29 dicembre 2013

Raccontane un’altra, Leonid Napolitanskj



Così, Signor Presidente, la sera del 31 Dicembre comparirà – come sempre – a reti unificate per il messaggio di fine anno, al quale staranno già febbrilmente lavorando i suoi collaboratori, perché quest’anno è dura raccontare balle, pure fingersi moralizzatore. Nemmeno sposare la causa dei “più umili” servirà, poiché i più umili fra gli umili hanno perduto l’umiltà e non si fanno più infinocchiare.


Il suo gradimento fra gli italiani scende a picco come i consumi (caduti di 4,2 miliardi a Natale), come l’occupazione giovanile che in certe regioni tocca oramai il 50%, come gli artigiani che chiudono bottega, le serrande abbassate, i licenziamenti per motivi “economici” e quant’altro che non stiamo a ricordarle.

Siamo sicuri che – di fronte a questo sfacelo – lei rinnoverà il suo messaggio di speranza: ne abbiamo sentite tante, dai mille “sol dell’avvenire” alle “fine del tunnel”, sempre evocate e sempre deluse, con la china che diventa ripida e scende in un abisso senza soli né avvenire né, tanto meno, sbocchi all’aria pura. Sempre tenebre e treni contro i quali andare a sbattere.



Lei cosa c’entra? Glielo riassumo in due righe: lei è uno stalinista patentato, mai un dubbio le ha sfiorato la mente, sin dai tempi dell’Ungheria.

Le do una rinfrescata di quegli eventi, tanto perché non dica che noi “non sappiamo”.



La fonte è inappuntabile: Veljko Micunovič, ambasciatore jugoslavo a Mosca durante il cosiddetto periodo della “destalinizzazione” ad opera di Nikita Sergeevič Chruščëv. La testimonianza è contenute in “Soggiorno a Mosca” edito a Belgrado nel 1977 (Moskovske godine).

Ai primi di Novembre del 1956, si compiva il destino di Imre Nagy: non entriamo nel merito della vicenda, bensì fermiamoci agli aspetti diplomatici.



Ben sapendo che all’esterno del blocco filo-sovietico ci sarebbero state due nazioni contrarie – Cina e Jugoslavia – Chruščëv tentò un ultimo approccio con Tito e scese, ai primi di Novembre, all’aeroporto di Pola (Pula) per cercare un accordo con il leader jugoslavo.

Josif Broz sapeva che la Jugoslavia, da sola, non sarebbe stata in grado d’opporre più che una resistenza di bandiera allo strapotere sovietico, ma tentò comunque una via per salvare – almeno – la faccia di fronte al massacro che già s’intravedeva..

Tito era a Brioni – sua residenza abituale in Istria – che è una piccola isola a due passi dalla costa ed i due illustri ospiti (c’era anche Molotov) furono imbarcati su un cacciatorpediniere della Marina Jugoslava il quale ebbe l’ordine – direttamente da Tito – di raggiungere almeno un punto a metà fra l’Istria e la costa italiana prima di tornare indietro e sbarcarli a Brioni.

L’Adriatico era in tempesta: la prima bora della stagione era scesa su Trieste ed il mare era terribile.

Dopo un paio d’ore su quel caccia, i due scesero a Brioni dopo aver vomitato anche l’anima e trovarono un Tito allegro ad attenderli, che salutava calorosamente i due “compagni” sovietici, i quali erano verdi come ramarri.

Nella cena che Tito offrì – ed alla quale i due ospiti non fecero molto onore – si parlò del destino di Nagy e Tito prospettò la disponibilità della Jugoslavia per ospitare i dissidenti magiari, così da non creare un caso internazionale. In quel momento, la sopravvivenza di Nagy non era in discussione.

Chruščëv e Molotov annuirono ed accettarono: nulla sarebbe successo a Nagy senza che gli jugoslavi non fossero preventivamente avvertiti. A Tito parve un successo diplomatico ma, appena tornati in Patria i due cambiarono opinione: e se la Jugoslavia avesse sfruttato a fini politici la generosa ospitalità fornita ai magiari?

Come andò a finire lo sappiamo: Nagy fu impiccato in gran segreto.



