22 marzo 2016

Ma come si fa?





Dalle mie parti, si dice “avere la faccia come il c...” che è un po’ scurrile, lo ammetto, ma rende bene l’idea. Soprattutto quando, dietro la firma di Renzi su Twitter, spiccano quelle di Gentiloni, Giannini, Alfano, Fassino...e tutta la ghenga. Come si fa a spiegare alla gente che un autista s’addormenta al volante per una tratta di per sé non certo impegnativa, come Valencia-Barcelona, su un’ottima autostrada: meno di quattro ore di guida. Bastano quattro righe di condoglianze buttate giù in fretta, dal nostro sindaco di Firenze (con i suoi corifei al seguito), stacanovista di Twitter? Non si spiega fin quando, cercando bene fra le pieghe della notizia, non salta fuori l’età dell’autista: 63 anni.

Per un caso della vita, quando ancora avevo da poco scapolato i vent’anni, portai un camion su e giù per lo Stivale: non era certo un bestione comunque, fra cassone e cabina (era un passo lungo), raggiungeva quasi gli 8 metri. Un 625 N2 BS, per gli amanti delle antichità “pesanti”.
Ma non è un metro in più od in meno a fare la differenza: sono le ore in più (all’epoca, non c’erano ancora i “dischi”), le attese snervanti, i pasti consumati in fretta, le notti insonni passate a farsi abbagliare dai veicoli dell’opposta corsia.
A volte, fui fortunato: la svista capita anche a 20 anni, soprattutto quando – dopo una giornata di lavoro e consegne – riparti e ti fai una tirata Napoli-Torino di notte.

Oggi, ho 65 anni: pressappoco l’età dell’autista spagnolo. La prima domanda che mi sono posto, quando ho letto la notizia, è stata “te la saresti sentita?”. Forse, è la risposta che mi sono dato: me la sarei sentita solo se fosse stata una questione grave, di vita o di morte, come usa dire. Normalmente, no.
E’ vero che ho guidato per soli tre anni, che non sono allenato – dopo una vita trascorsa fra i banchi di scuola – ma la questione è un’altra: a questa età, non c’è soltanto il colpo di sonno in agguato, ma anche il malore, lo sfinimento eccessivo.

A volte, mentre veleggio nel traffico col mio motorino, osservo i camion che escono dall’autostrada: certe facce, lo confesso con dolore, mi spaventano. Visi emaciati dall’età indefinita, coperti dai soliti occhiali da sole, crani calvi, sentore di vecchio, di chi dovrebbe stare ai giardinetti, invece che su una “bestia” con 44 tonnellate sulla schiena.
Ma com’è stato possibile fare un simile scempio?

Se i genitori delle povere ragazze di Tarragona cercassero un colpevole, basterebbe scorrere la lista dei vari “eminenti lacrimosi” su Twitter: c’erano quasi tutti quando fu votata la legge Fornero, c’erano quasi tutti quando furono definite le categorie a rischio, per i quali non valevano le nuove norme. E, il presidente del consiglio, ha un aggravio: non aver promosso nessuna iniziativa per rivedere quelle norme pazzesche, che a 67 anni ti obbligano a condurre un camion, una nave od un treno. Per i macchinisti delle ferrovie, c’è anche lo sberleffo: hanno una vita media di 64 anni, forse a causa dei campi magnetici dei locomotori, ma non è dimostrato scientificamente – lo ha detto Tullio Regge, per il caso della Radio Vaticana e la vicenda di Ponte Galeria. Crepate pure tre anni prima della pensione: qualcuno che si godrà i vostri contributi ci sarà di sicuro, ad esempio noi.

Non importa se, in questo caso, l’autista era spagnolo perché anche la Spagna ha seguito, per la previdenza, il sentiero italiano: prima, in Spagna, s’andava in pensione tutti intorno ai 60 anni, addirittura con 30 anni di contributi.
Ma siamo in Europa, vivaddio! Solo la Francia resiste all’assalto previdenziale delle banche ai fondi pensione, e continua a sostenere una teoria bislacca: se porti un camion per 25 anni – a qualsiasi età – dopo vai in pensione. E’ bislacca solo per chi un volante non l’ha mai avuto fra le mani per 9 ore il giorno, per sei (?) giorni la settimana.

