29 dicembre 2013

Raccontane un’altra, Leonid Napolitanskj



Così, Signor Presidente, la sera del 31 Dicembre comparirà – come sempre – a reti unificate per il messaggio di fine anno, al quale staranno già febbrilmente lavorando i suoi collaboratori, perché quest’anno è dura raccontare balle, pure fingersi moralizzatore. Nemmeno sposare la causa dei “più umili” servirà, poiché i più umili fra gli umili hanno perduto l’umiltà e non si fanno più infinocchiare.


Il suo gradimento fra gli italiani scende a picco come i consumi (caduti di 4,2 miliardi a Natale), come l’occupazione giovanile che in certe regioni tocca oramai il 50%, come gli artigiani che chiudono bottega, le serrande abbassate, i licenziamenti per motivi “economici” e quant’altro che non stiamo a ricordarle.

Siamo sicuri che – di fronte a questo sfacelo – lei rinnoverà il suo messaggio di speranza: ne abbiamo sentite tante, dai mille “sol dell’avvenire” alle “fine del tunnel”, sempre evocate e sempre deluse, con la china che diventa ripida e scende in un abisso senza soli né avvenire né, tanto meno, sbocchi all’aria pura. Sempre tenebre e treni contro i quali andare a sbattere.



Lei cosa c’entra? Glielo riassumo in due righe: lei è uno stalinista patentato, mai un dubbio le ha sfiorato la mente, sin dai tempi dell’Ungheria.

Le do una rinfrescata di quegli eventi, tanto perché non dica che noi “non sappiamo”.



La fonte è inappuntabile: Veljko Micunovič, ambasciatore jugoslavo a Mosca durante il cosiddetto periodo della “destalinizzazione” ad opera di Nikita Sergeevič Chruščëv. La testimonianza è contenute in “Soggiorno a Mosca” edito a Belgrado nel 1977 (Moskovske godine).

Ai primi di Novembre del 1956, si compiva il destino di Imre Nagy: non entriamo nel merito della vicenda, bensì fermiamoci agli aspetti diplomatici.



Ben sapendo che all’esterno del blocco filo-sovietico ci sarebbero state due nazioni contrarie – Cina e Jugoslavia – Chruščëv tentò un ultimo approccio con Tito e scese, ai primi di Novembre, all’aeroporto di Pola (Pula) per cercare un accordo con il leader jugoslavo.

Josif Broz sapeva che la Jugoslavia, da sola, non sarebbe stata in grado d’opporre più che una resistenza di bandiera allo strapotere sovietico, ma tentò comunque una via per salvare – almeno – la faccia di fronte al massacro che già s’intravedeva..

Tito era a Brioni – sua residenza abituale in Istria – che è una piccola isola a due passi dalla costa ed i due illustri ospiti (c’era anche Molotov) furono imbarcati su un cacciatorpediniere della Marina Jugoslava il quale ebbe l’ordine – direttamente da Tito – di raggiungere almeno un punto a metà fra l’Istria e la costa italiana prima di tornare indietro e sbarcarli a Brioni.

L’Adriatico era in tempesta: la prima bora della stagione era scesa su Trieste ed il mare era terribile.

Dopo un paio d’ore su quel caccia, i due scesero a Brioni dopo aver vomitato anche l’anima e trovarono un Tito allegro ad attenderli, che salutava calorosamente i due “compagni” sovietici, i quali erano verdi come ramarri.

Nella cena che Tito offrì – ed alla quale i due ospiti non fecero molto onore – si parlò del destino di Nagy e Tito prospettò la disponibilità della Jugoslavia per ospitare i dissidenti magiari, così da non creare un caso internazionale. In quel momento, la sopravvivenza di Nagy non era in discussione.

Chruščëv e Molotov annuirono ed accettarono: nulla sarebbe successo a Nagy senza che gli jugoslavi non fossero preventivamente avvertiti. A Tito parve un successo diplomatico ma, appena tornati in Patria i due cambiarono opinione: e se la Jugoslavia avesse sfruttato a fini politici la generosa ospitalità fornita ai magiari?

Come andò a finire lo sappiamo: Nagy fu impiccato in gran segreto.



All’epoca della crisi era a Mosca anche Palmiro Togliatti, come rappresentante in seno al PCUS dei comunisti italiani. Micunovič appunta sul suo diario: “Oggi c’è stato il discorso del rappresentante italiano, Palmiro Togliatti. Non avevo mai assistito ad un discorso così servile e zeppo di piaggeria nei confronti del padrone di casa, l’URSS: non vi è nulla da riportare.”

Quel “nulla da riportare” – nel linguaggio diplomatico – significa che non conti niente, non hai detto nulla, non hai pensato niente: in altre parole, che non sei nessuno. Altro che “il migliore”.

Lei, all’epoca, era già un dirigente del PCI e si lasciò andare a dichiarazioni (1) le quali, al minimo, sarebbero dovute essere un ostacolo insormontabile per la sua elezione alla Presidenza: posso capire il suo accettare la ferrea legge della Guerra Fredda (chi è di qua, chi di là), ma lo sterminio compiuto dai sovietici rimane abominevole. Ma veniamo all’oggi.



E’ di pochi giorni fa la scoperta del “diario” (2) – in realtà una semplice serie d’annotazioni – di Padoa Schioppa, il quale – da buon montanaro veneto – non comprendeva il lavorio sotterraneo di Napolitano contro il governo Prodi. Perché ogni volta che chiediamo la fiducia ci convoca (me o Prodi) al Quirinale per protestare, mentre successivamente con Berlusconi non fiata? Questo è – in estrema sintesi – il pensiero di Padoa Schioppa.

L’obiettivo non era semplicemente disarcionare Prodi, bensì creare le condizioni per le ben note “larghe intese”, alle quali – già all’epoca – lei lavorò alacremente, ma Prodi preferì cadere piuttosto che rinunciare all’alternanza di governo. Non importa: saldò il conto con Romano Prodi nel 2013, all’atto dell’elezione alla presidenza.

Dopo venne l’ennesimo governo Berlusconi: un disastro, ma una sciagura piatta come un gelido mare invernale, quasi una rovina annunciata dall’incompetenza, dall’incompiutezza di una pletora di sergenti nominati generali e colonnelli. Con Berlusconi nei panni di un pletorico, ma esangue, Napoleone.

E venne finalmente il suo momento: la nomina di un governo mai eletto eppure perfettamente costituzionale, se si eccettua che la legge elettorale era fasulla dal principio. Ma – guarda a caso – l’aveva promulgata Ciampi, non lei.



Molti – io compreso – la chiamano oramai vezzosamente Re Giorgio ma non ritengo che questo epiteto sia consono al suo rango: le sta molto meglio quello di segretario del PCUS, perché quello è il suo modello. L’Italia è diventata molto simile all’URSS di “nonno Breznev”, l’ultimo vero sovrano sovietico: un luogo asfittico dove tutto era già scritto, dove la casta militare dettava leggi, dove la magistratura era logorata dai tempi e dai cavilli, dove l’industria era solo di Stato. Ma con le dovute differenze.

La corruzione, all’epoca in URSS, era tollerata poiché era di piccolo cabotaggio: a quel tempo, piuttosto che aspettare (le famose “liste” per ogni cosa), il cittadino sovietico cui s’era rotto il motore del frigorifero preferiva ricorrere al cognato del cugino – il quale lavorava nelle riparazioni degli elettrodomestici – per avere il pezzo, piuttosto che aspettare mesi. In cambio, cosa offriva? Dipendeva dal suo mestiere: se lavorava alle rinomate “officine Lenin” qualcosa di meccanico, oppure le solite derrate alimentari provenienti dalla dacia, ecc.

La grande corruzione era, invece, appannaggio della grande politica, ma c’era un deterrente: la pena di morte combinata con le agguerrite camarille politiche, le lotte per la successione...insomma, in URSS qualcosa – per la corruzione – si rischiava.



Qui, invece, lei è a capo di un’Armata Brancaleone dedita alla piccola razzia: tutti rubano quel che riescono a portar via, si fanno corrompere secondo il livello. Si va dai piccoli assessori che mettono insieme 10.000 euro per volta di mazzetta ai grandi boiardi di Stato, i quali sono parte di una “casta nella casta” ed i cui nomi ricorrono da un’inchiesta all’altra e, quando riesci a beccarne uno, salta pure fuori il ministro della giustizia a negare tutto.

Già, si tratta di suo figlio “testimone inattendibile poiché reticente”...nella famosa storia di Ligresti? No...caso Parmalat, dieci anni or sono, Piergiorgio Peluso (figlio della ministra) era già in pista (3) insieme alla solita ghenga...Geronzi, Arpe, Tanzi, Ciarrapico...e tutta la banda del buco che ben conosciamo.

Molto divertente il caso dell’assessore che pretendeva la “marchetta settimanale” dalla sua segretaria: degno della miglior pruderie, da letteratura d’appendice francese fin de siècle (4).

Perché si lascia che tali notizie diventino di pubblico dominio?



Per riuscire a giustificare l’ingiustificabile e legittimare governi che non hanno più nessuna legittimità costituzionale: sono – al più – supplenti nell’attesa che, con una nuova legge elettorale (che non fanno mai), torni qualche titolare. Insomma, ci sono le mele marce e quelle buone, raccontano.

Rimane, quindi, una sorta di “proscenio” dove la rappresentazione va in mostra – con tutti gli attributi del caso – perché qualcosa da dare in pasto alla gente bisogna pure trovarlo: oggi, i personaggi della politica nostrana sono il nostro panem et circenses, anche se poi c’incazziamo e diventiamo furibondi. Non importa: il popolo continua ad arrabbiarsi ma non può far nulla, che si diverta a motteggiare.

Poiché si lascia che l’Italia vada in malora – dai treni soppressi alle autostrade fatiscenti, dalla viabilità oramai segnata dalle mille frane, ai supermercati ed alle aziende che licenziano col fiato corto, ecc – mentre voi fate orecchie da mercante? Sembra che abitiate in un altro Paese.



Poiché i veri burattinai stanno dietro le quinte: conoscete Carlo Cottarelli?

E’ semplicemente l’inviato del FMI per l’Italia, ed è il vero signore e padrone dell’economia: dopo che Letta ed i suoi gonzi si saranno trastullati a dovere con Finanziarie, Leggi di Stabilità e Milleproroghe, arriverà lui con la vera Finanziaria, la Spending Review.

Stupendo il modo di procedere di questo governo di farabutti e di venduti: non la chiamiamo più “Finanziaria”, bensì “Legge di Stabilità”. Tutti d’accordo? Dai Saccomanni, non dormire, alza ‘sta mano! Poi, quello che non ci sta dentro perché non siamo d’accordo, lo buttiamo nel cest...anzi, no...lo mettiamo in un decreto “Milleproroghe” – è un vecchio istituto, lo usavano già i democristi – che è una “Summa” di tutte le facezie e gli intrighi che hanno ancora qualche nodo da scogliere. Per noi, ovviamente.

Quindi, una notte qualunque alle tre – quando tutti dormono – approviamo qualcosa ed il resto lo lasciamo lì, a “prorogarsi” ad libitum.

Questa è la prassi della politica italiana, giunta oggi al parossismo.



E così, il nostro “zampolit” d’annata (5), ci ha condotti in una terra incognita – che, però, lui conosceva bene – dove ogni cosa si può fare, basta trovare il cavillo costituzionale, basta che gli “atti” siano a posto. Così, una Corte Costituzionale dichiara incostituzionale una legge elettorale per i suoi aspetti più rilevanti (qualcuno s’azzarda a dire “ma non l’hanno mica bocciata tutta”...Ah, Ah, Ah...) 7 anni dopo che è stata promulgata. E che i suoi danni li ha fatti per bene.



