09 settembre 2014

Ghiri



Com’è carino il ghiro, com’è pacioccone. E sonnacchioso: già, lo ricordiamo sempre – quasi fosse un aggettivo – riferito ad un umano, “dorme come un ghiro”.


Con tutte le novità che ci sono qui in Langa – il ritorno del lupo, la diffusione imperturbabile di cinghiali e caprioli (ora anche dei daini), qualche timida comparsa di orsi e linci (per ora è più un “si dice” che un “si sa”) più tassi e linci che ci sono sempre stati (si sentono quasi offesi...) – chi pensa mai ai ghiri?

Al più, ti fanno un po’ arrabbiare quando cerchi di raccogliere noci e nocciole, e trovi quelle degli alberi accanto al bosco già tutte inesorabilmente spaccate e mangiate. ‘Sti c...pensi: che cavolo di denti avranno? Già: se un ghiro ha mal di denti, però, nessuno lo sa. E non esistono ghiri-dentisti.

Ma c’è una storia che vi voglio raccontare.



Ci fu un tempo nel quale gli uomini, annoiati, cercavano emozioni sempre più forti: se un’alba non era iper-psichedelica non valeva una mazza, se una motocicletta non superava i 200 all’ora non era una vera motocicletta, se una ragazza non ci stava a farsi legare e poi scopare in gruppo non valeva nemmeno la pena di cominciare.

Fu per questa ragione che i mille e mille paesini italiani furono abbandonati: non fu la mancanza di lavoro, non fu la crisi economica, ma la noia, il sapere che “là”, in città, c’era un tripudio di emozioni sconosciute, che nulla valevano al confronto del fungo di due chili e mezzo o del cinghiale che superava il quintale.

Qualcuno ipotizzò un edonismo esasperato, ma non regge: forse fu soltanto la sete di curiosità, il senso d’avventura castrato, la noia del “diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale” (Guccini). Fu solo per questioni di mera economia che milioni d’europei, dopo Colombo, partirono alla scoperta del mondo? Non ci abbiamo mai creduto.



Così, nei mille e poi mille borghi arrampicati sui colli, rimasero solo dei vecchi pensionati che leggevano ogni giorno i manifesti mortuari, chi ce la faceva ancora seminava un poco d’insalata: i più, sonnecchiavano seduti al tavolino dell’unica “società operaia” ancora aperta, così come l’unico negozio d’alimentari era il solo rifornimento. Per le medicine, i giornali, le sigarette, un attrezzo – fosse anche un paio di forbici – bisognava recarsi al paese vicino, dove ancora esistevano i negozi. Fino a quando?

Inutile ricordare che i terreni erano in gran parte abbandonati, che sotto i portici delle cascine ammuffivano – nell’attesa di diventare “d’epoca” – vecchi trattori e le grandi case erano abbandonate, nelle campagne come nei borghi.



In tempi precedenti erano stati compiuti gravi errori, che divennero effetti d’eventi inarrestabili: la chiusura della rete dei consorzi agrari, la ferrovia tagliata – “rami secchi” – le scuole chiuse – “risparmi” – gli ospedali ridotti al lumicino – “accentrare le eccellenze sul territorio” – insomma, chi rimaneva era proprio l’ultimo dei Mohicani.

Si sapeva – l’aveva anche detto la televisione – che il campo abbandonato ci mette cento anni per trasformarsi in un bosco di querce: qualche anziano ancora ricordava e narrava di raccolti di granturco proprio là, dove oggi si raccoglievano i porcini. Ma nessuno dava la minima importanza ai ghiri: c’erano sempre stati...e allora?



I nostri simpatici dormiglioni continuavano a triturare noci, nocciole e semi d’ogni tipo: avendo a disposizione enormi quantità di cibo (che gli uomini più non raccoglievano) le famiglie crescevano e...c’era bisogno di nuovi alloggi!