La storia è quasi inutile raccontarla, perché tutti la conosciamo: i primi “risparmi” della riforma Fornero (3,9 miliardi) furono subito destinati da Monti al salvataggio del Monte dei Paschi, il quale non li ha ancora restituiti (1). Era la stessa banca alla quale scriveva, amareggiato, Giuliano Amato per chiedere che non fosse diminuito il contributo (erano “solo” 150.000 euro) per il suo amato circolo tennistico di Orbetello...”come facciamo? Siamo già all’osso!” (2)
Prima di lui, ci aveva pensato Giulio Tremonti ad azzerare il consiglio d’amministrazione dell’INPS, per trasformare l’Istituto Previdenziale in una cassa “per storni” ad uso del bilancio dello Stato. Il lavoro dei becchini ha molti padri, e tutti hanno la scusa buona per scansarsi ed incolpare un altro.

Cari genitori, non ci sono parole che potranno acquietare il vostro dolore: nessuno dei genitori che hanno perso dei figli, e che ho conosciuto personalmente, si è mai riavuto da quel trauma, che è il più terribile da sopportare nella nostra valle di lacrime. Inutile ricorrere ai “se” od ai “ma”...se non si chinava per raccattare il cd dal pavimento dell’auto...se si fermava a dormire da voi...se quel maledetto cellulare non lo distraeva...non serve a niente, è solo tempo sprecato.

Non è che covare rabbia sia utile per il vostro dolore ma, se veramente vogliamo che simili storie non si ripetano più, dobbiamo avere il coraggio di mettere il dito nella piaga, di fare i nomi dei colpevoli. Che tutti conosciamo.

11 marzo 2016

Elezioni agoniche





“La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.”
Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, Minima moralia, 1951

La stampa nazionale è impazzita: dappertutto si sbraita oppure ci si cosparge i capelli di cenere! Alle elezioni primarie è crollato l’afflusso, anche lì l’astensionismo dilaga! Peggio ancora: ci sono i brogli! I candidati che si comprano i voti! Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire: già nelle votazioni del Senato Romano se ne sentivano (riportate dagli autori latini) delle belle. In tutti questi brevissimi paragrafi che precedono, c’è solo una parola che stona, anzi, che è proprio sbagliata secondo i comuni canoni semantici: elezioni.

Il termine elezioni, se proprio vogliamo spaccare il capello in quattro, viene usato anche per eleggere il Presidente della Confraternita del Coccio Spezzato, oppure per nominare il Direttore dell’Istituto per la Ricerca sul Porcino Caprino...insomma, anche lì si deve eleggere qualcuno...ma, da questo, a strombazzarle ai quattro venti come elezioni “importanti”, “decisive”...al punto di rivolgersi alla Magistratura, ce ne passa.

Il PD è un’associazione di privati cittadini, in forma di partito (ossia d’associazione politica) la quale bandisce delle votazioni, al suo interno, per stabilire l’organigramma del partito stesso od altre figure ritenute – a torto od a ragione, ma questi sono cavoli del Partito Democratico – importanti per la sua vita interna. Punto.
Se qualcuno ritiene d’essere stato danneggiato, va da un avvocato, gli spiega la situazione e – a quel punto – il legale farà i necessari passi conformi alla legge. Noi, scusate – intendendo i destinatari delle prime pagine dei giornali – cosa c’entriamo? Perché dobbiamo saperlo ad ogni costo?
Insomma, giuridicamente, questo ha la stessa importanza di un incidente stradale e ci viene propinato come una tragedia greca!

Certamente, la figura fatta non è delle migliori...nei filmati si vedono e si sentono scambi di denaro a vario titolo...ma, ricordiamo, le elezioni primarie non sono regolate da nessuna legge repubblicana: ciascuno fa come vuole. Nemmeno le elezioni politiche sono regolate dalla Costituzione, se non dall’art. 48:

“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.”

 Ma, come si può notare, agli art. 56 e 58 dice anche:

La Camera dei deputati (ed il Senato N. d. A.) è eletta a suffragio universale e diretto...(omissis)...

Su quel “diretto” ci possono essere delle interpretazioni, ovvio: la lingua italiana è fra le più malleabili del Pianeta. La più comune e sensata è senz’altro “senza intermediari”, ossia nessuno si può frapporre fra il cittadino/elettore ed il cittadino/eletto. Certo, il bello spettacolo dei “dammi 10 euro” messo in piazza dal PD non brilla proprio per correttezza istituzionale ma, ripetiamo, le cosiddette elezioni primarie non sono niente di più di un gioco interno ai partiti, sono una lotteria benefica (per loro) e nulla hanno a che vedere con le istituzioni. Nemmeno negli USA, dove la Costituzione Americana mai le cita: sono un sistema come un altro per creare una classe dirigente oppure, se preferite, per mettere in lista dei volti qualunque, in modo che i veri poteri possano spadroneggiare.
Se, invece, vogliamo parlare di selezione e creazione di una classe dirigente, il discorso cambia.