Qualcuno pensa all’impeachment, ma questo istituto giuridico non esiste in Italia e la costituzione italiana è radicalmente diversa da quella americana. Gli americani hanno ricalcato i poteri del presidente da quelli del vicerè inglese dell’epoca: per questa ragione la sincerità verbale è della massima importanza (quella che, per una fellatio extramatrimoniale, ha rischiato di far decadere Clinton) mentre in quella italiana (di quasi due secoli più giovane) si parla “per atti”, seguendo il vecchio adagio “verba volant, scripta manent”. Tutto il diritto di derivazione latina non ammette come prove ciò che è, invece,di frequente ammesso nel diritto anglosassone.

E questo Napolitano lo sa benissimo: scartando le dichiarazioni verbali – che possono essere interpretate, “condite” con qualche aggettivo che ne depotenzia l’impatto devastante, ecc, (avete notato che fine ha fatto l’inchiesta Napolitano-Mancino?) – rimane qualcosa dei suoi atti per sostenere la tesi dell’art. 90?



“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.

In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.”



Qualcuno ravvisa, negli atti emanati da Napolitano, una di queste accuse? Il governo Monti era perfettamente legittimo e costituzionale e non c’è un atto dove sia rintracciabile l’intervento (che esiste – beninteso – ed è pesante e determinante) nella politica italiana? Dalla quale, come tutti sanno, il presidente dovrebbe star fuori?

Sarebbe come se un cittadino sovietico (od un appartenente alla Duma) si fosse alzato una mattina ed avesse chiesto l’incriminazione di Breznev per qualsivoglia motivo, anche fondato: ve lo immaginate cosa sarebbe successo? Al minimo gli avrebbero riso in faccia, dopo averlo portato in Psichiatria.

Gorbačëv – ricordiamo – non cadde: si disintegrò la nazione che presiedeva!



Perciò, mi sento di ricordare ai vari “speranzosi” del “impeachment” in salsa italiota che i mezzi per far cadere questo ludibrio al quale assistiamo sono altri, a cominciare dalle lotte per il lavoro: è sul welfare che questo governo sta mancando, ed è sul welfare che si può delegittimarlo.

Le proposte sono tante ed il governo non ne fa una sua, mai: chiedi il reddito di cittadinanza e loro rispondono “spostando” al 2017 l’abolizione (ma quando mai...) dei rimborsi elettorali.

Il nostro piccolo Breznev sorride: ridi, che la mamma ha fatto gli gnocchi. Finché ti riesce.



(1) http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo_nel_mondo/est_europa/ungheria_1956/articolo.php?id=732



(2) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/05/quirinale-cosi-napolitano-ha-sabotato-il-governo-prodi/801838/



(3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/05/testimone-inattendibile-il-figlio-della-cancellieri-secondo-i-giudici-di-parma/767688/



(4) http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/19/il-contratto-tra-lassessore-e-la-segretaria-farai-sesso-con-me-4-volte-al-mese/819451/



(5) Commissario politico in russo.

25 dicembre 2013

Buone Feste!


Tutti gli anni vi mandavo gli auguri personalmente, ma quest'anno - non so se a causa della bufera che imperversa in liguria (onde alte 5-6 metri, viste personalmente) - qualcosa non funziona bene.
Vi bastino gli Auguri dalla donna più bella della Storia...e...da me.
Buone Feste a tutti
Carlo Bertani

15 dicembre 2013

Un’improvvisa chiamata



Capita, capita a tutti che – prima o dopo – si riceva una chiamata inaspettata, un evento impossibile oppure un fantasma che si materializza sul sagrato di una chiesa, e chieda proprio di te.


Oh...tutti sappiamo che, prima o dopo, saremo chiamati alla partita a scacchi finale...ma questa è una certezza, mica un’eventualità.



E’ come nel Monopoli, dove ci sono gli Imprevisti e le Probabilità: negli ultimi sette anni (detti “delle vacche magre”) sotto il comando di governi (tutti illegittimi) hanno cambiato il senso dei cartoncini, ossia anche le Probabilità – pur mantenendo l’originale ed invitante grigio-azzurro – sono diventate degli Imprevisti. Della serie: pesca una merda dal mazzo, poi sta a te tagliarla in tre parti per fare un tris e vincere a scala 40: di queste “possibilità” sono intrise tutte le leggi degli ultimi anni...se non ci riesci è perché sei troppo “choosy”, già.



Ad un amico – molto tempo fa, quando esistevano ancora le Possibilità vere – giunse una telefonata da un notaio americano, che gli comunicava l’improvvisa morte del classico zio d’America (del quale non sapeva nulla, manco della sua esistenza) e lo invitava a farsi vivo per l’eredità. Così, si comprò una libreria ed una casa: eh, quando esistevano le Possibilità...



A me sono arrivate, invece, sei mail in due gruppi di tre: tre dalla scuola e tre dalla CGIL, in perfetta parità. Entrambe edite dalla Sovrintendenza Regionale per l’Istruzione ma leggermente diverse, differenti nei particolari – chissà perché – ma unite nella sostanza: probabilmente a Genova fanno l’uovo fresco tutti i giorni, come le galline di una volta, e lo raccogli ancora caldo nel cesto del pollaio.

Altrimenti, non so proprio come spiegarmi – a differenza di pochi giorni – le mail (e dunque i provvedimenti) cambiano: avranno un filo diretto con il Ministero e si potranno dunque vantare d’emanare provvedimenti on-demand, appena sfornati dal cappello magico del governo (illegittimo)?

Cosa dicono? Che verrò riconvertito: ah bene.



Non importa se una persona ha già superato la sessantina, se gli hanno rubato la pensione proprio nell’anno in cui doveva andarci, se l’hanno fatto fraudolentemente, no...adesso, Sua Eccellenza in Carrozza provvede a te, ti rimette a nuovo...va beh, dovrai tornare ad imparare, varcherai di nuovo il portone dell’Università...ma che c’entra, qual è il nuovo verbo? Chi non lavora non mangia, e chi ha già lavorato tanto pure.

Nell’attesa di sapere – a 63 anni – in cosa sarò trasformato, vorrei ricordare che questo non è una mannaia giunta per volere divino e nemmeno l’inevitabile nemesi di una scuola mal berciata: sono semplicemente i frutti della controriforma Gelmini.



La Gelmini ha dovuto risparmiare quasi 8 miliardi per pagare l’abolizione dell’ICI? Con l’aiuto di Tremonti e Brunetta lo fece, così oggi la Carrozza fa l’identica cosa, cambiano i tempi...adesso ci sono Saccomanni e Giovannini...ma il menu è identico.

Con quella riforma, la Gelmini abolì gli insegnanti di Francese, Tedesco, Diritto, Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione, più una marea di Insegnanti Tecnico Pratici per il venir meno delle cattedre, Insegnanti di sostegno...più tanti altri che avrò dimenticato. Eh sì, 8 miliardi fanno cifra...

Ora, in quelle mail si afferma che verrò riconvertito per il sostegno: quando? Non si sa. Come? Per ora non è chiaro. Dove? Forse on line, forse all’Università.

C’è una clausola, però: per la riconversione si terrà conto dell’età, ovvio che se una persona ha superato i 60 anni forse non conviene riconvertirla ad un altro insegnamento...giusto.



Apro la tabella di Excel allegata dove ci sono i nomi e le classi di concorso e, sotto la mia, c’è scritto “Tutti ammessi”. Anch’io che ho 63 anni, che sono il più vecchio insegnante soprannumerario della Liguria e fra i più vecchi d’Italia? Fra i più vecchi della classe docente più anziana del mondo?

Ve lo racconto io come funzionano queste cose: sono corsi di riconversione, un grande mercato di soldi per i docenti universitari – che si staranno già azzannando e staranno mettendo in campo le loro amicizie politiche – oh, un corso di riconversione...che manna...ammettiamoli, ammettiamoli tutti!

E la clausola della circolare, del regolamento, della nota ministeriale...quella che diceva di guardare un po’ l’età dei candidati? Svista?



Ci sono poi i docenti che hanno scelto la carriera del sostegno – che non è roba da ridere – e che sono pure un po’ incavolati: loro hanno seguito tre anni d’Università, una sorta di seconda laurea. Noi – dalle prime anticipazioni (a microfono spento) – un centinaio di ore on line ed 8 in presenza.

A questo punto, ti danno l’abilitazione per affiancare ragazzi Disabili, Down...e via discorrendo.



Già...ma loro sono preparati ma precari, noi inesperti ma di ruolo...accidenti, come si fa? Vogliamo tenerci sul gobbo questi “inutili” (solo per la Gelmini) docenti ed assumerne altri più giovani? Eh no – conteggiano dal Ministero dell’Economia – prima si fa un bel aggiornamento in itinere per i vecchi, poi...si vedrà.

Ho lavorato con gli insegnanti di sostegno: ho capito che è un mestiere delicato, dove ci vuole tanta professionalità: non sono riuscito ad andar oltre, tanto il loro mestiere è fatto di sguardi, di attenzioni, di segni.

Ho parlato con un amico psichiatra, il quale mi ha spiattellato una serie di domande alle quali non ho saputo dare risposta: si dirà, devi fare il corso...



Il problema va oltre, tocca le famiglie italiane, i loro stili di vita: sembra d’avere a che fare (con i cosiddetti “normali”) con marziani usciti da un talk show o da una festa rave, tanto gli universi si distanziano. In mezzo a questi ci sono i DSA, gli autistici, i Down...e tutto poggia sulle tue spalle, le tue e quelle dell’insegnante di sostegno.

Lo psichiatra, che queste cose le conosce da 40 anni, afferma che è addirittura difficile distinguere chiaramente le varie sintomatologie e, dunque, le differenze d’approccio.

Figuriamoci una persona di 63 che per tutta la vita ha insegnato tutt’altro, dopo un corso di un centinaio di ore “on line”, come i corsi sulla sicurezza che fanno ridere e si capisce che sono stati fatti solo per movimentare dei soldi.

Anche questa volta, dopo fumosi accordi, la Regione concederà quel finanziamento, la Sovrintendenza attiverà quel corso, decideranno cosa spartirsi e, alla fine, ci sarò io, con i miei 63 anni a gestirmi qualcosa per il quale non sono stato preparato ad agire.



Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.

06 dicembre 2013

La seconda morte di Gandhi



Era il 1914 quando, mentre in Europa divampava la prima guerra mondiale, l’avvocato Mohandas Karamchand Gandhi vinceva la sua lunga battaglia contro l’apartheid in Sudafrica. Vinceva la prima battaglia: i matrimoni misti fra non cristiani furono ritenuti nuovamente validi e gli indiani furono nuovamente considerati lavoratori liberi, senza una tassa da pagare. La lotta dell’avvocato indiano era iniziata 11 anni prima, nel 1893, e Gandhi aveva subito ogni sorta d’umiliazione, dal viaggiare in predellino sulle carrozze a non poter sedere in prima classe sui treni pur avendo regolare biglietto.


Quattro anni dopo, nascevi tu.

Anche tu scegliesti gli studi giuridici per diventare il difensore dei più deboli, dei derelitti neri del Transvaal e di tutta l’Africa australe. Com’è andata, oggi lo sappiamo.

Ci sono voluti 100 anni e due vite per concludere la lotta, per rimettere a posto un errore lontano, iniziato con le caravelle di Cabral nel 1505, ma voi ci siete riusciti.

Di gente come voi non ne nasce più, oppure se nasce rimane nella lugubre ombra generata dai media mainstream che tutto dettano, tutto programmano, tutto ottengono. Come un negretto, anch’egli avvocato, che semina guerre per il mondo a capo della nazione più ricca e violenta, e che dichiara (sic!) d’esseri ispirato a te.

Riposate in pace: voi, la vostra lotta l’avete vinta. Onore a te, Madiba.

05 dicembre 2013

Italia illegittima


E così siamo tutti illegittimi...anzi, sono loro ad essere illegittimi...tutti: da Grillo a Letta ad Alfano. Ed illegittimo è anche il decadimento di Berlusconi, un bel rompicapo.