All’epoca della crisi era a Mosca anche Palmiro Togliatti, come rappresentante in seno al PCUS dei comunisti italiani. Micunovič appunta sul suo diario: “Oggi c’è stato il discorso del rappresentante italiano, Palmiro Togliatti. Non avevo mai assistito ad un discorso così servile e zeppo di piaggeria nei confronti del padrone di casa, l’URSS: non vi è nulla da riportare.”

Quel “nulla da riportare” – nel linguaggio diplomatico – significa che non conti niente, non hai detto nulla, non hai pensato niente: in altre parole, che non sei nessuno. Altro che “il migliore”.

Lei, all’epoca, era già un dirigente del PCI e si lasciò andare a dichiarazioni (1) le quali, al minimo, sarebbero dovute essere un ostacolo insormontabile per la sua elezione alla Presidenza: posso capire il suo accettare la ferrea legge della Guerra Fredda (chi è di qua, chi di là), ma lo sterminio compiuto dai sovietici rimane abominevole. Ma veniamo all’oggi.



E’ di pochi giorni fa la scoperta del “diario” (2) – in realtà una semplice serie d’annotazioni – di Padoa Schioppa, il quale – da buon montanaro veneto – non comprendeva il lavorio sotterraneo di Napolitano contro il governo Prodi. Perché ogni volta che chiediamo la fiducia ci convoca (me o Prodi) al Quirinale per protestare, mentre successivamente con Berlusconi non fiata? Questo è – in estrema sintesi – il pensiero di Padoa Schioppa.

L’obiettivo non era semplicemente disarcionare Prodi, bensì creare le condizioni per le ben note “larghe intese”, alle quali – già all’epoca – lei lavorò alacremente, ma Prodi preferì cadere piuttosto che rinunciare all’alternanza di governo. Non importa: saldò il conto con Romano Prodi nel 2013, all’atto dell’elezione alla presidenza.

Dopo venne l’ennesimo governo Berlusconi: un disastro, ma una sciagura piatta come un gelido mare invernale, quasi una rovina annunciata dall’incompetenza, dall’incompiutezza di una pletora di sergenti nominati generali e colonnelli. Con Berlusconi nei panni di un pletorico, ma esangue, Napoleone.

E venne finalmente il suo momento: la nomina di un governo mai eletto eppure perfettamente costituzionale, se si eccettua che la legge elettorale era fasulla dal principio. Ma – guarda a caso – l’aveva promulgata Ciampi, non lei.



Molti – io compreso – la chiamano oramai vezzosamente Re Giorgio ma non ritengo che questo epiteto sia consono al suo rango: le sta molto meglio quello di segretario del PCUS, perché quello è il suo modello. L’Italia è diventata molto simile all’URSS di “nonno Breznev”, l’ultimo vero sovrano sovietico: un luogo asfittico dove tutto era già scritto, dove la casta militare dettava leggi, dove la magistratura era logorata dai tempi e dai cavilli, dove l’industria era solo di Stato. Ma con le dovute differenze.

La corruzione, all’epoca in URSS, era tollerata poiché era di piccolo cabotaggio: a quel tempo, piuttosto che aspettare (le famose “liste” per ogni cosa), il cittadino sovietico cui s’era rotto il motore del frigorifero preferiva ricorrere al cognato del cugino – il quale lavorava nelle riparazioni degli elettrodomestici – per avere il pezzo, piuttosto che aspettare mesi. In cambio, cosa offriva? Dipendeva dal suo mestiere: se lavorava alle rinomate “officine Lenin” qualcosa di meccanico, oppure le solite derrate alimentari provenienti dalla dacia, ecc.

La grande corruzione era, invece, appannaggio della grande politica, ma c’era un deterrente: la pena di morte combinata con le agguerrite camarille politiche, le lotte per la successione...insomma, in URSS qualcosa – per la corruzione – si rischiava.



Qui, invece, lei è a capo di un’Armata Brancaleone dedita alla piccola razzia: tutti rubano quel che riescono a portar via, si fanno corrompere secondo il livello. Si va dai piccoli assessori che mettono insieme 10.000 euro per volta di mazzetta ai grandi boiardi di Stato, i quali sono parte di una “casta nella casta” ed i cui nomi ricorrono da un’inchiesta all’altra e, quando riesci a beccarne uno, salta pure fuori il ministro della giustizia a negare tutto.