Se credete fermamente – e con fondate ragioni – che le classi dirigenti siano create dai veri poteri con una telefonata, allora potete smetterla di leggere: troverete il seguito assai noioso e, per il vostro modo di pensare, anche urticante. Aggiungo solo che, se questa teoria in parte è vera, non è mai semplice come una telefonata e richiede molto lavoro: dal controllo dei media a quello degli esplosivi.

Subito dopo la 2GM, le classi dirigenti furono di buon livello, quasi ovunque: almeno, se correlate allo sfascio odierno. Il Senegal, ad esempio, ebbe per molti anni un poeta/presidente – Léopold Sédar Senghor – uomo di grande cultura, oppure, come in Tanzania, all’indipendenza, si trovarono a disposizione 7 laureati (6 medici) e 150 maestri elementari. Fine della classe dirigente. Eppure, riuscirono ad imbastire qualcosa di meglio del patetico, corrotto e violento governo coloniale portoghese. Ci furono anche i Bokassa: ma crebbero in Africa anche i Gheddafi ed i Mandela.

In Italia accadde un evento abbastanza raro: ossia un partito d’ispirazione religiosa (DC) trovò la sua dirigenza “pescando” nei quadri del cattolicesimo militante, e non fu poi così male: parecchie teste pensanti e una pletora di pance gaudenti. Ma, almeno, qualcuno che pensava c’era. Qualcosa del genere fece anche il PCI, ma non si possono dare giudizi perché non governò mai: nelle amministrazioni locali, in ogni modo, i due metodi si equipararono. Cooperative rosse in Emilia e bianche nel Veneto: spesso con gli stessi statuti ed i  medesimi obiettivi.
Nel film “Il Divo”, c’è una battuta che Sorrentino mette in bocca ad Andreotti/Servillo: parlando di Nenni, Andreotti lo ricorda in modo istrionico, come “strano” o “curioso”, ma subito dopo aggiunge “Che grande stima, reciproca, che vi fu!” Distanza, ma stima.

Tutto questo, prima del 1970: possiamo affermare che – pur avendo perso una guerra e pur essendo, praticamente, una nazione occupata (lo siamo tuttora) – avemmo una classe dirigente in grado di parare i colpi, soprattutto internazionali (si pensi all’infinito tormento arabo/israeliano). E di creare ricchezza per gli italiani.

Dopo il 1970, una classe politica che iniziava ad invecchiare, ebbe paura. Troppo distanti le richieste delle nuove generazioni – spesso, senza una reale consistenza politica e molta confusione – ma, proprio lì, il dialogo – all’interno ed all’esterno dei partiti, dove sarebbe stato più necessario, per captare le nuove esigenze e provare nuove vie – fallì.
Aldo Moro comprese l’importanza di quella interlocuzione e la espose nel famoso discorso alla segreteria del suo partito il 18 Gennaio del 1969, e la ritengo così importante che merita riportarne almeno un estratto:

Parliamo, giustamente preoccupati, di distacco tra società civile e società politica e riscontriamo una certa crisi dei partiti, una loro minore autorità, una meno spiccata attitudine a risolvere, su basi di comprensione, di consenso e di fiducia, i problemi della vita nazionale (…) Noi vogliamo corrispondere sì, capendo e facendo, all’inquieta richiesta della nostra società, ma ostruiamo poi contraddittoriamente i canali che potrebbero portarne nel partito, proprio nel partito, quella carica di vitalità e di attesa che è pure nel nostro paese. Sicché essa finisce per riversarsi altrove, mettendo in crisi la funzione dei partiti, i quali sovente fronteggiano dall’esterno, senza un’esperienza interiore vissuta del dramma sociale del nostro tempo, le situazioni che si presentano e spesso si esauriscono senza autorevole mediazione, nella società civile”.
(Aldo Moro, intervento al Consiglio Nazionale DC, 18 gennaio 1969)

Moro fu lasciato nelle mani delle BR, nessuno voleva un simile “cavallo di razza” fra i piedi: troppo ingombrante. Meglio gli Sbardella, gli Evangelisti, i Cirino Pomicino: i loro discendenti, sono quelli che hanno causato l’odierno disastro nell’amministrazione capitolina.