Illegittimo è anche – oltre ai vari nomi che potete leggere sulla stampa mainstream, sui quali non mi dilungherò – il governo Monti e tutti gli atti che ha prodotto, come sono da invalidare tutti gli atti del governo Berlusconi e di quello precedente, ossia del secondo governo Prodi.

Viene da chiedersi come la medicheranno e spunta il sospetto che “qualcuno” abbia desiderato il colossale rimescolamento di carte, perché questo è/può essere il crollo di una prima-seconda-terza Repubblica, come preferite.

Attenzione: non crolli finti come i precedenti che hanno generato le macchiette della seconda o terza repubblica bensì crolli veri: come le “repubbliche” francesi, tanto per capirci, che ci hanno messo quasi due secoli per compiere il loro ciclo.

E in Italia? Come è potuto accadere tutto ciò?



Prima di passare al “come”, vediamo quale può essere uno sviluppo futuro: qualcuno afferma che la Consulta abbia “dato tempo” al governo per elaborare ed approvare una nuova legge elettorale. In sostanza: quello che per anni non è stato mai fatto.

Ma questo esula dai compiti della Corte e nemmeno nelle motivazioni della sentenza può esserci traccia di un tale “consiglio” giacché sarebbe illegittimo due volte: primo, perché anche parte della Corte – nominata negli ultimi 7 anni – è illegale, almeno per i nuovi membri ma, e soprattutto, perché la Corte (illegittima) mai potrebbe entrare così a gamba tesa in politica, dando “consigli” ad un altro potere, quello legislativo (illegittimo).

Dilettanti allo sbaraglio – verrebbe da dire – e non cospiratori internazionali di larghe vedute: mezze tacche, galoppini del seggio, lacché del potere, ecco cosa capita agli sprovveduti.

Vediamo un attimo com’è nata questa legge.



Se ben ricordate, la legge fu licenziata ancora da Ciampi e fu, ovviamente, precedente al referendum costituzionale (come norma prevede) che si svolse nel Giugno del 2006 e dal quale uscì bocciata dagli elettori la riforma costituzionale preparata dal governo di centro-destra.

Quella riforma trasformava il Senato in organo consultivo quasi “territoriale” – ossia una sorta di Parlamento delle Regioni, sul modello del Bundesrat tedesco – e per questo motivo Calderoli creò la porcata: il premio di maggioranza assoluta per un solo voto di scarto è un abominio.

La bocciatura della riforma, però, condusse ad un altro risultato: rimanendo il Senato assemblea legislativa quanto la Camera – ma con una legge elettorale pensata per una diversa architettura istituzionale – successe che ogni tornata elettorale contava solo più per le votazioni al Senato, essendo la Camera assegnata con il premio di maggioranza.

Solo il governo Berlusconi (2008-2011) ebbe una maggioranza chiara, tutti gli altri risicarono e rosicarono voto su voto, e sempre solo al Senato.



Chiarito questo passaggio, veniamo al successivo: può, questo Parlamento, legiferare in materia di legge elettorale? No, evidentemente, essendo illegittimo.

La soluzione, quindi, è semplice e Beppe Grillo l’ha indicata: non bisogna essere dei costituzionalisti per capire che l’ultima legge elettorale valida è stata il cosiddetto “Mattarellum” e da questo non si può sgarrare. Ogni altra soluzione, che coinvolgesse l’attuale parlamento, sarebbe inutile perché subito cassabile da un ricorso alla Corte.



Non dimentichiamo la portata dei provvedimenti che – a norma di legge – hanno perso legittimità: il 5 per mille per il volontariato, tutte le norme in materia di lavoro delle ultime tre legislature, la riforma Gelmini, la riforma del mercato dell’acqua, la riforma Fornero delle pensioni insieme alla precedente riforma Damiano, gli aumenti dell’IVA del 2%, quelli sulle accise sui carburanti...insomma, dal 2006 tutto cancellato e da rifare.

Viene da chiedersi come mai la Corte abbia osato tanto.



Una traccia c’è, poi si dovrà valutare se è valida, ed è una traccia europea.

Da molti anni – ossia dal caso Rete4/Europa7 – l’Italia è il Paese che più ricorre in sede europea: alla Corte di Giustizia Europea ed al Tribunale per i Diritti dell’Uomo. Quest’ultimo, addirittura, circa un anno fa se ne lamentò chiaramente: non è possibile – dissero i giudici europei – che metà del tempo sia assorbito dall’Italia e da fatti italiani! E che, una volta emanate le sentenze, nessuno in Italia le applichi!



Di certo questa sentenza non gioca a favore dei potentati finanziari internazionali sorretti da tutti i governi in carica, soprattutto negli ultimi anni, che hanno messo in un angolo proprio la Costituzione (addirittura il Presidente!) ed ogni legge di garanzia.

Per loro, di meglio che le garanzie del Porcellum è difficile trovare ed è anche faticoso pensare ad una riscrittura di un corpus legislativo così copioso da parte di un nuovo Parlamento eletto con il Mattarellum: che la rivoluzione l’abbiano fatta i giudici? Mah...

28 novembre 2013

Assalto a Fort Apache



O che bello: Berlusconi se ne tornerà ad Arcore per qualche “bunga bunga” segreto, anzi, segretissimo fino alla chiamata per le attività sociali di redenzione: immaginiamo qualche casa-famiglia da ripulire (nel senso etimologico del termine) oppure tagliare le erbacce in un parco attiguo a qualche sua tenuta.


I giornali sbraitano: un’era è finita. Berlusconi, in realtà, cadde con la famosa lettera dalla BCE che ci chiedeva tanti, ma tanti soldi che lui non sapeva dove prendere. Il resto è stato solo inutile resistenza: gli potrei consigliare, appena può, di cambiar aria. Al suo posto non mi fiderei troppo delle rassicurazioni sul suo futuro giudiziario: fa comodo a tanti – anche agli ex fidati amici Alfano & Co. – se lei sparisse in qualche dorata galera. Allo stesso modo, lasci perdere “Forza Italia-2 La Vendetta” perché si tirerebbe addosso altri guai e passerebbe gli anni che le rimangono da un tribunale all’altro, magari ripreso da tutte le Tv mentre scende da un furgone in manette.



Lasci perdere: cosa ne dice del Kenya? E del Nicaragua? Del Madagascar? Il passaporto...cose risolvibili, lei lo sa benissimo... insomma, ci sono tanti posti al mondo per trascorrere in santa pace gli anni che le rimangono...che ne dice di Pitcairn? Sì, l’isola del Bounty! Pensi, non hanno nemmeno un porto ma un semplice approdo e, il postale che passa ogni tanto da lì, deve trasbordare tutto sulle lance perché in altro modo non ci si arriva!

Purtroppo – la devo avvisare – l’isola, recentemente, è stata teatro di fatti assai gravi: “atti sessuali contro minori” da parte del sindaco, Steve Christian, ed oggi le isole sono amministrate da un’altra Christian, Brenda. Sappiamo che saprà come comportarsi da gentiluomo: d’altro canto, con 48 abitanti in tutta l’isola, non c’è tanta trippa per gatti.

Così, con lei “a riposo” in un luogo tranquillo, anche il suo seguito di falchetti, colombe, pitonesse e giaguari da smacchiare potrà seguirla: potreste fare una bella crociera tutti assieme. Già che c’è, si porti appresso anche Bersani: non è una gran compagnia – lo so – ma dicono che sia bravo con lo scopone scientifico.

Noi? Ma noi staremo benissimo! Ci mandi una cartolina, eh?



Ci hanno concesso il reddito di cittadinanza! Per ora sarà solo “sperimentale” e circoscritto ad “alcune aree urbane” e lo stanziamento, purtroppo, è ben poca cosa. C’è il dubbio di un povero disoccupato abruzzese di Acquaspartana, modesto borgo, che farà? Quanto durerà l’esperimento? Sì, lo sappiamo, lei aveva fatto la “credit card” per i pensionati (che poi non fu più ricaricata): ci sa che va a finire allo stesso modo.



Mentre lei era in ben tristi ambasce, il governo lavorava, oh come lavorava!

Deve sapere che il presidente della Cassa Depositi e Prestiti – Franco Bassanini (sì, il marito di quella Linda Lanzillotta il cui voto, in commissione, è stato determinante per il voto segreto) – ha un nuovo consiglio...cioè...quasi nuovo, lavato con perlana...

Sono entrati nel consiglio di CdP Piero Fassino, Massimo Garavaglia e Antonio Saitta. Perché? Vediamo chi sono:



Piero Fassino è il sindaco PD dell’indebitatissima Torino, oltre che persona contagiosa se soffrite di depressione.

Massimo Garavaglia è l’assessore all’economia della più ricca regione italiana, la Lombardia ed è della Lega.

Antonio Saitta (PD) è, invece, il Presidente della Provincia di Torino ed il Vice Presidente Vicario dell’UPI, Unione Province Italiane. Sì, quelle che Monti aveva abolito (!).



Insomma, insieme a Bassanini – quello che riformò in senso “federalista” (!) l’Italia, tanto che quella sciagurata legge ancora oggi, causa di mille conflitti di competenze, porta il suo nome, poi se ne andò in Francia per fare un po’ di macelleria sociale “douce” con Sarkozy: rimandato al mittente – tutti assieme fanno una bella squadra, anzi, uno squadrone. Dde che? Comprereste un motorino usato da uno dei quattro? Va beh, sappiamo la risposta...

Vista così, dall’alto, sembra una combriccola di sfigati senza soldi che difendono i loro orticelli: già, ma siedono nel consiglio d’amministrazione del fondo (pubblico) più ricco d’Italia!

Si dà il caso che la CdP (pubblica) sia la custode del risparmio postale di Poste s.p.a. : già qui c’è qualcosa che non quadra. Un fondo pubblico alimentato da una Spa? Ma andiamo avanti.

CdP poi, guarda nel futuro e già s’immedesima in una grande banca d’affari (“abbiamo una banca!” ricordate Fassino? L’hanno accontentato) con interessi in grandi gruppi come Fincantieri.

Dove arriverà?



Restiamo con i piedi per terra: cosa è avvenuto negli ultimi anni?

Abbiamo visto saccheggiare ad uno ad uno tutti gli istituti che avevano denaro in cassa: l’ultimo è stato il grande saccheggio dell’INPS grazie alla riforma Fornero. Le liquidazioni di milioni d’italiani spostate d’autorità da due anni e mezzo in poi dalla data di pensionamento: serviranno per pagare il funerale ai poveracci e per gozzovigliare un po’ di più ai vari “er Batman & soci”.

Ora s’inventano la Cassa Depositi e Prestiti come ulteriore diligenza da saccheggiare per far contenta la Merkel, la quale sta meditando di ridurre da 65 a 63 l’età massima di pensionamento per i tedeschi. I quali, già oggi, vanno in pensione in media fra i 61 ed i 62 anni.



Ricordiamo che per tanti anni fu “Depositi” e “Prestiti” – già al tempo della DC – il che significava che ne prendi, ma ne metti anche. Pare che oggi la seconda parte dell’argomentazione sia stata dimenticata.

Così, Poste Spa s’avvia a diventare una banca d’affari, tipo Montepaschi o Intesa, e ben presto inizierà ad investire nei bond più redditizi, quelli “paghi 1 e prendi 3” che – almeno per i subprime – è finita con un “paghi 3 e prendi 1”. E dopo, chi pagherà? Scommetto che avete già indovinato.



Inoltre, se ci fossero problemi di tipo costituzionale (non si sa mai...) è appena stato eletto alla Consulta quel gran furbacchione di Amato il quale – quando l’Italia era considerata insicura ed i suoi bond erano pagati quanto quelli argentini (15%, anni ’80) – le emissioni postali andarono alle stelle per i rendimenti.

Passata la buriana (chi è un po’ meno giovane ricorda...) arrivò il dottor Sottile che mise tutto a posto e, con la solita leggina, stabilì il “nuovo” rendimento di quei bond, con un po’ di confusione fra la sua figura istituzionale ed il Diritto privato che regola quel mercato. E chi aveva quattro soldi alla Posta rimase fregato.



