30 giugno 2013

Nella bottega di Mastro Pasqua



Quando s’incontra un personaggio come Mastro Pasqua il pensiero non può che correre al Verga, ed al suo Mastro Don Gesualdo, tanto i due sono uniti nell’ossessiva ansia del divenire (la robba per il siciliano, le pensioni per Pasqua) e separati nell’effige. Tanto il primo fu sanguigno (almeno, nell’immaginario del Verga) così il secondo è segaligno, mal in arnese, al punto che sembra mangiato dalla pellagra.



La bottega di Mastro Pasqua è un luogo senza-luogo: lo immagineremo, dunque, sparire da una porticina in un vecchio androne della Roma rinascimentale, quei passaggi che conducono a cortili nascosti, con alberi di limone e cespugli di mirto.

Da lì, ecco che s’apre un nuovo budello, stretto ed ombroso, che termina nella sua bottega: l’Istituto Naturale delle Pensioni Segate (INPS). A dire il vero, per seguire la sua ossessione che rasenta la follia, Pasqua s’è lasciato convincere a seguire ben 25 dirigenze e consulenze, che spaziano da Equitalia al CONI, per giungere a Telecom ed Autostrade per l’Italia, solo per citare le più importanti. A definirlo un uomo in odore di conflitto d’interesse non è l’Almanacco Bolscevico, bensì sono i giornali finanziari più quotati.

La rimozione della morte, che Pasqua crede di vanificare gettandosi nel lavoro, lo condurrà probabilmente a concorrere – insieme ad altri manager di Stato – al concorso “il più ricco del cimitero”. Si vince una tomba in plexiglas con climatizzatore incluso, decorata con rose in plastica coreana: una vera sciccheria.



Ma, quando Mastro Pasqua apre la porta della sua bottega e poi la richiude, lo scatto dell’antica serratura lo fa precipitare nella pace assoluta: lontane sono le ansie, le lotte, i fastidi che ben 25 (!) lavori portano, che non sappiamo se corrisponderanno a 25, diverse, pensioni.

Appena giunto saluta la Fornarina la quale, nel retro – in grembiule e ciabatte – è sempre affaccendata con i suoi alambicchi: la poveretta cerca da anni l’elisir di corta vita, e mescola sapientemente erbe e minerali nel mortaio, per poi riprenderle con poca acqua nel crogiolo e distillare, dunque, il tutto.

Ogni tanto alza gli occhi ed osserva le due effigi che campeggiano sopra l’antico forno: Marlowe e Wilde la osservano freddamente, con alterigia, e compatiscono la fattucchiera che tenta d’emulare gli splendori letterari di Faustus e di Dorian Grey, ma al contrario. Persino Mefistofele la snobba, ma lei non molla, imperterrita: mamma diceva che bisogna perseverare, ricordalo sempre. E continua.



Da quando s’è installata in quei locali la segretissima divisione PP (Pozioni Pensionistiche), i gatti nel vicinato sono spariti ed anche qualche nonnina – che ancora sfaccendava con l’abbacchio e la coda alla vaccinara solo il giorno precedente – è stata ritrovata stecchita dai vicini. Poraccia.

Qualcuno ha fatto una segnalazione anonima al Sant’Uffizio per stregoneria, ma è intervenuto il Papa2 “la vendetta” Ratzy e tutto è stato messo a tacere: nessun timore di nuovi roghi a Campo dei Fiori, i ragazzi possono continuare tranquillamente a giocare al pallone la sera, ed a far inviperire i baristi che devono servire ai tavoli fra una pallonata e l’altra.



La vita nell’Istituto Naturale delle Pensioni Segate è tutta qui: talvolta viene il ragazzo di bottega – se ci sono da fare delle commissioni – che è un mezzo francese, tale Michel Martone, e si ferma ogni tanto per una visita Mario Monti. Si chiede come mai sia stato “segato” alle elezioni, lui che “all’estero è così apprezzato” ed in Italia non è capito: qualunque italiano, in due parole semplici, glielo spiegherà. Un consiglio: gambe veloci, subito dopo.



Quando giunge in visita la comptesse Marie Claire de Saint Anne et de Pise c’è un po’ di trambusto, ed anche Mario Monti si alza dalla poltrona a dondolo dove sonnecchia...per quel che c’è da fare al Senato...e le bacia la mano. La Carrozza della contessa è annunciata dallo scalpiccio degli zoccoli sul selciato e tutti, a Roma, s’inchinano quando passa il Ministro dell’Istruzione.

Marie Claire è preoccupata: ha cento milioni a disposizione per ristrutturare le scuole italiane, ma con quei soldi riuscirà soltanto a risistemare le pareti dove vanno infisse le LIM (Lavagne Interattive Multimediali) perché le scuole italiane sono antichissime oppure modernissime, ed entrambe le origini generano problemi.



Dai muri delle scuole antiche salta fuori di tutto: vasi, dipinti, affreschi, terrecotte con monete d’oro, scheletri d’infanti, lapidi, pietre focaie, travi imperiali e scrigni cardinalizi...ed ogni volta che arriva una LIM gli Assistenti Tecnici tremano. Come si farà ad inserire i tasselli? Verrà giù tutto? Il Preside ha detto: niente Belle Arti, eh? Anche se salta fuori un Leonardo!

Nelle scuole moderne, invece, entra nel muro la punta, il mandrino ed anche un pezzo di trapano, lasciandoti un buco largo come una mano: le appoggeranno per terra, le LIM. Per fortuna che, presto, arriveranno a rimpinguar le schiere i docenti in esubero e gli inabili: allora sì che ‘ste lavagne saranno appese! Cioè...le impiccheranno? Va beh, procedamus.



A volte, giunge anche un piccione viaggiatore da sua Eccellenza il Franco – che non è l’imperatore francese, bensì il Franco Daniele, Ragioniere generale dello Stato – per avere notizie e “monitorare” la situazione. Dde che? Mah...

La Ragioneria dello Stato è zeppa di ragionieri che ragionano, compilano, calcolano, redigono...montagne di carta che s’accumulano in attesa del trituratore o dell’archivio, ove dormiranno sogni beati fino ai futuri archeologi.

E ogni ragioniere che ragiona, compila...eccetera...dice la sua: questo è il dramma!