Qualcuno rimediava il cavo di un albero, ma c’era sempre il rischio di una volpe o di una donnola affamata: i più previdenti scelsero, saggiamente, le case abbandonate dagli uomini. Altro che alberi cavi! Nei sottotetti si campava da re, e manco c’erano più quei gatti famelici di un tempo da temere: erano tutti castrati, mollicci e se ne stavano al caldo a mangiare croccantini!



Ma, si sa, la cuccagna finisce: per carità, nulla da temere da uomini, gatti e volpi...ma il tempo...accidenti che tempaccio...

Quell’anno, già ai primi di Novembre, cadde la prima neve: e mica poca! Subito dopo venne il gelo e le ultime noci e nocciole rimasero là sotto, sotto una spanna di neve gelata.

Oddio: quando non c’è la pasta si fa un bel minestrone, se manca anche la verdura si mangiano fette di pane abbrustolite sulla stufa e strofinate con l’aglio. E se mancano pane ed aglio? Sono cavoli amari.



Qui, i nostri ghiri hanno veramente una marcia in più: se manca tutto, i loro denti sono in grado anche di rosicchiare il legno. La pancia, almeno, è piena: non saranno i teneri gherigli delle noci, ma la fame è dura e ci si deve arrangiare.

Così, mentre gli uomini, dovutamente imbacuccati, sedevano qualche minuto fuori della “società” prima di rientrare al caldo a bere un caffè od un punch bollente, i ghiri lavoravano e mangiavano. I più anziani fra gli uomini ricordavano vecchie storie “L’Inverno del ’44 ancora lo ricordo...quanta neve, e c’era la guerra...” “Mio nonno raccontava che quello del ’17 fu lungo e nevoso, ma loro erano contenti: se nevica, non si va all’assalto!”



Intanto i ghiri – che dovevano andare in letargo, ma avevano ancora fame e...addormentarsi a pancia vuota non si può, non ci si riesce... – terminarono tutte le scorte e cominciarono i gusci, ma scoprirono ben presto che le vecchie travi del tetto erano più morbide. Le prime vie d’acqua avevano fatto marcire il legno, che s’era intenerito e seminava segatura solo a raschiarlo.

Il nonno, con i vecchi denti gialli e consumati da migliaia di noci, lentamente raschiava e trangugiava, come facevano – con maggior solerzia – i più giovani mentre i piccoli iniziavano anch’essi a comprendere la dura realtà dell’esistenza: com’era dolce il latte della mamma...ora quelle tettine sono diventate piccole e secche...ma guarda te cosa ci tocca mangiare per sopravvivere...nonno, hai ancora una noce? Taci, taci e raschia.



E’ proprio vero che nel samsara nessuno è felice e tutti hanno sempre qualcosa di cui lamentarsi: finalmente, a pancia piena, i ghiri riuscirono a cadere in quel magico mondo del letargo, una sorta di dormiveglia attento ai pericoli, ma sufficiente per ridurre i consumi di prezioso grasso interno al minimo, e l’inverno passò.



Quanto sarebbe saggio, a fronte di sempre nuove guerre, se i governi ordinassero – alle prime avvisaglie belliche – il “letargo generale”, almeno per qualche settimana invernale, così da risparmiare gas, alimenti e vite umane! Ma torniamo a noi.



Trascorsero tre Inverni di quelli di “una volta”, con il loro bravo metro di neve e gli uomini – quelli che non erano comparsi sui manifesti mortuari – tornarono a ricordare: il ’37? Un metro e venti. E il ’28? Quasi due metri! Dai, andiamo a berci un punch, che qui fa freddo.

Nessuno s’accorse del lavorio dei ghiri: quando, di Primavera, si svegliavano erano colti da un appetito famelico e divoravano la prima cosa che potesse finire sotto i loro denti. Le travature dei tetti, ovvio: sarebbero passati ancora almeno tre mesi prima che fossero state disponibili le prime bacche e qualche nocciolo.

Così andò avanti per quei tre inverni duri e freddi: verso la fine del terzo inverno, cadde della neve bagnata e pesante, di quella che sparisce in un paio di giorni di sole. Prima, però, proprio per la sua alta densità, è pericolosa, giacché quaranta centimetri pesano quanto un metro: fu il disastro.



