24 luglio 2019

Lasciateli governare...


Mi pare chiaro che la vicenda TAV sarà la fine di questo governo, perché una cosa del genere è la fine del M5S, ma va bene così. Non si poteva fare molto per l’Italsider e per la TAP, ma per la TAV sì, ed hanno calato le braghe. Salvini esulta, e mi chiedo il perché: non ha capito che questo atto è il de profundis del Governo?

La votazione in Parlamento sarà all’insegna di fischi, frizzi, motteggi e male parole, da una parte e dall’altra – perché anche i media devono magnare – ma l’esito è scontato, perché i “Sì” TAV sono l’accozzaglia dei dipendenti degli (im)prenditori italioti, che si solluccherano all’idea della pioggia di miliardi: PD, FI, Lega e FdI uniti nella lotta per le poltrone che contano, che rendono. Come ha detto Arata, intercettato dalla Guardia di Finanza, “I politici li devi pagare”.
Il bello verrà dopo.

Fatto salvo che un ritorno alle urne non è possibile fino alla prossima Primavera (fate, da bravi, due conticini con la legge elettorale, ed aggiungeteci pure cosa pensa Mattarella sull’andare a votare sotto Finanziaria), la soluzione sarà nel veleggiare in bonaccia, la cosiddetta “normale amministrazione”, che in Belgio è andata avanti per anni, poiché valloni e fiamminghi non ne volevano sapere.
Salvini andrà avanti ritenendo, oramai, d’esser lui il Presidente del Consiglio, mentre Conte diverrà una silfide dai passaggi un po’ retorici, un poco futuristi, per niente convincenti: perché, quando un premier accetta un mandato che viene dall’estero – e se lo fa andar bene – deve dimenticare d’essere un sovranista. Come Salvini, che oggi invece lo è: un sovranista europeo e francese.

Il compito di Di Maio sarà la coquette, il bel volto sorridente che deve annunciare la buona novella, che sì la TAV si farà…però i cattivoni Benetton se ne dovranno andare…già ridono, me li vedo…e Conte dovrà andare ancora una volta in Tv a spiegare che sì, sarebbe stato giusto…ma le penali, le controversie giudiziarie con i signori di Treviso (e Alitalia…) non consigliano di metterla giù così dura. Bon ton, ragazzi, bon ton.

Così, la creatura di Grillo, la tecnologicissima scommessa della Casaleggio & Associati, finirà nel nulla e Salvini avrà compiuto con gran merito il compito che gli fu affidato da Berlusconi il quale, lì accanto, contava i vari “punti” come un ragioniere. Ma, all’epoca, si riteneva che i 5S fossero dei politici, non dei buzzurri come hanno mostrato di essere.

Molte delle persone che li hanno votati, credevano che il primo partito italiano avrebbe fatto valere le basi fondanti della cosiddetta “decrescita felice”, ma abbiamo qui la dimostrazione che, quei parlamentari, non hanno capito una mazza.
Apro una breve parentesi.

Due anni or sono, ebbi un proficuo colloquio con Serge Latouche, il quale mi confessò che il termine, in italiano, era stato infelicemente tradotto: nella Gestalt evocava scenari di “poveri ma belli” oppure di futuribili ed ipotetiche fughe verso la natura, oppure richiamava immagini di vecchi hippie seduti nell’aia di una cascina, che bevono tè e dissertano sui massimi sistemi.
Nulla di tutto questo.

Oggi si preferisce parlare di a-crescita, oppure di crescita controllata (già, ma da chi?) o, ancora, “senza aumento”, “diminuzione consapevole”, ecc. Che cosa ha a che fare, tutto ciò, con la costruzione di una fantapolitica struttura che vedrà la luce fra almeno 15 anni – quando non sappiamo nemmeno se esisterà ancora l’Unione Europea – e che già sappiamo essere completamente inutile?
Non voglio soffermarmi ancora una volta sui volumi di traffico, ma 4 milioni di tonnellate annue sono il traffico attuale, che la vecchia linea – non rimodernata! – gestisce benissimo già oggi. Poi, le grandi compagnie marittime hanno scelto da tempo Rotterdam, Cherbourg e Vado Ligure come destinatarie dei traffici intercontinentali. E la TAV non c’entra una mazza, perché i traffici su gomma da/per la penisola iberica calcheranno sempre “l’arco minimo”, ossia la direttrice Barcellona, Marsiglia, Genova, Milano, Tarvisio, Est Europa. Che ci vanno a fare lassù?