Non si creda che il terrorismo abbia contato più di tanto: sapevano perfettamente che gli “armati” erano meno di 10.000 (circa 5.000 le condanne giudiziarie), mentre coloro che cercavano d’elaborare nuovi scenari politico/sociali erano milioni. E, attenzione: appartenevano ad aree della sinistra come della destra.

Questo, fece loro paura. E’ un caso che le presidenze del consiglio “saltarono” una generazione? Si è passati, rapidamente, dalla generazione anteguerra di Prodi e Berlusconi agli attuali quarantenni come Renzi. Delle generazioni nate dopo la guerra, non rimarrà traccia nella politica italiana (l’unico fu D’Alema, Il “tartufaio”, meglio perderlo che trovarlo).

Ad esempio, nel PCI, fu proprio D’Alema (neo segretario, in pectore, dei Giovani Comunisti) a scrivere la bolla di condanna per gli “eretici” del Manifesto nel 1970: la scrisse bene, ed ebbe una carriera folgorante. Rimase “folgorato” fra le vie di Belgrado e non si riebbe più? E va beh, adesso fa “Tartufon”...
Un altro esempio furono le votazioni per eleggere il nuovo segretario della “Giovine Italia”: il risultato fu la vittoria di Marco Tarchi – uomo di vasta cultura – ma intervenne Almirante, con la scusa che il MSI non era “un partito democratico”, ed il quarto classificato, un certo Gianfranco Fini, venne catapultato alla presidenza dei giovani missini. Posizione del futuro segretario in pectore: ottima scelta! Persero addirittura il partito.

Anche negli altri partiti, i “giovani”, o erano considerati “sicuri” sotto l’aspetto della continuità, oppure non avevano scampo: nessun vero innovatore giunse ad essere classe dirigente in quegli anni.
L’illusione dell’eternalismo è sempre viva nell’animo umano: perché domani non può andare come ieri? Questo fu il grande errore dei nostri padri: credere che quel modo di concepire la politica fosse perfetto, che tutto sarebbe andato sempre così. Andreotti, ad esempio, ritenne impossibile la riunione fra le due Germanie, la affrontò con un’alzata di spalle.

Ma venne, improvvisamente, Tangentopoli. Guidata da uno strano magistrato molisano, che era stato poliziotto – una vera storia da libro “Cuore”, a ben pensarci, perfettamente confezionata – fu decapitata un’intera classe dirigente. E non solo metaforicamente.
Le vicende successive sono spiegabilissime se si parte da queste considerazioni: dal vuoto pneumatico, era necessario riempire i banchi del Parlamento.
A parte i residuati bellici della Prima Repubblica – figure patetiche, elevate al rango di potenti – fu necessario prelevare “sangue fresco” dai dipendenti Mediaset, da qualche pittoresco legaiolo (che fa rima con...va beh...) e riempiendo i buchi ancora mancanti con le quote rosa. Possibilmente con la quinta di reggiseno, altrimenti...che quote rosa sono?!?

Non si poteva esporre al pubblico ludibrio una simile accozzaglia di parvenu, perciò fu abolita la scelta elettorale: adesso voti un partito, anzi, un logo. Ah, Naomi Klein, come avevi ragione!
E veniamo all’oggi.

Fra i mille, disperati fremiti agonici di gran parte della classe politica, spicca la scelta del M5S: cosa c’è di più legittimo di una consultazione libera (on line), aperta a tutti gli iscritti (?), per trovare nuove classi politiche? Ossia, delle primarie on-line.
Sono tormentato da un dilemma: Grillo avrebbe consentito di fare come poi hanno fatto, se la legge elettorale avesse consentito le preferenze? Ossia se gli italiani avessero avuto scelta effettiva sui loro eletti?
Me lo chiedo, perché sono una persona curiosa e che non dà nulla per scontato, ma ne dubito.
Chi avrebbe mai scelto dei candidati che erano stati votati da circa 100 persone, fra parenti ed amici? Senza competenza alcuna, su nulla?

I risultati si sono visti a Parma – probabilmente “gentilmente” offerta da PD/PdL su un piatto d’argento – dove un povero Pizzarotti s’è ritrovato – lui, un tecnico informatico – a dover gestire una delle realtà più complesse d’Italia. Una città che è la capitale della lirica, che è sede dell’autorità europea per la sicurezza alimentare, una città ricca di storia e di cultura, con una fiorente industria agro-alimentare, una città universitaria, ecc.
In più, la “grana” dell’inceneritore “a metà” con Reggio: bisogna riconoscere che, se il “Pizza” era un modesto ed allegro “Fonzie”, se l’è cavata come ha potuto e come è riuscito per i suoi mezzi: per lo più, poco aiutato dal suo partito. Scusate, non-partito: il quale, comunque, ha fatto una figura di m... E, adesso (si dice), sarà “obbligato” a vincere a Roma.