Il tutta l’Italia centro-settentrionale, ma anche sulla dorsale adriatica, sui monti – soprattutto nelle zone poco abitate – avvenne il disastro: migliaia e migliaia di tetti crollarono, compresi quelli d’antiche chiese e manufatti di pregevole interesse storico. Le perdite di vite umane furono bassissime: casi sporadici, gente che era passata accanto agli edifici proprio durante i crolli.

I danni materiali, invece, furono incalcolabili: tutte le persone che avevano avuto le abitazioni seriamente danneggiate se ne andarono, chi in città, chi emigrò, chi s’appoggiò a lontani parenti che vivevano lontano, chi in Italia, chi all’estero.



La situazione politico-economica era assai difficile: nelle città i viveri erano razionati e le occasioni di lavoro poche e di scarso guadagno. Sarebbe stato necessario ri-colonizzare il territorio ma – dopo quella batosta – le cifre per farlo risultarono esorbitanti: il territorio fu abbandonato e, nel volgere di un decennio, circa 5.000 comuni italiani – circa la metà – risultarono abbandonati.

Il governo, in ogni modo, nominò una Commissione di Saggi che dovevano, in origine, essere 10 persone poi – non si sa come e perché – salì a 26, poiché furono inseriti anche geologi, idro-biologi, matematici e numerosi storici dell’arte, per valutare il danno degli edifici storici.



Anni dopo la relazione fu pronta: alcuni milioni di case distrutte, migliaia di chiese, palazzi nobiliari, castelli, ecc. Non fu mai eseguito un calcolo, anche approssimativo, dell’investimento necessario.

Ovviamente nessuno s’accorse del disastro provocato dall’inurbamento dei ghiri: tutto fu addossato ad “eventi meteorologi” associati alla “vetustà delle abitazioni”. A nessuno venne in mente di chiedersi perché tutto era successo quasi nello stesso lasso di tempo (e continuò a succedere): le commissioni di “saggi” dell’epoca servivano solo a produrre molta carta, come i cessi pubblici.



Il Paese andò così avanti: le grandi vie di comunicazione rimasero aperte e le principali città ancora abitate, ma a cento metri dagli steccati autostradali non era consigliabile recarsi. I pericoli erano tanti e, soprattutto, là non c’era nessuno: almeno, così si credeva.



Un secolo e mezzo dopo, finalmente, il Paese si risollevò dalla terribile crisi iniziata per mere questioni di bilancio e terminata con il dimezzamento della popolazione, vuoi per il saldo demografico, vuoi per l’emigrazione.

Un lungo processo rivoluzionario condusse alla nuova situazione: tutto era mutato, in Italia e nel mondo.

Il nuovo governo – chiamato “Direttorio” – ritenne necessario occupare le terre abbandonate un secolo e mezzo prima: l’economia in crescita necessitava di maggiori derrate alimentari e di grandi biomasse per alimentare la nuova industria chimica che doveva – in assenza di petrolio – ricavare dal mondo naturale ogni sostanza, i nuovi “intermedi” di base.



Alcune colonne iniziarono la nuova esplorazione, forti delle vecchie cartine che indicavano borghi e strade: le strade erano quasi tutte impercorribili, oppure riuscivano a transitarvi piccoli mezzi per brevi tratti. Siccome i mezzi erano tutti elettrici, era molto difficile rifornire le colonne che avanzavano: bisognava costruire linee elettriche lunghe decine di chilometri.

Improvvisamente, una colonna fu colta di sorpresa dal fuoco di molti fucili: chi erano?!?



Giunsero i militari ed avanzarono rintuzzando il fuoco nemico: a poco a poco, si riuscì a parlamentare con questi gruppi, dei quali nessuno immaginava lontanamente l’esistenza.