La costruzione di quella infrastruttura soddisferà solamente gli appetiti dei “prenditori” di regime e dei loro attaché politici, ossia la miriade tangentista.
C’era un’altra struttura in campo – che sarebbe veramente servita all’Italia – ossia il completamento del canale navigabile Cremona-Milano, che langue da anni (ad affossarlo fu Maroni: Toninelli, ne sapevi qualcosa?) per una misera cifra di 2 miliardi, dei quali il 50% coperti da finanziamento europeo. Servirebbe perché ogni nave fluviale toglierebbe dalle autostrade 84 TIR: ma lo capite perché non lo fanno?!? Benetton l’ha sempre visto come il fumo negli occhi!

E, allora – visto che domani qualcuno dovrà governare – perché il M5S non lascia il compito a questa bella alleanza, che vuole soldi, ancora soldi, solo soldi? Basta dare le dimissioni dal governo, ritirare tutti i ministri – che Salvini potrà re-distribuire fra tanti leghisti rampanti – e dare le dimissioni: non è mica una tragedia!
Saranno fatti loro gestire queste faccende di soldi, di migranti (auguri!), di rapporti con l’Europa, con la Francia dispettosa…ma…ditemi una sola cosa: quale, minimo vantaggio potete osservare nella prosecuzione di questa esperienza di governo da parte dell’elettorato 5S, che li premiò con un 33% che era sinonimo di speranza, di cambiamento, di rivolgimento nelle pratiche di governo?

Già sanno che non saranno più rieletti, che la loro storia politica è finita: perché non lasciare con un atto di dignità? Perché, caro  Di Maio, governare con belle parole e niente fatti non si può: se il principale logos della questione era capire come si poteva vivere senza questa, costante ricerca del “più” di tutto che ci sta distruggendo, allora finiamola lì e che continuino quelli che ci credono!
Tanto, la riforma di Bonafede non vedrà mai la luce: quando mai Berlusconi gli lascerà tagliare la prescrizione! E cosa dice il sottosegretario all’Energia Davide Crippa, mentre l’ENEL, in bolletta, ci fa pagare quasi il 50% di “trasporto dell’energia”, quando l’energia elettrica ha perdite del 5% sulle alte tensioni e del 10% sulle medio-basse?

E’ vero: avete provato a dire “No” su tante cose e, oltre che crocifiggervi, vi hanno obbligato a dire di sì, altrimenti facevano saltare il banco: fate vedere se avete i cosiddetti. Fateglielo saltare voi, vedrete a che bella cagnara assisteremo!

19 luglio 2019

Diventerà 100 volte più bella!


La notizia, compare e subito scompare, inghiottita dai titoloni di punta, come la vicenda russa della Lega, le liti nel governo o la malattia di un noto allenatore. Viene rifilata a fondo pagina, accanto ad una notizia importante, che fa inumidire gli occhi: la morte di De Crescenzo, il “filosofo” Bellavista, con i suoi modi garbati ed i suoi occhi tristi.
Se vivessimo in un Paese normale, sarebbe una notizia che farebbe sobbalzare chiunque, ma non in Italia: forse è vero, l’Italia a trazione M5S-Lega non è molto diversa da quella a trazione Andreotti, Berlusconi, Prodi o Renzi.
Volete proprio conoscere la notizia del giorno, data e subito dimenticata?

La Sicilia ha bisogno di 100 nuovi dirigenti, per dirigere un’accozzaglia regionale composta da 15.000 dipendenti, perché la Regione Sicilia ha già oltre 1.400 dirigenti, pressappoco uno ogni 10 dipendenti. E, più un terzo dei dirigenti regionali italiani, lavora per la Regione Sicilia. (1)
Beh…se possono permetterselo…ma, basta un colpo di mouse per sapere a quanto ammonta il deficit di bilancio della regione siciliana, è lo stesso governatore a dirlo, ad un giornalista che lo intervista.
Senza problemi, come se non fossero affari suoi, il superpresidente Nello Musumeci – giunto al potere grazie al “listone” composto da Forza Italia, #Diventerà Bellissima, Unione di Centro, Popolari e Autonomisti e Fratelli d'Italia e Noi con Salvini – ci racconta, così, semplicemente, che il deficit previsto…:

Ammonta a 5 miliardi il deficit della Regione. Ed è fuor di dubbio che la crisi finanziaria condizionerà l’operato del governo almeno per i primi anni.” (2)

Già…che problema c’è? E che ci frega a noi? Tanto ci sarà chi ci penserà!