Il metodo scelto dal M5S, in realtà, è stato qualcosa di più di un parziale fallimento, è stato un naufragio dove una sola scialuppa s’è salvata, ma senza grandi teste pensanti a dirigerla: con tutto il rispetto che posso avere per Di Maio & Company, sono soltanto dei (bravi?) polemisti. Se per questo, anche Fini e D’Alema – presi solo nell’agone della dialettica polemista – erano dei campioni. Dietro, buio pesto.
Anche Andreotti era un fine polemista, però non era “sotto il vestito, nulla.”

All’epoca di Andreotti si riconosceva l’avversario come meritevole di stima, anche se lontano per posizioni politiche: oggi, si stima l’altro per la sua capacità di raccogliere denaro e tangenti...mannaggia: quello, è un uomo da 2 milioni l’anno, quello vale...la politica? Ma non facciamo ridere: questo è stato uno dei perversi frutti di “Mani Pulite”. La consapevolezza, interiorizzata come frutto morale, del furto collettivo: così fan tutti...
Perché, se un tempo esistevano i cosiddetti “cacciatori di voti”, oggi esistono solo dei cacciatori di soldi: è più facile raccattare soldi, a fronte d’interessi garantiti, che voti, poiché le richieste – legittime! – degli elettori, sono più variegate, costano di più. Ergo: eliminiamo gli elettori, facciamo mettere solo più una croce su un simbolo evanescente, al resto pensano i soldi, mediante i quali ci assicuriamo spazi mediatici. Insomma, più che soddisfare le necessità degli elettori, creiamo delle Gestalt dalle quali loro possano essere irretiti: l’irrealtà al servizio del potere, il tweet che crea un gregge effimero, gli 0,1% che discriminano fra ricchezza e povertà...

L’unica soluzione, per uscire da questa follia da reparto psichiatrico, sarebbe di lasciare ai partiti i loro giochini di primarie ed ammennicoli vari: di tornare, però, a scrivere un nome sulla scheda elettorale ufficiale (quella controllata dalle Corti d’Appello) con un sistema proporzionale, il nome di una persona fisica, riconoscibile. Altrimenti, nessun gioco varrà, nessuna alchimia finanziaria, nessuna guerra su commissione, nessun viso salvifico apparirà alla porta.

Perché, vedete, la cosiddetta “governabilità” è solo un inganno: è la necessaria “semplificazione” di un sistema complesso richiesta a gran voce dalle lobbies, dai poteri esterni, dai corruttori occulti, che – oramai – calcano tranquillamente le aule parlamentari. I frutti? Pessime leggi per noi, ottime per i loro interessi: la riforma del canone RAI, le mille, nuove norme per spremerci fino all’ultimo soldo di tasse, le pazzesche norme che consentono al sistema bancario di spadroneggiare e di non pagare mai il fio dei loro errori e/o malversazioni...continuo? Non è necessario.

Avevo già toccato questo argomento in “Storia di lucidatori di sedie”, per far capire ai più giovani com’è stato possibile ridurre il nostro Paese in queste condizioni. I principi generali sono contenuti nel famoso “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli, e tutti sappiamo che razza di persona fu Licio Gelli.
Credetemi: non è sempre stato così, c’è stato un tempo nel quale eravamo amati e rispettati, anche all’estero, e non solo per la Ferrari o per la pizza. Oggi, vi fanno credere che tutta la colpa è dell’Europa.
Ma non v’insospettite un poco? Cos’altro potrebbero raccontarvi a fronte di un simile sfascio? Che la colpa era d’Alfredo? Del Sudafrica? Degli emiri yemeniti? L’Europa, colpevole od innocente, è perfetta come cavia, e noi possiamo continuare a cazzeggiare. Chi ha combinato il bel guaio di Banca Etruria, l’Europa o la cosca Renzi?

