25 febbraio 2019

Volete sapere perché Formigoni è finito dietro le sbarre?


L’occasione fa l’uomo ladro, recita il proverbio: questo è quel che è capitato a Formigoni, perché le “occasioni” le creano gli im-prenditori del sistema pubblico/privato, a bizzeffe. L’uomo ex Pirellone è stato un ingenuo, si comprende bene da come si è comportato: esaltato dal suo ruolo di “Celeste”, non ha meditato che tutto quel ben di Dio non gli era dato perché – ragionando da Luterani o da Ebrei – era il “prediletto del Signore”, bensì perché qualcuno guadagnava soldi a palate da quel sistema ed aveva tutto l’interesse che le cose durassero così com’erano.

Tutto l’andazzo nasce dallo “strano” fenomeno al quale stiamo assistendo, ossia la migrazione del sistema sanitario nazionale verso il privato, che non è sempre un vero “privato”, perché le strutture rimangono (per ora) gratuite per la popolazione. A parte che alcune strutture private già forniscono, oggi, prestazioni ambulatoriali e diagnostiche allo stesso prezzo del ticket sanitario nazionale, il “passaggio” avviene a monte, ossia nei costi che lo Stato si accolla per le prestazioni del singolo paziente.
In sostanza, io (Stato) pago una cifra per ogni giornata ospedaliera di un paziente medio, e poi il privato se la vede lui. Detto così, potrebbe anche funzionare, ma bisogna anzitutto comprendere quanto pago e cosa mi viene dato in cambio. E cosa costa al contribuente.

Per mia fortuna sono riuscito ad avvalermi per questa analisi della consulenza di una persona esperta: un’infermiera che, per molti anni, ha lavorato sia nel pubblico che nel privato, prevalentemente nel settore psichiatrico.
Il settore psichiatrico è un po’ “speciale”, perché è nato – così com’è oggi – negli anni ’70 del Novecento, soprattutto per merito di Franco Basaglia, psichiatra che ebbe il merito di andare “oltre” il mero manicomio, come fino a quell’epoca era considerato l’unica struttura in grado d’accogliere i “matti”. Chi vorrà approfondire la cosa (che è solo il corollario e non la nota dominante di questo articolo) potrà trovare sul Web tutto quel che cerca.
In buona sostanza, la questione fu risolta con l’abolizione dei manicomi – a buona ragione considerati dei veri e propri lager per malati – verso l’esternalizzazione, all’interno della società, del malato psichiatrico.

“Esternalizzazione”, però, non è sinonimo di “privatizzazione”: è bene ricordarlo. Invece, lo Stato si ritirò in parte dal settore – vuoi per incapacità di gestirlo, vuoi per convenienza, vuoi per lucro “combinato” fra gli imprenditori del settore e la politica/burocrazia pubblica – e rimasero solo i presidi ospedalieri (i reparti ospedalieri di Psichiatria (SPDC) o i Centri d’Igiene Mentale (CIM) sul territorio.
Dove finì la stragrande maggioranza dei malati psichiatrici?

Prima di continuare, vorrei chiarire un concetto: se il nostro pancreas non secerne insulina, siamo diabetici e non perdiamo rispettabilità sociale, mentre se il nostro cervello ha problemi con la serotonina o la dopamina, abbiamo problemi psichiatrici e ci mettono il cappello da Napoleone in testa.
Questo non significa che con il malato psichiatrico non si debbano prendere delle precauzioni – ad esempio non dargli una 357 Magnum in mano – però riflettiamo anche che larga parte della popolazione fa uso di psicofarmaci, per disturbi più o meno gravi: siamo una società malata nei gangli vitali del vivere sociale, e queste sono le conseguenze.

Il malato psichiatrico grave – ossia colui che deve essere tenuto sotto controllo – non vive o vive parzialmente nella società (secondo la gravità del suo male e secondo ciò che gli psichiatri ritengono più utile per la sua esistenza) ed è ospitato nelle apposite strutture, che – con il tempo – sono diventate sempre di più private. Ma pagate dalla mano pubblica.

Grazie alla mia amica infermiera, sono riuscito a ricostruire abbastanza fedelmente il conto economico di una di esse: non pretendo che sia oro colato, però i dati sono stati verificati come validi in più di una struttura, ed evidenziano un’enorme discrepanza fra le spese realmente sostenute e gli introiti incamerati. Di più: siccome gli “imprenditori” di questo settore sono noti (psichiatri e non), il loro tenore di vita è stato notato, con grande evidenza. Capito?

Personale                                          
Direttore                       1                                 60.000
Direttore sanitario         1                                  70.000
Medici                          3          3.000                108.000
Psichiatri & Psicologi    5          2.500                150.000
Infermieri                      5          3.000                180.000
Educatori/OS              32          2.500                960.000
Cucina & Pulizia            3          2.200                  79.200
Amministrazione           3          2.500                   90.000


Acquisti alimentari                                                350.400
Farmaci & materiale sanitario                                268.800
Affitto annuo                                                       120.000
Riscaldamento                                                      20.000
Energia elettrica                                                      5.000
Assicurazioni                                                           5.000
Veicoli                                                                       6.000
Spese straordinarie                                                10.000
Manutenzione                                                          10.000
Palestre e laboratori                                                50.000

Costi                                                                   2.542.400

Ricavi                                     
Pazienti                         64                              
Retta giornaliera           250                                 5.840.000

Utile                                                                      3.297.600

Note: sarebbe stato meglio incamerare il foglio Excel, ma creava qualche problema sui server e dunque l’ho solo riportato in Word. In queste strutture, i medici di guardia sono comuni medici, non psichiatri. Psichiatri e psicologi, generalmente, sono pagati come consulenti esterni. Ci sono poi le attività ludiche, diverse da una struttura all’altra, che è difficile quantificare ma, come potete osservare, non è che un’ora la settima o il giorno di falegnameria o a cavallo sposti tanto le cose. La situazione esposta si riferisce a circa 5 anni fa.