E devono pensarci, anche se a paroloni si definiscono “sovranisti”, perché la Sicilia – signori miei – è italiana soltanto per i debiti, mica per altro!
Non è un mistero che, al termine della 2GM, quando gli inglesi decisero di tenersi Malta, gli americani risposero, semplicemente: “E noi ci teniamo la Sicilia!”
Poi ci fu una storia complicatissima – Salvatore Giuliano, Portella della Ginestra, l’indipendentismo siciliano, i “traffici” con gli americani dal 1943 al 1950…mettiamoci pure che, forse, l’URSS storse un po’ la bocca… – ma tale “indipendenza”, poi suggellata dai rapporti mafiosi fra Cosa Nostra ed “parenti” ammerrecani, finì per sortire una specie si separazione di fatto: resti italiana, ma sia chiaro che qui comandiamo noi su tutto.

La cosa non è assimilabile al Veneto (Camp Ederle), alla Campania (Comando VI flotta), alla Toscana (Camp Darby) o il Friuli (Aviano)…no…qui è proprio terra nostra…voi dovete solo pensare a pagare…a suo tempo, abbiamo sistemato i missili nucleari a Comiso, facendocene un baffo di tutte le vostre proteste e, se le cose dovessero tornare a prendere una brutta piega con la Russia, siamo pronti a rimetterceli!

Senza contare – e qui basta prendere in mano un libro dove un qualsiasi pentito di Mafia racconta – tutto il mercato della droga, dai primi anni ’80 in poi, è stato gestito in Sicilia, con “triangolazioni” interessantissime fra i mammasantissima e l’Afghanistan, la Colombia, gli USA, eccetera, eccetera…

Per questa, semplicissima ragione, Nello Musumeci può buttare cifre a vanvera, può assumere centinaia di dirigenti (senza concorso!), può chiedere che si faccia il Ponte oppure cavalcare la tigre indipendentista (quasi la metà dei siciliani lo sono) (3)…insomma, con quella bocca può dire quel che vuole. Tanto…

Ma chi è Nello Musumeci?
Giovane Italia, poi MSI, quindi Alleanza Nazionale, indi La Destra e infine #Diventerà Bellissima, prendendo a prestito una nota frase di Paolo Borsellino. Che non so, pur essendo stato di destra, come la prenderebbe se fosse vivo.
Insomma, ha vissuto un’intera vita nella destra italiana – quella estremista, non con il “pacioso” Berlusconi – e sa benissimo che gli ordini che contano – ed ai quali deve obbedire – non vengono da Roma, bensì da Washington, New York o da Arlington.

Con buona pace di tutti quelli (di destra) che si strappano i capelli per l’ignominiosa “occupazione” militare americana, per la NATO, per le ingombranti basi nella Penisola…e che danno, di tutto questo, la colpa ai “comunisti”.
E non so come la prenderà Salvini. Come dimenticare la “gallina dalle uova d’oro” di Bossi, ed il Sud famelico, pronto a rubarsele? Ah, già…è anche lui nel “listone” di Musumeci…

E’ proprio vero: l’Italia non cambia mai…da Andreotti a Craxi, da Prodi a Berlusconi, da Renzi a Salvini…se c’è da appoggiare il solito rubagalline, non mancano mai!

(3) https://it.wikipedia.org/wiki/Indipendentismo_siciliano

14 luglio 2019

Castellani, Cagliari, Gardini…Savoini, Salvini…


Ancora una volta. Come se nessuno sapesse che il mondo del petrolio è il mondo della corruzione per antonomasia: ai tempi di Mattei, si portavano nei Paesi arabi bionde “stangone”, molto gradite agli emiri. Poi, gli emiri capirono che non era il caso di farsi turlupinare con due puttane da strapazzo: nacquero i petroldollari, il resto – guerre comprese – lo conosciamo.
Perché il mondo del petrolio e dell’energia è così differente?

Perché c’è una netta differenziazione fra i Paesi che hanno importanti risorse energetiche e quelli che non le hanno: c’è una sorta di differenza di potenziale energetico fra Paesi come l’Arabia Saudita, la Russia, l’Iran…e la Germania, l’Italia, il Regno Unito…una differenza di potenziale che, in Fisica, si definisce Tensione. C’è dunque tensione fra i Paesi produttori e quelli consumatori: normale che sia così.
Per cautelarsi dai rischi della tensione, si fa fluire fra i due poli a diverso potenziale una Corrente, che è quella che scorre nel filo oppure, la sfilza di petroliere del Golfo Persico o gli oleodotti: una corrente d’energia, che fluisce per mantenere basso il rischio. L’Iraq e la Libia insegnano.

La corrente, per fluire in sicurezza, ha bisogno di un impianto che ha le sue regole, ed anche il flusso d’energia ha le sue regole – in genere non scritte ma ben conosciute in quel mondo – cosicché, quando Mattei forzò quel sistema, il sistema lo “staccò” dal circuito. Come Gheddafi o Saddam Hussein: anche la vicenda iraniana ci evidenzia un circuito di scambio al limite di sicurezza e, entrambi i due poli, cercano di guadagnare il massimo possibile senza rompere il giocattolo. Che è il laghetto chiamato Golfo Persico.

