L’apparenza inganna: delle elezioni che hanno mostrato quanto
il “monster” europeo sia più forte e ramificato di quanto immaginavamo – e che
sono state una sconfitta per tutti coloro che guardano all’Europa come il fumo
negli occhi – sembra che avranno soltanto effetti sulla politica italiana
(della Francia ed altri Paesi, in questa, sede, non ci occuperemo), dove sono
al governo due partiti euro-scettici. Ma quali effetti? Sono più interessanti
del previsto.
Partiamo dello sconfitto, che è soltanto uno: il M5S. E’ una
sconfitta, principalmente, del suo capo politico che aveva il dovere di
“plasmare” diversamente il partito, e c’è una seconda istanza da prendere in
considerazione: la presenza, ingombrante, della Casaleggio & associati sul
treno vittorioso del 4 marzo 2018.
Gli errori hanno sempre pochi padri, si sa, ma gli errori
ricadono inevitabilmente sulle spalle dei figli.
Gente che aveva fatto esperienza politica solo nell’ambiente
pulito ed ovattato dei meet-up non poteva essere lanciata nel calderone
maleodorante ed agguerrito della politica rampante, del confronto senza
esclusione di colpi delle Tv di partito: se ricordiamo, Beppe Grillo – agli
inizi – aveva proibito la partecipazione ai reality televisivi. Ma non era possibile,
e allora le liste furono create partendo dai meet-up ed infarcendoli, qui e là,
con personaggi di dubbio valore, che avevano conquistato un’altra, altrettanto
dubbia, notorietà televisiva. Uno per tutti: Gregorio de Falco. Uno che, in
tutta la vita, aveva solo gridato un “cazzo, risalga su quella nave” come
messaggio “politico” (?).
Il secondo, clamoroso errore, fu accettare come direttore della
RAI un uomo di Berlusconi: perché hanno accettato? Se le reti di B. erano tutte
dirette contro il M5S, il Mov. non ha avuto nemmeno una rete televisiva al suo
fianco, una misera rete televisiva, quando il PD, super sconfitto alle elezioni
politiche, ha saputo mantenere la “sua” rete ed importanti personaggi sulle
altre, vedi Lilli Gruber.
La riforma della Tv, non è mai arrivata: lo ricordiamo a Di
Maio.
C’era, poi, nel dibattito politico, un’anomalia: mentre tutti
erano pronti a stigmatizzare qualsiasi uscita di un esponente 5S troppo “di
sinistra”, nessuno si meravigliava del fatto che la Lega teneva tranquillamente
i piedi in due staffe, rimanendo legata al carro del centro-destra, formalmente
e sostanzialmente.
In generale, il livello dei personaggi messi al governo da
entrambi i partiti è risultato molto basso, troppo basso, e sono valsi più,
soltanto, i messaggi su Facebook e su Twitter, ampiamente decisi e studiati dai
rispettivi spin-doctor, nei quali quelli della Lega hanno ampiamente prevalso.
Troppo tardi, Di Maio, s’è accorto della trappola, e ci ha
fatto finire dentro tutto il M5S: bisognerà attendere le analisi del voto, ma
non mi meraviglierei se tutto il risultato dipendesse dalla gran massa di voti ex M5S che si sono rifugiati
nell’astensione. In effetti, la mancanza di un 20% circa di elettori sulle
elezioni politiche, fa salire proporzionalmente gli altri. I “numeri”,
rapportati agli aventi diritto (100), con un’affluenza del 55% raccontano altre
cose:
Lega: 17,5 voti
M5S: 9
PD: 12
FI: 5
Fratelli d’Italia: 4
+ Europa: 2
Altri, nulle e bianche: circa 6.
45 non hanno votato.
Ciò che salta agli occhi, non è il successo della Lega né la
“ripresa” del PD – che, in termini di voti, ha perso circa 161.000 voti – ma
che, grazie alla scarsa affluenza, percentualmente ne ha un vantaggio.
L’unico, vero dato è che il M5S ha perso circa 1,2 milioni di
voti: i quali, su una platea di 40 milioni di potenziali elettori, non sembra
gran ché ma, se la gente non va a votarli, è dalle loro parti che bisogna
trovarne una ragione.
In altre parole, ragionare sull’affluenza è doveroso farlo, ma
chiedersi – dopo – perché tanti se ne sono andati, è la sola via da seguire.
Cosa potrà fare il M5S per risalire la china?
Cambiare qualcosa al suo interno: marginalizzare il ruolo della
Casaleggio & associati – quelle buffonate che approvavano la linea del
partito con 30.000 voti (elettronici!) – e cambiare leader: va bene Di Maio al
Lavoro, ma richiamate Di Battista come segretario del partito. Perché? Poiché è
del tutto evidente che il partito, una volta raggiunto il potere, è stato
abbandonato come un sacco al bordo di una strada.
E’ nel partito che si formano le nuove leve ed è sempre nel
partito che si forma il consenso: altrimenti, si deve correre sul “pianeta” Tv
dove non si ha (colpevolmente) nulla, oppure sul pianeta Internet che è stato
abbandonato a se stesso.
Rimane da chiedersi cosa farà la Lega.
Non andrà certo ad una resa dei conti per tornare nel centro
destra: come avevo già scritto in un precedente articolo, la data più probabile
per nuove elezioni sarebbe la prossima Primavera. Ma.
Se il M5S facesse valere la sua forza elettorale in parlamento
– ossia non cambiasse nulla nel governo e propendesse per una linea politica di
maggior attenzione ai suoi obiettivi – la palla tornerebbe alla Lega, che
dovrebbe decidere il da farsi.
Non ha sbagliato Zingaretti nel dire che si potrebbe tornare al
bipolarismo (lui, ovviamente, ci spera) perché la Lega con FI e la Meloni
potrebbe sperare di arrivare al governo. Attenzione, però: i voti oggi raccolti
dalla Lega mostrano che gli italiani approvano la Lega senza Berlusconi e la
Meloni: quale sarebbe il nuovo responso? In fin dei conti, la Lega ha mostrato
di ben governare insieme ai 5S, non con altri, e la Lega con Berlusconi aveva
il 6% dell’elettorato. E i 5S all’opposizione sarebbero pericolosi.
Un rimpasto di governo? Poco probabile. Una linea di governo
più vicina ai desiderata della Lega? Sarebbe la fine dei 5S.
Penso che, passata la sbornia elettorale, si tornerà a parlare
dei problemi del Paese, ma si tornerà esattamente a farlo come prima,
altrimenti ogni accelerazione di Giorgetti condurrà, inevitabilmente, alla fine
del governo. Che, per come ha lavorato, è stato fra i migliori degli ultimi
decenni, nonostante le tante ingenuità e mancanze.
Sta ai 5S mostrare d’essere una forza di governo decisa e
sapiente: cosa che, fino ad oggi, non hanno saputo fare con la dovuta
precisione, e gli elettori li hanno puniti.
Per entrambe le forze al governo si pone, quindi, un dilemma: crescere
da soli oppure continuare (Lega) sotto “opzione” d’altre forze politiche?
Staremo a vedere.