08 maggio 2014

Madonna crocifissa?


Era solo una puttana Cristina Zamfir, solo una puttana rumena. Non era nemmeno ascesa al rango di “forza lavoro”, “capitale umano”, “risorse umane”…ma lo era lo stesso: era un “capitale sessuale” disponibile nell’area fiorentina per chiunque avesse un gonfiore sopra le palle e cinquanta euro da spendere.


Sorridente, comprensiva, solo un po’ in ansia per la storia del preservativo, che nessuno vuole mai mettere: fare la puttana…mica facile…da una parte i desideri dei clienti, passino anche i più strani – le puttane lo sanno bene – basta che non si superi il segno del pericolo, e dall’altra la faccia truce dell’organizzazione, che non ci pensa un secondo a gettarti a mare in una valigia, tagliata a pezzetti.



Così trascorre le sue sere Cristina, fra una innocente fellatio, uno sfogo vaginale zeppo d’insulti – ma si sa, è la fica di una puttana ed è come, per il cliente, sfogarsi in un cesso anonimo – e qualcuno che ti tenta, che ti fa vedere mazzette di soldi in cambio del “dietro” magari condito come gioco erotico.

Di fronte all’offerta, cospicua, che magari le risparmia tre o quattro marchette normali, Cristina cede e si fa legare a quella sbarra che non sa ancora essere maledetta, ancora non sa che sarà la compagna della sua agonia, l’ultima cosa che vedrà insieme a cartacce, preservativi usati, sporcizia e rifiuti d’ogni genere.



Anche lei è un rifiuto, un agglomerato di cellule che non è diventato “capitale umano” – degno di rispetto, solo se è in tailleur e gonna sopra il ginocchio, tacco 12 e calze a rete, per farti invaghire e sconvolgerti gli ormoni fino al parossismo per poi lasciarti all’asciutto – ed allora ecco, per chi può, il surrogato, la cloaca vivente, la puttana.



Il cliente si fa prendere dal gioco, la perversione, il suo odio per le donne lo trascina ed infigge un bastone dentro l’ano di Cristina – che, probabilmente, urla per il dolore e lo prega, lo implora di smettere – ma lui non ascolta, così preso dalla sua foia malsana e – trascinato dalla sua violenza verso una donna (la madre? non c’importa, perché ora c’è Cristina) non la donna che causò quel male – affonda più forte, al punto (probabilmente) di sfondarle l’intestino.

E’ la spiegazione che forse darà il medico legale, perché non si può morire “crocifissi” ad 80 cm da terra ed inginocchiati: qualcosa come un’emorragia interna sarà successo, tanto che la povera Cristina viene udita da un’altra donna che non riesce a prender sonno. Ma la possibile salvatrice ha paura, non se la sente d’uscire: è sola, la zona è infestata dai magnaccia e, se ne incontri uno, non sai come va a finire.

L’anno precedente un’altra puttana ha subito il medesimo trattamento e s’è salvata per miracolo: le sue grida sono state avvertite da qualcuno che se l’è sentita d’uscire.



Così, in un gelido silenzio rotto solo dall’abbaiare di qualche cane, sola, lontana dal suo Paese e da chiunque l’amasse o l’avesse amata – perché anche una puttana ha avuto una madre che almeno l’ha amata, che magari poi l’ha abbandonata in un brefotrofio, ma qualcuno avrà senz’altro invocato nella sua agonia, qualcuno che sapeva volerle bene e che non c’era in quel momento, quando sentiva il bisogno di sciogliere quei nodi e di un’ambulanza – così, Cristina si sente andare, gli occhi si chiudono, uno strano sonno sopraggiunge, le fauci bruciano, la sete la tormenta, cala il buio. Silenzio. Amen.

E lui? Di lui non c’importa, ma dobbiamo occuparcene. Temono si tratti un killer seriale: può essere. “Seriale” forse perché questi delitti vengono commessi “in serie” ma non necessariamente dalla stessa persona: sono sordidi prodotti di una non-cultura, di un non-amore, di un non-sesso, di un non-perdersi. In definitiva, di un non-vivere.



La “società civile” osserva, legge l’articolo sul giornale (come quello – anni fa – del russo che uccise con un pugno una sconosciuta nel centro di Milano) e poi scuote la testa: non ha i mezzi e nemmeno poi la voglia di capire come mai si crocifigga una donna con una sbarra stradale e poi le si sfondi l’intestino con un bastone.

Ci sono già tante grane da affrontare: la bolletta del gas, pagare l’IMU, il figlio che non è passato a scuola, l’altro figlio al quale non hanno rinnovato il contratto…

E i vertici? Comprendono quel che sta capitando? No, non se ne rendono conto.



Storicamente, sono sempre avvenuti – nei secoli precedenti – fatti del genere ma erano dettati da due, essenziali esigenze: la rapina o la gelosia. Dammi i soldi: no, coltellata. Ti amo, devi essere solo mia: no, sparisci, altra coltellata. I delitti “seriali” dell’Ottocento erano rarissimi, e quasi sempre opera di raffinati individui i quali, per loro oscure ragioni, si vendicavano sulle puttane: qualcuno afferma anche un erede al trono inglese.