Nella mia vita mentirei se dicessi che non ho ricevuto “chiamate” ma, più che chiamate per empatia, erano velleitarie “chiamate di correo”: della serie, vieni con noi, la tua fine vena polemica ci farà guadagnare...e poi, chiedevo io? C’era da ridere ad ascoltare le risposte. E, io, non sono un uomo da marciapiede. Perché non sono più chiaro?
Perché è del tutto inutile: si dice il peccato, non il peccatore, ma non per un pietoso o reticente rispetto per il peccatore. Semplicemente, perché i peccatori sono tanti, il peccato è uno solo. Sempre il solito: dimenticare che ministerium vuol dire servizio, e non credere di vincere un Paese al Banco Lotto.

Pochi giorni fa ho compiuto 65 anni: lo Stato, benevolmente, mi concede una patente ufficiale di “vecchio” e l’esenzione dai ticket farmaceutici. Che gioia. Ancora mi dibatto fra Socrate e Platone, come forse voi vi chiederete se vale la pena dibattere fra destra e sinistra. O Stato e mercato? Forse, meglio.
Ma non so tacere, e quando vedo l’Italia ridotta ad una fiera di minimalia ridotte in frantumi, ad un rodeo fra capi-bastone in lotta/combutta, non so se mettermi a ridere od a piangere. E mi domando, in questo gelido deserto degli intelletti: quale domani attenderà le giovani generazioni?

08 marzo 2016

Otto Marzo 2016




Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale...
Fabrizio de André – Una storia sbagliata – 1980

Già, oggi è proprio l’otto Marzo e compio 65 anni: ringrazio tutti coloro che mi hanno inviato gli auguri, e lo Stato che oggi – benevolmente – mi concede di non pagare più il ticket sui medicinali. E’ ufficiale: sono classificato fra i vecchi: non più anziano, di terza età, attempato, maturo...ma vecchio e basta. Ci sarebbe di disquisire sul pressappochismo del nostro benevolo “stato”, che non guarda a noi come persone ma come numeri: non gl’importa se a 70 anni sei in salute o se a 50 già giri per ospedali, a 65, è più semplice...cosa rompete?
Non è questo, però, ciò di cui voglio parlarvi, perché oggi è la Festa delle Donne. Anzi, la Festa dei Diritti delle Donne e io ci aggiungo, poi capirete, anche l’Angelo della Morte. Non è la sua festa, perché lui non ha diritto a feste che lo ricordino, anzi, non si sa nemmeno se veramente esista...solo Angelo Branduardi lo menzionò nella “Fiera dell’Est”, ma ciò non basta per farlo entrare di diritto nella storiografia umana.

Quando nacqui, nulla si sapeva della Festa della Donna: si lavorava – tanto – tutti, donne e uomini, perché l’Italia era ancora distrutta dalla guerra ed i soldi erano pochi, pochissimi: si mangiava tanto pancotto, che ancora oggi non posso assolutamente soffrire. Quando, con la mamma, andavo a trovare i nonni, notavo che la corriera abbandonava la strada e guadava il torrente: accanto, c’erano le macerie del ponte, fatto saltare dai tedeschi in ritirata.
Con gli anni ’70 arrivò un barlume di normalità, perché la gente incominciò a vedersi come persone: basta con i numeri di matricola! Con quelli del libretto di lavoro, o peggio ancora, con quelli tatuati sul braccio! Siamo esseri umani, abbiamo diritto ad una vita decente! Ed arrivò la Festa dei Diritti delle Donne.
Giunse gioiosa, accompagnata dai cori delle streghe che tornavano...che ci rammentavano i loro, antichi, segreti poteri...e noi giocavamo insieme a loro, perché è bello che un uomo ed una donna giochino insieme!
Detto fra noi, non ho mai amato molto un certo femminismo “incazzato” e borioso, perché mi reputo un gentiluomo, e non amo gentildonne sboccate. A mio avviso, uomini e donne si salvano insieme, oppure non ce n’è per nessuno.

Ma ci pensò la Storia, come sempre: vennero gli anni ’80 e l’edonismo maschilista prese il sopravvento, basta con queste cazzate! La donna deve la-vo-ra-re e fare carriera! Un tailleur grigio sostituì i colorati abiti da zingare...ed i loro occhi divennero freddi, spesso cerchiati da occhiali d’acciaio al Nichel Cromo: sono una donna! E allora? Ti faccio vedere io come si fa a fare le scarpe agli uomini...sono, finalmente una...DONNA IN CARRIERA!
Qui finì il gioco, e si tornò alla normalità: spesso, le donne smarrirono i loro occhi gioiosi, i loro sguardi ammiccanti...oggi, la Festa della Donna (spariti i diritti) è un fenomeno commerciale che, per la gioia di Renzi, incrementerà il PIL dello 0,01%! Togliendo uno zero – il ragazzo è un po’ debole in Matematica – diventa uno 0,1% e...ragazzi, l’Europa crede in noi!