3 milioni di euro di utile l’anno sono tanti, d’altro canto, chi foraggiava il “Celeste” – e tanti in posizioni analoghe o, comunque, degni di essere “convinti” – doveva avere fondi cospicui per farlo: poi, i sistemi per lasciarsi corrompere sono tanti, come dimostra il caso Alemanno (fondazioni) o i casi Tiziano Renzi e Berlusconi (frodi fiscali). Sono reati comuni, per i quali le persona comune, se viene beccata, fila dritto in galera. Fino a ieri, solo le persone comuni: oggi?
C’è da complimentarsi con il ministro Bonafede, che ha fatto un ottimo lavoro: se avesse potuto, avrebbe anche cancellato l’indegna prescrizione dei reati, ma Salvini doveva salvare Bossi nel suo processo, e dunque l’opposizione della Lega, ancora una volta, ha finito per essere forte coi deboli e debole con i forti.

Inoltre, devo confessare una cosa. Sapete che sono appassionato di nautica – vela – e mi sono sempre stupito, quando passo dal porto di Varazze, nell’osservare mega-yacht a motore – 15, 20 metri, valore 1-2 milioni di euro – che sono lì, all’ormeggio, appena costruiti dai cantieri ex Baglietto, già iscritti alle Cayman ma in attesa d’acquirente. Cosa c’è dietro? Perché ai saloni della nautica sono quasi sparite le barche per le famiglie e sono aumentati enormemente i “ferri da stiro” (consentitemi un po’ di veleno, da velista) di tutte le dimensioni? Non è soltanto una questione di classe media alla deriva: alcuni pentiti di mafia hanno spifferato di tangenti pagate con mega-yacht. Perché la Magistratura non ci butta un occhio? Anche nell’affaire Formigoni ci sono gli yacht di mezzo.

Se la riforma dei manicomi non implicò la privatizzazione del sistema, è altrettanto vero che la sanità regionale ha fallito in pieno i suoi obiettivi: che senso ha, per il Ministero della Sanità, dover controllare le stesse cose per 20 regioni? Quali sono i vantaggi? Qualcuno me lo spieghi. Dove vanno a finire i 100 e più miliardi della sanità?

Terminiamo con un pensiero per il “Celeste”, la persona alla quale – addirittura – il Pirellone andava stretto ed ha dovuto costruire l’enorme grattacielo del Palazzo Lombardia, lasciando il Pirellone al solo consiglio regionale. Uno spreco immane, un insulto all’intelligenza ed alla miseria, che in Italia non manca.
Tutto, nella sua vicenda, mostra come quest’uomo si sia elevato “al di là del bene e del male”, per entrare in un limbo d’intoccabili, ai quali tutto era permesso perché benedetti da Dio in persona. Un nuovo Re assolutista.
Anche il suo modo di frodare, intascare tangenti e quant’altro è intessuto non da protervia, ma da certezza assoluta d’essere – in qualche modo – nel “giusto”: questo non è un ladro di polli come Alemanno, Tiziano Renzi o i tanti di Tangentopoli. Costui si ritiene un prediletto da Dio e, dunque, al di sopra delle nostre – ritenute insignificanti – velleità terrene di giustizia.
Forse, oggi, legge il libro di Giobbe, per comprendere cosa ha voluto insegnargli Dio con quella condanna, con la prigione, nella quale – sono quasi sicuro – non si troverà poi tanto male. “Dio ha voluto che conoscessi gli umili” – penserà – e dovrà farselo andar bene, poiché la pena differita in arresti domiciliari non è proprio dietro l’angolo.

Ovviamente, i suoi avvocati l’hanno subito invocata, però, da cosa leggo – non sono un avvocato e dunque taccio – pare che Bonafede abbia cucinato la polpetta molto bene, al punto che sarà probabilmente necessario un pronunciamento della Consulta. E il tempo passa, fra l’apertura e la chiusura delle celle, fra una visita e l’ora d’aria.

Si parla delle tante ingenuità dei 5S, ce ne sono, è vero: però, la soddisfazione di vedere un ladro che ha rubato sui malati italiani in gabbia, finora, nessuno ce l’aveva data. Ricordiamo il ministro della Sanità Gava, incarcerato e poi scarcerato perché “malato”. Così malato che andò subito a festeggiare al ristorante “Ai due ladroni” (vero!). Speriamo che, stavolta, le cose vadano in altro modo.



19 febbraio 2019

Il copione

Strano è questo Paese, differente da tutte le lande che conosco: magari qualcuno di voi conoscerà altre lande, assai strane per bizzarrie, costumanze, vagheggi, saghe, singolarità, leggende…mai come questa, che ripete i suoi copioni fedelmente, come un amanuense che ricopia con attenzione le medesime storie, alterando solo un poco i personaggi, così da sfoderare sempre una panoplia all’apparenza originale, in realtà intessuta da lamenti antichi, orride quotidianità intrise d’insulso, condite da false perestrojke coperte da nuvole vaganti, come aironi notturni, sul nulla.