Già, si tratta di suo figlio “testimone inattendibile poiché reticente”...nella famosa storia di Ligresti? No...caso Parmalat, dieci anni or sono, Piergiorgio Peluso (figlio della ministra) era già in pista (3) insieme alla solita ghenga...Geronzi, Arpe, Tanzi, Ciarrapico...e tutta la banda del buco che ben conosciamo.

Molto divertente il caso dell’assessore che pretendeva la “marchetta settimanale” dalla sua segretaria: degno della miglior pruderie, da letteratura d’appendice francese fin de siècle (4).

Perché si lascia che tali notizie diventino di pubblico dominio?



Per riuscire a giustificare l’ingiustificabile e legittimare governi che non hanno più nessuna legittimità costituzionale: sono – al più – supplenti nell’attesa che, con una nuova legge elettorale (che non fanno mai), torni qualche titolare. Insomma, ci sono le mele marce e quelle buone, raccontano.

Rimane, quindi, una sorta di “proscenio” dove la rappresentazione va in mostra – con tutti gli attributi del caso – perché qualcosa da dare in pasto alla gente bisogna pure trovarlo: oggi, i personaggi della politica nostrana sono il nostro panem et circenses, anche se poi c’incazziamo e diventiamo furibondi. Non importa: il popolo continua ad arrabbiarsi ma non può far nulla, che si diverta a motteggiare.

Poiché si lascia che l’Italia vada in malora – dai treni soppressi alle autostrade fatiscenti, dalla viabilità oramai segnata dalle mille frane, ai supermercati ed alle aziende che licenziano col fiato corto, ecc – mentre voi fate orecchie da mercante? Sembra che abitiate in un altro Paese.



Poiché i veri burattinai stanno dietro le quinte: conoscete Carlo Cottarelli?

E’ semplicemente l’inviato del FMI per l’Italia, ed è il vero signore e padrone dell’economia: dopo che Letta ed i suoi gonzi si saranno trastullati a dovere con Finanziarie, Leggi di Stabilità e Milleproroghe, arriverà lui con la vera Finanziaria, la Spending Review.

Stupendo il modo di procedere di questo governo di farabutti e di venduti: non la chiamiamo più “Finanziaria”, bensì “Legge di Stabilità”. Tutti d’accordo? Dai Saccomanni, non dormire, alza ‘sta mano! Poi, quello che non ci sta dentro perché non siamo d’accordo, lo buttiamo nel cest...anzi, no...lo mettiamo in un decreto “Milleproroghe” – è un vecchio istituto, lo usavano già i democristi – che è una “Summa” di tutte le facezie e gli intrighi che hanno ancora qualche nodo da scogliere. Per noi, ovviamente.

Quindi, una notte qualunque alle tre – quando tutti dormono – approviamo qualcosa ed il resto lo lasciamo lì, a “prorogarsi” ad libitum.

Questa è la prassi della politica italiana, giunta oggi al parossismo.



E così, il nostro “zampolit” d’annata (5), ci ha condotti in una terra incognita – che, però, lui conosceva bene – dove ogni cosa si può fare, basta trovare il cavillo costituzionale, basta che gli “atti” siano a posto. Così, una Corte Costituzionale dichiara incostituzionale una legge elettorale per i suoi aspetti più rilevanti (qualcuno s’azzarda a dire “ma non l’hanno mica bocciata tutta”...Ah, Ah, Ah...) 7 anni dopo che è stata promulgata. E che i suoi danni li ha fatti per bene.



Qualcuno pensa all’impeachment, ma questo istituto giuridico non esiste in Italia e la costituzione italiana è radicalmente diversa da quella americana. Gli americani hanno ricalcato i poteri del presidente da quelli del vicerè inglese dell’epoca: per questa ragione la sincerità verbale è della massima importanza (quella che, per una fellatio extramatrimoniale, ha rischiato di far decadere Clinton) mentre in quella italiana (di quasi due secoli più giovane) si parla “per atti”, seguendo il vecchio adagio “verba volant, scripta manent”. Tutto il diritto di derivazione latina non ammette come prove ciò che è, invece,di frequente ammesso nel diritto anglosassone.