Per la somma e la differenza di tutte queste ragioni, compresa la sommatoria di conflitti fra istituzioni, il numero degli esodati è ancora ignoto, così come quello dei docenti in “Quota 96”, che dovevano andare in pensione lo scorso 2012 a Settembre. Un errore della riforma Fornero: tutti sbagliano, no? E allora...

Il problema è anche che i consigli non servono: poi, un parere fornito da insegnanti che non s’aggiornano! Basterebbe immettere nel codice SQL del database il seguente comando:



>=35 nel Campo “Anni di contribuzione”



1952<= nel Campo “Anno di nascita”



per avere tutti i nati dal 1952 in giù con 35 e più anni di servizio: si potrebbe inserire anche un comando che elimina gli eventuali nati nel 1952 con 35 anni di servizio (al 31/8/2012) ma non complichiamo troppo le cose, sono circa 3500 nominativi: in una mattinata qualsiasi funzionario li controlla tutti.



Il problema è che, appena letta la parola “Campo”, la Fornarina è corsa nell’orto annesso al settore “Pozioni Pensioni” ed ha cercato sulle targhette delle erbe, tutte velenose. Marie Claire – che è pisana – s’è fatta portare a Campo dei Miracoli ed ha cercato alla base dei monumenti: ha trovato tanti cuori e scritte del tipo “T’amo Cocca mia”, “Samantha mi fai impazzire” e roba del genere ma non ha letto le parole magiche.

Alla Ragioneria dello Stato non è giunto nulla, o probabilmente se lo stanno “scaricabarilando” da un ragioniere all’altro, nell’attesa che qualcuno ci provi.

Il problema è a monte, ovvero sapere se conoscono il significato del termine “database”: per esperienza personale, ne dubito.



Così, nell’ignavia più assoluta – per malafede o per “cultura” assodata – è meglio creare un Limbo: oh, finalmente un termine che tutti capiamo...accidenti! Facciamo un bel limbo dove cacciamo tutta ‘sta gente...esodati, cassintegrati, perduti vari, “quota 96”, inabili, soprannumerari...e non pensiamoci più.



E’ tardi per ordinare un maritozzo con la panna? Ce l’avranno ancora? Michel! Vai al bar e porta quattro caffè coi maritozzi...e riporta anche il resto, eh? Non come la volta scorsa!



18 giugno 2013

La via di mezzo


La politica è forse l’unica professione per la quale non si considera necessaria alcuna preparazione specifica.”

Robert Louis Stevenson – Familiar studies of Man and Book – 1882



A ben pensarci, non può essere che così: qualsiasi altra interpretazione del suffragio universale è fallace, menzognera, disutile. Abbiamo appena provato sulla nostra pelle i frutti di un governo di “sapienti”, di platonica memoria, ed abbiamo verificato quanto sia antidemocratica ed inutile una simile operazione, che rischia veramente di far precipitare il Paese in un incubo (quello c’è già) dal quale non si riesce più ad uscire poiché ipnotizzati dalla soggezione verso i “sapienti” i quali, come perfidi serpenti incantatori, continuano ad intessere le trame del loro maleficio.

E’ interessante ascoltare una breve intervista (1) pubblicata dal Fatto Quotidiano dove (senza saperlo) si confrontano da due diverse sponde Vendola e Cuperlo: non si tratta, qui, di dare giudizi sulla collocazione politica dei due o quant’altro, bensì d’analizzare attentamente il testo.

Mentre Vendola ammette la crisi iniziata nel 2008, ma assegna ai “rimedi” proposti in sede europea la vera causa del tracollo italiano, Cuperlo è ingabbiato nella rete europea fino al collo e balbetta soluzioni che – ben sa – essere impraticabili e di cortissimo respiro.

Osserviamo, brevemente, l’alfa e l’omega (per adesso) della vicenda:


Il piano di intervento (del Piano Paulson N. d. A.), che all'inizio prevedeva una soglia nominale massima non superiore ai 700 miliardi di dollari, complessivamente ammontò a 7.700 miliardi di dollari. Tale quantitativo di liquidità venne immesso sul mercato bancario a tassi vicino alla zero dalla Federal Reserve, a sostegno delle banche non solo americane, ma anche europee (come Royal Bank of Scotland e UBS) durante il biennio di crisi 2007-2009.” (2)

 
Salto numerose fasi della crisi, per giungere agli effetti finali:

 
Nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2012 il Consiglio Europeo nel tentativo di trovare un argine alla crescente esposizione dei paesi dell'Eurozona (in particolare alcuni paesi mediterranei tra cui Italia e Spagna che pongono in veto allo scopo di esercitare pressione sul Consiglio) alla crisi di fiducia degli investitori, deliberò di implementare l'utilizzo del MES come copertura dai rischi di rifinanziamento degli stati e di fare del MES, accanto al Fondo europeo di stabilità finanziaria, un meccanismo di preservazione dall'aumento incontrollato dei rendimenti dei titoli pubblici, attribuendo agli stessi la funzione di intervenire acquistando per conto della BCE titoli di debito pubblico sul mercato secondario, a condizione che il paese richiedente sottoscrivesse un documento di intesa e si impegnasse a rispettare severe condizioni. In più venne attribuita al fondo la capacità di ricapitalizzare le banche senza l'intermediazione dei governi nazionali.” (ibidem)



Ecco: “a condizione che il paese richiedente sottoscrivesse un documento di intesa e si impegnasse a rispettare severe condizioni.” Qui sta la radice delle nostre disavventure: un impegno preso da qualcuno che non era stato eletto a sottoscrivere qualsiasi impegno per mantenere quella “stabilità” e quei “rendimenti”.

Quell’uomo fu Mario Monti.

Insomma, dobbiamo pagare di tasca nostra per finanziare, e dunque capitalizzare, un fondo al quale potremmo accedere soltanto pagando un interesse (sui soldi nostri!) e accettare qualsiasi provvedimento di austerità. Fantastico: è come pagare l’assicurazione dell’auto e poi, quando hai un incidente, essi usano quei soldi per concederti un finanziamento, sempre che tu non superi mai più i 90 all’ora, altrimenti ti sequestrano l’auto e tutto il resto.



Oggi, gli effetti dei subprime americani – ai quali la burocrazia bancaria ed europea ha aggiunto una serie di “rimedi” che sono peggio della cura – mostra i suoi artigli.