C’è chi s’industria per incrementare gli affari: dilagano i locali con gli spogliarelli maschili ma – invece d’essere un gioco un po’ burlesque ed un po’ carnevalesco – diventa una storia che deve solleticare gli ormoni. Così, un cameriere in tenuta adamitica mostra i muscoli palestrati e, intanto, ti porta una pizza. E puzza, puzza come un cinghiale incazzato perché gli toccherà tirare avanti quella buffonata fin chissà a che ora...e non sai se fidarti a mangiare la pizza, perché il puzzo di sudore ti fa passare l’appetito.
Ti salta alla mente l’immagine di Dita von Teese e no, ti convinci che lo spogliarello maschile può andar bene come impeto clownesco, ma nulla più. Soprattutto, su un palco, lontano dalle pizze.
Su questa strada, ci siamo persi i diritti delle donne: beh, ma oggi abbiamo gli stessi diritti tutti...lo sancisce la Costituzione...o no?

Provate a chiedere ad una mia amica, nata sovietica ma a pochi chilometri dal confine polacco...oggi è diventata ucraina, certo...che contentezza...forse sarebbe stata più contenta se la Grande Europa le avesse riconosciuto la sua Laurea in Chimica, magari dopo un esame di lingua italiana, invece di fare la badante a 800 euro il mese. Ma queste sono storie ancora fortunate.

Un’altra mia amica, rumena, lavora invece 11 mesi l’anno, qui in Italia, ed il mese d’Agosto torna nell’amata Romania, dove la attende il marito: passa un mese fra la cucina, l’orto, le galline ed il letto, perché lui vuole i suoi diritti – che per i successivi 11 mesi metterà in un angolo, troverà una supplente – fintanto che la moglie non tornerà. Coi soldi, altrimenti sono botte. Perché non rimane in Italia? Già...e i figli? Sono già grandicelli...ma è meglio tenerselo buono ugualmente...è uno che mena...che beve...e, in Romania, non mancano certo le armi.

Poi, si scende negli inferni africani.
Lì, le donne sono particolarmente fortunate!
Agli uomini chiedono circa 2000 euro per portarli dalla Nigeria al Mar Mediterraneo...alle donne niente! Va beh, nella solitudine del deserto, la sera, vogliamo che gli autisti – dopo una giornata di guida fra le dune – non abbiano diritto a rilassarsi un po’? Vanno nel cassone e le prendono, come viene, come piace a loro...donne, ragazze, ragazzine, sposate, accompagnate...sono tutte uguali per loro...i mariti? Beh...se danno fastidio si può sempre abbandonarli fra le sabbie del deserto del Fezzan...senza nemmeno la pietà di un colpo di pistola. Poi, tornano con le donne nella loro tenda: che problema c’è? Diritti?!?
Le più belle e “capaci” finiscono per avere un destino diverso: il loro avvenire è girovagare per tenere “compagnia” agli autisti, dalla Libia al Niger, dal Niger alla Nigeria, dal Ciad al Mali...poi, magari, il giorno che si stufano di loro le abbandonano in una tappa qualunque, senza un soldo, ovvio.

Ma ci sono anche le cinesi, le sudamericane, le indiane, le sudafricane, le indonesiane...che recuperano i componenti elettronici sciogliendo i chips nell’acido cloridrico, rimestando nel pentolone con un bastone, per poi pescare i pezzi con le mani nude...accanto al pentolone tengono il loro bambino che ogni tanto devono allattare, ovvio. E mica ci si può allontanare! Si allatta e si rimesta, tutto il giorno!

Forse, qualche razzista nostrano dovrebbe riflettere un po’, e prendere in locazione un cervello in comodato d’uso.

Il paradosso, però, è che l’Angelo della Morte verrà per tutti noi e, per molti, avrà “le sue labbra e i suoi occhi”: occhi freddi, perché per loro è un lavoro, ed occhi preoccupati, perché nel momento che tu te ne andrai loro perderanno il lavoro. E dovranno cercarne un altro, altrimenti...Romania, Moldavia, Ucraina...ciascuna con le sue miserie e le sue guerre.
Ed è veramente un paradosso, per i tanti che sbraitano contro gli “stranieri”, dover finire la propria vita accanto ad una di queste donne, dalla vita spesso infelice e disperata, trattate come esseri inferiori o come puttane, all’occorrenza, secondo la bisogna.

