27 febbraio 2018

Populismo, magica parola

“La scienza ha promesso la felicità? Non credo. Ha promesso la verità, e la questione è sapere se con la verità si farà mai la felicità.”
Emile Zola

Tutti la usano, tutti la acclamano oppure la avversano, tirando per la giacchetta un termine difficile da definire poiché foriero dei tanti significati che la Storia, via scorrendo, gli ha assegnato. Non stiamo ad enumerarli – dai Populisti rurali della Russia zarista a quelli americani del primo Novecento, passando per Mussolini e, oggi, il M5S… – perché le molte interpretazioni hanno reso il termine talmente neutro che necessita di una sua ri-definizione semantica. Oltretutto, tradotto nelle lingue più usate, assume ancor più un “ventaglio” di significati. La radice è ovviamente “populus”, ossia “ascoltare” il volere del popolo, ma su come “ascoltarlo” ci sono così tante interpretazioni da impastare una bella polpetta inzuppata col Diavolo e con l’Acqua Santa. Visto che dovremo andare a votare (chi vorrà), vediamo di capire meglio a chi si rivolge il termine. Ossia: “chi” ci ascolta?

Nella Storia, milioni, miliardi di persone sono state “ascoltate” per meglio comprendere come governarle, come esaltarle, come fotterle senza che n’accorgano, come adularle, come “lisciare” loro il pelo per poi, magari, andare contropelo con una bella mobilitazione generale, e sbatterli a morire in una trincea puzzolente di piscio, di vomito, di merda e di paura.

In Età Moderna (dal 1500 in avanti) erano i nobili ad “ascoltare” il popolo, così Carlo V non volle impedire che i luterani, “infiammati” dal sacro fuoco della nuova fede, calassero su Roma – e facessero prendere una gran paura al Papa – perché aveva dei conti in sospeso con il Duca di Borgogna, e voleva “picchiare la pecora per farlo capire alla capra” (proverbio tibetano).
Quando tornò a Roma, per una pacifica visita al nuovo Papa Paolo III, i romani – il popolo – non capirono bene come stesse la faccenda: dalla gran paura che s’erano presi dieci anni prima, fuggirono sui colli e verso l’Abruzzo.
Infine, Federico II Gonzaga fece costruire lo splendido Palazzo Tè (si racconta per ricevere un’amante) e in una grande sala del palazzo fu eseguito uno splendido affresco dal tema “La caduta dei Titani”, destinato proprio a Carlo V (che fu ospitato proprio in quel salone)…per fargli capire, beh…oggi diremmo che “anche i ricchi piangono”. O possono piangere. Lo fece dormire in quel salone prima che scendesse a Roma dal Papa.
Dov’era il popolo?

Popolo erano i Lanzichenecchi, popolo erano i romani – che da 50.000 abitanti si ridussero, dopo il sacco della Città Eterna, a 20.000 – e popolo erano i poveracci che faticarono per gelidi Inverni e torride Estati per costruire il sontuoso Palazzo Tè, perché il loro duca s’era incaponito di una squinzia dell’epoca…e popolo erano anche i contadini padani, che osservarono in silenzio le stalle devastate e le figlie violentate dal “sacro fuoco” che giungeva dal Nord.

Così i nobili si comportarono con i loro “popoli” almeno fine alla metà dell’Ottocento, quando – a gran voce – il “popolo” rispose a chiare lettere: “Va bene che ci ascolti, va bene che dobbiamo amarti, ma mettiamo nero su bianco le condizioni da rispettare, firmato e controfirmato”. Erano nate le costituzioni.

Perché nacquero?
Poiché nei decenni precedenti erano circolate nuove idee, nuove prospettive: i naturalisti e gli enciclopedisti francesi e poi i “grandi”, Rousseau, Voltaire, Montesquieu…in Germania era la filosofia a tenere banco, e da lì giunsero i pre-marxisti, poi Marx ed Engels…
Le idee, le prospettive, tutto ciò che può risolvere dei problemi s’afferma, a patto che sempre più persone ne vengano a conoscenza. Appena queste idee consolidate e generalizzate si scontrano con un ostacolo, col tempo finiscono per travolgerlo, e l’umanità fa un passo avanti.   