E questo Napolitano lo sa benissimo: scartando le dichiarazioni verbali – che possono essere interpretate, “condite” con qualche aggettivo che ne depotenzia l’impatto devastante, ecc, (avete notato che fine ha fatto l’inchiesta Napolitano-Mancino?) – rimane qualcosa dei suoi atti per sostenere la tesi dell’art. 90?



“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.

In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.”



Qualcuno ravvisa, negli atti emanati da Napolitano, una di queste accuse? Il governo Monti era perfettamente legittimo e costituzionale e non c’è un atto dove sia rintracciabile l’intervento (che esiste – beninteso – ed è pesante e determinante) nella politica italiana? Dalla quale, come tutti sanno, il presidente dovrebbe star fuori?

Sarebbe come se un cittadino sovietico (od un appartenente alla Duma) si fosse alzato una mattina ed avesse chiesto l’incriminazione di Breznev per qualsivoglia motivo, anche fondato: ve lo immaginate cosa sarebbe successo? Al minimo gli avrebbero riso in faccia, dopo averlo portato in Psichiatria.

Gorbačëv – ricordiamo – non cadde: si disintegrò la nazione che presiedeva!



Perciò, mi sento di ricordare ai vari “speranzosi” del “impeachment” in salsa italiota che i mezzi per far cadere questo ludibrio al quale assistiamo sono altri, a cominciare dalle lotte per il lavoro: è sul welfare che questo governo sta mancando, ed è sul welfare che si può delegittimarlo.

Le proposte sono tante ed il governo non ne fa una sua, mai: chiedi il reddito di cittadinanza e loro rispondono “spostando” al 2017 l’abolizione (ma quando mai...) dei rimborsi elettorali.

Il nostro piccolo Breznev sorride: ridi, che la mamma ha fatto gli gnocchi. Finché ti riesce.



(1) http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo_nel_mondo/est_europa/ungheria_1956/articolo.php?id=732



(2) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/05/quirinale-cosi-napolitano-ha-sabotato-il-governo-prodi/801838/



(3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/05/testimone-inattendibile-il-figlio-della-cancellieri-secondo-i-giudici-di-parma/767688/



(4) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/19/il-contratto-tra-lassessore-e-la-segretaria-farai-sesso-con-me-4-volte-al-mese/819451/



(5) Commissario politico in russo.

25 dicembre 2013

Buone Feste!


Tutti gli anni vi mandavo gli auguri personalmente, ma quest'anno - non so se a causa della bufera che imperversa in liguria (onde alte 5-6 metri, viste personalmente) - qualcosa non funziona bene.
Vi bastino gli Auguri dalla donna più bella della Storia...e...da me.
Buone Feste a tutti
Carlo Bertani

15 dicembre 2013

Un’improvvisa chiamata



Capita, capita a tutti che – prima o dopo – si riceva una chiamata inaspettata, un evento impossibile oppure un fantasma che si materializza sul sagrato di una chiesa, e chieda proprio di te.


Oh...tutti sappiamo che, prima o dopo, saremo chiamati alla partita a scacchi finale...ma questa è una certezza, mica un’eventualità.



E’ come nel Monopoli, dove ci sono gli Imprevisti e le Probabilità: negli ultimi sette anni (detti “delle vacche magre”) sotto il comando di governi (tutti illegittimi) hanno cambiato il senso dei cartoncini, ossia anche le Probabilità – pur mantenendo l’originale ed invitante grigio-azzurro – sono diventate degli Imprevisti. Della serie: pesca una merda dal mazzo, poi sta a te tagliarla in tre parti per fare un tris e vincere a scala 40: di queste “possibilità” sono intrise tutte le leggi degli ultimi anni...se non ci riesci è perché sei troppo “choosy”, già.



Ad un amico – molto tempo fa, quando esistevano ancora le Possibilità vere – giunse una telefonata da un notaio americano, che gli comunicava l’improvvisa morte del classico zio d’America (del quale non sapeva nulla, manco della sua esistenza) e lo invitava a farsi vivo per l’eredità. Così, si comprò una libreria ed una casa: eh, quando esistevano le Possibilità...