Erano veramente una nuova razza. Nei loro tratti c’era qualcosa di africano – alcuni erano meticci – ma anche occhi a mandorla...visi europei e tratti mongoli...insomma, c’era di tutto.



Parlavano una lingua che assomigliava molto all’italiano di un tempo – la sintassi era quasi identica – ma molti termini erano incomprensibili come “sciut”, col quale indicavano la pianura (forse “luogo asciutto”, mentre ogni essere di sesso femminile era chiamato femana, fema, femun...tutte con la radice “fem”. Signore e signorine erano scomparse dal dizionario. Sarebbe molto lungo approfondire il loro dizionario, ma anche avvincente.

Erano comunità di cacciatori e raccoglitori, ma avevano anche armi da fuoco: nelle case abbandonate trovarono dei veri e propri arsenali, e s’industriarono per fare la polvere da sparo.



Nelle lunghe discussioni che seguirono, essi affermarono di tenere d’occhio i “carticùn” – ossia gli italiani civilizzati – perché temevano intrusioni ma, abitando solo le aree lontane dalle vie di comunicazione, vissero indisturbati.

Questo pose un grosso problema, perché fu a tutti chiaro che un bene – la terra – era desiderato da entrambi. Fu stabilita una sorta di “pax romana”, ossia i fondovalle con le aree più fertili (gli “indigeni” non coltivavano quasi nulla) ai nuovi venuti, e le aree collinari ai residenti, i quali accettarono d’iniziare un processo d’integrazione, ad esempio mandando i bambini a scuole speciali, adatte alla loro lingua ed al loro pensiero.



Come andrà a finire? Chi vivrà vedrà, ma nessuno immaginava il potere distruttore del ghiro, che meriterebbe un posto d’onore nello stemma della futura Repubblica Comunitaria d’Italia.

03 settembre 2014

Andarsene



“C’é un tempo giusto per andarsene anche quando non si ha un posto dove andare.”


Anonimo



Chissà perché, ultimamente accendo il PC solo per giocare a Spider: eppure so che l’algoritmo del programma è pianificato per rendere il gioco sempre più difficile man mano che il record scende. Potrei cambiare alcuni dati su certi files, per aggirare questo “blocco”...troppa fatica: va bene così, tanto per passare il tempo.

Talvolta provo a scorrere il Web per cercare qualche articolo un po’ “frizzante”, ma c’è un mortorio che fa paura: nell’era della guerra fra grillini vs resto del mondo (attacché al potere, residuati bellici del comunismo del tempo che fu, integralisti di tutte le risme, ecc) ogni dialogo si stempera e rifluisce nel nulla delle sabbie, ogni uadi viene inghiottito dal deserto.

Peggio ancora, ascoltare il promissorio di Renzi: fra un po’ ci racconterà che avremo tutti 800 euro il mese in più, che riconquisteremo la Libia e Nizza tornerà italiana. E’ proprio uno spasso.



C’è chi scuote la testa ed afferma che “tanto ci sarà la Terza Guerra Mondiale”, ne è sicuro, ogni evento che si verifica nella geopolitica planetaria lo indicherebbe: c’è da chiedersi se quella “certezza” non sia la disperata ancora di salvezza lanciata a mare da chi è sconfortato, una sorta di “crepi Sansone con tutti i Filistei” (e magari anch’io che fingo di crederci, che per afflizione ha raggiunto limiti insopportabili).

Eppure, nel Pianeta, non c’è aria di guerra – almeno per i prossimi anni – dopo, certo, nessuno può azzardare previsioni: dire che fra un decennio la Cina e gli USA si scontreranno, è come affermare che fra un decennio il Catania vincerà il campionato di calcio.



Gli USA “non stanno troppo bene” e cercano disperatamente di far fuori l’ennesimo “pacco” aeronautico di produzione nazionale: fra un po’, ci sarà solo l’Italia a credere ancora negli F-35. Che sono la continuazione di un altro disastro, l’F-22, l’aereo “stealth” che andava in tilt per le chiamate dei cellulari.