L’importanza finanziaria di quel mondo è tale che le vicende economiche di una classe politica siano lillipuziane rispetto ai “rimedi” per mantenere in sicurezza il sistema ma, non sempre, la parte politica sa astenersi dal great game dell’energia, formando strani connubi con chi è destinato a gestirlo, ossia le compagnie petrolifere, nazionali e non.

Una parentesi riguarda l’Italia. Come nazione sconfitta nella 2GM, l’Italia non doveva avere una compagnia nazionale: vuoi per l’intraprendenza di Mattei, vuoi come contropartita della cobelligeranza, il “cartello” anglosassone chiuse un occhio. E fece male, perché, oggi, l’ENI gira attorno al decimo o undicesimo posto nella classifica internazionale delle compagnie energetiche dove, a riprova della stranezza, non c’è nessuna azienda tedesca o giapponese. Ciò è dovuto, soprattutto, al perfezionamento delle tecniche di ricerca dell’ENI e pure, anche se non si potrebbe dire, da una certa “capacità di fluidificazione” delle correnti energetiche. Con quali mezzi? Beh, i soliti di tutte le compagnie…vedete, ad esempio, la vicenda nigeriana, nella quale vi sono “oscuri” pagamenti che rasentano e superano il miliardo di dollari.(1)

Ciò che colpisce è la grande differenza delle cifre: un finanziamento illecito ad un partito può essere d’alcuni milioni di euro, una tangente energetica può salire di un grado (centinaia) molto facilmente, dato il valore dell’oggetto della transazione.

Per scoprire l’arcano, spicchiamo un salto nel 1993, alla famosa “tangente Enimont”.
Si trattò di una tangente pagata da Raoul Gardini (Gruppo Ferruzzi/Montedison) al sistema politico per far “digerire” la nuova Enimont, colosso che doveva nascere dal una joint venture fra ENI e Montedison, nel campo della chimica. La cifra, per l’epoca, fu iperbolica, 10 miliardi e 250 milioni di lire: beneficiari, tutto l’apparato politico dell’epoca, da Bettino Craxi a Umberto Bossi. Oggi, corrisponde tecnicamente a circa 5 milioni di euro, ma – cercando di attualizzarla utilizzando il potere d’acquisto dell’epoca (compito assai arduo) – potrebbe essere una cifra fra i 20 ed i 50 milioni di euro. Riflettiamo che, quella tangente, fu il “cuore” di “Mani Pulite”.

Oggi, Savoini – che mi pare inutile non far coincidere con l’uomo della Lega in terra russa: troppi anni d’incontri, ufficiali e non, con i russi –  pare aver concordato un “finanziamento” di 65 milioni di dollari in cambio dell’importazione di 300 milioni di tonnellate di petrolio. Nel passaggio, pare che sia coinvolta anche l’ENI che, però, smentisce.
Si tratta di grandi cifre: 300 milioni di tonnellate, pari circa al carico di un migliaio di super petroliere e corrispondenti, a grandi linee, al fabbisogno italiano per 20 anni! Un accordo più che strategico, diremmo epocale!
L’accusa è quella di corruzione internazionale, che consente ogni tipo di rogatoria ed ogni tipo di intercettazione.

Se i magistrati confermeranno questa vicenda – che ha risvolti strategici importanti, basti pensare al petrolio nigeriano dell’ENI (dove finirà? a chi verrà venduto?) – si tratta non solo di un finanziamento illecito, bensì di una mossa strategica di grande rilievo, che sposta importanti equilibri nel mondo dell’energia.
A favore di chi? A scapito di chi?

Riflettiamo che, a fronte di un mercato europeo delle auto elettriche che segna un mercato del 2% annuo sul totale, l’Italia è allo 0,1% e molto in arretrato sulle strutture necessarie per questo mutamento nella trazione dei veicoli: per ogni auto elettrica che si vende in Italia, se ne vendono 20 in Europa. E le colonnine di ricarica non si vedono.
Le direttive europee impongono ai produttori, per il 2030, una produzione pari al 35% di auto elettriche ed ibride, perché i produttori “frenano” in tutti i modi: vogliono ancora lucrare sul motore a ciclo termico, sia benzina e sia diesel.
Chi è, in Italia, che teme di più il cambiamento?

I consumi di benzina e gasolio, in Italia, sono di circa 70 miliardi di euro (2), mentre le accise (che avevano promesso di azzerare) sono di 25 miliardi annui (3): da notare che è la quarta voce, per importanza, delle entrate, dopo IRPEF, IVA ed IRES.