Il governo Letta è una ciofeca: ingabbiato fra i veti incrociati, fra gli ex montiani che non contano nulla in Parlamento – ma dettano l’agenda grazie alle loro potenti amicizie in Europa, dal Bilderberg alla BCE – fino ai 101 traditori del PD, che affossarono la volontà popolare di gran parte del loro elettorato per sostenere l’agenda europea, galleggia, ogni tanto beve, ma non vede l’ora di tornare a riva. Nuotare nel mare della grande politica non è per loro, s’è capito.

Perché non stilano una nuova legge elettorale? Prima di tutto perché questa conviene a tutti gli inciuciatori di questo mondo, e poi perché aprirebbe la via a nuove elezioni, vade retro satana, sembra di sentirli minacciare.

Quindi, rimarranno lì fin quando “qualcosa” non li smuoverà: poco probabile un Berlusconi indebolito, meno ancora un Grillo che s’è incasinato da solo. Vivacchieranno, fra una batosta e l’altra (per noi): cos’avevate capito?



Nel frattempo, s’affidano all’alleato di sempre: gli USA. Tutti se ne vanno dall’Afghanistan – ci pensano persino gli americani! – ma noi restiamo. Ogni tanto riportiamo a casa un cadavere, ma quando c’è il morto “fresco” non se ne deve parlare per rispetto, quando il morto è “muffito” passa in cavalleria.

Oh, scorrendo la lista dei militari italiani morti all’estero (3) c’è da rabbrividire: morti per fuoco amico, per suicidio, una miriade per incidente stradale, un'altra bella quota per aeromobili che cascano (oh, ma ‘sti elicotteri italiani non sarebbe meglio mandarli ad una revisione?), chi è annegato, chi è saltato su una mina, chi si è sparato da solo per un “incidente”...va beh, lasciamo perdere.

I morti, finora, sono 54: sui feriti non ho trovato dati, ma in una guerra sono almeno cinque volte i morti. Insomma, le perdite di una battaglia.

Qui, sarebbe già un bel risparmio andarsene perché le cifre ufficiali sono fasulle: parlano di 1 miliardo l’anno, ma nelle “pieghe” dei bilanci militari si nasconde altro e si pensa che siano almeno due. Per una guerra che non si può vincere, ossia una guerra persa: ma questi “volontari” che vanno a morire per niente, ci pensano?



L’altro bel capitolo riguarda gli F-35 i quali – fra nazioni che si ritirano dal programma e dubbi sul velivolo che giungono dall’amministrazione USA stessa – stanno diventando lo zimbello del terzo millennio. Col russo T-50, in arrivo intorno al 2015, al costo di un quarto di un F-35 e, sembra, più affidabile.

Ma l’italia ha bisogno di questi aerei?

Passino i 30 (versione B) per le due portaerei – ma gli americani pensano di cancellare proprio la Versione B ad atterraggio verticale – che sarebbero necessari per giustificare la costruzione delle stesse: insomma, passi la vecchia Garibaldi, ma la nuova Cavour non si capisce proprio cosa l’abbiano costruita a fare.

In ogni modo, se la versione B non sarà costruita, le due portaerei rimarranno “a secco” di aerei: fantastico per una portaerei! Faranno le navi trasporto truppe per gli americani: garantito.



Gli altri F-35 “normali” – quelli per l’AMI – non servono ad una mazza: sono ancora in consegna gli Eurofighter! E poi: una nazione che non riesce più a garantire reddito e sicurezza sociale, perché va ad impelagarsi in queste faccende?

Questo, tanto per mettere in chiaro alcuni consistenti risparmi che si potrebbero ottenere dal settore militare: una forza di “difesa” che è in grado di “recapitare” senza problemi una bomba ad Herat, ma che non riesce a difendere Taranto o La Spezia da un’incursione di cacciabombardieri nemici. Ci torneremo – con argomenti convincenti – in un prossimo articolo.

Il piatto forte, però, è un altro: inutile girarci attorno, perché stiamo sempre valutando all’interno dell’esistente, in altre parole non c’allontaniamo dalla tana.

Proprio in questi giorni, Silvio Berlusconi fa la voce grossa perché Letta non batte i pugni a Bruxelles: non ha mica torto, però si dimentica quando fu lui a belare come un agnellino a Bruxelles. Ricorda? (4)



Il dibattito, allora, verte su “cosa” dire a Bruxelles, “come” rispondere a Francoforte, “quali” sono le strategie e le tattiche più incisive.

I lettori, forse, non meditano abbastanza sugli effetti della crisi greca: io non ci sto più a sentirmi cittadino italiano ed europeo, mi fa moralmente schifo che qualcuno – magari a Timbuctu – mi identifichi come appartenente ad una simile genia.

La distruzione della Grecia è stata un’operazione pianificata: il debito greco è risibile, perché allora scatenare una vera e propria guerra contro Atene, per nulla dissimile dalle sanguinarie occupazioni che Berlino portò avanti in Europa dal 1939 al 1945?

Una vicenda neocoloniale tutta interna all’Europa: ecco cos’è la crisi greca, manca solo un Gauleiter ad Atene e l’occupazione sarebbe perfetta. Ecco un breve, agghiacciante, brano:


"Le limitazioni iniziali sono scomparse quando è stata inghiottita la Germania dell’Est nel 1990. L’allora Cancelliere Helmut Kohl stabilì la linea: “La Germania ha chiuso con il passato; in futuro potrà apertamente dichiarare il suo ruolo di potenza mondiale, un ruolo che ora è necessario ampliare.” Il ministro degli esteri Kinkel fu ancora più chiaro: “Occorre padroneggiare due compiti paralleli: all’interno del paese dobbiamo tornare a essere un unico popolo, all’esterno è ora di arrivare a ottenere qualcosa che abbiamo mancato due volte di realizzare. In accordo con i nostri vicini dobbiamo trovare la nostra strada verso un ruolo che corrisponda ai nostri desideri e al nostro potenziale.” Il suo riferimento al doppio fallimento della Germania, che ora deve trovare coronamento, fu davvero allarmante. Un deputato del partito della Merkel lo ha recentemente aggiornato: “E’ ora che in Europa si parli tedesco!” (5) Per approfondire (6)


Gli interessi ci sono, e sono poco visibili.