Gli USA non hanno preso sonore batoste negli ultimi anni, ma un logoramento continuo e pernicioso: ancora ricordiamo quando, in Iraq, smontavano le lamiere dei mezzi saltati sulle mine per saldarli sui tank decenti e rabberciarli.



La Russia ha vinto la sua partita con la Georgia, ma ad un prezzo troppo alto in termini di perdite (soprattutto velivoli) e non ha nessuna voglia d’imbarcarsi in una nuova avventura: dopo la Crimea, a lei basta il solo Donbass...poi, l’Ucraina vada a farsi fottere.



Israele picchia come un dannato su Gaza, ma quando ha tentato d’attraversare il Litani (verso il Libano) Hezbollah gli ha distrutto mezza divisione “Golani”, il fiore all’occhiello di Tzahal.



La Cina ha bisogno di decenni prima d’essere in grado di reggere una guerra, ma non ne ha motivo: perché dovrebbe distruggere i mercati che assorbono la sua produzione? Idem per l’India o per il Brasile.



Inoltre, il saggio di profitto – investendo in Oriente per rivendere in Occidente – è ancora abbastanza alto da far saltare sulla sedia chiunque parli di guerra: di quanto aumenterà il prezzo del gas? a quanto rinunceremo nelle esportazioni? Ma lasciamo perdere...l’Ucraina è un affare tedesco, che se la sbrighino loro...

Insomma, sarebbe ora che chi alimenta gli “spiriti di Odino” la smetta, perché abbiamo alle spalle un decennio di “certissima, anzi, imminente” guerra all’Iran: qualcuno l’ha vista?

Si sa: il think-tank statunitensi qualcosa devono scrivere, altrimenti i loro padroni tagliano i finanziamenti e li stornano verso altri, ancor più decisi, gente che scrive con indosso la mimetica.



Poi, ci sono i banchieri, gli istituti finanziari, le grandi holding delle monete...per loro, ora, va tutto benissimo: lucrano sui debiti pubblici – sì, è vero, devono pagare i loro lacché politici: probabilmente ne hanno pure schifo – e va bene così. Domani qualcuno non ce le farà a pagare? Inizieranno le “dismissioni” del patrimonio pubblico, ossia le “confische” mascherate: preferisci morire di fame oppure cedere Pompei ad una società del Qatar? Oltretutto, voi la lasciate andare alla malora...

L’Italia, quest’anno, è caduta al 5° posto mondiale per presenze turistiche, dietro a Francia, USA, Cina e Spagna (1). Dopo l’industria e l’agricoltura, anche la principale risorsa nazionale scende a picco: troppe tasse, poca promozione internazionale, nessuno schema d’intervento sul territorio...ed anche il primo Paese al mondo per archeologia, patrimonio artistico, cultura e cucina va al quinto posto, perché mancano le teste pensanti di una vera classe dirigente.



Così, il principale bersaglio per cambiare qualcosa e sopravvivere diventano i guerrafondai ed i banchieri: giusto. Ehm...qualcuno ha un’idea, una sola idea su come cambiare le regole del mercato, del liberismo, delle mille guerre dimenticate? Si va a bussare a Francoforte, al Bilderberg, a Bruxelles...oh certo, lor signori hanno una paura terribile.

Qualcuno vuole andarci armato di fucili e pistole: ehi, i tempi della Rivoluzione Francese o Russa sono finiti...vi farebbero fuori a chilometri di distanza. Magari con un aereo senza pilota.



Va benissimo, è attraente fare ipotesi “di scuola” perché dissertare d’economia e di filosofia non può che far bene: soltanto, smettiamo d’immaginare che qualcuno che conta se ne accorga, o, addirittura che faccia sue queste teorie! Oppure, che servano minimamente a risolvere il vero problema: far fuori questa massa di tarlucchi che si fanno chiamare “politici”. Che rimane sempre la prima tappa.

Un breve esempio?