A me sono arrivate, invece, sei mail in due gruppi di tre: tre dalla scuola e tre dalla CGIL, in perfetta parità. Entrambe edite dalla Sovrintendenza Regionale per l’Istruzione ma leggermente diverse, differenti nei particolari – chissà perché – ma unite nella sostanza: probabilmente a Genova fanno l’uovo fresco tutti i giorni, come le galline di una volta, e lo raccogli ancora caldo nel cesto del pollaio.

Altrimenti, non so proprio come spiegarmi – a differenza di pochi giorni – le mail (e dunque i provvedimenti) cambiano: avranno un filo diretto con il Ministero e si potranno dunque vantare d’emanare provvedimenti on-demand, appena sfornati dal cappello magico del governo (illegittimo)?

Cosa dicono? Che verrò riconvertito: ah bene.



Non importa se una persona ha già superato la sessantina, se gli hanno rubato la pensione proprio nell’anno in cui doveva andarci, se l’hanno fatto fraudolentemente, no...adesso, Sua Eccellenza in Carrozza provvede a te, ti rimette a nuovo...va beh, dovrai tornare ad imparare, varcherai di nuovo il portone dell’Università...ma che c’entra, qual è il nuovo verbo? Chi non lavora non mangia, e chi ha già lavorato tanto pure.

Nell’attesa di sapere – a 63 anni – in cosa sarò trasformato, vorrei ricordare che questo non è una mannaia giunta per volere divino e nemmeno l’inevitabile nemesi di una scuola mal berciata: sono semplicemente i frutti della controriforma Gelmini.



La Gelmini ha dovuto risparmiare quasi 8 miliardi per pagare l’abolizione dell’ICI? Con l’aiuto di Tremonti e Brunetta lo fece, così oggi la Carrozza fa l’identica cosa, cambiano i tempi...adesso ci sono Saccomanni e Giovannini...ma il menu è identico.

Con quella riforma, la Gelmini abolì gli insegnanti di Francese, Tedesco, Diritto, Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione, più una marea di Insegnanti Tecnico Pratici per il venir meno delle cattedre, Insegnanti di sostegno...più tanti altri che avrò dimenticato. Eh sì, 8 miliardi fanno cifra...

Ora, in quelle mail si afferma che verrò riconvertito per il sostegno: quando? Non si sa. Come? Per ora non è chiaro. Dove? Forse on line, forse all’Università.

C’è una clausola, però: per la riconversione si terrà conto dell’età, ovvio che se una persona ha superato i 60 anni forse non conviene riconvertirla ad un altro insegnamento...giusto.



Apro la tabella di Excel allegata dove ci sono i nomi e le classi di concorso e, sotto la mia, c’è scritto “Tutti ammessi”. Anch’io che ho 63 anni, che sono il più vecchio insegnante soprannumerario della Liguria e fra i più vecchi d’Italia? Fra i più vecchi della classe docente più anziana del mondo?

Ve lo racconto io come funzionano queste cose: sono corsi di riconversione, un grande mercato di soldi per i docenti universitari – che si staranno già azzannando e staranno mettendo in campo le loro amicizie politiche – oh, un corso di riconversione...che manna...ammettiamoli, ammettiamoli tutti!

E la clausola della circolare, del regolamento, della nota ministeriale...quella che diceva di guardare un po’ l’età dei candidati? Svista?



Ci sono poi i docenti che hanno scelto la carriera del sostegno – che non è roba da ridere – e che sono pure un po’ incavolati: loro hanno seguito tre anni d’Università, una sorta di seconda laurea. Noi – dalle prime anticipazioni (a microfono spento) – un centinaio di ore on line ed 8 in presenza.

A questo punto, ti danno l’abilitazione per affiancare ragazzi Disabili, Down...e via discorrendo.



Già...ma loro sono preparati ma precari, noi inesperti ma di ruolo...accidenti, come si fa? Vogliamo tenerci sul gobbo questi “inutili” (solo per la Gelmini) docenti ed assumerne altri più giovani? Eh no – conteggiano dal Ministero dell’Economia – prima si fa un bel aggiornamento in itinere per i vecchi, poi...si vedrà.