E così, compare un nuovo personaggio – oddio, nuovo…si fa per dire – e permette a tanti (anch’io, non faccio che ricopiare) eventi lontani solo con l’aggiunta di una pennellata, che ricopre l’antico e lo fa diventare moderno. Voilà, uovo fresco di giornata.

Stavolta è toccato a tal Renzi, Tiziano – non writer, non painter – di professione distributore di giornali in altre epoche, quando lassù regnava Andreotti, oggi ridipinto nella veste – assai stramba – di presidente fedifrago di cooperative, con la di lui moglie a tener bordone.
Non ci si stupisce poi di tanto.

Così fu e così è, per sempre, come recita l’italico copione, assai ricco di spunti da mediocre avanspettacolo, sin da quando vedemmo, tutti vedemmo l’ira funesta del popolino imberbe, concretizzarsi nel lancio di monetine contro l’uomo del PSI, colto alla sprovvista – dopo una pubblica ammenda parlamentare assai ardita – dal coordinatissimo lancio di monete in diretta Tv, una meraviglia di sincronismo simultaneo fra coloro che si dicevano “fascisti” e l’olimpo della comunication dell’epoca. Che ridere, sì, a volte si ride di gusto.

O come quando s’attese il gran momento, l’ingresso del Cavaliere Senza Mafia e Senza Pudore entrare in scena, coi capelli sulle ventitré, a fianco del Big President dei fantastellati United States in una Napoli ridipinta all’occorrenza. E privata della monnezza, mi raccomando.
Colpo di scena finale – cosa dice il copione? – consegnare un legato dell’Imperatore, con sigillo a ceralacca ancor calda, che contiene una misera informazione, di sua garanzia. Illustrissima, per sua Eccellenza.

E così si urla, si discute, ci s’inalbera in una vaga spianata contesa da mille sembianze di nuove certezze: sì! Il popolo voterà, sancirà dalla sua comodissima location, oppure da un semplice Android, lillipuziana memoria di stirpe, e rintuzzerà il sempre ovvio copione, per poter mazzolare con furia il sempiterno potente. Ma il server – si dice – rifiuta l’aggravio, s’infuria, si stacca, non vuol sentenziare, mai più de-liberare la ovvia, scontata licenza di pollice verso. Nel gran Colosseo dell’Urbe del Cosmo, s’appiana il silenzio con magna tristezza per voto mai giunto. Di scambio? Sconnesso? Mai visto?

Gran colpo di scena: regista perfetto, mai visto con tanta saggezza d’incompiuta presenza. E sale sul palco novello Tiziano, per dare una svolta a tanta mestizia.

Così van le cose nelle lande desuete, dove il copione è uno solo, sghimbante solerti novelle e penose sentenze.

Così accorrono le folaghe, e dietro le folaghe le gabbianelle, poi i gabbiani e tutti, solerti, si tuffano sul branco d’acciughe che scorron le acque. Inconsapevoli, inarrestabili, nella loro desolante insipienza.

11 febbraio 2019

Due scenari

Le elezioni in Abruzzo non hanno raccontato molto sulla politica nazionale, perché ci sono di mezzo antiche questioni clientelari, molte legate al terremoto dell’Aquila del 2009. Rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2014, il M5S ha preso circa la stessa percentuale, intorno al 20%: la differenza è che il centro-destra, mediante il “traino” di Salvini, ha spodestato il precedente presidente di centro-sinistra. Capisco che, per chi segue ancora queste vittorie/sconfitte sempre nell’ambito della dicotomia destra/sinistra, possa interessare. Personalmente, non lo ritengo così importante, però un’analisi più approfondita è necessaria.

La vicenda elettorale toccherà probabilmente gli equilibri nella gestione degli appalti, che “vireranno” verso il centro destra. Il tandem Giorgetti-Berlusconi gioisce, anche se il Cavaliere non tocca nemmeno quota 10%, perché l’obiettivo dei due è far saltare l’alleanza “impuria” con i 5S e restaurare un bel governo di destra a livello nazionale. Per Salvini la questione è più seria poiché, senza quel 10% di Berlusconi, il governo di destra non si farà mai e, dunque, si ripiomberebbe in un dejà vu che vedrebbe la Lega appoggiare sì i grandi appalti – come una parte del suo elettorato desidera (tutti quelli di Berlusconi) – mentre sul fronte europeo l’Italia finirebbe sotto il tallone di Bruxelles. Il cavaliere, oggi, per Bruxelles è una garanzia. E Salvini, unito a Berlusconi, perderebbe senz’altro molti voti da parte delle persone che oggi lo voterebbero, ma senza l’ingombrante Cavaliere.

Facciamo notare che quel 10% che conta oggi Forza Italia corrisponde in pieno alla ripartizione della ricchezza – ossia il 10% che possiede il 50% della ricchezza nazionale – ed il Cavaliere è persona attenta a non deludere il suo elettorato: la flat tax, con quell’aliquota unica per tutti, è una bestemmia per qualsiasi governo che desideri spostare l’ago della bilancia verso i ceti meno abbienti.
E, qui, entra in gioco il M5S.

Quando vi furono le trattative per il contratto di governo, più volte si giunse quasi alla rottura definitiva: era normale che le cose stessero così, poiché erano troppi i punti di totale disaccordo: il M5S ha ceduto parecchio, sul fronte dell’immigrazione, sul decreto sicurezza ed altre leggi che interessavano il centro-destra. Ne è valsa la pena?
Il principale provvedimento economico – battezzato pomposamente “Reddito di Cittadinanza” – si è mostrato ben poca cosa: grazie ai mille “paletti” per concederlo – utilizzando furbescamente il tandem reddito/immobili – è stato ridicolamente depotenziato, al punto che Boeri ha chiarito che non saranno più di 2-3 milioni i beneficiati.