I tedeschi iniziarono con l’avventura balcanica subito dopo l’unificazione (non persero tempo! Giusto un paio d’anni) ed oggi hanno quasi completato la nuova autostrada Fiume-Dubrovnik, che traversa tutta la ex-Jugoslavia da Nord a Sud. Grazie al “compiacente” risultato del referendum montenegrino (55,1%, ci voleva il 55%) ottenuto chiudendo improvvisamente le frontiere con la Serbia la mattina del referendum (molti montenegrini contrari alla separazione stavano per affluire) ed organizzando, parimenti, viaggi aerei gratuiti dalla Germania per i montenegrini favorevoli, oggi sanno che quell’autostrada potrà giungere ai confini con l’Albania.

Quella è soltanto un nuovo protettorato italiano: non ci vorrà molto a traversarla (come si ripete, per versi differenti, la Storia, eh?). Dopodichè, ecco la Grecia: vi chiederete il perché. Diamine! Perché la Grecia possiede un porto (Il Pireo) piazzato proprio nel centro del Mediterraneo, che accorcia la via per Amburgo d’almeno duemila miglia!

Anche i greci lo sanno, e provarono ad intessere trattative con i cinesi ma la Germania aumentò la pressione del tacco sulla loro testa e furono costretti a desistere, nonostante il COSCO Group ed il suo manager, Wei Jiafu, affermassero, all’inizio del 2012:

Sono venuto qui per riportare il porto del Pireo al posto che gli spetta. Ci auspichiamo che entro un anno divenga il principale scalo commerciale del Mediterraneo. In Cina abbiamo un proverbio: ‘Costruisci il nido e l’aquila arriverà. Abbiamo costruito un nido nel vostro paese per attirare l’aquila cinese. Questo è il contributo che vi stiamo offrendo”. (7)



Infine, c’è un precedente culturale che spaventa. Emir Kusturica, nel film Underground, presenta un’immaginaria rete stradale sotterranea (che non si deve vedere, occultata, proprio perché esistente ma d’altra natura, politica) dove transita un po’ di tutto: mezzi militari, camion civili, profughi. In alto, campeggiano due cartelli stradali: a sinistra Berlino, a destra Atene.

Che fare, dunque, di questa Europa oramai egemonizzata dalla Germania, nella quale aspettiamo, oramai, soltanto di finire paese-satellite, sempre che ci vada bene? Partiamo dall’euro.


Le posizioni, rispetto all’euro, sono perlomeno 4:


1) Dall’euro non si può uscire e va bene così;

2) Bisogna uscire assolutamente dall’euro;

3) Bisogna cacciare dall’euro le nazioni più ricche;

4) Bisogna pretendere da posizioni di forza una revisione dei trattati.



La prima soluzione è quella sostenuta da gran parte dell’establishment: va bene così? Trovate voi le soluzioni, senza subissarci di tasse né continuare a toglierci diritti. Nemmeno il caso di parlarne.



La seconda soluzione ha una pecca: la metà degli italiani crede nell’euro più che nel Padre Nostro. Chi li convince della trappola? Un referendum? E quando mai la Corte Costituzionale lo farà passare!

E’ pur vero che, oggi, c’è più materiale a disposizione, più siti che ne parlano, ma in Tv quando si parla di uscire dall’euro si viene presentati come dei nichilisti, gente che vuole soltanto sfasciare tutto. E quel 50%, (molto variabile secondo i sondaggi, questo è quello più favorevole) prima che cali, passeranno molti anni, se non decenni.



La terza soluzione – proposta (8) dal premio Nobel Stiglitz e sposata, in Italia, da Alberto Bagnai – sembra più avvincente. Bagnai dà per scontato che alla Germania “l’affare” convenga giacché – tanto per semplificare – ha già succhiato i Paesi mediterranei fino all’osso e dunque potrebbe abbandonarli al loro destino.

 
Attualmente, però, non sembra questa la politica tedesca: vanno sempre giù più pesante nelle richieste d’austerità e di rigore di bilancio, ma non sembrano voler mollare la presa. La Germania ha anche altri mercati oltre all’Europa del Sud: l’euro le va bene come moneta forte per pagare meno le materie prime, per poi esportare prodotti tecnologici in altre aree. L’Est, ad esempio, la Russia, la Cina, ecc.

Premetto di non essere un economista e, perciò, la soluzione di Bagnai deve essere più articolata: siamo certi che la Germania “molli l’osso”? E se l’area industriale del Nord Italia (seconda in Europa per mole) facesse gola al punto da non battere ciglio fino al disastro totale italiano, per poi acquistare per due soldi? Non dimentichiamo che, sotto sotto, questo era l’obiettivo di Miglio e della prima Lega Nord, che lo sapessero o no quelli che vanno ai raduni “cornuti”: per questo, oggi, la Lega non serve più a nessuno.

 
L’ultima soluzione sembra la più avvincente, ma ci vuole una forza politica che sappia quel che fa, la proponga e la porti avanti. Cosa?

Ci sono alcune cosette che si possono fare prima d’uscire dall’euro: quali?

Anzitutto, sospendere unilateralmente il trattato di Shengen: si può fare dalla sera alla mattina.


L’Austria – come forse saprete – non permette il transito dei TIR stranieri sul suo territorio: vuoi passare l’Austria? Mettilo sul treno (delle ferrovie austriache) e paga. Anche la Svizzera opera in questo modo.

Siamo il Paese che detiene il maggior patrimonio culturale del mondo! E’ patrimonio dell’umanità! Vogliamo mostrare un paesaggio colmo di TIR in colonna? Giammai.

Basta una semplice legge:


I trasporti autostradali, che non abbiano partenza od arrivo in Italia, non possono attraversarla, bensì salire sugli appositi treni”. Punto.

Vi rendete conto di cosa significa?


Gran parte dell’industria spagnola è in mani tedesche, più l’esportazione spagnola di frutta e verdura nel centro-Europa: c’è un volume di traffico – da e per la Germania – spaventoso, di tedeschi e spagnoli. Volete passare? Sul treno, e pagare. Altrimenti, fatti tutta la Francia per andare a Monaco di Baviera.

Vuoi entrare in Italia a Trieste per andare in Germania? Stessa musica, altrimenti passa dall’Ungheria per andare a Monaco.

Siamo convinti che una “cosuccia” del genere renderebbe più malleabili i tedeschi nel loro procedere “über alles” per l’Europa. Moooolto più malleabili: se lo fanno Austria e Svizzera...