Ho lavorato con gli insegnanti di sostegno: ho capito che è un mestiere delicato, dove ci vuole tanta professionalità: non sono riuscito ad andar oltre, tanto il loro mestiere è fatto di sguardi, di attenzioni, di segni.

Ho parlato con un amico psichiatra, il quale mi ha spiattellato una serie di domande alle quali non ho saputo dare risposta: si dirà, devi fare il corso...



Il problema va oltre, tocca le famiglie italiane, i loro stili di vita: sembra d’avere a che fare (con i cosiddetti “normali”) con marziani usciti da un talk show o da una festa rave, tanto gli universi si distanziano. In mezzo a questi ci sono i DSA, gli autistici, i Down...e tutto poggia sulle tue spalle, le tue e quelle dell’insegnante di sostegno.

Lo psichiatra, che queste cose le conosce da 40 anni, afferma che è addirittura difficile distinguere chiaramente le varie sintomatologie e, dunque, le differenze d’approccio.

Figuriamoci una persona di 63 che per tutta la vita ha insegnato tutt’altro, dopo un corso di un centinaio di ore “on line”, come i corsi sulla sicurezza che fanno ridere e si capisce che sono stati fatti solo per movimentare dei soldi.

Anche questa volta, dopo fumosi accordi, la Regione concederà quel finanziamento, la Sovrintendenza attiverà quel corso, decideranno cosa spartirsi e, alla fine, ci sarò io, con i miei 63 anni a gestirmi qualcosa per il quale non sono stato preparato ad agire.



Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.

06 dicembre 2013

La seconda morte di Gandhi



Era il 1914 quando, mentre in Europa divampava la prima guerra mondiale, l’avvocato Mohandas Karamchand Gandhi vinceva la sua lunga battaglia contro l’apartheid in Sudafrica. Vinceva la prima battaglia: i matrimoni misti fra non cristiani furono ritenuti nuovamente validi e gli indiani furono nuovamente considerati lavoratori liberi, senza una tassa da pagare. La lotta dell’avvocato indiano era iniziata 11 anni prima, nel 1893, e Gandhi aveva subito ogni sorta d’umiliazione, dal viaggiare in predellino sulle carrozze a non poter sedere in prima classe sui treni pur avendo regolare biglietto.


Quattro anni dopo, nascevi tu.

Anche tu scegliesti gli studi giuridici per diventare il difensore dei più deboli, dei derelitti neri del Transvaal e di tutta l’Africa australe. Com’è andata, oggi lo sappiamo.

Ci sono voluti 100 anni e due vite per concludere la lotta, per rimettere a posto un errore lontano, iniziato con le caravelle di Cabral nel 1505, ma voi ci siete riusciti.

Di gente come voi non ne nasce più, oppure se nasce rimane nella lugubre ombra generata dai media mainstream che tutto dettano, tutto programmano, tutto ottengono. Come un negretto, anch’egli avvocato, che semina guerre per il mondo a capo della nazione più ricca e violenta, e che dichiara (sic!) d’esseri ispirato a te.

Riposate in pace: voi, la vostra lotta l’avete vinta. Onore a te, Madiba.

05 dicembre 2013

Italia illegittima


E così siamo tutti illegittimi...anzi, sono loro ad essere illegittimi...tutti: da Grillo a Letta ad Alfano. Ed illegittimo è anche il decadimento di Berlusconi, un bel rompicapo.


Illegittimo è anche – oltre ai vari nomi che potete leggere sulla stampa mainstream, sui quali non mi dilungherò – il governo Monti e tutti gli atti che ha prodotto, come sono da invalidare tutti gli atti del governo Berlusconi e di quello precedente, ossia del secondo governo Prodi.

Viene da chiedersi come la medicheranno e spunta il sospetto che “qualcuno” abbia desiderato il colossale rimescolamento di carte, perché questo è/può essere il crollo di una prima-seconda-terza Repubblica, come preferite.

Attenzione: non crolli finti come i precedenti che hanno generato le macchiette della seconda o terza repubblica bensì crolli veri: come le “repubbliche” francesi, tanto per capirci, che ci hanno messo quasi due secoli per compiere il loro ciclo.

E in Italia? Come è potuto accadere tutto ciò?