Questo periodo, la seconda metà dell’Ottocento, fu una delle stagioni più fertili dell’umanità: nel volgere di una cinquantina d’anni le condizioni di lavoro migliorarono, le abitazioni finirono d’essere dei tuguri, il pane quotidiano divenne più certo e, cosa di una certa importanza, nessun Lanzichenecco passò più a depredare le case perché s’era inventato un Dio un po’ diverso.
Anche le Arti e le Scienze progredirono e la velocità del cammino divenne prodigiosa: i treni passarono dai 40 Km/h a superare i 100! Già, i treni. Proprio i treni. Perché i treni? Poiché i treni furono una delle pietre miliari di cosa successe dopo, di chi sostituì i nobili.

Intanto, l’informazione divenne capillare: nelle grandi città, le edizioni del mattino non erano ancora state diffuse che già giungevano quelle del pomeriggio e poi la sera, al caffè, potevi comprare l’ultima edizione!
E che fior di giornalisti c’erano!
Un certo Emile Zola, con i suoi articoli sull’affaire Dreyfus, fece tremare governi e Stati Maggiori…e in tutti i Paesi del mondo s’attendeva un articolo, una firma per discutere, per gettare una nuova tesi nel fiume delle parole…oggi si Travaglia, si travaglia tanto e non succede mai niente!
Dove avevamo lasciato i treni? Sul binario morto, certo. Riprendiamoli.

Con la grande diffusione dei treni, dicevamo, tutto fu sospinto a velocità iperboliche…già…ma con il grande affare ferroviario iniziarono a moltiplicarsi anche gli investimenti, e dagli investimenti giunsero enormi profitti, ma per ottenere quei profitti bisognava pagare gli interessi sui capitali…
Una famiglia ebrea tedesca – gente della zona di Amburgo, tali Meyer o Mayer – quattro o cinque generazioni prima aveva iniziato a prestar soldi ai nobili dissoluti,  quelli che perdevano fortune in una notte giocando a carte e che avrete visto in scena in “Barry Lyndon”… e, forti dei capitali ammassati sulle spalle dei debosciati conti e marchesi, s’inventarono – un certo giorno – d’affiggere sulla porta della loro abitazione uno scudo rosso. Come si dice “scudo rosso” in tedesco? Rothschild. Già.

I Rothschild prestarono soldi a tutte le nazioni europee per costruire l’enorme rete ferroviaria, poi finanziarono lo “sforzo” bellico britannico per due guerre mondiali: da una parte loro, dall’altra i Krupp, dall’altra ancora i Rockfeller…voilà! Erano nati i nuovi nobili. Non più il borghese o il mercante, con le sue organizzazioni e la sua cultura, bensì la nuova aristocrazia del denaro. Priva d’ogni connotazione di pensiero sociologico: ammassare denaro, basta. Dobbiamo osservare che questa cultura fu una liaison fra la cultura ebraica askenazita e quella luterana: non ci stupiamo troppo se chiamano PIIGS i Paesi latini, intrisi di cultura cattolica.

Oggi qualcuno si meraviglia che esista una organizzazione come il Bilderberg…ma, signori miei, un tempo le aristocrazie di tutta Europa andavano, in Estate, a “passar le acque” a Baden Baden, in Germania. Credete che parlassero solo delle loro vesciche?
Oggi, fanno le medesime cose, senza più impicci chiamati “costituzioni”, “accordi sul lavoro”, od altre, simili facezie…quelle sono cose delle quali si devono impicciare quegli stupidi dei nostri politici, i nostri giornalisti…se proprio serve i nostri militari…noi lavoriamo solo col denaro…mica ci occupiamo di come si governano le nazioni! Se la sbrighino loro!

Fine del romanzo o, se volete, della Storia buttata un po’ in caciara.

Non tutto il male viene per nuocere, dobbiamo ammetterlo.
Con il crollo dell’URSS, il capitalismo internazionale ha moltiplicato le sue possibilità di crescere: i soliti nomi, alla guida di enormi trust finanziari, decidono dove, quanto e come investire. In questo marasma, dall’anarchia capitalista – dobbiamo riconoscerlo – è stato possibile per molti Paesi sottrarsi alla schiavitù della fame: l’India, il Brasile, la Cina…e così via. D’altro canto, come ha spiegato Deng Xiao Ping, “non tutto il capitalismo è anarchia, e non tutte le economie centralizzate sono il rigore”.