Come potrete notare, si tratta di numeri da legge Finanziaria, mica di bruscolini da festival dell’unità o dei monti padani: questi sono i numeri di quota 100 o del reddito di cittadinanza, che sono stati le punte di lancia dell’azione di governo.
Una “bufala” creata ad hoc?
Difficile da credere: troppe sono le coincidenze, troppo evidenti i fatti, che Salvini (ingenuamente) ha cercato di negare. La criticità dell’evento sta tutta nella frizione fra i due mondi: una modesta provvigione per chi fa l’affare nel mondo petrolifero, un colpo da novanta per un partito dissanguato economicamente dalla sentenza che impone alla Lega di rientrare dei 49 milioni che derivano (probabilmente) dalla vecchia gestione Bossi. Il quale, in anni lontani, già si distinse – appena entrato in politica – acchiappando al volo la sua (modesta) tangente nel processo Enimont di 30 anni fa.

L’ENI si è chiamata fuori: il suo presidente – Descalzi – ha già troppi guai con la vicenda nigeriana, e non ha bisogno d’aggiungere un’altra tegola sui futuri processi. L’ENI ha propri uomini e propri servizi interni per portare avanti queste faccende: si veda, ad esempio, la duplice posizione – contraddittoria – fra la gestione dei grandi giacimenti di gas egiziani (scoperti dall’ENI) e la triste storia di Regeni, che resterà probabilmente uno dei molti misteri italiani.

Il Governo? Ufficialmente non sapeva niente: difficile da credere, però un coinvolgimento del governo – in sede giudiziaria – molto difficilmente sarà possibile dimostrarlo, perché documenti che coinvolgano il governo non ce ne sono e non ce ne saranno: un conto è quello che i servizi italiani avranno detto a Conte, un altro è ciò che – in mancanza di documenti – Conte, se sarà chiamato a rispondere della vicenda, vorrà rivelare.

Tutta la storia – che piaccia o non piaccia ai sostenitori della Lega – puzza da un miglio di faciloneria, di dilettantismo, di quel mélange di Twitter e Facebook nel quale Salvini è maestro il quale, però, per l’istruttoria milanese non conta una cippa. Ha messo un suo uomo in faccende internazionali più grandi di lui, in affari da Kissinger quando il povero Savoini era solo un vecchio amico di Borghezio.
E sarà facile, anche per i russi, sacrificare qualche modesto apparatcik di Lukhoil o Gazprom, qualche scribacchino di Sputnik, che sarà ritirato nell’ombra: Putin non sarà nemmeno sfiorato dalla cosa.

Rimarrà l’aspetto mediatico: mesi nei quali l’istruttoria milanese andrà avanti e che produrrà i suoi effetti sull’alleanza di governo: superfluo notare che la dicotomia sarà fra la specchiata onestà del 5S e la nuova “caduta”, per tangenti, della Lega, si farà sentire.
Piaccia o non piaccia ai sostenitori della Lega, essa è il più vecchio partito italiano: nacque proprio quando il processo Enimont liquidò in un amen la vecchia classe politica italiana. Non a caso la Lega si oppone, da tempo, alla riforma del processo penale di Bonafede, nel quale sarà quasi eliminata la prescrizione, ciambella di salvataggio per i corrotti d’ogni tempo e sotto ogni cielo.
Il governo andrà avanti?

A mio avviso sì, anche perché affrontare una campagna elettorale sotto i riflettori di un rinvio a giudizio per corruzione internazionale non mi sembrerebbe tanto proficuo e perché – siatene certi – i magistrati milanesi non molleranno di un centimetro. A questo punto, però, la palla sarà di più nelle mani dei 5S: Salvini vuole andarsene? Auguri.
Ed è anche inutile gridare “al lupo” perché Renzi o chi altro urla “crucifige, crucifige!”: non ne avessimo viste di queste faccende! Quando AN mandava i suoi uomini a gettare monetine su Craxi, oppure la Lega minacciava con manciate di pallottole a Pontida!

Tutte chiacchiere.
In fin dei conti, com’è giusto che sia, sarà un’inchiesta giudiziaria, un rinvio a giudizio ed un processo a mettere il punto finale a questa vicenda, perché la difesa di Salvini – “quello non lo conosco” – è già fallita in partenza. Non siamo allo stadio fra gli ultras, Salvini, siamo al Tribunale di Milano: lo stesso che distrusse Craxi e Forlani, lo stesso che giustiziò un’intera classe politica.

Fu un bene, fu un male?
Difficile rispondere, però, a fronte di queste vicende, l’unica risposta è sempre in un vecchio proverbio della Marina.
“Come fai a salvarti in un sommergibile, a 300 metri di profondità, centrato dalle bombe di profondità?”
“Basta non esserci dentro”.