Ora vengono i nodi “pesanti”, in primis la TAV. Qui si gioca la partita definitiva, ogni compromesso sarà letto dal suo elettorato come una sconfitta: il M5S deve scegliere.
Messe come sono messe adesso le cose, il M5S sta lentamente dissanguandosi: il Paese aspettava un colpo di reni per sfuggire al ricatto dei Boiardi di Stato/Europa ed invece s’è visto presentare una melassa vischiosa, dove ad ogni decisione proposta viene presentata una pletora di “sì, però, ma, forse, dopo, si farà, non si può, siamo contrari, dopo le elezioni europee, ecc. ecc.” da parte della Lega.

Però, il M5S ha compiuto – nella (quasi) disperazione – una mossa giusta a metà: ha richiamato prepotentemente Alessandro di Battista dal suo esilio sudamericano. Forse, all’inizio, doveva essere un “tandem” con Di Maio per scansare i due mandati consecutivi, come fanno Putin e Medvevev. Ma le cose sono precipitate.

A metà perché la figura del battitore libero poteva starci prima, non oggi: per completare l’opera, il M5S deve nominarlo a capo (segretario, responsabile, come credono) del partito, separando le cariche di governo da quelle di partito, e riportando così il partito ad avere voce nelle scelte di governo.

Il M5S può giocare un paio di carte che, oggi, contano: da un lato i suoi voti reggono i 2/3 della coalizione, contro un solo terzo della Lega e, inoltre, la boria di Salvini terminerà nel momento stesso nel quale l’alleanza salterà, e si ritroverà magari ad essere primo ministro, ma sempre con il guinzaglio di Berlusconi al collo. In altre parole, i 5S stanno fornendo proprio loro la “benzina” per far correre la Lega: nel momento stesso che Salvini sarà alla mercé di Berlusconi il prezzo da pagare salirà, e questo Salvini lo sa benissimo.

La TAV, come sapete benissimo ed è chiarito nello studio di Toninelli, non serve a nulla: non ci sono i traffici e, volendo, potrebbero essere meglio utilizzata la ferrovia costiera, raddoppiando (finalmente!) il binario tra Finale Ligure e Ventimiglia. Lo scavo della TAV prevede una spesa (iniziale?) di 5 miliardi di euro da parte italiana, contro 800 milioni (?) da pagare per chiudere una questione inutile, che doveva servire solo ad acchiappare soldi dalle casse dello Stato e finanziamenti europei.

Il M5S non deve fare altro che presentare una legge in Parlamento con la chiusura totale della TAV e metterla ai voti: se passerà s’andrà avanti, se la Lega voterà (tutta, o in parte) contro salterà il governo. E sarà responsabilità della Lega, non del M5S. Ci saranno nuove elezioni? Benissimo. Un governo “tecnico” di transizione? Benissimo. Sono tutte alternative che, oggi, convengono al M5S nella sua prospettiva d’essere una forza di cambiamento profondo all’interno della società italiana. Perché, con la volatilità degli elettorati moderni, con l’astensione che la fa da padrone, anche i risultati inimmaginabili possono essere raggiunti.

Quali sono le due ipotesi?

1) L’attuale è un lento dissanguamento, che sta disperdendo la sua grande novità verso la Lega ed anche il PD. In buona sostanza, se le cose continuano così, il M5S è condannato, alle prossime elezioni, a diventare una forza secondaria, fatta da quelli che “avrebbero tanto voluto”, ma che non ci sono riusciti. Una condanna definitiva da parte dell’elettorato italiano. Dovuta anche, purtroppo, alla poca attenzione posta nella compilazione delle liste elettorali…ma si sa, l’inesperienza combina dei guai. Chi ha messo De Falco in lista?

2) Il governo cade, ed il M5S non è più disponibile ad appoggiare governi che abbiano nel loro “DNA” TAV e trivelle. Qualcuno lo farà, e sarà il solito disastro – che ovviamente si appellerà ai “disastri” fatti dai 5S in sei mesi di governo – e che, dopo le prime (tiepide) accoglienze iniziali, inizierà a perdere consensi mese dopo mese. Loro sono tanti e non avranno difficoltà a comprare qui e là chi gli serve: non penso che ne pescheranno molti nelle file del M5S. Ma le aree “di centro” sono un crocevia, dove un ex PD passa di là o di qua, secondo le esigenze. Come un Leghista od +Europeo. Ed il M5S si troverà nella comodissima posizione d’evidenziare tutte le magagne, riconquistando ed ampliando la sua platea di riferimento. Senza contare che Conte ha mostrato d’essere un politico di prim’ordine, e tanti oggi lo stimano.

Non sono sicuro che Salvini si sia prestato, cosciente, per un simile gioco: non ne ho le prove e, dunque, non lo sostengo. Però, le cose non cambiano: o il M5S dimostra che non è al governo per reggere gli interessi dei soliti ladroni di Stato, oppure perderà definitivamente le penne e la coda. Tertium non datur.