I denari per investire in quei posti – lo disse a chiare lettere Rocco Buttiglione ad una serata RAI per “celebrare” il crollo dell’URSS nel 1992 – sarebbero volati in nuovi luoghi che “nemmeno immaginate”. Dove li hanno presi? Tagliando i salari, non rispettando gli accordi, falciando il welfare…tanto…mica ci sono più 160 divisioni sovietiche ammassate alla frontiera orientale!
Non che i sovietici volessero difendere i nostri salari, bensì i nostri (alti) salari erano causati da una concentrazione di capitali in metà Pianeta, perché nessuno andava a creare fabbriche dove c’era il rischio che una mezza rivoluzione od un capetto da niente ti nazionalizzasse tutto!

La ricchezza complessiva del Pianeta è senz’altro aumentata, ma Gaia soffre e non credo che potrà sopravvivere quando 2 o 3 miliardi di persone si metteranno a consumare come uno statunitense. Già oggi ci sono vaste aree di oceani dove non c’è plancton. La ragione? Nessuno la conosce, anche se il dibattito è apertissimo e concitato. Si dà la colpa alle “trash-island”, all’aumento della temperatura, alle correnti marine che sembrano impazzite…nessuno lo sa per certo…dove non c’è plancton, la vita scompare. Enormi chiazze d’acqua salata biologicamente pure, perché morte. L’epopea di “capitani coraggiosi” è terminata: non ci sono più merluzzi nei banchi di Terranova.

Il meccanismo, però, sta impazzendo: non c’è manovratore al comando del treno, sono tutti a bere champagne nel vagone ristorante.
Nessuna valuta ha più una base solida: le valute sono merci come tutte le altre. Si ammassano, si usano, si distruggono. Ci sono, addirittura, speciali Paesi dotati di statuti dove tutto si può fare con le valute. Oppure credete che la presenza dei “paradisi fiscali” sia una scheggia impazzita?

In mezzo a questo sfasciume, siamo chiamati a votare, con la speranza di rimettere un po’ d’ordine nel casino che hanno creato.
Qualcuno di loro ci ascolta? Assolutamente no. Mandano solo un servo, tale Juncker, a comunicarci che una cosa che si chiama UE è “molto preoccupata” per come andranno le elezioni in Italia. Anch’io sono “molto preoccupato” quando sento arrivare una scorreggia, perché non sono sicuro al 100% che sia una scorreggia e basta, ma non vado a raccontarlo al mondo intero.

Siccome il mio posto sul treno è su un carro-bestiame (coperto, poi ci sono quelli scoperti, che è peggio) non me ne frega un cazzo se loro confessano ad un servo d’essere un po’ preoccupati per come andranno le cose negli anni a venire. Io dico soltanto che non possono continuare così. Mi ascoltano? Manco per idea, al massimo m’ascolta il mio vicino di posto sul carro-bestiame, che è contento perché ha una spider superfiga e trecento rate da pagare, più il mutuo della casa. Intanto che paga le rate, picchia in testa il suo vicino che ha solo una 500 ma, soprattutto, perché è nero. E si sfoga. Faccia pure: alla prossima fermata scendo, a volte mi dico, perché stare fra i poveracci ci sta, in mezzo ai folli no.

Eppure, quando rinsavisco dalla malinconia, riconosco che tutto questo lavoro, questo scambiarci informazioni, questo “crescere” insieme ci porterà, o porterà qualcun altro, chissà quando, a spaccare col martello il vetro del vagone ristorante, e fare loro andare di traverso tutti i gamberoni in un nanosecondo.
Oppure, gli eventi scorreranno in modo “soft” perché ci saranno le condizioni adatte: l’importante è ascoltare le mille voci del popolo e, soprattutto, non tradirle. E costruire, giorno per giorno, l’ambiente adatto per le nuove idee che, lentissimamente, maturano.
E’ già successo. Succederà. E’ la Storia, baby, dai, non frignare e datti una mossa: Sapere è Potere, soprattutto se loro sanno che tu sai.