Vediamo, allora...mescoliamo un po’ di sindaco “più amato d’Italia” (è lui a dirlo...) in salsa verde leghista, più un pizzico di “provincialismo” e, il tutto, sotto l’attenta regia dello chef Bassanini.

Che piatti e, soprattutto, che conto!

22 novembre 2013

Dominus Vobiscum



“E’ proprio indispensabile mettersi a scribacchiare quando vogliamo assistere ad una manifestazione della natura?”




Il dilemma che si poneva Johann Wolfgang Goethe nella seconda metà del Settecento – ne “I dolori del giovane Werther” (Die Leiden des jungen Werthers – 1774) – mentre vagava osservando i paesaggi (e non solo) della Renania-Palatinato era, all’epoca, pienamente giustificato.

E’ stupefacente notare come un giovane dell’epoca fosse stupefatto dalla bellezza e ne rimanesse incantato: i frutti di un albero, i vezzi di una donna...ma anche un vomere appoggiato, stanco, al bordo di un sentiero. Tutto pareva, al giovane Goethe, armonioso: anche i contadini, con i quali si fermava a chiacchierare, gli confidavano le loro pene d’amore, la loro fedeltà alla donna amata la quale – in molti casi – appena s’accorgeva di loro perché...si sentiva fedele a qualcuno che, speravano, si sarebbe fatto avanti...per fortuna, frequentemente, i predestinati avevano la felice sorte d’incontrarsi.



Siamo nel mondo che precede la Rivoluzione Francese; lungo la valle del Reno – probabilmente – le nuove idee illuministe scorrono anche sul grande fiume ma Goethe non se n’accorge, o forse non ne parla: in fin dei conti è sì un grande poeta, ma anche un bizzarro conservatore.

All’epoca – nel bene e nel male – esisteva ancora un mondo senza asfalto, ferrovie, automobili, elettricità, radio, illuminazione notturna, pubblicità, televisione, Internet...

In ogni modo, il vate germanico è rimasto famoso per il suo viaggio in Italia nel quale ogni evento diventava esaltazione romantica, da Rovereto alla Sicilia: nessun dubbio passava per la sua penna, nessuna esitazione, era tutto armonico, anche all’esterno del Vaterland.



Oggi – metaforicamente – vorremmo accompagnarlo in una passeggiata che si può fare in un giorno, nelle valli dei torrenti Vado e Quiliano, nell’entroterra savonese: poche miglia in compagnia di Goethe, che si è parato di fronte a me mentre cercavo gli ultimi funghi, i “funghi del freddo”, come li chiamano qui.



Come ogni consuetudine prevede – oggi e nel Settecento – un viaggio lungo le rive di un torrente parte sempre dalla sorgente e così, muniti di lunghi bastoni (Johann non ha voluto ascoltare i miei dubbi per il loro peso) saliamo fino al colle dove sgorga l’acqua argentina, traversando ameni campi inselvatichiti con piante di mele stracariche, le quali regalano mestamente i loro frutti alla terra. Ciò lo ha un poco stupito “Nessuno mangia più mele?”.

“Non queste, almeno” rispondo affondando i denti nella polpa di una di esse: in questo frangente ha inizio la lunga serie di omissioni che il dialogo richiede. Si può spiegare ad uomo del Settecento l’aeronautica? No di certo. E’ possibile negarla? No, altrettanto. Si può omettere, sorvolare, trascurare una veritiera risposta? E’ il principio al quale mi sono attenuto, e sarà il lettore a giudicare i risultati.

Mentre ci prendiamo una pausa nel prato subito ribattezzato “delle mele rubizze” è inquieto: “Nessuno – voi m’assicurate – ci chiederà conto di questo furto? Comprendo che il valore sia basso, ma il principio...”

“Mio caro Johann, come potremmo pagare a qualcuno il costo della nostra colazione: non c’è nessuno!”

“Vero” risponde “ma è questo che mi sorprende: che non vi sia nessuno in tanta, aperta campagna. E i contadini?”

“Oh, non vi preoccupate...sarà un giorno di festa: vedrete che domani sarà tutto diverso...”

“Già...” rispose poco convinto.

Avrei forse potuto raccontargli che, nella stessa vallata, un amico – per la sua tesi d’Architettura – aveva censito 84 abitazioni abbandonate o diroccate ed una abitata da una vecchia che non aveva lenzuola, bensì dormiva su un pagliericcio fatto di giunchi?



Salendo, eravamo quasi giunti alle sorgenti: sopra di noi, cinque grandi aerogeneratori da 2 MW ciascuno facevano roteare le loro pale nel vento; alla nostra destra, in lontananza se ne scorgevano altri tre.

Rimase attonito, silenzioso, poi sbottò.

“Com’è sorta questa diavoleria? Chi ha costruito queste enormi girandole in luoghi impervi, quasi inaccessibili? E perché?”

Bella domanda, vero? Voi, cos’avreste risposto? Me la cavai con un guizzo della fantasia.

“Sono monumenti al vento” – le “vele” di Renzo Piano, ricordate? – “che gli uomini hanno desiderato costruire per rendere percepibile il suo passaggio. Dei quattro elementi, tre sono tangibili ed acqua, terra e fuoco si possono osservare e toccare, o almeno sono ben visibili ed individuabili: e il vento? E’ vero che non si può rendere visibile ciò che non è, ma visualizzare il segno del suo passaggio sì, non trovate?”

“Geniale, geniale...” bofonchiò “ci si può avvicinare? Vorrei osservarli più da vicino.”

“Certo: basta proseguire su questo sentiero ma, ahimé, le mie gambe sembrano di legno: ho bisogno di un po’ di riposo. Potreste proseguire da solo fin lassù? Non ve n’avrete a male?”

“No di certo, amico mio, restate e riposate le vostre membra: io salirò ad acquietare la mia sete di sapienza, la mia curiosità!”

“Arrivederci, allora”.

“Arrivederci”. E s’incamminò per l’impervia via.



Rimasto solo a massaggiarmi le gambe e la schiena, meditai su com’è facilmente fuorviabile la verità: non falsificabile, ma solo “deviabile” un poco, quel tanto che basta, perché in seguito saranno gli eventi stessi a renderla falsa, man mano che procede nel cammino manipolato.

Per costruire quei 5 aerogeneratori, la società appaltatrice dei lavori è stata costretta presentare la documentazione che prevede la salvaguardia dei volatili. Piccolo problema: non esistono studi scientifici sulla mortalità degli aerogeneratori per i volatili. L’unico studio è di fonte spagnola e relativo allo Stretto di Gibilterra (zona di wind farm): il risultato di un lungo periodo di monitoraggio (se ben ricordo, mesi) fu la sicura morte di un falco pellegrino e quella, incerta, di un altro volatile non identificato.

E poi: nel Nord Europa ci sono apposite tubazioni per il transito dei piccoli animali sotto le autostrade. Vogliamo paragonarla alla strage d’animali che osserviamo in Italia? S’arresta, forse – nell’attesa di dati certi – l’industria automobilistica per un ripensamento?

Così, possono nascere strane “Associazioni di Resistenza dei colli liguri” – per la salvaguardia da questi mostri incombenti – e si scopre, guarda a caso, che l’ENEL faceva (e fa) la sua politica “ambientalista” tramite i suoi dipendenti. Il lavoro lo fanno le imprese esterne ed i dipendenti ENEL fanno i difensori dei “colli liguri”, dagli aerogeneratori.



La questione è di grande importanza, poiché gli aerogeneratori implicano cambiamenti drastici sul futuro industriale e tecnologico del nostro Paese, che nessuno immagina più e nessuno tratta: la politica è diventata la vicenda PD e PdL (o Forza Italia) Grillo e i grillini, eccetera...qualcuno aspirerebbe a parlare di cose serie? Lo si zittisce.

Quei 10 MW complessivi di potenza installata, in media – sottolineo in media – producono 3 MW l’ora (per il variare del vento): sono 3.000 KWh, con le quali puoi rifornire 6.000 abitazioni per circa 24.000 persone (consumo giornaliero di circa 12 KWh).

Gli aerogeneratori producono ad un prezzo appetibile – intorno ai 6 centesimi di euro per KWh – e sono quindi concorrenziali per il carbone e inferiori al metano: il problema è quel “in media” giacché il vento spira come e quando vuole, forte oppure in regime di brezza.

Come si potrebbe ovviare? In tanti modi:



1) Riempiendo i bacini idroelettrici con i surplus notturni d’energia;

2) Trasformando l’energia elettrica in Idrogeno, per poi utilizzarlo di giorno;

3) Utilizzare quell’energia elettrica per il parco automobilistico e/o Idrogeno per autotrazione.



“Autotrazione” è un termine complessivo, che raggruppa auto, camion, moto, trattori agricoli, navi e persino aerei.

Il problema è convincere la più conservatrice e statica azienda automobilistica (la FIAT) a produrre i nuovi veicoli elettrici, ad Idrogeno o misti elettrico/Idrogeno. Già: e il gettito fiscale della benzina? Ve lo immaginate un tizio che piazza un piccolo aerogeneratore (1 metro di diametro, il massimo consentito) sul tetto e ricarica l’auto nel garage? Niet!



Avverto rumori di rami spezzati: è Johann che torna.

E’ in uno stato di fervente esaltazione: “Mio Dio! Sono stato proprio sotto alle torri: sono enormi! E lanciano nel vento un richiamo strano, basso, potente...che civiltà meravigliosa state vivendo! Avete materializzato il vento!”

Poi continua: “Vi siete riposato abbastanza?”

“Sì, ora possiamo scendere verso il mare, verso la piana costiera...”

“Ah, meraviglioso: ricordo, ora ricordo quando scesi in Italia...le pianure costiere erano giardini di limoni, arance ed ogni sorta di frutti...le verdure crescevano abbondanti sotto quei frutteti ed il vino era straordinario!”

“Eh, sì...certo...” (come me la medicherò? Mah...)



Scendiamo sul versante opposto, dove c’è un breve tratto asfaltato: Johann si spertica nei complimenti per quella felice invenzione “Sapeste, che travaglio un viaggio in carrozza con tutte quelle pietre...un’ottima invenzione questa calce nera e, e...gommosa come il ripieno di una torta!”

Poi, subito: “Non vedo carrozze, nemmeno una: strano caso, vero?”

“Avete ragione” decido di farla finita – almeno questa volta – anche se Johann, uno dei più grandi scrittori europei e un erudito filologo, bisogna ammettere che di Fisica non mastica nulla, nemmeno quella del suo tempo. Però, l’automobile non posso negarla.

“Oggi non usiamo più le carrozze: mio caro Johann dovete fidarvi di me e credermi sulla parola...sarebbe troppo difficile spiegarvi il progresso di questi secoli: potrete fidarvi?”

“Certo, comprendo...cosa sono queste auto-mobili? Intuisco, dal termine, che sono in grado di muoversi da sole...”

“No, non correte troppo...devono essere guidate...e poi hanno mantenuto un legame con le carrozze nella terminologia: ad esempio, se vi dico “cruscotto”, “parafanghi”, “finestrino”, “portiera”, “sedile”...cosa immaginate?

“Ovvio: una carrozza”.

“Anche un’automobile usa quei termini per definire le medesime parti...”

“E che se ne fanno del cassetto della crusca se non hanno cavalli?”

“Già, questa è una curiosità: è una parte frontale, come lo era il cassetto della crusca, una mera questione di posizione...all’inizio, il motore fu montato, praticamente, sulle carrozze...”

“Motore? E cos’è questa nuova diavoleria?”

“Nulla d’eccezionale: è un congegno meccanico che brucia un liquido infiammabile...poi, il fuoco genera vapori che spingono uno stantuffo...”

“Oh, per dio! Mi fate venire il mal di testa! Accetterò di buon grado questo motore come un aggeggio metafisico della vostra epoca e sarò più tranquillo, credete!”

“Beh, non è proprio metafisica...”