07 luglio 2019

La peste bianca



Non prendete questo articolo, vi prego, come una difesa dell’immigrazione, clandestina e non: non è questo.
Vuole essere un calepino, un block notes di appunti dove ho cercato di mettere insieme le tante – moltissime! – argomentazioni che riguardano il vertiginoso calo demografico europeo. Voglio portare soltanto delle argomentazioni sensate, perché continuare ad invocare le cannonate della Marina contro le navi degli immigrati mi sembra non solo improbabile al 100% ma, in fin dei conti, inutile e dannoso.

Ottaviano Augusto, primo imperatore, fu anche il primo – dopo un secolo di guerre civili – a governare un impero senza guerre dentro le sue frontiere, e la rinnovata stabilità interna condusse a tempi più tranquilli: l’Egitto forniva grano in abbondanza, i Galli erano diventati abili nella produzione di ceramiche, la Spagna forniva il pesce ed il prelibatissimo (per i loro palati) garum. C’erano ancora guerre di contenimento alle frontiere, ma la società italica – grazie alle abbondanti re-distribuzioni delle terre ai reduci – visse una nuova età aurea.

Immediatamente, però,  la popolazione romana percepì che i pericoli erano passati, che ci si poteva divertire! Augusto giunse al punto di dover esiliare la figlia, Giulia, in un’isola per la sua condotta scandalosa.
Come per noi, anche per Augusto il problema era di dover garantire una natalità di “qualità”, altrimenti, un impero con i figli degli schiavi – non educati, che non conoscevano la lingua, ecc –  non lo mandavi certo avanti.
A dire il vero, molti funzionari dello Stato venivano già allora cercati fra i figli dei liberti, che diedero buona prova nell’amministrazione e, nelle legioni ausiliarie, nell’esercito, ove la promessa della cittadinanza faceva gola.
Eppure, un sistema che aveva molto potere e gran parte del mondo allora conosciuto ai suoi piedi, dopo un secolo iniziò a scricchiolare, al secondo iniziò qualche crollo, nel terzo era già nella tormenta. Perché? Non perché erano giunti altri popoli da altre terre, bensì perché avevano cessato di riprodursi!

Ah, le donne…
La donna, inutile nasconderselo, è centrale nelle vicende di natalità: un tempo, anzi, la sua vita era centrata proprio sulla riproduzione, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale. Poi, ci fu il cambiamento: le donne, forzatamente, entrarono nell’apparato produttivo…e non ne uscirono più!
D’altro canto, la donna di fine ‘800 aveva desideri, aspettative, programmi, sogni…che non sono nemmeno paragonabili a quelli odierni, dove apprezza l’indipendenza che la società moderna le consente mentre, a fine ‘800, non poteva nemmeno ereditare, bensì solo consegnare la propria dote al marito.
Oggi, se vuole, può placare la sua ansia di figli semplicemente, con un figlio generato da un rapporto qualunque (magari anche d’amore, poi concluso) mentre gli anticoncezionali la metteranno al sicuro da gravidanze indesiderate.
D’altro canto, oggi, non penso che si possa (e si desideri) riportarle – per editto – a quella condizione: eppure, qualcosa bisognerà fare. Ma dovrà essere un “fare” che riguarda la società nel suo insieme, non certo le sole donne. Perché anche le donne, pur emancipate e liberate da una sudditanza incongrua, non sono affatto contente!

Alcuni dati sull’Africa
Nel 1950 il paese sahariano del Niger, con 2,6 milioni di persone, era più piccolo di Brooklyn. Nel 2050, con 68,5 milioni di persone, avrà le dimensioni della Francia. A quel punto, la Nigeria, con 411 milioni di persone, sarà considerevolmente più grande degli Stati Uniti. Nel 1960, la capitale della Nigeria, Lagos, aveva solo 350.000 abitanti. Era più piccola di Newark. Ma Lagos ora è sessanta volte più grande, con una popolazione di 21 milioni, e si prevede che raddoppierà di nuovo nella prossima generazione, diventando la città più grande del mondo, con una popolazione all’incirca uguale a quella della Spagna. (1)
V’invito a leggere l’articolo citato in nota.

Le grandi “paure” dei demografi del Novecento – Cina ed India – le abbiamo alle spalle, giacché sia l’India e, soprattutto, la Cina stanno imboccando anch’esse la via del declino demografico.
Il vero problema, dunque, non è l’Africa – rimasta la sola grande area d’incremento demografico – ma le modalità di gestione dei movimenti migratori.