Negli ultimi giorni d’Agosto la Camera (all’unanimità) aveva approvato un provvedimento per “ringiovanire” la classe docente (la più vecchia del mondo): non erano grandi numeri, 4.000 persone, i cosiddetti Quota 96. Ebbene, nel passaggio al Senato il provvedimento è stato bocciato (o ritirato) dopo l’intervento di “uomini della Ragioneria dello Stato”. Un organo tecnico che impone uno stop a quello politico! L’ex sen. Imposimato (ed ex Presidente della Corte Costituzionale) ha dichiarato che si è trattato di un gravissimo vulnus costituzionale, da far intervenire subito la Consulta. Sì: aspetta e spera.



Riflettiamo su cosa sta ad indicare un simile evento: c’è un’architettura istituzionale fatta in un certo modo, ossia il Governo conduce le danze, il Parlamento detta le leggi, il Presidente controlla. Facciamo finta che sia ancora così.

A questo punto, “qualcuno” di un organo squisitamente tecnico come la Ragioneria va in Senato, dice quattro paroline a chi di dovere e – ciò che la Camera ha approvato all’unanimità (notare l’assurdità della vicenda) – viene repentinamente e velocemente stralciato o bocciato.

Torniamo alla nostra “supposta” (interpretate il termine come vi pare) architettura istituzionale: non serve votare qualcuno che poi nominerà il ministro dell’economia, tanto c’è qualcun altro che – magari – prende ordini direttamente da Francoforte o da Bruxelles (oppure da Londra o da Washington, non importa) e può – col peso della spada di Brenno – far decidere ciò che vuole.



Non voglio impegnare col mio canto orecchie già troppo provate, o che già sanno queste cose, bensì chiarire alcuni meandri di questo sistema para-mafioso: ad esempio, la figura di Franco Bassanini è sottovalutata. Dopo essere volato in soccorso a Sarkozy (il nostro uomo è un ex PCI, PdS, PD...) per “rimettere in sesto” il mercato del lavoro francese (cosa parzialmente non riuscita) torna in Italia e, subito, va a sedersi alla poltrona di Poste spa, dove può controllare il più copioso serbatoio di risparmio italiano.

Nel frattempo la moglie, Linda Lanzillotta, era stata “comandata” a rimanere in Italia, nelle file prima della Margherita, poi del Partito Democratico, quindi di Alleanza per l’Italia (Rutelli) e infine (per ora) è migrata con Monti in Scelta Civica per tenere d’occhio in conto terzi cosa fanno i bimbi-minkia, i mezza età-minkia, gli anziani-minkia del Parlamento italiano.



Se la regola è “piatto ricco mi ci ficco” anche all’INPS (soprattutto dopo la riforma Fornero) ci sono i miliardi, e tanti! Basta urlare ogni tanto all’emergenza per poi spennare bene gli italioti, regola praticata negli ultimi vent’anni alla grande: Berlusconi docet.

Ecco che spunta Mastrapasqua, che occupa non so quante presidenze di enti pubblici e privati – decine, mi pare – in barba ad ogni regola istituzionale, prima di tutte la decenza. Ma viene scoperto a trafficare con i fondi dell’INPS e quelli dell’Ospedale Israelitico di Roma: nell’inchiesta che segue, “scoprono” anche che s’era comprato gli esami per la laurea in Economia. Le dimissioni sono d’obbligo.

Oggi, l’INPS è nelle mani di Vittorio Conti – un economista vicino alla Banca d’Italia – che ha un incarico a termine fino al 30 Settembre.



Questo per dire cosa?

Che, ovunque ci siano dei soldi “veri” gli uomini piazzati sono di sicura fedeltà: lo Stato – come espressione della tripartizione dei poteri – non esiste più da tempo.



Nessuno è in grado di far cambiare idea a questo ceto politico: nemmeno il M5S, percepito dagli italiani oramai come gente che dice cose giuste, ma che non sa come realizzarle. Gli “altri” italiani, continuano a far mazzette – dal centro alla periferia, da Nord a Sud – ed a partecipare al grande gioco a premi “Mafia- Camorra-N’drangheta-Sacra Corona Unita in torneo”: chi riuscirà a seppellire più rifiuti tossici? In palio, ricchi premi e cotillon.