“Vi prego: lasciate che osservi e basta, mi rendo conto di non riuscire a comprendere tutte le diavolerie della vostra epoca!”

Detto questo, la sua curiosità lo spinse ad accelerare il passo e svoltò nella curva.



“Oh, Die Asche von des Vaterland…“

Mi stupii nel sentirlo, per la prima volta, parlare tedesco: svoltai anch’io la curva e mi ritrovai di fronte ad un vecchio cimitero abbandonato: probabilmente, era il cimitero di quella frazione scomparsa, le 84 case che aveva censito l’amico architetto.

Varcai il cancello arrugginito, che oppose qualche resistenza: già...le ceneri della Patria...erano lì, di fronte a noi.

“Sono la gente del mio tempo...guardate, osservate le date: m. 1834...è stata una mia coetanea...e il marito? Eccolo: morto nel 1822. Ah, quest’uomo ha conosciuto il grande Napoleone, come me!”

Non voglio entrare in questo discorso: speriamo che il poveraccio non abbia conosciuto le truppe napoleoniche, le quali portavano sì un vento nuovo di civiltà, ma non si facevano scrupoli nel farsi mantenere dalla popolazione la quale, già povera di suo...meglio lasciar perdere...”

“Già, Napoleone...che tipo era?”

“Era uno dei grandi del nostro tempo: capiva ogni cosa con uno sguardo, vi squadrava in un attimo...” ma è perso nel decifrare date scolorite e sabbiate dal vento, come un viandante che cerca ferrivecchi portati dal mare sulla spiaggia.

Ne approfitto per rompere l’incanto del passato che è penetrato nella sua mente “Proseguiamo?”

“Sì...proseguiamo...” mentre s’allontana gli occhi ancora guizzano sulle tombe, alla ricerca di un segno, di una parola latina, di un nome...



Camminiamo in silenzio per un miglio o poco di più: ad una curva, compare la pianura costiera e, come un monumento al progresso, ecco le ciminiere alte 200 metri della centrale a carbone – la Tirreno Power – con le sue strutture cubiche, gli sbuffi di vapore e la scia – appena visibile nel cielo azzurro – dei fumi di combustione che vanno verso il mare.

La domanda è ovvia, ma la risposta sarà evasiva: come si può spiegare l’energia ad una persona di un mondo che conosceva solo quella muscolare, al più quella dell’acqua e di qualche mulino a vento per l’irrigazione?

“E’ un crematorio, un grande crematorio...”

“Santi Numi! Quel fumo che si vede lassù, allora, sono...”

“Esatto: l’essenza dei defunti che sale verso il cielo...”

Non lo prendo in castagna: “Quello è solo il corpo bruciato, l’anima sale a Dio come nel Fonte battesimale di Jeronimus Bosh: avete visto il quadro?”

“Sì, l’ho visto: è notevole...a guardarlo si è presi quasi da un’estasi mistica...”

“Perché questo grande braciere?”

“Caro Johann: avete visto quanti siamo? Come faremmo ad avere ancora campi da coltivare se li dovessimo usare come cimiteri?”

“Ah...”



Per fortuna, una locanda, un piccolo bar è sulla nostra strada e decidiamo di fermarci: meno male che Johann non porta il parrucchino. Al più, lo prenderanno per un punk fuori tempo e fuori di testa: entriamo.

Il bar è quasi deserto e solo un paio d’anziani, in un angolo, commentano il giornale: magari aspettando gli altri due, per fare una partita a scopone.

La ragazza (lui la chiama “l’ostessa”) al banco viene e chiede cosa vogliamo bere: io un caffè, ma Johann non rinuncia ad un buona bicchiere di vino rosso, “di quello sincero” aggiunge. La ragazza sorride, ed anche Johann sorride alla ragazza: noto che osserva attentamente il “balconcino” che la ragazza ostenta, sul quale – alla base del seno – spicca un piccolo tatuaggio.

“Ditemi” esordisce “ma la ragazza è europea?”

La osservo “No, può essere brasiliana o, comunque, del Sud America...”

“Sapete, anch’io ne vidi qualcuna: nel mio tempo era molto alla moda – soprattutto in Francia – avere servitori che giungevano dalle Americhe...ma questa non ha livrea né altri segni d’appartenenza...a parte il piccolo tatuaggio che è, evidentemente, caratteristico della tribù d’appartenenza...”

“Non so se si tratti di un tatuaggio della tribù” la minuscola stellina che la ragazza s’è tatuata mi sembra molto lontana dall’ipotesi di Johann “sapete, vivono con noi, fra di noi...”

“Ah non è dunque una serva?”

“Non lo so...ma non credo...è, come la chiamate voi, un’ostessa...noi preferiamo chiamarla cameriera...”

Johann sorseggia il vino che la ragazza ha portato “Non è cattivo, ma un po’ scipito...come annacquato...”

Vagli a spiegare storie di mosti pastorizzati e congelati, d’autobotti, di tini in vetroresina...

“Esco a fumare.”

“Fumate qui, accanto a me...”

“Non è possibile: è proibito nelle locande.”

“Ah” sorride “questa è proprio bella, proibito fumare ad un gentiluomo...che bizzarro il vostro tempo...”

“Già, ma questa è la legge...torno fra cinque minuti.”



Appena fuori la sua massa ingombra il mio campo visivo: eccola, da decenni, la Centrale Termoelettrica a carbone di Vado Ligure, oggi pomposamente chiamata “Tirreno Power”.

Il pacchetto azionario di Tirreno Power è, oggi, suddiviso fra il 50% di Gaz de France ed il 39% di Sorgenia: il resto sono piccole società pubbliche, principalmente comunali.



La storia della centrale, però, è tutta interna all’ENEL e – dagli anni ’70 in poi (quando la centrale entrò in attività) – la politica di Vado Ligure è stata tutta un cinguettio, una lunga, amorosa tenerezza fra l’allora PCI ed i vertici dell’azienda (allora) pubblica. Questo spiega la penosa uscita di Vendola: il rapporto fra chi “dà lavoro” e chi guida il percorso vittorioso della classe operaia (che va in Paradiso).

Fra quella gente c’è una sotterranea ammirazione per l’imprenditore: se la borghesia è il nemico da battere, l’imprenditore “illuminato” è tollerato con indulgenza, quasi un amore a tradimento, come i “compagni che sbagliano”.

Così, a Vado Ligure (8.200 abitanti) l’unica cosa che non mancava mai erano i soldi: il Comune possedeva e gestiva uno dei campi di calcio migliori della Liguria (veniva ad allenarsi il Genoa) e c’era sempre un fiume di finanziamenti per qualsiasi iniziativa. Il comune limitrofo di Quiliano (7.300 abitanti) ha un bellissimo palazzetto dello sport, e così via.

L’intesa era “in cambio dei fumi (e degli inevitabili carcinomi) c’è il lavoro ben pagato e soldi”, per tutto e per tutti: negli anni ’70, addirittura, il comune di Spotorno (3 Km) si lamentava per i fumi che ricadevano sul suo territorio, ma da Vado non giunse risposta. Ci sono dei fumi? Ma va? L’unico dubbio è di sapere se a Spotorno non volessero i fumi o desiderassero entrare nella torta dei soldi.

E le opposizioni?



All’epoca erano la DC, la quale faceva un placido contrasto: tutti meno uno.

Il dottor T. – medico e consigliere comunale – non voleva sentire ragioni: aveva, dalla sua parte, la competenza per affermare che i dati epidemiologici su Vado Ligure erano fuori norma, e di parecchio.



Ma, in questi casi, il partito allunga le mani e coinvolge “chi di dovere”: un giorno qualsiasi, il dottor T. commise un errore, ed erano lì ad aspettarlo. Cadde in un modesto errore amministrativo: consegnò un certificato di malattia il Sabato che copriva anche il Venerdì o roba del genere, adesso non ricordo con precisione...cosa gli fecero? Una lettera dall’Ordine, una multa...no...andarono in studio e lo arrestarono, facendogli passare la notte in guardina, il tutto alla velocità della luce. Elettrica. Qualche zampolit s’era mosso ed ora, il pretenzioso consigliere, era sotto ricatto.

Dall’epoca non si è più parlato di epidemiologia: il termine è stata bandito su tutto il territorio comunale.



Passano gli anni e le m... vengono a galla: nuove associazioni ambientaliste chiedono inchieste, si scrivono libri di denuncia, si scopre che il tasso di carcinomi, nell’area, è più alto della norma con percentuali stratosferiche, a due cifre.

Di quanto? Di certo non si sa nulla, perché l’incontro fra i magistrati e i tecnici (di norma, un chimico ed un medico) è stato blindato ed i dati secretati, nemmeno si fosse in presenza di una Chernobyl.

L’azienda, da parte sua, ha inaugurato la glasnost (“trasparenza”) nei confronti dell’utenza ed ha pubblicato i dati sui fumi: oh, bene.



Ha pubblicato (1) i dati in mg (milligrammi) di inquinanti (gas e polveri sottili) per Nm3 (Normal metro cubo), una misura tecnica leggermente superiore al comune metro cubo. Siete contenti? Rispettiamo anche le norme europee!

Già...se pubblichi i dati sono più contento...così so – ad esempio – che il dato di emissione, per il mese di Ottobre 2013 di Ossidi di Azoto (NOx, espressi in NO2) è stato di 196, contro un limite di legge di 200. Per poco, ma il pallone è andato ancora fuori scheggiando il palo.

Il problema è che non mi dici quanti metri cubi di fumi hai emesso.



Per nostra fortuna, c’è chi lo fa (2) e così scopriamo che – ogni anno che passa – nella zona di Vado cadono 165 tonnellate di polveri sottili (PM 2,5 e PM 10), che sono le principali responsabili delle affezioni polmonari e del cancro.

Beh, direte...che sono 165 tonnellate...si fa presto a fornirne un’idea concreta e tangibile: sono 6 TIR zeppi di quella roba che, ogni anno, sono scaricati nel territorio limitrofo. Dall’anno di entrata in esercizio dell’impianto, sono “arrivati” – metaforicamente – circa 250 TIR ed hanno scaricato il tutto in un comune di 8.000 abitanti. Quanti sono stati i morti? Nessuno lo sa con precisione: alcune fonti dicono un migliaio più del normale, ma i veri dati sono sigillati alla Procura di Savona.

E le ceneri?



Un simile quantitativo di carbone genera una montagna di ceneri, che devono essere smaltite in luoghi sicuri: ricordiamo che Pierre e Maria Curie scoprirono il Radio proprio nella pecblenda, un minerale che scavarono dal fondo delle miniere di carbone. C’è, dunque, anche un rischio di radioattività che nessuno ha mai preso in esame, a meno che i dati – come sempre – siano “targati” ENEL.

E, nessuno sa dove finiscano quelle ceneri.



L’errore, però, è primigenio e dipende da chi decise di costruire quella centrale in quel luogo.

Abbiamo preso, come paragone, la centrale di Porto Tolle (anch’essa ha avuto i suoi guai giudiziari) e lo scenario ci sembra assai diverso: almeno, a Porto Tolle (3) non sorgono abitazioni proprio sotto la centrale, come a Vado Ligure, anche se il triste fenomeno delle morti anomale si è manifestato anche in quei luoghi.



“È dello scorso luglio, infine, un'indagine giornalistica, basata su atti processuali e mai smentita da Enel, che dimostra come l'azienda manovri i propri lavoratori organizzandoli in comitati che essa stessa mobilita contro Greenpeace. Attendiamo che i sindacati prendano posizione nel merito.” (4)



La nuova “bomba” ambientale sarà dunque, dopo Taranto, Vado Ligure: non serve mantenere sigillati i veri dati all’interno della Procura, perché prima o dopo le associazioni ed i comitati faranno breccia.

Torno, sconsolato, verso la locanda a prendere l’amico Johann, meditando sul “Paese dove fioriscono i limoni”, oggi diventato – negli stessi luoghi dove fioriva la coltivazione del chinotto – il camposanto dei morti per tumore.