I dati sull’Europa
L’Unione europea ha raggiunto una popolazione di 509,4 milioni nel 2015, i suoi paesi costituenti hanno aggiunto circa un centinaio di milioni di persone (ossia immigrati, N. d. A.) dall’inizio degli anni Sessanta. Eurostat, l’agenzia di statistica dell’Ue, prevede che la sua popolazione raggiungerà probabilmente i 518 milioni entro il 2080. L’Europa dovrà importare persone. Senza migrazione, mostra Eurostat, la popolazione europea nel 2080 scenderebbe a 407 milioniPer mantenere costante la popolazione attiva della Germania, ai tedeschi serviranno 24,3 milioni di immigrati. (ibidem)

Meno siamo, meglio stiamo?
Apparentemente, le cose sembrerebbero stare così: ma è poi proprio vero?
Le “piramidi” demografiche ci mostrano un ben diverso andazzo: finché la base dei nuovi nati è larga, l’avvenire è assicurato ma, quando la “piramide” quasi si capovolge, le giovani generazioni sono troppo scarse per consentire ad una società la stabilità necessaria. Germania e Giappone sono le società più “vecchie” del Pianeta, con metà della popolazione sopra i 47 anni, seguite a ruota da Italia ed Austria.
Oggi, stanno “uscendo” dall’età riproduttiva le generazioni degli anni ’80 – già di per sé scarse – e si affacciano le generazioni degli anni ’90, ancora più scarse: già oggi, perdiamo circa 200.000 abitanti l’anno, ogni anno una città come Brescia, Perugia o Catania sparisce.
Ovviamente le città non scompaiono, sono le aree periferiche e le campagne a spopolarsi: in Spagna, ad esempio, c’è una società immobiliare, la Aldeas Abandonadas (2), che non vende solo abitazioni, bensì interi villaggi abbandonati!

Se voglio percepire il mutamento, se così lo vogliamo definire, mi basta affacciarmi alla finestra: quando acquistai questa casa, nel 1999, se mi affacciavo alla finestra vedevo una piana ordinata dai campi di grano, granturco ed erba medica. Nel paese giravano trattori carichi di patate o di legna. Oggi, qualche erbaio abbandonato e tanti noccioleti, che sono un modo per far rendere qualcosa il terreno quando non si hanno più le forze per coltivarlo.
Eppure, il pane, il vino, l’olio, i formaggi…continuiamo a consumarli: soltanto, non sappiamo più da dove arrivano.
I giovani, quando insegnavo, li salutavo e molto raramente li ho poi incontrati: finito il Liceo, Università…poi, solo racconti di genitori o di amici…vive a Udine, a Montreal, a Friburgo…

Il problema del rapporto fra occupati e produzione è sempre un dilemma: la produttività è cresciuta di circa un punto percentuale l’anno, ossia si produce di più grazie all’automazione. Ma, per contrappasso, le attività sociali crescono: basti pensare, oggi, a quanti lavorano per l’assistenza degli anziani.
Sull’altro versante, però, i frutti dell’automazione non sono stati suddivisi fra capitale e lavoro, bensì i contratti di lavoro sono diventati sempre più precari, e le retribuzioni premiano a dismisura i “piani alti” dell’impresa, mentre i lavoratori di basso livello hanno visto le loro retribuzioni inaridirsi, con buona pace del sindacato, venduto a chiunque offrisse qualche vantaggio a loro, non ai lavoratori.

Se desideriamo osservare dov’è finita la grande immigrazione dai Balcani (Albania, Romania, ecc) basta che ci rechiamo in un qualsiasi cantiere edile: è raro che la lingua “base” sia ancora l’italiano. Così come il settore tessile è in mano cinese, e l’agricoltura latifondista si serve principalmente di africani.
Forse, se le paghe nel settore agricolo fossero quelle sindacali, chissà…può darsi che qualche italiano si presenterebbe, ma dubito che sarebbero in tanti. Meglio, sarebbe gestire l’agricoltura mediante vere cooperative, come si fa in Olanda od in Spagna: in Italia, però, il latifondo è sempre presente e nessuno mai l’ha scalzato. Ho visitato, personalmente, un campo di 14 km x 5 in provincia di Padova ed una tenuta di migliaia di ettari in quel di Gravina, in Puglia.
La realtà sono, invece, le “aziende” che sfruttano all’osso gli africani, pagandoli quel che vogliono e poi, come se non bastasse ancora, “aziende” che concimavano le verdure destinate al consumo con compost ricavato dai rifiuti ospedalieri (3). Figuriamoci cosa gliene importa di far raccogliere i pomodori a 10 euro il giorno e se chi lavora, la sera, non ha nemmeno un tetto sotto il quale riposare!