19 febbraio 2018

Perché voterò il M5S


Non è poi molto importante sapere per chi voterò io, ma è l’occasione per fare quattro chiacchiere e, magari, per chiarirci meglio qualcosa che ancora non è proprio del tutto ben compreso. Le elezioni saranno una noia mortale – già lo percepiamo – tutti cercheranno di sputtanare tutti – già lo vediamo – dopo, tutti avranno vinto, ed anche questo lo sappiamo da decenni. Fin qui, niente di nuovo.
Queste elezioni, però, qualcosa d’importante lo riservano: osserviamo, ogni giorno che passa, la disperazione di una classe dirigente che non riesce più a “bucare” il teleschermo, oppure ad impressionare con le “veline” delle agenzie. Ogni notizia è già un deja vu, ogni commento è la solita lagna, ad ogni attacco corrisponde, dall’altra parte, la solita gazzarra o la battuta pungente. A volte sono addirittura divertenti, nella loro insulsaggine. Da dove vengono?

Vi stupirà, ma la storia delle classi dirigenti italiane sta tutta in un trafiletto, senza occultare quasi nulla di veramente importante.
Dapprima vi fu la classe dirigente risorgimentale, che aveva l’obiettivo di unire il Paese e che s’espresse fino alla Prima Guerra Mondiale (fine degli obiettivi del Risorgimento). Con gli ultimi aneliti di Giolitti abdicò, lasciando un Paese vittorioso che, però, non se n’era accorto. Salì al potere la classe dirigente fascista, nel bene e nel male, e finì molto male: quella volta gli italiani s’accorsero sulla loro pelle che non avevano vinto. Si fece avanti la classe politica cattolica, sponsorizzata dal Vaticano, e ancora oggi, almeno credo, ogni settimana i politici d’ispirazione cattolica (anche d’opposti schieramenti) s’incontrano per una breve colazione (il Giovedì?) in un discreto convento di monache, a Roma. L’hanno sempre fatto, quando c’erano Togliatti e Nenni, Craxi ed Almirante, Prodi e Berlusconi, mentre imperava il Gauleiter Monti…e penso che continuino anche oggi, è la tradizione. Come abbiamo letto nella riga sopra, con Monti era iniziata la stagione dei Gauleiter, ossia dei Governatori coloniali inviati dal grande Nord, che portano tutti – è d’obbligo! – una faccia italiana. Magari rifatta col bisturi, oppure imbrattata di cerone. Fine della brevissima storia.

Denominatore comune di tutte le classi dirigenti italiane è stato di rivolgersi a noi, tutti, zappatori od impiegati, tornitori o medici, pensandoci un branco di cafoni incapaci di comprendere cosa volesse dire “governare”: anche i migliori (per esempio le classi dirigenti dell’ultimo dopoguerra) non abbandonarono mai quella spocchia tipica di chi si crede “mandato da Dio” per “sopportare” questa massa di rompicoglioni, che bisogna comunque blandire perché il loro voto ci è necessario. Per farci dopo, ovviamente, tutti i fatti nostri.

Difatti, dal 5 Marzo 2018 – a sentire loro – sarà abolita la Riforma Fornero, chi non ha reddito riceverà un bel reddito di cittadinanza, col quale, magari, riprendere gli studi universitari mai conclusi senza pagare tasse…e via discorrendo. I cafoni bisogna farli sognare: fanno castelli in aria e continuano a campare, sgobbando. E, con loro, pure noi. Senza sgobbare, ovvio.

Dobbiamo riconoscere che mentre gli altri, nel 1200, sancivano i grandi principi del Diritto (Habeas Corpus), noi ci divertivamo a condannarli all’Inferno in alcuni libelli, poi assunti a Grande Saga Nazionale dell’Empireo & dintorni. Ben scritta, per carità: a dire le cose siamo sempre stati bravi. Quando altri davano la caccia all’oro nelle appena scoperte Americhe, noi riposavamo con Durlindana e le ultime saghe cavalleresche del tempo. Quando, infine, le cose si fecero serie: della serie che c’era un Parlamento (Inghilterra), oppure un’Assemblea dei tre stati (Francia), quelli che potevano andavano a Londra ed a Parigi per respirare le “arie di liberà”, per poi tornare a fare il solito Marchese del Grillo di tutti i giorni. E, qui, parte la stagione risorgimentale di cui sopra.

Certo…“poeti, santi e navigatori”, ma oltre a questo…niente…e, oggi, un vago sapore d’amaro ed incompiuto sale dallo stomaco, dai visceri, dove riposano le memorie dell’imperfezione mai scalfita.