Il M5S – da qui in avanti – rappresenterà quelle persone che furono radicali, oppure che lottarono all’interno della sinistra, ma anche della destra e che oggi non sanno più a che santo votarsi, ma solo una parte.

Il problema è che l’altra parte degli italiani o li percepisce come moralizzatori, oppure non ha fiducia in loro perché reputa le loro ricette prive dello spessore politico necessario: dopo un “non programma” sarebbe ora di passare ad un programma vero, con quale confrontarsi – in primis – con la popolazione.

Risultato: 20% a vita, senza speranze d’arrivare a nulla. Perché il M5S non ha cercato di fare proposte innovative che avvicinassero una larga fetta d’italiani (i non mafiosi)? Ad esempio, ha quasi abbandonato il problema che più viene dibattuto oggi in Europa, ossia Energia e Trasporti. Cercate un piano di tipo tedesco, ossia 80% di rinnovabili per il 2050? Accomodatevi: è qui (2), fatene pure quel che volete, basta – per sola correttezza – citare la fonte.



Ma c’è qualcuno che lotta in silenzio contro questa classe politica: lo fa senza proferir parola, senza impennate, senza scendere in piazza.

Sono anch’essi disperati: sono i cosiddetti “cervelli in fuga” (3) che non sono soltanto “cervelli” ma anche braccia: ad Ottobre, il mio pescivendolo se ne andrà in Gran Bretagna, perché là cercano gente brava per sfilettare il pesce...non saranno più orate e branzini, ma aringhe e merluzzi...e allora? Sempre pesce è: magari c’è più lavoro nel settore del sushi...e lo stipendio? Non può parlare troppo perché il padrone lo osserva...ma fa un gesto con la mano che è più che eloquente.

Se ne vanno tutti, ingegneri e falegnami, medici e gommisti...chiunque sappia far bene una cosa non ha motivo per rimanere in un Paese dove le occasioni sono pochissime ed incerte mentre le tasse sono altissime e garantite: non mi piace citarmi, però già nell’Aprile del 2009 mettevo in guardia contro questa rovina in “Questo è un Paese per vecchi” (4).



Scappano ad un ritmo sempre più serrato (5): gli italiani all’estero, a fine 2012, erano 4.341.156, con un trend in aumento di 132.139 unità. Il 44% è rappresentato da neolaureati che non hanno trovato occupazione in Patria.

Anche queste cifre, però, rischiano d’essere aleatorie e traballanti: perché? Poiché provengono dalla banca dati del Ministero degli Esteri, il quale è un database al quale ci si deve iscrivere: cosa vuol dire? Che l’iscrizione è volontaria: i nostri lavoratori all’estero potrebbero essere molti di più e nessuno lo sa. Qualcuno sa – censimenti a parte – quanti sono gli extracomunitari presenti nel Paese? E i sans-papier?



E s’aggiungono anche le persone di mezza età (6): scusate, ma questi meritano veramente una medaglia d’onore, perché non è facile lasciare l’Italia a 50 anni, dimenticare il caminetto che costruisti vent’anni prima, sperando che quello fosse il punto d’incontro di una famiglia felice. Invece, fai le valige e vai in Canada od in Australia e ricomincia da capo: se quelli che si sparano un colpo meritano tutta la nostra pietà ed umana comprensione, quelli che reagiscono e ci provano di nuovo meriterebbero sì la “medaglia del coraggio”.



Infine, ci sono anche i pensionati (7) i quali, invece di mangiare – qui, in Italia – pane e latte con le loro pensioni, scappano, vanno in posti come L’Argentina o le Canarie dove, almeno – grazie alla moneta od al diverso potere d’acquisto – possono permettersi anche, ogni tanto, due fette di pesce spada. La Patria? Ah, terra grifagna...

Cerchiamo di tirare le somme di questa analisi.