Forse, l’Angelo della Morte – che ha solo sembianze androgine – queste cose le sa e, se ci sarà qualcuno da commiserare, non sarà certo lei.

03 marzo 2016

Ma guarda che combinazione!






Renzi è nei guai, inutile raccontarsela, come del resto lo è Mattarella e tutto la compagnia cantante, e pure quelli che fanno finta di cantare. Soprattutto dopo il diktat di Obama: l’Italia deve andare in Libia! A chi lo “scatolone di sabbia”? A noi!
Mi riferisco alla dolorosa e triste vicenda, conclusasi con la morte (almeno, secondo le ultime notizie) dei due tecnici italiani in Libia. Due tecnici rapiti da Daesh (?) lo scorso anno, non una vicenda recentissima. E’ qui la stranezza della vicenda.

Da anni siamo abituati alla Farnesina in versione “cassaforte” e “banca” nei confronti dei rapitori: è una pratica normale, che è sempre esistita. Dai tempi nei quali ci s’affrontava all’arma bianca, la vita la perdevano i poveracci: appena disarcionato dal suo cavallo, il cavaliere si sentiva fare la domanda di rito “Di quale casata sei?” Il movimento successivo del coltello, infilato fra la corazza e l’elmo, dipendeva da quella risposta.

Oggi, che personale italiano dipendente da aziende petrolifere, o di costruzioni (sempre al servizio delle suddette aziende) si trovi in Libia, nel bel mezzo di una guerra fra bande, è cosa risaputa e normale che stiano lì, nel bel mezzo dei Kalashnikov che cantano. Business as usual, gas e petrolio devono giungere alle nostre case, altrimenti il business si ferma e...non si può!
Qual è la condizione?

L’accordo essenziale, per quelle aziende, è che – su tutto – veglieranno i servizi segreti, se andasse male interverrà il Ministero degli Esteri...lo hanno già fatto, no? Le due ragazze che lavoravano per una ONG in Siria sono state salvate, vero? Basta pagare il riscatto, e allora...
Per i lavoratori, questa dev’essere stata la rassicurazione che hanno ricevuto dalle loro aziende: che, successivamente, li hanno “rivenduti” ai servizi, i quali aspettano ordini. Da chi? Provate ad indovinarlo!

Che i guerriglieri di Daesh non sapessero ci sembra molto strano: Daesh è una holding sempre a caccia di soldi, dal petrolio alle antichità, dal traffico di migranti a quello degli organi dei prigionieri, destinati al trapianto. Su questo turpe mercato, scriverò presto un nuovo articolo, perché – anche se la Malatempora non c’è più – non dare un seguito al mio “Ladri di organi” mi sembra una bestemmia, una perfidia nei confronti di chi viene macellato per le camere operatorie.
Ma torniamo alla vicenda.

C’è una paradossale vicinanza con la storia raccontata ne “Il ponte delle spie” di Spielberg: una storia della mia gioventù, quando i russi abbatterono l’U-2.
Il paradosso fra le due vicende, sta nella visita che l’avvocato difensore della spia russa compie a casa del giudice, prima della sentenza, e gli ricorda “E se domani, per un caso fortuito, prendessero uno dei nostri? Ci converrebbe avere una pedina di scambio”. Difatti, la spia russa fu condannata ad una lunga detenzione e non “fritta” sulla sedia elettrica. Ed il caso dell’U-2, puntualmente, si verificò. E furono scambiati.

Invece, Daesh – che sa d’avere fra le mani qualche milioncino di euro, sicuro sicuro – li porta in prima linea a fare da scudi umani...ma quale furbizia! Chi ha pagato “qualche milioncino + tot” perché l’esito fosse diverso?

Un caso d’analogia all’opposto, con Renzi che deve trovare una pezza giustificativa nei confronti dell’opinione pubblica per andare in Libia ed accontentare il suo padrone Obama...ma non è Andreotti! La fa semplice, il ragazzotto (che solo un presidente padre/padrone ha messo in cattedra, tanto per ricordarlo): passa la pratica all’ufficio...tu sai quale...

Adesso sono partiti 50 incursori – che in Libia sono come un bruscolino in mezzo ad una tempesta di sabbia – ma gli incursori, si sa, possono anche trasformarsi in istruttori...atti alla bisogna, anche se drammaticamente bruscolini.

In ogni modo, italiani, adesso caricatevi bene di rabbia: vendetta! Tremenda vendetta!