Qualcuno ritiene che “l’Italia collasserà” anche come forma statuale. Può darsi, ma ci credo poco: gli Stati Nazionali tirano avanti alla belle e meglio, un po’ acciaccati ma vivi e vegeti, l’UE è solo una prosecuzione, con qualche novità, del trattato di Versailles del 1919. L’impianto è sempre il medesimo. La “nuova” Europa li ha perdonati per secoli di nequizie e li ha benedetti: su, correte, andate incontro al Mondo 2.0 che avanza…

Noi, ci andiamo con una sorta di manager che, nel 2018, ritiene che l’auto elettrica sia una panzana colossale, con la quale non perdere tempo: la residua industria automobilista nazionale s’allega, in colonna, al seguito di cotanto leader. Certo: ai tempi di Stevenson c’era anche chi continuava a credere nei cavalli. E’ normale che ci sia un dissidio fra innovatori e conservatori: noi, però – guarda a caso – scegliamo sempre i secondi. Quando entrammo in guerra, nel 1915, c’accorgemmo che nessuno, in Italia, era in grado di costruire un aeroplano: avevamo, però, splendide anticipazioni, fantasiosi disegni, opera di Leonardo. Arrivammo al frullatore “Balilla” dell’Ansaldo nel 1916.

Eppure, gli italiani lavoravano, da Torino a Napoli, non solo nei campi ma nelle officine, nei cantieri, luoghi dove il pensiero empirico incontrava la tradizione idealista, e qualcosa ne scaturiva, come le prime navi a vapore del Regno delle Due Sicilie, anticipatrici, anche nel confronto con le altrui realizzazioni. All’avanguardia, ma senza crederci, come se la cosa non ci riguardasse.

E’ un andazzo che si perde nella notte dei tempi: ad Augusto fu condotto un artigiano che aveva inventato un tipo di vetro infrangibile. Gettò il vetro per terra e non si ruppe. Pensò un attimo, poi disse due parole all’orecchio di un pretoriano: due minuti dopo era già stato sgozzato. E se questo vetro “miracoloso” diventa più prezioso dell’oro?
Non importa se il futuro imperatore Tiberio – allora giovane generale – gli raccontava che era inutile continuare ad avanzare in Germania verso L’Elba per razziare oro: il sistema non reggeva più, meglio fermarsi sul Reno e commerciare. Vizio antico, sul quale continuiamo ad interrogarci ed indugiare.

Dunque, dopo questi esempi – e molti altri che tutti conoscono – qual è la sentenza che ne scaturisce?
Che la nostra classe politica non riesce a comprendere – e di conseguenza ad aiutare – le nostra imprese: sono viste come pecore da tosare dando, in cambio, quattro spiccioli con leggi ad hoc, sempre che ci sia un preventivo accordo. Ossia, una parte dei soldi che ti do devono tornare nelle mie tasche: basta sfogliare un giornale per imbattersi in centinaia di queste notizie.
Di conseguenza, l’unico mezzo che hanno le imprese è spremere sempre di più i lavoratori, e lo Stato – da Treu in poi – fornisce rapidamente apposite leggi sul lavoro per taglieggiarli meglio: la competitività! I mercati ci osservano!

Questa vecchia classe politica – come si arroccarono gli ultimi epigoni della destra/sinistra storica – s’aggrappa al potere con le unghie e con i denti: inoltre, l’UE non trova altri che facciano i Gauleiter per lei, perché l’offerta deve essere fedele e “qualificata”.

Qual è, allora, l’obiettivo da raggiungere con il minimo impegno della scheda elettorale? Votare contro Berlusconi perché è patetico? Contro Renzi perché è uno sbruffone? Contro Salvini, Grasso e tutti gli altri? Non serve, sono la corazzata Potemkin del malaffare, aggravata da una considerevole dose d’ignoranza.

Gli unici ad essere ancora “votabili” sono i 5Stelle, c’è poco da cincischiare.
Sono gli unici ad avere una parvenza – con tutte le loro ingenuità e gli errori commessi – di buona volontà, di voler interpretare (e correggere) questo mondo difficile da capire, dove si scommette sulla salute dell’azienda di Tizio fra cinque anni. Chi dice scende, chi dice sale. Non c’è nulla di male a scommettere però, che le banche conteggino queste scommesse nei loro bilanci, è pura follia. Non è nulla di economico: è solo una follia.