In alternativa, potrete sempre sbarcare le merci nei porti italiani: la legge non si applica se la merce è in partenza dal territorio italiano.

Insomma, siamo stufi di questi TIR con targhe di mezzo mondo che intasano soltanto le nostre strade!



Poi c’è la questione del patrimonio artistico: è meraviglioso, unico, stupendo...grazie, già lo sappiamo...

Però bisogna mantenerlo.

Per caso – cari europei del Nord – avete mai dato uno sguardo ad una carta sismologica dell’Europa? (9)

Ma guarda te...sempre i soliti sfigati...Italia, Balcani e poco altro. Il resto dell’Europa? Un bel verde rassicurante, mai visto un terremoto.

Capirete bene che non potete lasciarci “sul gobbo” la responsabilità di mantenere in piedi tutto questo po’ po’ di “patrimonio culturale dell’umanità”, vero? Sono certo che ne converrete.

Perciò, basta una leggina:


Per ogni monumento o pregevolezza artistica sul territorio italiano è prevista un’apposita tassa di salvaguardia per tale patrimonio, da stabilirsi nella quota del 20% sul biglietto d’ingresso, che sarà immessa in un apposito fondo – senza possibilità di storno – per il mantenimento del patrimonio artistico. Gli italiani, o i cittadini che vivono in Italia, ne sono esentati alla presentazione della carta d’identità o del permesso di soggiorno. In alternativa,i turisti potranno richiedere l’apposita “antiquities card” alla frontiera, al prezzo complessivo di 100 euro. ”


E diamo lavoro a qualche architetto ed operatori di restauro, così il PIL cresce! Non verrete più perché costa troppo? Siete proprio degli avaracci con una mentalità anti-europea: ci dispiace, niente Colosseo, Fori Imperiali, Piazza S. Marco, Piazza dei Miracoli...più qualche decina di migliaia di castelli e palazzi nobiliari. Bye bye.


Allo stesso modo – siccome c’è un ampio patrimonio storico subacqueo – è necessario avere fondi per riportarlo alla luce, mica lasciarlo in mano ai contrabbandieri d’antichità. Convenite, no?


Ogni imbarcazione da turismo straniera che transiti nelle acque territoriali italiane, e nella zone d’interesse economico esclusivo (24 miglia) è soggetta ad una tassa di 100 euro.”


Non sarete mica così meschini da non voler proprio recuperare la nave oneraria romana sulla quale avete gettato l’ancora del vostro yacht da 30 metri e 10 milioni di euro, no?



Bene, per ora non c’è altro, ma molto può essere fatto: nell’attesa che gli economisti trovino il modo di uscire dalla trappola dell’euro, queste cose possono essere fatte. Qualche legge, forse, ve l’approveranno pure, più difficile per Shengen e per i TIR. Ma che una simile proposta sia stata bocciata, seppur a maggioranza, dal Parlamento italiano farebbe già rizzare le orecchie ai burocrati del Santo Euro.


Forza, invece di stare lì a trastullarvi con gli scontrini o sulle espulsioni di questo o quell’altro: siete o non siete “cittadini” inviati dal popolo?



1) Fonte: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/06/14/iva-e-imu-vendola-dal-governo-poche-idee-ma-confuse-che-film-penoso/236613/



(2) Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_economica_del_2008-2013



(3) Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Militari_italiani_caduti_in_missioni_all'estero



(4) Vedi : http://www.polisblog.it/post/12115/ore-12-berlusconi-a-bruxelles-con-le-orecchie-basse-napolitano-pronto-a-una-soluzione-demergenza  



(5) Fonte: http://znetitaly.altervista.org/art/2716 



(6) Vedi: http://www.bulgaria-italia.com/notizie-est/article82a6.asp



(7) Vedi : http://www.lolandesevolante.net/blog/2012/02/cina-operazione-sirtaki-1/



(8) Vedi : http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/17/ue-salva-solo-se-berlino-lascia-leuro-lidea-del-nobel-stiglitz/624169/



9) Vedi: http://www.tarocchionline.net/reserved/sismic_europe.jpg



12 giugno 2013

Vite sospese



Gianna cammina veloce lungo il corridoio, quasi corre, quasi scappa. Vorrebbe scappare, non ne può più. Per quasi 40 anni, ogni anno, ha accolto i “primini”, li ha sfogliati uno per uno, come i vasi dei fiori che innaffia ogni giorno sul balcone, con cura, bGiannando alla loro sete ma senza affogarli.

Per 40 anni ha fermato il tempo e si è cullata nell’illusione che strega la scuola: quel mutare immutabile – “diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale” come ricordava Guccini – e non importa se cambiavano gli occhiali, se spuntava qualche ruga, se ingrassava, se facevano male i piedi.

Ogni anno, a Settembre, il rito si ripeteva ed arrivavano giovani virgulti: a volte con lo sguardo bonario di chi è intimidito...chissà come saranno queste superiori...oppure spavaldo e di sfida (più che altro per insicurezza) – pieni di “piscio e vento” come raccontavano gli americani, un tempo, per le reclute – oppure ombrosi, perché qualche lama della vita già li aveva colpiti, mostrando tutto la crudezza del vivere, il carapace che non si dovrebbe nemmeno vedere a quell’età, ma capita anche questo.



Ogni anno, a Settembre, arrivano anche quelli della “quinta” dell’anno prima, a mostrare serietà e compunto, abiti giovanili ma con un’impronta oramai di serietà, di chi guarda avanti nella vita e progetta. Non sa bene cosa, ma qualcosa ha in mente, qualcosa per mettere alla prova le sue capacità, il suo ingegno, le sue speranze: il più delle volte, con un’aggiunta amara: “non qui, quasi certamente non qui, all’estero...”.

Gianna li ascoltava ma senza perdere troppo tempo: giovani virgulti che oramai erano piccoli tronchi, già legnosi ancorché teneri, con le foglie verdi e smaglianti, pronte a ricevere anche il primo, timido, raggio di sole del mattino. Non perdeva troppo tempo perché oramai toccava ad altri ascoltarli, forgiarli, trasformarli in alberi fruttiferi: là, che aspettavano, c’erano i vasi con le piantine, che se li lasci soli un attimo tornano indietro, fino alle elementari, e fanno battaglie con le palline di carta, con le cerbottane improvvisate.