Anche qui ci saranno i nostri Vendola: prepariamoci.



Johann ha un’aria strana: è il tramonto, aggiunge, e devo tornare.

Non gli chiedo cosa sia stata, per lui, quella giornata – di “permesso” o di punizione – ma mi sembra quasi felice di tornare.

“Devo salire alla mia grotta, per tornare.” Mi guarda in silenzio “ovviamente, si tratta di una grotta metaforica, puramente evocativa...le grotte sono l’immagine dei viandanti del tempo...”

“Permettetemi una domanda, Johann: dove trascorrete il vostro tempo?”



Ridacchia, divertito “Tempo che non capireste, amico mio: in ogni modo, in un luogo dove l’onniscienza è assai vicina e la conoscenza intuitiva...ho accettato di buon grado le piccole bugie con le quali avete cercato d’ammantarmi il vostro tempo di una bellezza che non c’è, e che non ha rimediato alle tante ingiustizie del nostro tempo. Gli aerogeneratori monumenti al vento...la centrale un crematorio...anche il vino, ad essere sinceri, faceva pietà. Sì, avete fatto qualche passo in avanti sulla civiltà del Diritto: ai miei tempi, sapete, s’uccideva senza tante storie...”

“Che fare, dunque, scrivere del nostro tempo oppure tacere, giacché non potremmo mai celebrare la bellezza senza imbatterci in qualche letamaio...”



“Lo so, cercate la bellezza in quei paradisi di plastica dove vi portano gli aeroplani per una settimana” – le parole “plastica” ed “aeroplano”, dette la lui, mi fanno barcollare – “poi tornate e percepite la differenza e cadete in depressione. E’ logico: l’essere umano ha bisogno di bellezza attorno sempre, ovunque, altrimenti la sua vita diventa un inferno. E le donne? E’ vero che gli eserciti, nel mio tempo, le violavano ma era la guerra: se non c’era guerra erano rispettate, anche quelle delle classi più umili. E poi: che modo di darsi è, oggigiorno, per una sera in una squallida toilette di una discoteca? Almeno, i contadini del mio tempo, lo facevano sotto un albero o in un fienile!”

“Allora chiudiamo il libro, giacché solo facezie possiamo raccontare, solo brutture...”



“No” su questo pare categorico “gli autori latini della decadenza dovevano dunque tacere e obliare le brutture del loro tempo? E Spinoza pure, visto che denunciò le inutili vanità del suo tempo? Karl, non c’è pace e non c’è altro destino per chi dipinge, per chi suona e per chi scrive: bisogna, con dolore, esprimere la bruttura del proprio tempo come autentica, vera espressione d’arte, al costo che quell’arte ferisca l’animo ed intristisca lo spirito...ora devo proprio andare. Dominus vobiscum, Karl.”

“Et cum spiritu tuo” risposi meccanicamente, solo perché le parole mi scaturirono da sole dalla bocca.



S’incamminò per la stradina da dove eravamo scesi: ero certo che, se lo avessi seguito dopo qualche minuto, alla prima curva sarebbe scomparso. Non lo feci.

Tornai alla locanda e, questa volta, presi un cognac forte, uno strappabudella di quelli forti, che ti svegliano o t’addormentano, poi uscii. La grande centrale sbuffava fumo costantemente, come un simbolo del nostro tempo, il leviatano che c’accompagna.

Sta a noi tornare alla bellezza...già...ma come?



(1) Vedi: http://www.vadoligure.tirrenopower.com/vl03-vl04-carbone/

(2) Vedi: http://www.uominiliberi.eu/giugno10/m1.pdf

(3) Vedi: http://www.panoramio.com/photo/12516857?tag=VDS-2008-07-20-Comina

(4) Vedi: http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/comunicati/A-Porto-Tolle-le-morti-causate-dalla-centrale-Enel-sono-sottostimate/






05 novembre 2013

Ma ci prendi per il sedere?



Gentile ministro Cancellieri,
                                           dopo l’articolo del collega Di Cori Modigliani, le sue esternazioni sulla sua “disponibilità”, “vicinanza” e “comprensione” verso i carcerati – guarda a caso lei è il ministro di grazia e giustizia (min) – suonano d’agghiacciante ridicolezza e di grottesca crudeltà. Scorrendo la lista delle esecuzioni avvenute negli ultimi mesi sale un conato di vomito per questa giustizia animalesca, per l’ignavia di questa Corte Reale alla quale appartiene e che ben rappresenta.
Ma c’è dell’altro.
E il “su figliolo”, per dirla col linguaggio dell’Arno? C’ha pensato? Sì, mammà già c’ha pensato.

Il figliolo – almeno, così sostiene mammà – è bravo e non abbiamo nessun motivo per dubitarne: avrà le sue buone lauree ed i suoi master conquistati in lunghi anni di studio...ma...non era mai successo (almeno, io non ricordo) che qualcuno venisse pagato per un anno di lavoro 3,6 milioni di euro, che sono 7 miliardi di vecchie lire, ossia il primo premio della Lotteria Italia.
Invece so per certo di parecchi laureati con master e roba varia che s’affannano per entrare in qualche lista d’attesa, nella Scuola o nella Sanità: impiegati amministrativi a 3.600 euro per un contratto di sei mesi, addirittura qualcuno ha fatto domanda nella Nettezza Urbana. Molti anni fa, conobbi anche un nigeriano che aveva una laurea in economia e parlava correntemente tre lingue: mungeva capre.
Eh sì...c’è Dio e dio...c’è il Dio del Vaticano e dello IOR – che certamente conosce – e ci sono i suoi protetti: ma veniamo a suo figlio.

Il suo bimbetto – cuore di mamma non mette mai limiti – è come se avesse vinto, in un anno, il primo premio di “Canzonissima” o, almeno, un succoso “5” al Superenalotto: cosa potrà farne?
Oddio, le misere Poste danno circa il 3% per i piccoli depositi, ma immaginiamo che il suo figliolo – se è così bravo – sappia trovare un broker (magari lui stesso) che gli garantisca almeno un 5%: se è così bravo...
Se così fosse, la carne della sua carne godrebbe – vita natural durante – di 180.000 euro l’anno di rendita: cautelandosi contro l’inflazione, vale a dire reinvestendone la metà, rimarrebbero pur sempre 90.000 euro l’anno esentasse, se “parcheggiati” nei posti giusti. 7.500 euro il mese, rivalutati contro l’inflazione.
Forse sono pochini per gente come voi, capisco: non si riescono a mantenere ville, servitù e viaggi...eh sì...ce ne vorrebbero almeno tre volte tanto per fare quella vita alla quale siete abituati, ma cosa vuole...noi, abituati a campare con 1000-2000 euro il mese – spesso meno, raramente qualcosa (ma proprio qualcosa) in più – non riusciamo a capirvi. Perché, per noi, sarebbero già un sogno quei 7.500 euro il mese vita natural durante.
Ma andiamo oltre.

Che ha fatto il su figliolo per guadagnarsi tanta benemerenza? Ha messo a posto dei conti.
Anch’io cerco di mettere a posto i conti sgangherati della mia famiglia, ma non ho certo le sue capacità e la sua lungimiranza per guadagnare 3,6 miliardi di euro l’anno.
Il giovanotto ha forse inventato la trasmissione via etere dell’energia con alte rese e su lunghe distanze? Ha risolto il problema dei rifiuti, dell’inquinamento da carbone che fa crepare la gente che vive presso le centrali a carbone “pulito”, ha inventato un cuore meccanico che si costruisce con due pezzi di plastica e dura tre vite?
No, suo figlio è stato solo un misero lavoratore dipendente, forse un consulente, nulla più. Di chi?

Di un certo Salvatore Ligresti – un pregiudicato, per giunta – che è sfuggito alla giustizia (lei la rappresenta?) con mille cavilli in migliaia d’occasioni. Che faceva il pregiudicato?
Un imprenditore della Sanità, quella regionale: cliniche & affini. Sì, la stessa che rischia di chiudere i battenti perché costa circa 100 miliardi l’anno e – tutti lo ammettono – sotto quei 100 miliardi cova i “teorema di Craxi”: il 30% in tangenti. I soldi per donnine e festini di B. arrivavano proprio da lì, guarda a caso. Formigoni è finito come è finito, anche lui, per gli effluvi di quel mondo: promoveatur ut amoveatur.

Se conosce – soltanto un pochettino – due righe di letteratura francese dell’800 – mentre da noi spadroneggiavano gli scandali della Banca Romana e della Terni – si renderà conto di qual era l’etica d’Oltralpe. Un ministro che ha amicizie nel sottobosco dei trafficanti? Addirittura con un pregiudicato? Mon Dieu...pas possible...
Dimissioni? Ma non diciamo stupidaggini.
Le cose, all'epoca – vedere le pagine di Dumas (padre e figlio) e di Flaubert, di Hugo e tanti altri – si regolavano con un colpo di pistola di fronte alla scrivania di lavoro: era un classico. Le donne (coinvolte come mogli e madri) talvolta usavano il veleno ma, più prosaicamente, sceglievano il convento.

Sì, penso che sarebbe una soluzione: madre badessa in un convento. Vedrà: riuscirà anche a dimagrire un poco, almeno per rientrare nei limiti della decenza e allontanare l’infarto.
Se ne vada – ricordi che la sua ex collega Idem s’è dimessa per uno sbaglio (probabilmente del commercialista) di 3.000 euro, ma quella era d’origine tedesca, altra gente – e si porti via anche il su figliolo: andatevene alle Canarie, a Mauritius, in qualche isoletta sperduta dei Caraibi. E restituiteci l’Italia.

28 ottobre 2013

Noi, voi, loro. E la necessaria rivoluzione (parte seconda)


 
La stazione di Savona, alle otto di sera, è l’emblema dell’Italia.
Poca gente che transita, frettolosa, qualcuno che deve arrivare: oddio, ne ha da aspettare perché sul tabellone la colonna dei ritardi è tutta occupata. Addirittura, 45 minuti da Genova che dista soltanto 40 Km. Già: Moretti corre dietro alla Frecce e la ferrovia va in malora.

Ma è il deserto delle cosiddette "attività commerciali" a dare una pennellata di noir a tutta la struttura in vetro e cemento progettata da Nervi: a parte un paio di caffè vuoti con velleità di ristorante – e l’immancabile sala giochi già chiusa – il resto è tutto un "affittasi" oppure è un locale abbandonato da improbabili agenzie d'affari "sul territorio" oppure "consulenze" in materia di lavoro. Scappato il lavoro, sono fuggiti anche i consulenti.
 
Hanno lasciato negli uffici scrivanie e mobili di poco costo, abbandonati perché non valevano niente e, sul pavimento, s’allunga la fila degli avvisi di raccomandata che il postino infila sotto la porta.

Il tutto dà quasi la sensazione di una fuga improvvisa – depliant lasciati aperti sulla scrivania, come se il cliente si fosse alzato dalla sedia un minuto prima – ad allontanare nel tempo quegli eventi ci pensa la polvere leggera degli ambienti chiusi, che ha già pennellato tutto. Sembra quasi che i proprietari – come avveniva un tempo quando scoppiava una guerra – siano saltati sul primo treno per non imbattersi nelle avanguardie degli invasori.
Chissà dove sono volati via i proprietari, chissà dove atterrano i faccendieri, i politici indagati, i corruttori di professione, gli avvocati dalla clientela a dir poco "dubbia"...ci sarà un limbo, da qualche parte, dove svernano nell’attesa di nuove possibilità, d’altre occasioni per arricchirsi.
 
Eppure, proprio in questi giorni, assistiamo ad un dramma pirandelliano, ad una scostumatezza senza limiti: la Casta ha cambiato nome ed abitudini. S’è trasformata in una Corte.