Comprendo tutte le prudenze ed i sospetti di tanti. Se avessero voluto creare un “contenitore” per gli scontenti, per chi si ribella, per chi è schifato da questo modo d’interpretare la politica, avrebbero inventato qualcosa di molto simile al partito di Grillo. Ma non ne abbiamo le prove.
Se, all’opposto, il fenomeno è genuino, ecco che sarebbe stato una pletora di ragazzotti un po’ sperduti e, fra di loro, i soliti approfittatori e venduti o, ancora, disposti a vendersi per i rituali trenta denari. I 5Stelle, però – faccio notare – non vogliono massoni nelle loro liste: scegliere, fra le stelle e il grembiule.
Non andare a votare? Possibile, ma a loro non frega un accidente, a meno che l’astensione non raggiunga l’80%, ma anche in quel caso s’inventerebbero qualcosa di strabiliante: la Commissione Parlamentare per Sondare le Tendenze Astensioniste dell’Elettorato.

Cosa potranno fare i giovani parlamentari grillini?
Non potranno fare molto – il sistema è ancora blindato, e faranno muro contro di loro: ci aspetta l’ennesima copia di Renzusconi, o qualcosa di simile (personalmente, prevedo Maroni a capo del governo) – nel senso di varare nuove leggi o cambiare l’andazzo imperante, però una cosa potranno farla.
Con la loro presenza, dovranno testimoniare, ogni giorno che passa, che i cittadini italiani non sono più cafoni, villici, zotici, bifolchi, villani…ma cittadini di uno Stato, dove hanno doveri (da esigere) e diritti (da rispettare).
E’ un passo che sembra scontato, ma così non è: il Conte di Macerata Paolo Gentiloni non è molto diverso dal suo avo Vincenzo Ottorino, che operò nel Regno d’Italia e convinse i cattolici ad entrare in politica.
Nulla è cambiato in questa landa italica, dove il diritto del censo (imprenditoriale, politico, finanziario) opprime come un tempo. Mancano i cannoni di Bava Beccaris, ma l’aria che si respira è la stessa, ci pensa mamma Tv a spruzzare il deodorante. Sì, quell’odore di m…che ben conoscete.

Prima di lasciarvi, vi voglio raccontare un fatterello che, spesso, mi ha fatto riflettere sulle umane, italiche sventure.

Primi anni ’90, mi trovavo a Roma per un matrimonio e non mancai d’andare a salutare il mio editore, il compianto Angelo Quattrocchi, di Malatempora.
La serata era fresca e, dalle finestre, s’udivano appena le mille voci di una Trastevere d’altri tempi: seduti al buio, bevevamo qualcosa. All’improvviso, parlò.
“La vedi quella panca?” mi disse, indicando di fronte a sé. 
“Molti anni fa, proprio su quella panca, era seduto tutto lo “stato maggiore” del Partito Radicale…c’erano Spadaccia, Pannella, la Faccio…e c’era anche un giovane di belle speranze, che rispondeva al nome di Francesco Rutelli. Visto che era belloccio ed educato, decidemmo che sarebbe stato lui ad essere il capolista…cercammo, anche noi, di sfruttare un po’ i voti delle sempre “tanto buone” mamme italiane…e passò, fu eletto…”
Già, passò. Quanta acqua è passata, e quanti ne sono passati senza che cambiasse niente.

Voglio puntualizzare che non ricordo a quale carica fu eletto Rutelli: la riunione avvenne intorno alla fine degli anni ’70. Il Partito Radicale, all’epoca, lottava su temi d’importanza culturale e sociale – il divorzio, l’aborto (che già esisteva, ma era sempre clandestino e rischioso per le donne), la carcerazione preventiva (ricordate il film di Sordi?) e tanti altri. Per chi era “asfissiato” dal perbenismo comunista e dall’edonismo socialista, pareva una buona causa: soprattutto, si sottolineava sempre l’importanza d’essere considerati cittadini.
Lo votai parecchie volte: smisi quando m’accorsi che s’allontanavano troppo dai temi sociali – che erano, invece, parte dei vecchi programmi del Partito Radicale storico (quello fondato da Felice Cavallotti ed Agostino Bertani) – e che, con la ri-fondazione del 1989, divenne una quinta colonna del potere europeo. Guardate, proprio in questi mesi, cosa fa la Bonino.