08 febbraio 2019

Un po’ di Giustizia? Sarebbe ora…


E’ passata la Finanziaria, migranti ne arrivano pochissimi, le elezioni europee sono ancora lontane…non sarebbe ora di metter mano ai tanti problemi che una pletora d’incompetenti corrotti ha seminato, per decenni, nel Paese? Ci riferiamo alle varie “riforme” che furono emanate dagli stessi parlamentari che si riunirono, in seduta ufficiale, per decidere se Ruby Rubacuori fosse la nipote del Faraone.
L’attuale governo ha promesso una revisione dell’impianto della giustizia penale…certo, va bene…ma non vi pare che tutto il “pianeta” Giustizia richieda urgenti misure? Possiamo permetterci il lusso di tre stadi decisionali, quando lo scotto da pagare è la vita umana? Ossia, a volte la giustizia civile supera la vita umana? Proporrò tre casi, uno civile e due penali, poi decidete voi, esprimendo quel che pensate.

Calende greche
Nel 2000 ci fu una riforma della scuola, la riforma Berlinguer. Nella riforma, erano previsti accorpamenti di personale: c’era ancora personale scolastico delle Province e dei Comuni, che passarono nei ruoli statali. La riforma, come qualsiasi riforma scritta dai politici, non va a spiluccare su particolari che sembrano ovvi e, soprattutto, dopo se ne dimentica. Nel caso, ritennero ovvio che quel personale conservasse l’anzianità di servizio e fosse inquadrato nei ruoli statali. E’ una questione secondaria, se vogliamo, ma utile per comprendere cosa può essere la Giustizia se lasciata libera di pascolare.

Qualcuno interpretò i vari commi in modo diverso… un capoverso non chiaro una virgola che sembra affermare o negare…ibis, redibis non morietur in bello…(ricordate?) e quelle persone si videro sparire, ai fini della retribuzione, decine d’anni d’anzianità. C’erano anche altre questioni normative aperte (per il personale docente) ma non voglio complicare troppo le cose.
Dopo un paio d’anni, nei quali lasciarono la cosa nella mani dei sindacati, quei disgraziati capirono cos’era il sindacato ed iniziarono i ricorsi per via giudiziaria. Credendo che fosse facile.
Pur essendo tutto personale scolastico, furono costretti ad altrettanti procedimenti individuali, perché le norme chiarivano che il “lavoratore” si rivolgeva Giudice del Lavoro, magari in associazione con altri, ma sempre al giudice naturale, ossia per competenza territoriale. Le cose stavano e stanno così: fidatevi (la class action è un’altra cosa).

Migliaia di cause, decine d’avvocati, altrettanti magistrati, l’Avvocatura dello Stato…un costo per la collettività che non so nemmeno quantificare…i risultati? Semplice: secondo l’interpretazione del singolo giudice, il segretario  di Milano vinceva, mentre il bidello di Bergamo perdeva…e quindi ricostruzioni di carriere, altre tonnellate di carta, migliaia di ore di discussioni…poi i ricorsi in Appello, anche qui chi vince e chi perde, infine la Cassazione, che sembra dare ragione ai dipendenti, ma in modo non tanto chiaro, un cerchiobottismo sbiadito? Sì, qualcosa del genere. Rimandano le sentenze in Corte d’Appello, che devono correggere le precedenti sentenze, ma qualcuna di esse s’oppone, e dunque la Cassazione dovrà nuovamente pronunciarsi. Nel 2019. A quasi vent’anni dall’inizio del procedimento.

Ora, vi chiedo di sgombrare per un attimo la mente da quello che avete letto e di porvi la domanda: si tratta di una questione di giustizia o di uno psicodramma andato a male? La gran maggioranza parte di quelle persone è andata in pensione, tanti sono già deceduti, eppure la giustizia continua, imperterrita, a sfornare sentenze che saranno appellate…rimandi in sede europea – dove si sono pronunciati in modo chiaro, dando ragione ai lavoratori, ed in modo più sfumato verso la Magistratura italiana con un: ma siete matti?!? – eppure i vari governi hanno continuato a biascicare di capitoli di bilancio, di ricorsi, sentenze passate in giudicato…
E chissà quante di queste situazioni sono tuttora in discussione nelle sedi giudiziarie! Per un incidente stradale, un muro crollato, un licenziamento, un’invalidità, un mancato pagamento, eccetera, eccetera…

Il delitto Calabresi
Il giorno dopo quel delitto – e lo ricordo bene – lessi il Corriere della Sera che chiariva “…l’omicida era presumibilmente un professionista, giacché aveva sparato nel momento nel quale il commissario infilava le chiavi nel cruscotto per avviare l’autovettura: circostanza ben conosciuta dai killer professionisti, perché in quell’attimo la concentrazione è “attratta” completamente dal gesto”.
Non sono un criminologo né un killer, perciò lascio la responsabilità di quell’articolo al giornalista.

Sapete come andò a finire: 4 a 3, ossia 7 pronunciamenti con 4 verdetti di colpevolezza e 3 assoluzioni, l’ultimo di colpevolezza: possiamo essere certi che i fatti si sono svolti proprio come la corte ha poi deciso? 4 a 3, come Italia-Germania? Non è una partita di calcio, ci sono delle vite, delle persone che si vedono la vita distrutta…possiamo tirare un sospiro di sollievo e dire: sì, è stata fatta giustizia?

Vigeva già il nuovo codice di procedura penale, nel quale non era più prevista l’assoluzione per insufficienza di prove.
Un procedimento che vide “risvegli” di “gole profonde”, addirittura sentenze generate su piani viari non più in vigore (le piantine stradali, i sensi unici, ecc)…ma così fu.
Senza farsi fuorviare da sentimenti di parte, la domanda che pongo è: l’uomo (ossia il giudice) è sempre in grado di fornire una risposta a queste vicende, “oltre ogni ragionevole dubbio” (come nel diritto anglosassone)? Senza girarci tanto attorno: siamo sempre in grado d’interpretare nel modo esattamente coerente alla realtà dei fatti, tramite le procedure processuali, un sequenza di atti?

