17 agosto 2006

Brutte sorprese per Israele

E’ incredibile costatare come un mese di guerra – nel mondo globalizzato delle alleanze “a geometria variabile” – possa mandare a gambe all’aria strategie abilmente preparate con anni di lavoro diplomatico, militare e – soprattutto – d’interventi dei servizi segreti.
Il “Libano 2006” era stato abilmente preparato: dapprima l’uccisione di Rafik Hariri (che la Siria non aveva nessun interesse ad assassinare) aveva lo scopo d’allontanare le truppe di Damasco dal territorio siriano e di spostare il baricentro politico libanese verso Israele. Poi la risoluzione 1559, che prevedeva il disarmo di Hezbollah, avrebbe consegnato su un piatto d’argento il Libano agli israeliani, che si sarebbero “sistemati” a trenta chilometri da Damasco.
Il penultimo atto sarebbe stato l’attacco alla Siria da ovest (Israele) e da est (truppe USA in Iraq), per ottenere un duplice risultato: evitare che una futura tripartizione dell’Iraq consegnasse la parte sunnita ai siriani e quindi l’ultimo atto, ossia ottenere il completo isolamento dell’Iran per un attacco.
Questo mese di guerra ci ha invece mostrato cataste di bombe partire dagli USA per giungere in Israele, mentre – dall’altra parte – Russia, Cina, India, Vietnam e Corea del Nord rinforzavano l’Iran, che a sua volta inviava i razzi in Siria, la quale riforniva Hezbollah: un vero e proprio scenario da “guerra fredda” o, se preferite, una piccola riedizione del copione vietnamita, che è stato rispettato fino in fondo con la sconfitta israeliana.
La forza d’interposizione che si andrà a posizionare in Libano è stato l’escamotage che Israele ha dovuto accettare per non infilarsi nel classico cul de sac, ovvero in un nuovo Vietnam senza vie d’uscita. Non lasciamoci ingannare dalle apparenze: una forza ONU sotto comando francese ai confini d’Israele è una novità di quelle “pesanti”, quasi una bestemmia per Tel Aviv. Ricordiamo che Israele aveva più volte sprezzantemente affermato che, ai suoi confini, avrebbe accettato solo truppe americane.
Ancora una volta – dopo Cuba, il Vietnam e l’Iraq – i signori della guerra hanno dovuto inchinarsi ad una piccola forza guerrigliera determinata a resistere, costi quel che costi. Di fronte alla determinazione, il re di bombe è nudo.

04 agosto 2006

Le code di paglia della RAI

Tutti sono moderatamente felici – alla RAI – per i risultati dell’azienda, ad iniziare dal Ministro Gentiloni: ottimi risultati economici, buona qualità, concorrenza sconfitta. Per migliorare ancora la qualità dell’azienda sarà istituito un secondo indice per misurare la qualità del servizio: oltre al consueto Auditel – che misura lo share di gradimento – ci sarà anche un nuovo indicatore per valutare la qualità dei programmi trasmessi.
Ebbene, il nuovo “indice” sembra già nascere con il pollice verso, perché dopo alcune settimane di guerra – di una guerra della quale non si riesce a comprendere quale sarà la fine – la RAI non ha trasmesso un solo programma d’approfondimento dedicato all’evento, non una trasmissione.
Oggi è facile affermare che – ad Agosto – tutti sono in vacanza…la gente vuole divertirsi…i giornalisti sono in ferie…
No, non la beviamo. La guerra è iniziata il 12 Luglio: all’inizio di Luglio, gli italiani non sono ancora in vacanza, i giornalisti non sono in vacanza. Soprattutto, non sono in vacanza coloro che si prendono le bombe israeliane in testa.
Se si fosse trattato di un attentato di Al-Qaeda – come avvenne lo scorso anno in Gran Bretagna, proprio a Luglio – sarebbero scesi rapidamente in campo tutti i sapienti Soloni di regime per spiegarci anche l’ultimo capello della vicenda, ovviamente secondo il real pensiero di mamma RAI.
Dove sono – oggi – i Magdi Allam, i Franco di Mare, i Bruno Vespa, gli Igor Man, e poi i Caracciolo, i Mimum, i Mannoni, i generali, gli ammiragli…
Sono tutti in Costa Smeralda ed hanno spento il telefonino?
No, perché vorremmo informarli che in Libano si sta combattendo una guerra vera, di quelle che non si vedevano – per l’asprezza degli scontri, per l’incertezza dei risultati – da decenni, una guerra dove le nazioni dell’area potrebbero scivolare rapidamente in un conflitto generalizzato, con l’uso di missili con testate nucleari, chimiche e batteriologiche. Non lo dicono quattro scalzacani sul Web, lo afferma ufficialmente e con gran timore il Ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema.
Forse – visto che non si poteva sparare a zero sull’islamico di turno – mamma RAI non se l’è sentita d’affrontare un argomento dal quale i sostenitori delle guerre di Bush e di Israele sarebbero potuti uscire con le ossa rotte? Sappiamo d’essere una colonia USA nel Mediterraneo, ma non sapevamo ancora d’essere anche agli ordini di Tel Aviv.