In compenso – almeno fino alla regina Vittoria – c’era un mondo gaudente, fatto da donne un poco “allegre” nelle stazioni di posta, da “cortigiane” assai rispettate per le loro raffinatezze sessuali, “gheishe” quasi venerate come dee e dalla puttana del quartiere, dalla quale ci si recava per sfogarsi un poco o, a volte, per piangere in libertà. Lei rimediava, dando gioia al corpo, contro i dolori dello spirito.

Nell’epoca dei “gentili” la donna divenne una Madonna, ma solo se di sangue nobile: le altre erano considerate buone per calmare i bollenti spiriti, ma le donne s’adattavano a quel ruolo. Molte pagine di letteratura dipingono un mondo godereccio e gigione, fatto di corteggiamenti ammiccanti, calici di vino e letti caldi e morbidi, dove sguazzare nudi sotto le coltri.

La disgrazia si chiamava guerra: in tempo di guerra la società si trasformava e ogni diritto era valido nel saccheggio, che strappava ai contadini armenti e cibo. E le donne, al termine del sabba, erano godute come animali.



La lotta al femminicidio – termine orripilante, ma in italiano è difficile trovare un sinonimo che comprenda tutte le donne, non solo nella loro funzione di mogli, compagne, fidanzate, ecc. – ci trova ovviamente d’accordo: come potrebbe essere altrimenti? La Boldrini ha più volte richiamato il problema, ma siamo certi che l’abbia analizzato attentamente?

Il termine è sì infelice, ma congruo: ci disturba perché sa d’antico, di tribù, d’epoche selvagge quando la femmina era solo la soddisfazione di un istinto e la riproduttrice del gruppo. A volte, soprattutto nelle tribù nomadi, la funzione riproduttiva sottostava alle necessità primarie del gruppo, e per questo non sempre era gradita. E tollerata.

E’ congruo perché per la donna, dopo aver scalato nei secoli molti scalini – in parte, riconosciamolo, per quella cosina che tiene fra le cosce – oggi si trova a dover nuovamente esser preda. Gioco erotico stupendo se praticato da menti sane, certe di saper rispettare i limiti, gioiose, magari profondamente innamorate. Terribile perversione all’opposto: qui sta la difficoltà di cogliere il sapore più segreto e complice del sesso senza scadere nell’inferno della violenza, del possesso a tutti i costi, che ancora una volta fa valere la forza del maschio.

Perché – in questa soglia pericolosa, la semantica non è acqua fresca e dunque – se è la femmina la preda, è il maschio il cacciatore. Per questa ragione indicavo i rischi di una terminologia troppo cruda, ma congrua al fenomeno, che – indicando una terminologia essenziale ma evocativa – aumenta i rischi che i fenomeni si verifichino.



Additare i rischi, le ragioni…in altre parole la genesi di questo mutamento – iniziato con le guerre del Novecento – poi divenuto usuale e, anzi, rincrudito negli ultimi lustri è molto difficile.

Prima alcuni dati.

I matrimoni durano sempre di meno: in alcune aree d’Italia, 9 su 10 terminano con una separazione. Ma questo è solo il primo dato.

Le aspettative di questi sposi sono, spesso, eccessive: sognano la luna nel pozzo e poi, quando la luna non arriva appesa all’amo, tutto crolla. Ci sono, quindi, delle aspettative che questa società non può soddisfare – a volte anche desideri più normali – quali la casa ed il lavoro.

Questo è un punto che non genera direttamente assassini (anche se la maggior parte delle violenze sulle donne avviene fra le mura di casa, per fortuna sono spesso “solo” botte) bensì un enorme “plafond” di sofferenze le quali, a volte, soggiacciono alla forza centrifuga che conduce a perdere i limiti della ragione.

E giungono le distruzioni con l’assassinio di mogli e prole, quasi l’uomo volesse cancellare la propria discendenza per mascherare un (presunto) fallimento.



Alcuni, oggi, propongono la riapertura delle case chiuse: soluzione del tutto secondaria – che non cancella assolutamente la vera e propria malattia dello spirito antecedente – bensì fatto semplicemente tecnico: se conduce ad una protezione della prostituta, ben venga. Ma senza che lo Stato si sostituisca ai magnaccia, incamerando i proventi come avveniva in passato: una quota può bastare.

E poi: auto-gestito dalle donne. Già: ma delle nostre polizie ci si può fidare?



Un altro aspetto riguarda l’immigrazione: selvaggia, senza la minima pianificazione ma solo dettata dalle condizioni del mare. Gente giovane alla quale – sempre per la mancanza della minima organizzazione – non viene concessa la riunificazione familiare.

In più, frotte di ragazze che giungono in cerca di fortuna dall’Est e finiscono sappiamo dove: un cocktail esplosivo.



I lamenti contro il femminicidio della Boldrini finiscono, in mancanza d’analisi, per essere dei vuoti richiami nel nulla, mentre le donne continuano ad essere ammazzate da mariti, fidanzati, clienti…addirittura per incontri casuali.

Gli uomini uccisi dalle varie polizie senza motivo, le donne fatte fuori per coercizioni sociali che fanno esplodere i “raptus”, ed ecco il risultato: una società sempre più violenta, che sfoga in mille modi il proprio dolore.

Che fare, signora Boldrini? Lei ha risolto il problema con la scorta per tutti i suoi familiari: e noi? E la povera Cristina? Non mi dica che se l’è cercata perché, allora…era solo una “femmina” o era una donna?