Oh, certo: la pubblicistica ci ha mostrato che è possibile. Il commissario Maigret, Sherlock Holmes, Hercules Poirot e miss Marple ci riescono sempre…però la pena di morte, lo sappiamo per certo dalle confessioni in punto di morte dei veri assassini, è stato eseguita almeno una decina di volte su persone innocenti negli USA. Così è stato anche in Italia, con scarcerazioni molto tardive d’ergastolani innocenti.

Carlo Lucarelli, in una trasmissione televisiva di molti anni fa, presentò – in compagnia di un suo (presumo) amico commissario di Polizia – una serie di casi insoluti e, il commissario, ripercorse le indagini evidenziando gli errori commessi nelle procedure d’indagine: leggerezze, convinzioni affrettate, semplici dimenticanze.
Anche in questo caso, c’è un parallelismo con la pubblicistica: un conto è svolgere indagini “a caldo” – magari con un questore alle spalle che ha fretta e ti accende la miccia sul sederino – un altro con tutta la calma necessaria. Simenon costruiva in parallelo la vicenda, e Maigret – si può dire – era già “presente” al momento dello sparo.

Poi, se volete uno spassionato parere personale, ritengo che nei corpi di polizia italiana regni un’assoluta dabbenaggine, leggerezza, panciafichismo e menefreghismo all’ennesima potenza: di più, riflettiamo che siamo la sola nazione europea ad avere dei militari con compito di polizia giudiziaria sul territorio.

Per questa ragione, le procedure investigative andrebbero meglio studiate e precisate, ed anche la procedura penale andrebbe rivista e, soprattutto, velocizzata nei tempi, che non possono essere più accettati come quelli di Matusalemme: a dirla tutta, anche i magistrati dovrebbero essere messi di fronte a tempistiche precise, da rispettare.
E’ inutile che blaterino tanto sui femminicidi, se fra gli atti di violenza e la data d’inizio del processo passano tre anni (capitato ad una mia conoscente)!

Marco Vannini
L’omicidio di questo ragazzo, anche se è profondamente diverso, m’ha ricordato il caso Cucchi. Perché?
Poiché negli atti c’è la medesima volontà di non voler guardare una realtà distorta, incongruente, e tuttavia lapalissiana.
Nessuno – ancora oggi, dopo il pronunciamento della Corte d’Appello – ha mai affrontato il vero problema di questo caso: chi sparò? Perché furono trovate dalla Polizia Scientifica più tracce di polvere da sparo combusta sul figlio di Antonio Ciontoli, Federico? Il quale ha negato persino (nella ridda di dichiarazioni “ad momentum” della famiglia Ciontoli) d’essere stato in bagno al momento dello sparo. Sparo? Ci fu uno sparo? Lo sentirono tutti, nel palazzo, ma per la famiglia Ciontoli era caduto solo qualcosa, forse un pettine…perché non chiamare il 118 subito e salvare il ragazzo? Se si vuole ammazzare una persona nella vasca da bagno, si spara alla spalla? Quei giudici hanno sentenziato sul nulla, inutile girarci attorno.

Lasciamo le mille contraddizioni di questo caso, per concentrarci sulla sentenza d’Appello: i giudici non hanno sbagliato, hanno semplicemente accertato che non c’era dolo eventuale, di nessun tipo, perché non hanno trovato un movente serio per il quale si uccide una persona. Non avendolo trovato, hanno concluso che s’è trattato di una fatalità, uno scherzo finito male…chissà che cosa…ma che Ciontoli (quale?) non aveva assolutamente voluto uccidere Vannini.
Omicidio colposo commesso da un incensurato: fatevi i conti, e la condanna è quella, compresa l’omissione di soccorso.
Ripeto: se andiamo a cercare le contraddizioni, in questo caso, non ne troviamo solo una, il caso Vannini è la fiera delle contraddizioni, dei falsi, delle confessioni fasulle e quant’altro. Al punto che – ci scommetto mezza corona inglese – la Cassazione farà rifare il processo da capo, se non altro perché, così, prendono tempo. E sperano che la gente dimentichi.

C’è poi la (presunta) appartenenza di Ciontoli ai servizi segreti: qualcuno dice che lo era, altri raccontano che faceva solo le pulizie. In un modo o nell’altro, se viene loro comodo dirti che faceva le pulizie, ti faranno vedere anche lo straccio e lo scopettone.

La questione, però è un’altra: abbiamo assistito ad un’iperbole di casi nei quali, a sparare, è sempre un “tutore” dell’ordine. Poi, ci sono coloro che sparano perché hanno un permesso per detenere un’arma (quasi) da guerra con la scusa del tiro sportivo. E ci sono, poi, quelli che hanno un’arma non dichiarata e la tengono nascosta.

Questi ultimi, quando sparano, si prendono pure il possesso d’arma abusivo, che se è da guerra giunge a 9 anni di reclusione. E quelli che l’hanno regolarmente denunciata?
Qui, Houston, abbiamo un problema.