Una “leva” è composta – oggi – da 460.000 nuovi nati italiani e da 70.000 infanti stranieri. Vent’anni fa, gli italiani erano 550.000 e gli stranieri 20.000 (tutte le cifre sono state arrotondate).

Che il “seme italico” stia percorrendo un lungo ed inevitabile declino, già lo sapevamo: che succede se, di quel mezzo milione circa, se ne vanno ogni anno in...facciamo 50.000?

Ve lo dico io che sono stato insegnante: se ne vanno i migliori, quei 3-4 per classe che fanno la differenza.

Col tempo, emigreranno anche 2-3 che andranno a fare i falegnami od i saldatori, così – in Italia – rimarranno i peggiori. I figli degli extracomunitari seguono un percorso similare, ma pochi riescono ad emergere, almeno per ora.



Una parte dei bimbi-minkia rimanenti si sistemerà – grazie ai buoni uffici di papà e mammà – in politica, andranno ad ingrossare le fila di quel milione d’italiani che campa credendo d’essere classe dirigente. Diventeranno, così, mezza-età-minkia ed anziani-minkia: ma benestanti ed in buona salute.

Gli altri, si leveranno il sangue per pagare fior di tasse (e mantenerli) e seguiranno una vita ritmata dai piani industriali di Marchionne e dalle promesse del Renzi di turno. Moriranno poveri, senza mai arrivare ad uno straccio di pensione, perché i bimbi-minkia, quando cresceranno, alzeranno l’asticella ogni anno. Già lo fanno oggi, figuriamoci domani: un vero e proprio scenario da Orwell. A ripensarci, meglio Huxley con le sue allucinate felicità.



Andandosene, si raggiungono due specifici obiettivi: si campa meglio, al diavolo tutta la retorica sul “belpaese” e sulla patria (min). Magari non ci sarà il mare o il bosco di casa, ma tornate a chiedere a quelli che hanno mare e bosco come campano.



Il secondo obiettivo è meno appariscente, ma più “strategico”: mi dite voi, come farà a sopravvivere (od a decollare economicamente) un Paese che non ha un futuro industriale, un futuro agricolo e nemmeno turistico? E quando non ci saranno più teste pensanti (che già oggi contano poco o niente)?

Sarà una nazione che crollerà lentamente, ma più in fretta del previsto: più in là non mi spingo – la mia età non me lo consente – e ci sono giovani scrittori che hanno bisogno di scrutare il futuro: lo facciano, si divertano e soffrano un poco anch’essi.



Da parte mia, ho già scelto: Madeira. Dovrò prima mettere a posto alcune cose, mettere in mare la Gretel e poi veleggiare. Le mie ceneri riposeranno in Atlantico? Non importa: il mare, a pensarci un attimo, è uno solo che tutto circonda ed accarezza. Sono gli uomini a dargli tanti nome diversi, per distinguersi gli uni dagli altri e dimenticarsi così che non esistono le razze, ma solo la specie.



(1) Fonte: http://www.nomisma.it/index.php/it/newsletter/focus-on/item/318-7-febbraio-2010-il-sorpasso-il-turismo-straniero-in-italia-supera-quello-domestico/318-7-febbraio-2010-il-sorpasso-il-turismo-straniero-in-italia-supera-quello-domestico

2) Vedi : http://www.lolandesevolante.net/blog/2011/05/perche-siamo-contrari-al-nucleare/

3) Fonte : http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/16/giovani-crisi-siamo-messi-cosi-male/231632/

4) Fonte : http://carlobertani.blogspot.it/2009/04/questo-e-un-paese-per-vecchi.html

5) Fonte : http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/06/emigrati-cervelliinfuga-estero-lavoro/553900/

6) Fonte : http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/16/crisi-laddio-allitalia-degli-over-50-li-senza-futuro-anche-le-grandi-aziende-non-pagavano-piu/1023530/

7) Fonte : http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/11/pensionati-in-fuga-dallitalia-vita-da-ricchi-con-la-stessa-pensione-e-i-risparmi/955591/