Poi, ti dicono che puoi andare in pensione. Ci metti un poco ad abituatici, perché non è facile staccarsi da quell’idea d’eternalismo che i giovani virgulti ti “passano”. La vita è sempre uguale, nulla cambia, ogni anno arrivano come un rito, una consuetudine, una tradizione. Gianna ha vissuto come tante altre donne: ha i suoi figli – oramai grandi – un marito che brontola ogni volta che lei deve passare interi pomeriggi a correggere, ha la sua vita, ma è una vita ritmata e scandita dai tempi della scuola, da quel Settembre, Natale, Pasqua, Giugno, Esami che dura da tanti anni.

Fatica un po’, ci pensa, poi scopre – superate le chiacchiere di corridoio – che è vecchia, almeno, quasi vecchia.

Ci mette un po’ a realizzarlo: nel buio della notte, nel letto di casa – oppure nella livida luce dell’alba, perché man mano che il tempo passa si fa fatica a riaddormentarsi – ci pensa a lungo, ci riflette. Sarò troppo vecchia? E dopo, cosa farò? M’aspetta solo più l’ultimo appuntamento, quello che non puoi mancare: ci sarà il preludio amaro del pannolone e tutto il resto? Oppure avrò la fortuna d’andarmene come Marisa, un colpo e via?



I pensieri bui lasciano il posto a qualche momento di gioia, di dolcezza: e se Gaia e Marco – finalmente – si sistemassero un po’ meglio che con questi lavori raffazzonati...e decidessero di mettere in cantiere un piccino? Nonna! Ancora abbastanza giovane, non decrepita almeno.

Beh...portare il piccolo al parco la mattina, prendere un caffè con un’amica...stare un po’ di più con mio marito – quello, da quando è andato in pensione, ha solo più occhi per il suo quadrato d’orto – però una crociera insieme si potrebbe fare...insomma, non tutto è nero.

Poi, quando arriveranno i soldi della liquidazione potremmo far sistemare la vecchia casa dei nonni, quella in collina: Giampiero ci terrebbe tanto...

A poco a poco, il pensiero delle classi, dei ragazzi svanisce e prende il suo posto un futuro per ora fumoso, ma fatto di passatempi ed impegni semplici, di piccole cose: famiglia, figli (magari nipoti!), come rendersi ancora utili e ricevere un poco di gioia.

Adesso Gianna conta i mesi: lavora meglio, più rilassata, perché sa che quella sarà la sua ultima classe. E’ giusto così – inizia a rendersene conto – hanno bisogno di gente più giovane di me, che li innaffi nel modo giusto, per farli crescere in questa jungla che è diventato il vivere.



Giovanni è seduto alla scrivania ed ascolta distrattamente il vociare dei ragazzi in cortile, che entra dalla finestra trasformato in un informe brusio: apre la scrivania, il cassetto con la chiave che tiene sempre nel suo mazzo in tasca.

Eccola lì, la pistola di papà che – chissà perché – aveva sempre conservato: la sua l’aveva lasciata volentieri all’Esercito, ma la Beretta di papà l’aveva conservata come un ricordo. Strano conservare come ricordo un gingillo di morte, eppure anche quel “ferraccio” – forse perché personale, impugnato di sicuro da quella persona, il padre – trasmette quasi affetto. Un affetto gelido come l’acciaio della canna, elegante ed essenziale come la cascata di molle ed ingranaggi che racchiude, in poco spazio, l’arma.

Ripone la pistola dopo avere controllato il caricatore: è in forma perfetta, come quando papà – capitano d’artiglieria – la portava a spasso per l’Africa. Chiude nuovamente il cassetto a chiave ed osserva il foglio.



Come sono scarni i risultati delle analisi: tutto a posto…salvo qui e qui, due soli punti.

Appena le aveva aperte qualcosa aveva sospettato, due dati soli, ma fuori posto di brutto. Il medico li aveva interpretati…ma…fidarsi della sua interpretazione, zeppa di “se”, “però” e “forse”?

“Se” rimanevano così, “però” dovrebbero essere sballati anche questo e quell’altro, “forse” è ancora presto per saperne di più…certo, una fortuna prenderli in tempo, se è quello, quello che fa paura…la prima cosa è vedere cosa c’è, una bella ecografia.

Ecco l’altro risultato, l’ecografia: la macchia c’è, evidente, il medico gliela aveva fatta notare ed anche lui l’aveva vista…già, ma cos’è? Bisognerà fare una biopsia, di certo, perché così si sa troppo poco – aveva affermato il medico.

Questo avveniva la scorsa settimana.



Oggi è arrivato il risultato della biopsia: niente di terribile – aveva pronunciato il medico aggrottando la fronte – però bisogna intervenire, subito. Anzi, ti prenoto in fretta una visita dal prof. Rossi, qui all’Ospedale Civile: è uno bravo, lo conosco personalmente, siamo stati compagni d’Università.

Adelio Rossi non è molto diverso dal suo medico – riflette Giovanni dopo essere stato visto dal primario – sembrano fatti con lo stampino: positivi, simpatici, pronti allo scherzo. E come potrebbero essere diversi?

Ti devono dire che ti strapperanno un pezzo di carne, poi che dovrai fare la “chemio” e sperare che le metastasi non siano già passate, come quinte colonne, di là delle tue linee di difesa. Altrimenti...



Che fare? Si chiede Giovanni, nelle sere di tarda Primavera, quando dovresti sentirti felice perché il bel tempo torna, qualche bagno in mare ti dovrebbe ristorare e farti sognare avventure tropicali fra la spiaggia libera ed il mercato del pesce.

Niente: non c’è niente da fare che consegnarsi a Rossi, speriamo che abbia detto la verità, speriamo che sia bravo, speriamo che...



Un giorno come un altro va al sindacato e chiede per la pensione: il prossimo anno, gli dicono, sempre che non cambino qualcosa...sa, qui ne arriva una nuova tutti i giorni...oramai fanno le leggi sulle pensioni “on demand”, dipende da quanto “sfora” il bilancio statale...

Con tutti gli accidenti che ho per la testa – riflette Giovanni – non ho voglia di metterci anche questo: quando dovrò fare la domanda? Al solito: verso Gennaio, quando pubblicheranno il decreto, risponde l’impiegata.

Giovanni esce...Gennaio...chissà come starò a Gennaio? Avrò di nuovo i capelli? Ma che mi frega dei capelli, l’importante è sopravvivere...