Chi possiede un’arma con regolare licenza, deve dimostrare d’avere dimestichezza con le armi ed una situazione psichica equilibrata. Cosa, che, nel tempo, può cambiare: Houston, abbiamo un secondo problema. Non avessi visto con i miei occhi un istruttore di tiro a segno del poligono, portato via in fretta e furia dai Carabinieri mentre tentava di “interloquire” con la ex moglie di fronte alla scuola del figlio: subito dopo un bel ricovero in psichiatria ed una perquisizione con un camioncino di armi sequestrate. Meno male che era un istruttore, chissà gli “allievi”!

In qualche modo, chi usa in modo dissennato un’arma che gli è stata concessa “sulla fiducia” in uso, tradisce un impegno preso con la collettività. Chi, invece, veste una divisa ne tradisce due: il primo per il dissennato uso dell’arma – che può essere anche la semplice leggerezza o sbadataggine – e il secondo verso la collettività che l’ha istruito, addestrato ed ha avuto fiducia in lui.

Perciò – caro ministro Bonafede – in sede di riforma della legge penale, non vedrei male se fossero aggiunti un paio di commi nei reati di sangue commessi con armi da fuoco.

Xy) Nel caso che il soggetto abbia usato un’arma regolarmente denunciata per delinquere, la pena è aumentata di 1/3.
Xybis) Nel caso che il soggetto, il quale abbia usato l’arma per delinquere sia un militare, un appartenente ai corpi di Polizia (tutti) o una guardia giurata, la pena è aumentata di 2/3.

Vediamo quanti giocano ancora a fare il G-man nel bagno di casa farfugliando fra una pistola e un’altra?

Piccola o Grande Giustizia?
Forse sono vecchio, e non capisco più la logica di certe riforme.
La Giustizia è “intasata” da milioni di procedimenti minori, per i quali si procede fino alla Cassazione come se fossero tutti delitti come la strage di Piazza Fontana.
La figura del pretore è stata abolita per far posto al Giudice di Pace, che – nonostante il titolo aggraziato – non sembra che riesca a pacificare molto.
Osservate di cosa si occupava il vecchio pretore, giudice (parzialmente) monocratico fino al 1989:
-Cause civili (diritto civile) di valore limitato (via via aumentato nel tempo sino a 50.000.000 di lire, che oggi corrisponderebbero a poco più di 25.000 euro)
-Processo del lavoro (diritto civile) per qualsiasi importo;
-Procedimenti per convalida di licenza o sfratto (diritto civile);
-Azioni possessorie (diritto civile);
-Provvedimenti d'urgenza (diritto civile);
-Tutela ambientale (diritto penale);
-Tutela della salute (diritto penale);
-Reati puniti con la pena della reclusione sino a tre anni, oppure con le pene della multa, dell'arresto o della contravvenzione
-Infortuni sul lavoro;
-Infortuni stradali.

Il giudice monocratico dava origine a dei problemi: se sbagliava?
Sull’altro versante, toglieva alla Magistratura la miriade di piccoli procedimenti (gli incidenti stradali, ad esempio) che, purtroppo, sono ancora tanti, più le mille liti di condominio che finiscono con una denuncia. Gli italiani sono veramente perversi in questo frangente: anni fa, un giudice fu “eversore” quando – trovandosi a giudicare un furto di tre trappole per topi – s’offerse di chiudere la faccenda pagando, di tasca propria, il danno: tremila lire, 1,5 euro.

Una revisione del concetto del Pretore – magari togliendogli la possibilità di comminare pene corporali – ed ammodernando il concetto, con un giudice monocratico di grado superiore per dirimere i ricorsi, potrebbe funzionare.
La Magistratura potrebbe così funzionare più celermente, e non si può – come oggi avviene – archiviare tantissimi eventi non considerandoli “degni” d’avere giustizia, perché così avviene. Il primo filtro lo fanno i Carabinieri, sconsigliando la denuncia – andrà per le lunghe, non otterrà niente, il magistrato archivierà, è solo una perdita di tempo, ecc – ed il secondo lo opera il magistrato stesso, archiviando in serie migliaia di ricorsi.
Magari erano cose di poco conto, ma da una cosa di poco conto trascurata nascono altre questioni, di ben altra gravità: se il tizio che si vede rubare serialmente le trappole per topi, non avendo riscontro, s’incazza e prende a bastonate il ladro? E se questo, per vendetta, tira fuori la doppietta? Si va fino in Cassazione.

Sorprende il numero di reati, molti di sangue, contro le donne nei casi di divorzio et similia: moltissimi vengono archiviate per la pochezza degli indizi. Le forze di polizia non hanno quasi peso, e soprattutto è la Magistratura a non consentirlo, pena l’imputazione di “lesa maestà”. Così le situazioni degenerano, senza che nessuno se ne interessi.

Forse, la figura del giudice-califfo del diritto islamico non è così campata in aria, basta – ovviamente – cambiare il corpus giuridico di riferimento. Eppure, a mio avviso, una figura intermedia fra la “grande” Magistratura ed i piccoli reati andrebbe riconsiderata, altrimenti si crea una palude di non-giustizia dalla quale, per forza di cose, nascono poi i reati gravi.

Ci sono molte forme di questo diritto “minore”, in Europa – in Svizzera, ad esempio – ed in Gran Bretagna, dove sono addirittura dei giudici onorari (semplici avvocati) a dirimere gli incidenti stradali senza vittime. Rivedere la figura del Giudice di Pace? Può essere, ma qualcosa bisogna pur fare.