Oggi, alcune di quelle antiche istanze compaiono nei 5 Stelle: si pensi al reddito di cittadinanza, alla specchiata onestà, insomma, a come dovrebbe comportarsi un vero governo. Così, li voterò.

Provare?
E cosa costa?
Basta non crederci del tutto, beninteso, non gridare “al lupo” prima del tempo, ma nemmeno avere un approccio fideista senza la minima critica.

05 febbraio 2018

Una faccenda della quale nessuno parla

Già, tutti zitti, muti come pesci. Questa volta, mi tocca fare le congratulazioni (meritatissime) a Peter Gomez ed allo staff del Fatto Quotidiano per avere sollevato il problema e, soprattutto, per come lo hanno fatto. Hanno dimostrato (se vogliono) d’essere in grado di praticare, con mezzi moderni, il giornalismo d’investigazione – una pratica oramai relegata a pochi, veri dinosauri d’antan – mentre gli altri, la gran maggioranza, pratica quello più moderno, l’embedded.
Non sono stato tenero, in altre occasioni, con la redazione del Fatto Quotidiano – particolarmente sulla “pratica” redazionale di mandare in scena i “Sostenitori” sulla pagina on-line, senza verificare cosa avevano da dire, con quali fonti lo sostenevano e, non dimentichiamo, come lo raccontavano – ma quando c’è una buona pratica bisogna congratularsi, è d’obbligo, perché il vero giornalismo è fatto di stroncature, ma anche di complimenti.

Rapidamente: hanno chiamato un paio di giornalisti, li hanno muniti di tutto il necessario (credenziali, sito web, prodotti, ecc) e li hanno mandati in Parlamento a fare i lobbisti per una fantomatica azienda che voleva entrare nel mercato italiano con le sue sigarette elettroniche. Ovviamente, era tutto un falso. Qui l’articolo originale (1).

Naturalmente, appena odorato il profumo dei soldi, i nostri “rappresentanti” si sono buttati a pesce per garantire il successo dell’azienda, senza dimenticarsi d’informare qual era la prassi per by-passare le legge sul finanziamento ai partiti. C’è da meravigliarsi?

Fin qui l’iniziativa del giornale, ma il problema non è soltanto una faccenda di regolamentazione (che fa acqua da tutte le parti, e l’inchiesta lo ha dimostrato) ma di democrazia.
Vediamo un altro esempio, dal programma elettorale di +Europa (Bonino):

Allo stesso tempo va rimosso il bando alla ricerca in campo aperto sulle biotecnologie agrarie.”

Tradotto per il volgo, significa +OGM.
Non c’è nulla di strano se una forza politica inserisce nel suo programma un punto nel quale afferma di desiderare più ricerca nel campo della sperimentazione in campo aperto degli OGM, a patto di scriverlo in modo che tutti capiscano – lo so, non è ostrogoto, ma vorrei sapere quanti italiani hanno veramente capito la portata di quel punto – e poi di sottoporsi al giudizio degli elettori.
Si potrebbe anche affermare che domani, quando un lobbista che vende OGM si presenterà in Parlamento, saprà a chi rivolgersi, ma non si può impedirlo: è molto diverso dal compra/vendi/dammi i soldi che ha evidenziato l’inchiesta del Fatto Quotidiano.

Ora, vi pregherei di dimenticare il giornale, gli OGM, la Bonino e tutto il resto per concentrarvi sulla domanda: è una pratica democratica, permettere che le aziende forniscano denaro ai politici in cambio di favori? E non dite che “tanto lo faceva già il Senato Romano”, perché c’è una differenza: i Latini non avevano il capitalismo e, dunque, nemmeno le aziende.

Sull’altro versante, non si può proibire il contatto fra il mondo industriale/commerciale con la classe politica, perché un politico deve sapere cosa “bolle in pentola” nel mondo della tecnologia e dell’impresa.
Ma giungere, come siamo giunti oggi, al punto che a Bruxelles sono iscritti nel registro dei lobbisti 25.000 lobbisti (altre fonti dicono 10.000, ma non è il numero che conta) – a parte chi dovrà poi fornire viaggi, arredamenti, puttane, barche da sogno, ecc – non vi sembra che dissertare di democrazia, a questi punti, sia solo un divertissement per filosofi falliti?
Eppure, se non vogliamo esplorare vie “nuove” come il dictator, oppure la democrazia “digitale”, una soluzione bisogna trovarla.