Com’è andata a finire per Gianna e per Giovanni lo sappiamo: un giorno come un altro, qualcuno ha deciso che non era più il 2012, bensì il 14, 16, 19...

Chi lo ha fatto? Una tizia che frequentava la quinta ragioneria insieme ad un altro bellimbusto: cosa straordinaria, entrambi sono diventati ministri del Lavoro, una coincidenza che agghiaccia. Sì, la Fornero e Damiano – oltre ad essere entrambi sponsorizzati dal PD, uno dentro, l’altra fuori dal partito – furono compagni di scuola.

Ora, Damiano cincischia (dalla sua posizione di presidente della commissione Lavoro) per non tradire la vecchia amica: tira in lungo, esodati e tutto il resto possono aspettare, le nostre pensioni d’oro non si toccano perché con un tempismo eccezionale le ha salvate la Consulta. Noi, siamo tranquilli: adesso si tratta solo di dare uno zuccherino qui e là, e di farlo sembrare una torta Sacher.

E’ un’epoca di pentiti, niente da dire: al pari dei loro colleghi di mafia, adesso “si sbottonano” con la stampa e Dagospia può riportare le lamentazioni dell’ex ministro Riccardi, ora (politicamente) soletto solingo ma ben protetto nella “sua” comunità di S. Egidio:



«Più Monti assumeva provvedimenti lacrime e sangue, più esodati la Fornero creava, più saliva la protesta e la sofferenza delle classi più deboli, più a Palazzo Chigi erano soddisfatti perché proprio quella era la dimostrazione lampante di credibilità verso la signora Merkel. Cioè, più legnate riuscivano a dare al Paese e più pensavano di essere forti in Europa».

...

L'ex ministro rivela anche che Mario Monti era convinto di dover distribuire legnate per rieducare gli italiani. Si sentiva un professore che stanga gli alunni svogliati per indurli a studiare a comportarsi meglio.



Potremmo definirle “I lamenti di un povero trombato”, ma agghiacciano lo stesso.

In un Paese normale, queste affermazioni (che Monti non ha smentito) portano diritto all’accusa di alto tradimento, ossia operazioni politiche interne al fine di favorire una potenza straniera. Un tempo, queste “cosette” erano punite con la fucilazione: alla schiena, perché non ritenuti degni nemmeno di guardare in faccia il plotone.

La follia ha invaso le stanze del potere: non solo la protervia, l’abuso, la corruzione...qui stiamo rasentando la pazzia perché – dopo elezioni che hanno praticamente annullato il precedente governo – i nuovi governanti non sanno prendere decisioni che urtino gli illustri predecessori. A dimostrare che il diktat di quel “professore” fallito, che ha portato il debito pubblico alle stelle ed il PIL a picco, è tuttora il verbo.



Perché una simile follia? Non sono così uniti né aggregati attorno ad un pensiero unico: le molte frizioni che ci sono state per la crisi greca mostrano che il fronte dell’incomunicabilità totale fra istituzioni e governi non è più così saldo. Le popolazioni, per ora, continuano a non contare: qualcuno, però, sempre più insistentemente comincia a citare il “demonio” dei liberisti falliti, John Maynard Keynes. Ci torneremo in un prossimo articolo, sui rapporti fra sociologia ed economia.



E Gianna e Giovanni?

Non riescono più a pensare alla scuola: non è possibile costruirsi una vita poi, scaduti quei termini, ripensarne un’altra e pianificarla. Sistema una casa, preparati alla pensione, fai i conti dei soldi: basteranno? Poi, una Fornero qualunque ti fa ritornare da capo per molti anni, oppure ti “esoda” in un limbo senza attributi, vuoto come la nebbia e pauroso come la notte: l’industria privata (che non sa che farsene dei sessantenni, figuriamoci oltre) ne ha approfittato a piene mani, i lavoratori no ed è stato creato un neologismo gentile, “esodato", che non significa nulla nella lingua italiana, soltanto uno che se ne è andato da un luogo. Per approdare ad un altro? Non si sa.

Lavorare ancora un anno in più è comprensibile: l’orizzonte dei cinque anni, invece, è troppo lontano, oltre la foschia che cala d’Estate sul mare. E che fa paura perché terra incognita, come le Colonne d’Ercole di un tempo.



Gianna e Giovanni s’informano e leggono: il Ministero dell’Istruzione – il loro ministero – sta pagando, mediante il CNR, una nave soccorso per sommergibili alla Marina Militare e si pensa che la bella abitudine iniziata continuerà con le nuove fregate classe Fremm ed oltre.

Che bello: si “istruisce” costruendo navi da guerra. Per chi? Per l’Italia? Ma non facciamo ridere! Siamo solo degli appaltatori delle imprese yankee.



Gianna e Giovanni stanno provando sulla loro pelle quella “sofferenza” della quale godeva Mario Monti perché s’era “troppo ricchi” e, dunque, troppo felici: ancora una volta la piramide di Wilhelm Reich, dove in testa stanno solo i demoni che non hanno goduto nulla nella loro vita e che una sola cosa sanno fare. Vendicarsi per la loro ignavia.



02 giugno 2013

Profeti in Patria



Ma la televisione ha detto che il nuovo anno

porterà una trasformazione

e tutti quanti stiamo già aspettando...”

Lucio Dalla – L’anno che verrà – 1979



“Non si deve mai morire perché ogni giorno c’è qualcosa di nuovo da imparare” amava ripetere mi madre che, passati gli 80 anni, desiderava conoscere come una bambina: finché le è stato concesso tempo, lo ha fatto.

Non so, però, se l’attuale livello della “comunicazione” le piacerebbe e riterrebbe “d’imparare” qualcosa: come esempio, proprio oggi la CGIL comunica (1) che, se desideriamo ritornare ai livelli occupazionali del 2007 (solo sei anni fa, mica un eone), ci toccherà aspettare 63 anni.

Dunque...nel 2076 – quando mio figlio, che oggi ha 21 anni e deve ancora decidere cosa fare nella vita – avrà 84 anni e (se sarà vivo) spererà d’avere una pensione (all’epoca saranno 85 anni, ma con una penalizzazione del 5%) potrà godere dei livelli d’occupazione del 2007.