Armi? E quali?
Vuoi sparare? Oh, bene. Vuoi un’arma da guerra? Ok: basta rimuovere il funzionamento automatico (cioè la raffica) e ti diamo tutto quello che desideri, anche un Kalashnikov, anche il fucile che usarono quelli della Uno Bianca. Tutto in vendita: basta garantire “sanità mentale”, ovvia competenza sulle armi, e sono tuoi!
Forse, bisognerebbe darsi una calmata, ma gli “sparatori” sono voti, e dunque…

Bisogna altresì riconoscere – e, questo, Michael Moore mi pare che l’abbia abbondantemente dimostrato nel suo “Bowling to Columbine” – che l’uso improprio delle armi per uccidere non dipende tanto dalla facilità del premere il grilletto, quanto sulle condizioni sociali, psichiche ed ambientali della persona che ha l’arma in mano. Nel film, si dimostrava che a Chicago c’erano non so quanti morti sparati il giorno, mentre sull’altra sponda del lago Michigan (canadese) avveniva un fatto di sangue ogni tot anni. Una voragine di differenza. Ma erano le condizioni sociali ad essere una seconda voragine di differenza.

Detto questo, qualche provvedimento bisogna pur prenderlo. Anche qui, mi rivolgo al tempo che fu.
Nelle case di un secolo fa, era quasi normale avere, appesa al muro, una doppietta da caccia: era un fatto normale, e nessuno se ne meravigliava. Quando l’UE decise d’uniformare le leggi comunitarie in fatto di armi, trovò molte resistenze nell’area francofona – Francia e Belgio, soprattutto – perché l’abitudine ad avere l’arma da caccia in casa era quasi una tradizione. Oggi, hanno anch’essi una bella legge europea che gli ha lasciato solo il fucile ad elastici.

Si accoppia, spesso, il concetto di “arma” con quello di “difesa”, mentre nella realtà le armi che vengono concesse in uso con l’apposita licenza, sono armi da “offesa”. Ossia, si concede qualcosa che renda possibile uccidere qualsiasi aggressore si faccia avanti: la sfida deve finire con un morto, comunque vada. Sfida all’OK Corral oppure niente.
E così, le armi corte sono tutte in calibro 7,65 oppure 9 (non Parabellum): armi fatte per uccidere. Insomma, nel confronto fra il ladro e la vittima uno dei due deve morire, non ci sono alternative.
Con l’aggravante che, se la vittima spara ed uccide colpendo il ladro alla schiena, la Magistratura può incolparlo di eccesso di legittima difesa: a pensarci bene, non è poi tanto campato in aria. Mi sta sull’anima il mio vicino, lo invito in casa mia per discutere, poi…

Il problema è allora quello di fermare l’aggressore possibilmente senza ucciderlo: ferirlo? Meglio due feriti che un morto, recita il proverbio. Già, ma le armi uccidono. Non tutte.
Senza andare a cercare armi futuristiche, nel nostro passato troviamo un’arma che è perfetta per la difesa, con scarsissime possibilità (vedremo dopo) di uccidere. Un’arma che era comune fino a qualche decennio or sono, e che oggi è praticamente sparita.

Si tratta del fucile Flobert, dal nome del suo inventore, Nicolas Flobert. Si tratta di un fucile da caccia “in miniatura”, ossia con canna da 9 mm liscia (invece di 12) ed un munizionamento poco potente, in grado di fornire una scarica di pallini (o una palla) nel raggio di 15-20 metri. Veniva usato per il tiro “delle signore” o per sparare al tiro a segno in ambienti chiusi.
Era il fucile da caccia per i ragazzi – da non confondere con l’aria compressa – e veniva usato per sparare ai tordi, ai passeri…anche perché più in là non arrivava: poca distanza, pochi pallini, bersagli piccoli…
Usando il solo munizionamento a pallini, uccidere una persona è praticamente impossibile: solo per gli occhi è veramente pericoloso, ma negli occhi anche un proiettile delle carabine ad aria compressa (quelle consentite) è fatale, anche un sasso lanciato con una fionda, una freccia…e poi…se proprio qualcuno entra di notte in casa vostra, mi pare che qualche rischio se lo deva prendere.

Sotto l’aspetto della difesa, invece, quest’arma fornisce quello che serve: una rosa di pallini che penetrano la pelle, ma non vanno oltre. E’ poco di più di una scarica a sale, ma di quelle che fanno un male cane e fanno subito passare la voglia di giocare al Far West.
Limitando le cartucce ai soli pallini da caccia, magari con funzionamento semiautomatico ed un caricatore a 5 colpi, com’era per i “sovrapposti” da caccia, quest’arma sarebbe utilissima per la difesa personale e potrebbe essere concessa in libera vendita. Con quell’arma e quel munizionamento, si creerebbe un deterrente per i “ladri della grondaia”, gli scassinatori di villette, ecc, che saprebbero di dover affrontare sicuramente una persona armata. Dite voi: così vanno sicuramente con una 357 Magnum. Perché, non ci vanno lo stesso? Tenete presente che il vecchio Flobert, con la sua scarica di pallini da caccia, nei 10-15 metri è micidiale. L’unico a bestemmiare, dopo, sarebbe il chirurgo, con tutti quei pallini da togliere…

Vi potrà sembrare una filippica sterile: però, l’alternativa?
- Lasciare le persone completamente indifese;
- Dotarle di armi potenti e pericolose, soprattutto per se stessi e per i loro familiari.

Insomma, ci sono molti capitoli da rivedere nel sistema giudiziario italiano, ed il più importante non sono forse le armi, ma la rapidità della giustizia: ne uccide più il tempo che la spada! Vero Bonafede?