Prima di passare al “come”, vediamo quale può essere uno sviluppo futuro: qualcuno afferma che la Consulta abbia “dato tempo” al governo per elaborare ed approvare una nuova legge elettorale. In sostanza: quello che per anni non è stato mai fatto.

Ma questo esula dai compiti della Corte e nemmeno nelle motivazioni della sentenza può esserci traccia di un tale “consiglio” giacché sarebbe illegittimo due volte: primo, perché anche parte della Corte – nominata negli ultimi 7 anni – è illegale, almeno per i nuovi membri ma, e soprattutto, perché la Corte (illegittima) mai potrebbe entrare così a gamba tesa in politica, dando “consigli” ad un altro potere, quello legislativo (illegittimo).

Dilettanti allo sbaraglio – verrebbe da dire – e non cospiratori internazionali di larghe vedute: mezze tacche, galoppini del seggio, lacché del potere, ecco cosa capita agli sprovveduti.

Vediamo un attimo com’è nata questa legge.



Se ben ricordate, la legge fu licenziata ancora da Ciampi e fu, ovviamente, precedente al referendum costituzionale (come norma prevede) che si svolse nel Giugno del 2006 e dal quale uscì bocciata dagli elettori la riforma costituzionale preparata dal governo di centro-destra.

Quella riforma trasformava il Senato in organo consultivo quasi “territoriale” – ossia una sorta di Parlamento delle Regioni, sul modello del Bundesrat tedesco – e per questo motivo Calderoli creò la porcata: il premio di maggioranza assoluta per un solo voto di scarto è un abominio.

La bocciatura della riforma, però, condusse ad un altro risultato: rimanendo il Senato assemblea legislativa quanto la Camera – ma con una legge elettorale pensata per una diversa architettura istituzionale – successe che ogni tornata elettorale contava solo più per le votazioni al Senato, essendo la Camera assegnata con il premio di maggioranza.

Solo il governo Berlusconi (2008-2011) ebbe una maggioranza chiara, tutti gli altri risicarono e rosicarono voto su voto, e sempre solo al Senato.



Chiarito questo passaggio, veniamo al successivo: può, questo Parlamento, legiferare in materia di legge elettorale? No, evidentemente, essendo illegittimo.

La soluzione, quindi, è semplice e Beppe Grillo l’ha indicata: non bisogna essere dei costituzionalisti per capire che l’ultima legge elettorale valida è stata il cosiddetto “Mattarellum” e da questo non si può sgarrare. Ogni altra soluzione, che coinvolgesse l’attuale parlamento, sarebbe inutile perché subito cassabile da un ricorso alla Corte.



Non dimentichiamo la portata dei provvedimenti che – a norma di legge – hanno perso legittimità: il 5 per mille per il volontariato, tutte le norme in materia di lavoro delle ultime tre legislature, la riforma Gelmini, la riforma del mercato dell’acqua, la riforma Fornero delle pensioni insieme alla precedente riforma Damiano, gli aumenti dell’IVA del 2%, quelli sulle accise sui carburanti...insomma, dal 2006 tutto cancellato e da rifare.

Viene da chiedersi come mai la Corte abbia osato tanto.



Una traccia c’è, poi si dovrà valutare se è valida, ed è una traccia europea.

Da molti anni – ossia dal caso Rete4/Europa7 – l’Italia è il Paese che più ricorre in sede europea: alla Corte di Giustizia Europea ed al Tribunale per i Diritti dell’Uomo. Quest’ultimo, addirittura, circa un anno fa se ne lamentò chiaramente: non è possibile – dissero i giudici europei – che metà del tempo sia assorbito dall’Italia e da fatti italiani! E che, una volta emanate le sentenze, nessuno in Italia le applichi!



Di certo questa sentenza non gioca a favore dei potentati finanziari internazionali sorretti da tutti i governi in carica, soprattutto negli ultimi anni, che hanno messo in un angolo proprio la Costituzione (addirittura il Presidente!) ed ogni legge di garanzia.

Per loro, di meglio che le garanzie del Porcellum è difficile trovare ed è anche faticoso pensare ad una riscrittura di un corpus legislativo così copioso da parte di un nuovo Parlamento eletto con il Mattarellum: che la rivoluzione l’abbiano fatta i giudici? Mah...