Già qui, bisognerebbe mettersi a ridere e compiangere chi ha avuto la brillante idea di fare una simile rilevazione, che si scopre in realtà essere una penosa rivelazione del suo stato di confusione mentale.

Il calcolo matematico è, di per sé, semplicissimo:



Na=∆o / Ia



Dove:

Na = numero anni per tornare al livello iniziale

∆o = Occupati 2007 – Occupati 2013

Ia = Incremento annuo occupati


Di per sé nulla d’arcano per i primi due dati, salvo che – determinare il terzo – risulta un tantino più difficoltoso.

Per prima cosa si è stimato un incremento del PIL “pre crisi” pari all’1,6%: chi ci dice se sarà, invece, dello 0,16%, del 16% oppure di -1,6%? E per quale periodo? Tutti gli anni, ossia una costante? Variabile? E quale? Qual è la funzione di riferimento?


Il secondo dato dubbio è determinare la quantità d’occupati per unità di capitale impiegato: sarà quella attuale? Quella del 2007? Non conosciamo il dato del 2032 e nemmeno quello del 2056: anzi, non sappiamo proprio una mazza di niente per gli anni dopo il 2013.

Inoltre – chi conosce un tantino l’andamento dell’occupazione lo sa benissimo – non tutti i settori applicano la medesima variabile per determinare il numero d’occupati per capitale impiegato: l’industria tessile è quella che ha il dato più alto, quella metalmeccanica già scende, mentre l’industria chimica richiede un basso numero d’occupati rispetto al capitale impiegato.

Lo sviluppo immaginato è dunque quello...quale? Industria tessile? Chimica? Terziario?


Terzo dato che non sta in piedi: i dati delle varie industrie per occupati sono quelli attuali. Sentito parlare d’automazione industriale?

Se prendiamo come esempio e paragone l’industria com’era negli anni ’70 del Novecento, rispetto a quella attuale, non la riconosceremmo nemmeno: alla FIAT – reparto carrozzerie – entrava una moltitudine d’individui che sguazzavano, con gli stivali di cuoio ai piedi (la gomma sarebbe stata sciolta dai solventi), in un ambiente dove c’erano per terra quattro dita di solvente nitro. E verniciavano: quanti sono vivi oggi? Pochi.

Per fortuna venne l’automazione e la salute ci guadagnò: oggi, in quei reparti, si vedono quasi solo i bracci meccanici che verniciano, e nessun verniciatore potrebbe far bene come quelle macchine.

Prendiamo, invece, quella odierna: sicuri che fra un decennio non comparirà qualche diavoleria che rivoluzionerà di nuovo tutto? Quasi sicuro.


In buona sostanza, quel dato è soltanto un divertissement al pari di quelli letterari: un gioco, come quei trastulli di logica da Settimana Enigmistica. Ci sono tre uomini in fila: uno è calvo, l’altro ha gli occhiali, il terzo la barba, Gianni è secondo, Roberto ha gli occhiali...eccetera...determinare il nome dei tre ed il posto nella fila.


Per recuperare il PIL perduto, invece, bastano “solo” 13 anni: quindi, nel 2026, saremo come nel 2008. Mi par di ricordare che si sosteneva – a proposito della TAV – che il volume dei traffici (nel 2022!) avrebbe giustificato l’enorme esborso ed i danni ambientali. Fino ad oggi non s’è visto nulla, i treni sono pochi perché non ce n’è bisogno, le merci latitano, i commerci pure, però quel “2022” rimane sacro.

 
Non so veramente come si faccia a stendere simili fregnacce ad usum stultorum: forse sarebbe meglio studiare bene un serio reddito di cittadinanza – non un assegno di disoccupazione mascherato! – in modo che la sopravvivenza sia almeno garantita per tutti. E poi ragionare – questa è vera politica! – sulla base di dati esistenti: lo sanno, i signori dei sindacati, che l’Italia è la prima in Europa per esportazione di prodotti agricoli biologici? (2)

Che in Norvegia il numero delle auto elettriche ha superato quello delle vetture a petrolio?

Forse bisognerebbe pensare a come organizzare un sistema veloce di trasporto per le merci biologiche verso i mercati dell’Europa centrale e...con tutti i soldi che abbiamo dato alla FIAT...non si potrebbe mettere un po’ alle strette Marchionne? Fargli capire che, domani, si venderanno più auto elettriche che SUV?

No, non serve: siamo sicuri che Letta (zio e nipote) stanno leggendo attentamente lo “studio” della CGIL e sapranno prendere i necessari provvedimenti per non mancare il fatidico 2076.

 
A questo punto, mi piacerebbe molto scambiare due parole con Nicolò Machiavelli e gli direi:

“Caro Nicolò, non serve che tu ti scervelli per definire i tratti del miglior Principe per la tue Signorie: siamo nel ‘500! Non ti dice nulla? Ma diamine! Ci sono già tre stati unitari: Francia, Spagna ed Inghilterra! Man mano che gli Stati unitari avanzeranno, tutto cambierà: non ci saranno più Principi...al massimo, qualcosa varrà per l’Italia la quale – secondo i calcoli della CGIL (conosci?) – non giungerà all’Unificazione fino al 1861. Qualcuno dei tuoi Principi rimarrà ancora qualche tempo: Medici, Este, Gonzaga...ma tu non te la prendere. Piuttosto, vai a pescare in Arno oppure vai a donne, che le fiorentine meritano di più le tue attenzioni che quei palloni gonfiati che cerchi di far rinsavire al prezzo di tante fatiche. Compra l’annuario della CGIL ed il calendario di Frate Indovino: c’è già tutto!”

Non te la prendere Nicolò: pensa che un tuo collega della nostra epoca – Leonardo Sciascia – mette in bocca ad un anziano professore di Lettere una frase emblematica, che successivamente un vecchio Gian Maria Volonté ripeterà ad un giovane Ricky Tognazzi nell’omonimo film “Una storia semplice”.

Sì...l’aritmetica è affascinante...ma, se io fossi al posto suo, ci scioglierei dentro un buon cucchiaino di dubbi, come lo zucchero nel caffè...”

Con buona pace dei moderni profeti.


(1) Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-06-01/studio-cgil-servono-anni110036.shtml?uuid=AbnCkG1H  

(2) Fonte: http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/World_in_Progress/LItalia-e-il-primo-paese-europeo-per-esportazioni-di-prodotti-biologici_314175094608.html