Come in tutte le corti che si rispettano, il sovrano veglia e lancia – ora qui, ora là – i necessari input affinché i suoi accoliti possano agire: l’uscita di Napolitano sull’indulto (o amnistia) è stato grave poiché, dopo tanto dire, argomentare e votare libererebbe Berlusconi come un uccel di bosco. Se si desidera liberare le carceri, s’agisca sui codici depenalizzando alcuni reati minori: modesto possesso di droga, reato di "clandestinità", ecc.
Del futuro dell’uomo di Arcore molto è stato scritto: è del tutto evidente che la sua parabola è terminata, ma la sua lenta fine serve a riempire le pagine dei giornali d’aria fritta. Sono mesi che vanno avanti: sperano d’arrivare indenni alla Legge di Stabilità, la vecchia Finanziaria, dove potranno infilare qualsiasi cosa e chiudere in bellezza – magari la notte di San Silvestro – con un bel voto di fiducia. Hanno nascosto un emendamento pro-TAV nella legge contro il femminicidio! Come si può definirli?
 
E’ sbagliato continuare a pensarli in termini di casta, poiché una casta è un informe agglomerato d’individui accomunati soltanto da una nascita fortunata, in posti dove ciò vale e non è un’abitudine europea. La corte, invece, ben la conosciamo.
Inoltre, una casta non è detto che abbia, al suo interno, rapporti interpersonali che nascondono reciproci vantaggi, spesso improntati alla corruzione.
Una corte, invece, è una struttura gerarchica atta al governo di una nazione: necessita di un sovrano, di secondi, terzi livelli e così via...ciascuno al suo posto, in modo organico...protetti da un’immunità senza limiti e ben coscienti del ruolo che devono ricoprire, ossia prelevare a più non posso dalla popolazione per mantenere i propri privilegi.

Le similitudini con una corte del ‘700-800 non finiscono qui: si muovono sempre protetti da drappelli armati; il Re manda messaggi al Parlamento il quale – con l’attuale legge elettorale – elegge soltanto "senatori del Re", appunto, pronti a ricevere il diktat dalla reggia e ad attuarlo. Pranzano e cenano in speciali ritrovi o stazioni di posta iper-protette – tanto i costi non sono a loro carico – poiché temono la popolazione.
S’incontrano sempre in occasioni mondane create apposta per loro – si pensi a S. Ambrogio, la "prima" della Scala, oppure il "summit" di Cernobbio, ecc – dove la popolazione, anche disponendo di mezzi economici, non può intervenire.
Se le truppe sono impegnate in missioni coloniali, non disdegnano di mantenere presso la reggia importanti contingenti militari: come esempio, riflettiamo sulla Brigata Meccanizzata "Granatieri di Sardegna", che è acquartierata in varie sedi del centro Italia ma che mantiene il 1° Reggimento – motto: "A me le Guardie!" (sic!) – e l’8° "Lancieri di Montebello" proprio a Roma, entrambi con una forza militare notevole.
 
Hanno una paura boia di far la fine di Umberto I e sono molto diversi dalle "democrazie" (in realtà veri regni) del Nord Europa, dove i sovrani vanno in ufficio in tram non disdegnando di chiacchierare con i sudditi: eh...che ci volete fare...quelle sono retrograde, vere "monarchie"...noi no, siamo democratici...
Per ogni problema finanziario la soluzione c’è sempre: quando non si toccano le pensioni si tocca la sanità, oppure il lavoro...o, ancora, si vende un po’ d’argenteria...ma si, tanto se la venderà qualcun altro...insomma, paghiamo sempre noi. E ancora ci dicono che consumiamo troppo, che abbiamo vissuto da cicale, che non siamo "produttivi"...loro? Non possono mica campare con meno di 20.000 euro...eh no...come diceva Razzi, non si paga nemmeno una camera in un alberghetto...
Hanno posticipato, per l’ennesima volta, l’abolizione delle Province: confesso che sono un fan delle Province e non desidero la loro abrogazione. Le Province (magari ridefinite nei confini, ed abolite le ultime entrate negli ultimi vent’anni) sono unità corrispondenti a realtà economiche e sociali sul territorio, hanno un significato e non costano molto.
Le vere idrovore di denaro pubblico sono le Regioni: quando ci fu una grave frana nei pressi della mia abitazione, vidi personalmente l’assessore ai lavori pubblici della Provincia giungere per rendersi conto della situazione. Siccome s’era sul confine con un’altra regione, venne anche l’assessore provinciale piemontese: si misero d’accordo ed in un paio di mesi (era una faccenda seria) tutto fu risolto. Chi mai ha visto un assessore regionale?
L’abolizione delle Province è un obiettivo della Corte per proteggere i cortigiani delle aree lontane, ossia le corti regionali le quali, essendo solo venti, sono strettamente collegate alla Corte del Sovrano. E sanno far pesare i loro pacchetti di voti, mentre Province e Comuni sono troppi e troppo distanti.
In cambio, hanno ricevuto la gestione della Sanità che sciacallano da un trentennio abbondante, giungendo quasi ad estinguerla. La spesa sanitaria regionale è solo quel che resta del banchetto delle tangenti: per questo le prestazioni sono oramai da terzo mondo.

Inoltre – a differenza delle Province – i consigli regionali sono distantissimi dalla popolazione: spesso, centinaia di chilometri. Questo facilita la nascita di corti regionali d'alto livello, ossia che non abbiano contatti diretti con la popolazione e li abbiano, per opposte ragioni, con i gotha finanziari locali: la vicenda della Regione Lombardia e di Formigoni è emblematica per capire come funziona ed a cosa serve una Regione. Compiuto il suo dovere, il funzionario sale di grado e raggiunge la corte del Sovrano.
Oggi, con la richiesta di cambiare la Costituzione – modificando l'art. 138, soprattutto il necessario referendum confermativo – la corte rasenta l'eversione costituzionale: lo sanno bene e stanno studiando il modo più soft e giuridicamente inattaccabile per compiere il golpe.
 
Hanno già trasformato il sistema legislativo da parlamentare in governativo (tramite l'uso smodato del decreto legge): ora è il governo a fare le leggi, non il parlamento.

Più difficile abolire il referendum confermativo per gli interventi sulla Costituzione: la "sberla" del 2006 non l'hanno scordata, così come ricordano che – ogni volta che c'è una scelta per loro esiziale (nucleare, acqua, ecc) – vengono sbugiardati dalla popolazione.
 
 
In questo non ammettono sgarri: Di Pietro, per esempio, ha pagato caro il suo appoggio ed il gran daffare per i referendum. La Gabanelli – paladina del M5S – ha pensato a metterlo al tappeto.
 

Il volere della popolazione è sempre l'opposto del potere: questo dovrebbe farli riflettere, invece tirano dritti e a guidare la locomotiva, in realtà, non c'è nessuno. Con questo non intendo affermare l'inesistenza di una classe politica, bensì l'insipienza totale del loro agire.
 
Bisognerebbe cambiare, e in fretta: non è più il caso di frapporre tediose disquisizioni di parte o stucchevoli distinguo. Domani la situazione potrebbe diventare insostenibile e la m... arrivare agli occhi: alla bocca è già arrivata.
Ci sono due aspetti da analizzare: le rivoluzioni violente sono così terribili? L’Italia ha vissuto movimenti rivoluzionari?
Sfatiamo un mito: la rivoluzione russa non fu quel moto di popolo che si crede, fu quasi una congiura di palazzo e pochissimi rivoluzionari vi parteciparono. Lenin fu fatto passare dai tedeschi in Russia nella speranza di "alleggerire" il fronte orientale, speranza confermata nei fatti. Lo zar Nicola II correva su una lama: doveva stare al fronte per prevenire una rivolta degli ufficiali (sul ricordo di quella dei Decabristi) ed a Mosca per fronteggiare le congiure di palazzo. Non mi sembra un buon esempio da adottare per l’analisi, anche se alcuni spunti (come la temporanea alleanza con i menscevichi) sono veri colpi da maestro, che valgono sotto tutti i cieli e non hanno scadenza.
Più interessante quella francese: un Re imbelle, una crisi economica scatenata dalle cartolarizzazioni (Tremonti, qualcuno ricorda?) delle terre comuni per pagare sempre nuove patenti di nobiltà, un movimento filosofico (l’Illuminismo) assertore d’idee nuove...ce n’è abbastanza, fermiamoci qui.
Non c’era guerra in Francia, Luigi XVI aveva addirittura riformato (in senso positivo) l’istruzione, ma la distanza fra Versailles e la popolazione era abissale. E percepita, proprio perché le avanguardie dell'Illuminismo erano ascoltate dalla borghesia e da una fetta della nobiltà, fino a giungere alle classi più povere.
Quante similitudini con l’Italia del 2013! Ovviamente, considerando la differenza fra il secolo dei Lumi e le tenebre odierne.
Poi venne il sangue.

Il sangue risparmiato da Luigi XVI – il Reggimento delle Fiandre rimase acquartierato e non scese mai a Parigi (Luigi poteva soffocare nel sangue qualsiasi rivolta, ma non siamo qui per raccontare la storia di quegli anni) – fu versato dai rivoluzionari: a secchi, a botti, a fiumi. Le strade di Parigi – si narra – erano rivoli di sangue quando c’era madame la Guillotine in funzione.
Eppure oggi, a fronte di un eccidio senz’altro crudelissimo, non si serba memoria di quegli eventi: ciò che rimane – nella coscienza francese – è la percezione che ad ogni ingiustizia ci si può opporre, che i diritti della popolazione non sono aria fritta come in Italia. Quei morti, sono quasi dei martiri e nemmeno Napoleone ed i timidi re che seguirono riuscirono a cancellare la memoria di quegli eventi. Difatti, nel 1870 avvenne un episodio più unico che raro: la Comune.
Per queste antiche ragioni Depardieu è diventato cittadino russo, dopo che le tasse – per i redditi superiori a 300.000 euro – hanno raggiunto livelli impensabili: lavoro e pensioni, però, sono rimaste quelli di prima o pressappoco. La Francia è la nazione più difficile da gestire per le burocrazie europee ed i poteri mondiali.
 
E in Italia?

Sorvoliamo sul Risorgimento e sul Fascismo, entrambe "rivoluzioni" approvate dalla Casa Reale: una rivoluzione va contro il potere, non lo accetta come compagno di strada, altrimenti si finisce come il PCI divenuto – dopo quasi novant’anni – un partito liberista dichiarato.
Gli italiani, per reazione, sono diventati "mipiacciari": che possono fare? Arrabbiatissimi, cliccano sui vari "mi piace" di Facebook: mi piace l'onestà, mi piace la sanità pubblica, la scuola pubblica e via discorrendo. Oppure votano nei sondaggi d'opinione, del tipo "Non vogliamo che la P2 riformi la Costituzione", ecc.
 
Ci vorrebbe proprio un bel cambiamento: una rivoluzione, già...
Non siate così ignavi da credermi un fesso: una battuta, che circolava molti anni fa, recitava "Mi raccomando: puntuale eh? Alle 8.30 in piazza, c’è la rivoluzione..."
So benissimo quanto sia distante l’idea dagli italiani: ma i fatti nascono dal mondo delle idee, non scordiamolo, per questa ragione è necessario iniziare a parlarne. Ancorché violenta, perché la violenza contro di noi è giunta a punti impensabili solo pochi anni fa, generando suicidi in massa.
Suicidi ed eroi: cosa distingue un eroe da un rinunciatario?

Il termine "eroismo" – in questi tempi dannati – è desueto: lo fu anche nella lunga decadenza dell'Impero Romano. Nessuno, nei bassi imperi, compie più atti a favore del prossimo che possano mettere in discussione la propria esistenza.
Eppure, la cosiddetta "crisi" – ossia il rastrellamento d'enormi ricchezze finite nei caveau delle banche o nei paradisi fiscali (vedi la famosa multa di 90 miliardi per i videopoker, "derubricata" dal governo Letta a 611 milioni) – ha chiesto sangue, molto sangue.
 
 
Sangue povero, sangue disperato, sangue marcio dopo le innumerevoli sentenze non scritte che la corte ha dispensato a destra ed a manca: migliaia di persone si sono tolte la vita, di tutte le classi sociali, in mille modi diversi.
E' il vecchio suicidio per il timore d'essere disonorati?
 