In realtà, la soluzione c’è ed è semplice.
Concediamo pure tutti i contatti che desiderano, però se un solo euro passa dalle mani di chicchessia ad un politico, si va in galera, con processo per direttissima. I 5 Stelle hanno dimostrato che gli stipendi dei parlamentari sono ampi e sufficienti per garantire la sopravvivenza di una forza politica: praticano un prelievo che finisce in un fondo di finanziamento per le imprese, tutti lo sanno.
Il vecchio PCI faceva qualcosa di analogo: prelevava una quota sugli stipendi per finanziare il partito.

Da quei tempi, sono stati aggiunti allo stipendio una quota per chi risiede lontano (che percepiscono anche i romani!) e la disponibilità di uno studio in appositi palazzi, che lo Stato affitta per loro: non si comprende di cosa, oltre a tutto ciò, abbiano bisogno.
La spesa per i soli stipendi dei parlamentari (sola Camera) ammonta, annualmente, a 784 milioni di euro (2): vogliamo dire che con la metà – visto che per il resto (viaggi, telefono, ecc) sono spesati – potrebbero autofinanziare la loro forza politica? Considerando anche il Senato, quasi 600 milioni non bastano?

Non pensate – oh, mio Dio! Con tutti i gravi problemi dell’immigrazione e della guerra imminente che ci stanno addosso… – questo viene a scrivere di “tagliare le unghie” ai parlamentari!
Se la pensate così, scusate, ma non avete capito nulla dell’articolo.
Se un lobbista propone delle finestre sghimbesce, ma lo propone al parlamentare con una robusta mazzetta, state certi che quelle finestre avranno diritto a delle detrazioni, se poi lasciano passare vento e tempesta…beh…io i soldi li ho presi!

In realtà, se hanno bisogno di così tanti soldi, significa che i voti li comprano attraverso le mafie e allora…tutto l’ambaradan della democrazia va a farsi benedire!

Volete un esempio?
Se abitate in luoghi dove nevica, avrete senz’altro notato gli spartineve passare con la lama anteriore alzata di una decina di centimetri. Perché? Poiché, se passano con la lama contro il fondo della strada la rovinano: per questa ragione, le lame degli spartineve sono dotate di una guarnizione di gomma dura. Già…ma la guarnizione si consuma…e costano circa 50 euro l’una…in più, per prendere l’appalto, siamo stati costretti ad “ungere” chi di dovere…la soluzione? Passate, così i cittadini ci vedono, ma…alzate la pala in modo che non tocchi terra, altrimenti siamo rovinati! Così, lasciano uno strato di qualche centimetro, che di notte gela: se siete finiti contro un palo – e dovete dare 5.000 euro al carrozziere – adesso conoscete la ragione di quei comportamenti assurdi.

Come in questi modesti esempi, si comportano per le grandi scelte strategiche: ci sarebbe convenuto – ma di molto! – comprare i Mig-29K per la nostra portaerei (modificando il ponte di volo) a 16 milioni di dollari il pezzo (come ha fatto l’India) piuttosto che aspettare l’F-35B, ad un costo di 122,8 l’uno! Quattro volte tanto per un solo aereo! Notate che il Mig-29K è stato modificato con avionica moderna! Ed armamento di prim’ordine…ma…qualcuno ha pagato di più, e allora…è la legge delle lobby, baby, su, non piangere…
L’India è veramente la più grande democrazia del mondo.

In democrazia, il parlamento deve decidere quali siano le migliori scelte per la nazione, ossia devono parlare, dimostrare, confrontarsi anche in modo acceso…ma…se lo fanno soltanto per meri motivi di cassa, quale garanzia abbiamo noi che le scelte operate siano le migliori?

Avanti così: ci rivediamo la prossima estate, con i parlamentari a zonzo per il Mediterraneo coi loro favolosi yachts – che i cantieri sfornano sulle banchine già iscritti alle Cayman, pronti per diventare tangenti – e finire sui rotocalchi “rosa”, con attrici al seguito e champagne a fiumi. Viva la democrazia!