturale, per trovarne una soluzione o, almeno, comprenderne la genesi. Potremmo definire il chiasso come l’antitesi vera e propria della ricerca scientifica.
A parte il chiasso, quali sono i dati in nostro possesso?

Evidenze scientifiche
La percentuale di CO2 nell’atmosfera terrestre nel 1975 era di 320 ppm (parti per milione), oggi abbiamo superato le 390 ppm: in 45 anni è aumentata del 22%. Nello stesso periodo, la temperatura media globale è aumentata di circa 0,5 gradi Celsius ed i mari sono saliti di circa 40 mm.
Possono indicarci qualcosa questi pochi dati certi?
Il rapporto fra questi dati è provato e riproducibile in laboratorio: se in un laboratorio, a temperatura ed illuminazione costanti, immettiamo in un recipiente di vetro una miscela di aria e CO2 ed aumentiamo la CO2, otteniamo un aumento di temperatura, perché l’anidride carbonica (ed altri gas) riflettono la radiazione infrarossa che, dal suolo, viene riflessa verso il cielo e la proiettano nuovamente verso terra. Insomma, come in una serra, non la lasciano sfuggire. Il terzo dato necessita di una comparazione, ossia due recipienti, come sopra, con del ghiaccio alla medesima temperatura e peso: in quello a maggior temperatura, nella stessa unità di tempo, si scioglierà una maggior quantità di ghiaccio.
Ciò che possiamo provare scientificamente è tutto qui: il resto richiede la preparazione di modelli matematici, poiché un conto è operare un esperimento in laboratorio, un altro espanderlo a livello della biosfera, dove intervengono miliardi d’interazioni delle quali non conosciamo interamente i rapporti, e per questo li indaghiamo con modelli matematici i quali, come ogni modello prodotto dall’uomo, è passibile di critica.

Perché il chiasso?
Il primo obiettivo dei fautori del chiasso è disperdere la concentrazione, effettuando un’operazione di per sé semplice, soprattutto nei confronti di coloro che non sono molto avvezzi nell’epistemologia delle scienze sperimentali: assegnare il medesimo valore d’inesistenza inerente fra la critica dei modelli matematici e l’evidenza dei dati scientifici. E’ un chiasso un poco furbetto e sempliciotto: in altre parole, se dimostro che il modello matematico è imperfetto, lo saranno anche i dati scientifici che lo alimentano. Il che è pietosamente falso: sarebbe come sostenere, nella costruzione di due grattacieli, che essendo errato in uno dei due il calcolo delle masse e delle relative pressioni, sono errati i concetti fisici di massa e pressione.

Il “complottismo"
Più interessante, invece, la critica proveniente dagli ambienti del “complotto”. Si sostiene che, siccome il sistema politico-economico è una piovra che tutto controlla e decide, allora l’evidenza di nuovi ed enormi profitti conduce ad esaltare la necessità di compiere questi interventi, finalizzati ad un maggior profitto per gli azionisti.
Nulla da eccepire sotto l’aspetto della critica: nessuno di noi ha mai pensato che le holding economiche del Pianeta siano istituti di beneficienza sociale.
Il nesso, però – inconsistente – è fra le nuove tecnologie energetiche e l’intervento finanziario.
Prima del secolo XVIII, era la nobiltà ad assumersi oneri ed onori per quanto riguardava gli interventi, ma la macchina a vapore sconvolse questi equilibri: troppo grandi gli interventi richiesti, estesi sui cinque continenti, in continua evoluzione, ecc.
La ferrovia fu il canto del cigno per il potere economico della nobiltà, la quale – anche per altri fattori storici – si vide relegata in un angolo del potere finanziario ed economico.
Precisando il fenomeno, nel secolo XIX, per la macchina a vapore ed il carbone, furono le banche ad investire ed a fare profitti, sorrette dal patrimonio azionario dell’espansione borghese, mentre nel XX secolo s’affermarono mezzi di finanziamento ancor più evoluti, quali fondi d’investimento, fondi pensione, fondi sovrani, ecc.
Ricapitolando, c’è da operare una distinzione fra sviluppo e ricerca tecnologica e mezzi di finanziamento: mentre i primi possono essere anche frutto di ricerche e sviluppi nati nell’ambito pubblico – gli istituti universitari, ad esempio – i secondi sono quasi interamente rivolti agli investitori privati, siano essi banche o strutture finanziarie.
Aprendo una breve parentesi, si può notare come in Italia si sia generato un fenomeno che dire “assai strano” è ancora riduttivo: il sistema autostradale, costruito col finanziamento pubblico, è diventato una gestione privata in cambio – diciamolo chiaro – di un piatto di lenticchie. E la dimostrazione, lampante, è dei nostri giorni e di cosa sta accadendo.
Quindi, è assolutamente normale che il sistema finanziario s’adoperi per entrare e guadagnare nel comparto delle nuove tecnologie energetiche: compito della parte pubblica sarà, invece, definire il quadro degli investimenti per fare in modo che questi interventi non siano “a gamba tesa”.