No, non è quasi mai stato il classico colpo di pistola di fronte alla scrivania: soprattutto impiccati – la morte del povero, del disperato – e poi avvelenamenti, dirupi, ponti, fucili da caccia...
L'italiano che si è tolto la vita non lo ha fatto per salvare un onore che più non esiste, ma per pura disperazione e solo dopo aver tentato di tutto, aver bussato a mille porte, aver accettato lavori improponibili anche per un immigrato clandestino. E magari non essere stato pagato.
 
Chi ha sulla coscienza un numero di morti paragonabile ad una guerra o ad un bombardamento?
La corte non si occupa di tali quisquilie: Monti, addirittura, li irrise, affermando che non eravamo ancora giunti ai numeri della Grecia. Un atteggiamento da nazista.
Ci sono ancora remore nei confronti di gente simile?
Vediamo come sono strutturati al loro interno.
Le ultime elezioni hanno placato molti dissidi interni alla corte: oggi, il blocco conservatore è ben saldato e controllato nel sistema "PD - SC (Casini) - PdL", che mai come oggi ha i numeri per governare. Mai, però, è stato più debole e sfaldato all'esterno, quasi "irricevibile" dalla popolazione la quale, oramai in maggioranza, lo aborrisce.

La scelta è stata obbligata: il pregio/difetto dell'ingresso del M5S in parlamento è stato proprio la ferrea saldatura fra i due schieramenti. Pregio perché ha mostrato agli italiani quanto il re è nudo sul fronte della progettualità politica e delle idee in genere, difetto perché – lentamente, ma le manovre di Palazzo conseguenti alla vicenda di Berlusconi lasciano intravedere i nuovi scenari – stanno creando una nuova DC (o qualcosa di simile) che è in grado di durare a lungo, che vinca uno oppure l'altro.
 
Il M5S, secondo i sondaggi, gode di uno share che rasenta un terzo della popolazione: sì, ma solo fra i giovani sotto i 30 anni. Quanto tempo ci vorrà per saldare il conto con i marpioni al potere? Siamo certi che le nuove generazioni seguano questo trend, oppure non si lascino influenzare dai vari partiti della birra o della foca?

Qui bisogna capire quanto le continue "incomprensioni" – chiamiamole così – fra gli eletti, i militanti e Grillo e Casaleggio come mediatori – poiché unici gestori della comunicazione – non incrineranno la fiducia, impedendole di crescere.
Può esistere una "democrazia del Web"? Sì, se non si pretende di superarne i limiti: la vicenda del voto contro il reato di clandestinità, e la conseguente reazione di Grillo, ha mostrato proprio questo limite.
Non si può scherzare quando un movimento raggiunge certi numeri: i parlamentari (che, pur inesperti, stanno facendo un ottimo lavoro) non possono scegliere, uniti, di votare in un certo modo se prima non c'è stato – almeno – un dibattito serrato sui principali argomenti.
In altre parole, il "non programma" oppure i "dieci punti" od altro ancora non esauriscono la necessità di un dibattito interno che conduca verso una cultura politica, perché gli eletti – senza una cultura politica di riferimento (che nasce, appunto, dal dibattito interno) – sono in grande difficoltà. Io, cittadino parlamentare, cosa voto su un argomento del quale non trovo traccia nel programma? Se si vuole fare un dibattito politico sul Web è possibile farlo.
Ma Grillo teme il dibattito poiché evidenzierebbe le mille anime del suo movimento – che non riesce a comprendere l'arte del compromesso, la vittoria parziale, le strategie di logoramento dell'avversario (che sono altra cosa dagli inciuci e dal trasformismo) – e cerca di mantenere unito un insieme molto variegato nel nome di una generica ed utopica vittoria a venire: è chiaro che ciò produce contraddizioni laceranti, che gli avversari (padroni dei media) sfruttano a dovere.
 
Ovvio che i vecchi marpioni su queste difficoltà ci sguazzano, accelerando i tempi di discussione e di voto per mostrare l'inaffidabilità del M5S. Grillo queste cose dovrebbe capirle, prima di battere sulla tastiera e di mettere sulla graticola i (suoi?) parlamentari.
La "Cavalcata delle Valchirie" del M5S rischia di trasformarsi prima in un andante con ritmo, poi in un adagio malinconico. Il Trentino ha già dato un segnale: Capitan Fracassa/Grillo, con le sue castronerie velleitarie contro il Re, farà il resto.

In ogni modo, non sottovalutiamo l'unione – di fatto – dei vecchi partiti: tolti di mezzo un po' di pasdaran e di pasionarie da una parte e dall'altra, potremmo trovarci con una forza politica che rasenta il 40% dell'elettorato.
Oppure, invece di progettare un'unione, potrebbero mantenere la propria identità (con una diversa legge elettorale: allora sì che la farebbero!) e, dunque, dare un'impressione di "genuinità" al proprio elettorato il quale, non dimentichiamo, è fortemente abbarbicato nelle istituzioni e nelle strutture pubbliche centrali e periferiche: sono il milione d’imbonitori della politica, quelli che regnano su cooperative, associazioni, fondazioni, ecc.
 
Alla fine, tornerebbero all'inciucio, spacciandolo per una "grosse koalition": il tutto resterebbe a galla con i voti comprati dalle mafie, dalle cooperative, dall'associazionismo cattolico, ecc. Spendono miliardi per associazioni senza senso (sono presenti sul Web degli elenchi che suscitano l'ilarità: censimenti di daini, ecc): sono voti comprati a danno dello stato sociale!

All'Europa tutto questo sta bene: basta che l'Italia non trascini a fondo l'UE, troppi soldi in gioco. Al FMI anche: la Finanziaria di quest'anno è troppo morbida – dicono – meglio quella di Monti. A Morgan & Stanley non piace la nostra Costituzione: troppo socialista.
Questo è il quadro dei nostri rapporti con le cosiddette "istituzioni" internazionali: la politica estera?
 
La ex-Libia è stata trasformata in un quadrilatero petrolifero: zona d'estrazione e basta, il resto non conta. Chi comanda? Le ex diplomazie coloniali, eccettuata la nostra.

Quando arriva una salma dall'Afghanistan non se ne deve parlare per rispetto verso la famiglia: se, invece, se ne parla in tempi "normali" l'argomento non è all'ordine del giorno, Quando – di grazia – la popolazione potrà dire la sua su delle guerre ordinate in spregio alla Costituzione?
L'Italia, in Europa, non ha certo i numeri economici della Grecia: il timore delle burocrazie europee è che si saldi – ma solo l'Italia ha i numeri per farlo – una sorta di "asse del sud Europa", che magari dialoghi con i BRICS. Questa possibilità è vista come la peste: per questa ragione alla regia corte italiana sono perdonati peccatucci, peccatini e peccati mortali. A ben pensarci, un gruppo di Paesi ha ben diversa forza contrattuale rispetto ad un singolo Paese: è proprio questo che temono.
 
Come si può notare, le vie d'uscita da questa schiavitù europea/italiana ci sono, anche senza lo "strappo": dipende tutto dalla forza contrattuale che si riesce a mettere in campo. Quello che veramente serve è una forza rivoluzionaria.
Sugli attributi di questa forza non si deve andare troppo per il sottile: se si comincia con i distinguo, tutto finisce subito.
Pochi punti e chiari, che mai potranno concedere:
1) Abolizione dei contributi elettorali;
2) Ritiro completo dall'Afghanistan;
3) Azzeramento degli F-35 e ampia revisione della spesa militare;
4) Abolizione della riforma Fornero sulle pensioni;
5) Abolizione d'ogni forma di precariato nel lavoro;
6) Riduzione dei compensi agli eletti;
7) Contributi di solidarietà dalle pensioni d'oro;
8) Abbassamento del tetto di retribuzioni per i manager di Stato;
9) Un circuito di banche pubbliche senza scopo di lucro;
...eccetera...eccetera...
Non temete d'allungare od accorciare la lista: tanto non fa nulla, la rifiuteranno in blocco, e per tre ragioni:
1) La caduta del saggio di profitto continua: ciò significa che il guadagno (da parte dell’imprenditore) sul singolo bene s’abbassa sempre di più. E’ la conseguenza dell’espansione in Oriente (compiuta, all’inizio, con capitali occidentali): insomma, la classe media dei BRICS deve crescere, per poter acquistare le scarpe di Prada o le Ferrari. Ovvio che, da noi, le possibilità di lavoro si riducono ai soli beni di lusso o di alto contenuto tecnologico: le produzioni meno tecnologiche chiudono ad una ad una.
2) L’automazione dei sistemi industriali ha raggiunto livelli impensabili: ci sono già fabbriche completamente automatiche, gestite solo da pochissimi tecnici per il controllo. Inoltre, la standardizzazione dei processi produttivi comporta che lo stesso pezzo serve in un’automobile, in un’affettatrice ed in un motocoltivatore. I costi di produzione s’abbassano: la cosiddetta "produttività" sale di circa l’1% l’anno e, da quasi 30 anni, se la "mangiano" tutta i capitalisti. Altro che cuneo fiscale.
3) I media hanno compiuto bene la loro funzione: l’istupidimento della popolazione è stato raggiunto e, oggi, la "velina" o il "modello" sono il massimo delle aspirazioni di 9 giovani su 10.
Si può disquisire se Marx avesse presagito simili evenienze: sulla prima e sulla seconda senz’altro, solo che Marx contava sull’affermazione dei valori della classe operaia, insieme alla nuova missione di classe "propulsiva" dello sviluppo economico. Qui è stato smentito dagli eventi, anche se non poteva certo immaginare cosa sarebbero diventati i media oltre il giornale.
Ci sono possibilità?
A mio parere, poche. Forse un passaggio di generazione è necessario: oggi, i genitori sono ancora in grado di garantire qualcosa alle giovani generazioni, se non proprio benessere almeno sopravvivenza senza troppi scossoni.

Domani – immaginiamo fra circa 20 anni – le pensioni saranno così misere che non consentiranno più il "soccorso" fra generazioni ed il ricorso a riforme del tipo 70+ anni per l’accesso alla pensione limiterà molto l’appoggio che i padri potranno fornire ai figli. Il vero welfare italiano – la famiglia – si estinguerà.
 
Sempre in un’ottica marxista, bisogna stare attenti all’altra degenerazione, allo scivolamento verso forme di sottoproletariato che non si nutrono più di valori bensì di dis-valori quali la delinquenza comune, la strutturazione in bande, la violenza gratuita, il furto, ecc. Questo mutamento si nota bene nelle scuole: ogni anno classi più violente, allievi/e intrattabili ed incontenibili. Del resto: con quello che li attende in futuro, cosa c’è da contenere?

Il futuro dell’Italia è fosco: solo una mobilitazione generale potrebbe salvarla ma – già lo sappiamo – non avverrà perché anche i sindacati sono asserviti e, quelli non asserviti (COBAS), sono tagliati fuori con mille trucchi.
 
Bisogna saldare, unire gli italiani, ricostruire la dignità di un popolo allo sbando, guidato da cortigiani senza morale né legge.
Per questo bisogna dar loro modo di vedersi, di contarsi, d'osservare nel viso del vicino le stesse ansie di cambiamento, la stessa voglia di riscatto.
Un potere marginale rimane alle associazioni di difesa della Costituzione et similia, le quali potrebbero chiamare le persone al grande raduno, alla manifestazione. Ma come?

L’unico tentativo praticabile, ad oggi, è quello di sfilare – ma bisogna essere veramente in tanti – in tutte le città italiane completamente silenziosi e senza "cappelli" di partito. Un solo striscione: "Restituiteci l’Italia", e sperare che la cosa (se i numeri sono veramente grandi) faccia loro paura. Poi...valutare con attenzione i passi seguenti.
 
L’alternativa? Affondare in silenzio.
PS: Mi scuso per il lungo periodo d’inattività, ma alla meteorologia ed alla salute non si comanda.