Alternative?
Ancor più ampio, come prospettive, è la definizione del sistema economico di riferimento: non si può tacere sul fatto, evidente, che la maggior potenza economica in forte ascesa sia la Cina. La Cina popolare, che si dice ancora comunista, qualsivoglia sia il significato che i dirigenti cinesi assegnano, oggi, a quel termine: sarebbero, però, analisi che richiederebbero ben altro spazio di un articolo.

Il Ministro del Petrolio saudita, molti anni fa, ebbe a pronunciare una frase profetica:

L’Era della Pietra non terminò certo per la mancanza di pietre, e l’Era del Petrolio potrebbe terminare molto prima dell’esaurimento del petrolio.”

E, se così non fosse, sarebbe un dramma.
Oggi, a nostro favore, abbiamo la ricerca tecnologica, la quale è passata da un processo combustione>energia meccanica>energia elettrica alla più semplice captazione diretta dell’energia elettrica, vuoi con la captazione eolica, vuoi con quella fotovoltaica. E, molto, rimane ancora da esplorare, sul fronte delle energie dalle correnti sottomarine e dal moto ondoso, sull’eolico d’alta quota, sul geotermico, sullo sfruttamento delle biomasse di scarto, sull’idroelettrico da grandi masse e modeste cadute e quanto, sicuramente, ci segnaleranno nel futuro scienza e tecnologia.
Perché rifiutare?

Conclusioni
Non sappiamo cosa significhino quelle 390 ppm di CO2 nell’atmosfera, come non sappiamo cosa ci porterà quel mezzo grado in più, né quei 40 mm in più d’acqua negli oceani. Possiamo solo dire che quei miseri 40 mm d’innalzamento del livello di mari ed oceani significano circa 14.500 miliardi di tonnellate d’acqua in più negli oceani. Non cambierà nulla? Lo cambierà? Non lo sappiamo.
Sappiamo però che, qualsiasi mutamento questo quadro porterà, sarà fuori dalle capacità umane, in futuro, porvi rimedio: l’unico atteggiamento da assumere, oggi, è l’elementare principio di prudenza, cercando di salvaguardare un equilibrio che ben conosciamo e nel quale siamo vissuti per migliaia di anni.
I mezzi li abbiamo tutti: sarà solo l’ennesima transizione della civiltà umana verso sistemi più evoluti: dalla trazione animale, a quella meccanica alla trazione elettrica. Dall’energia muscolare, a quella meccanica, a quella elettrica fino a quella nucleare, che non ha dato i risultati sperati, poiché basta un solo errore (e ce ne sono stati ben due) per condannare intere regioni all’inesistenza per la vita umana.
Ci sono gli aspetti economici e finanziari, ma questo non è un principio immutabile – come le leggi della Fisica – bensì soltanto un metodo costruito dall’Uomo per governare l’economia delle società umane. Se dovesse risultare un errore, un obbrobrio oppure un ostacolo per l’evoluzione umana, basterà rimuoverlo o modificarlo. Questo lo possiamo fare: basta averne consapevolezza.