In altre parole, per non continuare all’infinito a respingere (e poi far sbarcare lo stesso) navi e barconi, bisognerebbe che il governo si facesse portavoce, in Europa, di una conferenza diretta a trovare una soluzione, una vera soluzione. Ma una soluzione dignitosa anche per loro: siamo in grado di garantirla?
Potrebbe essere un quantitativo standard, deciso a livello europeo – tenendo conto anche dei bisogni europei di manodopera – stabilito di anno in anno con la ripartizione per ogni Paese perché l’Europa non può affidarsi a fumose trattative, di volta in volta, per queste faccende. Rimarrebbero i richiedenti asilo: ma, se non si vanno a fomentare guerre, è difficile che la gente scappi. Perché non iniziamo a ritirare il nostro contingente in Mali? Perché non chiediamo alla Francia di fare altrettanto?
Nemmeno va bene il concetto scaturito dall’accordo irlandese: dove arrivano, se li tengono. Bell’accordo!

Ci sono poi persone che temono d’inquinare la propria razza con culture diverse: questo, signori miei, è puro razzismo.
La cultura italiana, per quel che vedo e noto, se n’è già andata da un pezzo: la religione cattolica è diventata solo più un pio ornamento, per una civiltà che – nel bene e nel male – ne fece il suo cardine. Gli italiani credono alla reincarnazione, frequentano swami e comunità di vario tipo: una situazione molto simile a quanto avvenne nella decadenza dell’Impero, quando Adriano accettò Cristo come uno dei tanti Dei, nel frastuono afono della decadenza.
Non parliamo poi della vita sociale: un tempo, il bar era il luogo di ritrovo, dove eri sicuro d’incontrare gli amici di sempre, dove facevi la partita a calciobalilla od a ping-pong…esisteranno ancora, qui e là, posti del genere, ma io noto i bar già chiusi alle 9 di sera, i baristi non sono più orgogliosi, come un tempo, del loro mestiere “sociale”…no, contano i guadagni e basta.
Vi rendete conto che non riusciamo nemmeno più ad imbastire una Nazionale di Calcio almeno decente, anche se distribuiamo cittadinanze italiane a destra ed a manca, facendo ridere i polli?

Nessuno ne ha colpa e tutti ce l’hanno…quando una cultura decade, decade l’arte: la musica si fa rumore, il disegno impazzisce, la danza è scomposta…e, soprattutto – forse inconsciamente – passa la voglia di “passare il testimone” ad una discendenza, alla quale, non si saprebbe come giustificare la scelta.
Quindi, di cosa dovremmo sentirci defraudati dalle altre culture? Non sto parlando di chi delinque, ovvio, ma di chi ha semplicemente la pelle o gli occhi diversi dai nostri.

Ciò che m’intristisce è notare che anche gli immigrati, quando vengono da noi, smettono di fare figli: non subito, dopo un po’, quando realizzano dove sono finiti.
La nostra società ha così tante motivazioni di tristezza, al suo interno, da scoraggiare chiunque ci arrivi: si sforzano di mantenere le loro radici culturali, ma finiscono in una terra di nessuno dove ogni cosa perde di valore, ogni suono si tace, ogni volontà si estingue: per forza si chiudono nelle loro cerchie...vi rendete conto di cosa proponiamo? Un mondo di persone sole, in perpetuo contrasto le une con le altre, nessun valore superiore ma solo denaro, potere e denaro, auto di lusso, moto rombanti…c’è da meravigliarsi se non ridiamo più? Se non accettiamo più la scommessa di fare un figlio con la gioia nel cuore e la speranza di un buon avvenire per tutti?

Siamo un popolo infelice: abbiamo ben poco da proporre, da salvare…altro che temere fumose contaminazioni culturali!

01 luglio 2019

Non sanno più cosa inventarsi

Sono veramente alla frutta, non sanno più come rinverdire la grande campagna mediatica per “l’invasione” dei migranti i quali, purtroppo, latitano. Una volta capito che non si può più sbarcare in Italia come e quando si vuole per poi, con tutto comodo, andarsene dai parenti in Germania, valutano altre possibilità e, i trafficanti di carne umana, pure. Perché in Germania s’andava a lavorare in fabbrica, in Italia sotto il sole a raccogliere pomodori.

A questo punto, c’è chi decide di farla fuori dal vaso, ed invoca un muro di 346 km per dividere l’Italia dalla Slovenia: sì, avete capito bene, un muro: i cementieri italiani esultano, si torna a scavare!
Mi chiedo se il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Fedriga, abbia ancora il cervello, sia stato a passeggiare in Carso, abbia visitato Slovenia e Croazia, sappia qualcosa di Geografia.

Quel numero – 346 – immagino sia il confine terrestre con la Slovenia, ossia dal passo di Tarvisio al confine, sul mare, di Muggia, presso Trieste: bisognerebbe, fra l’altro, tagliare in due Gorizia con un bel muro, che passerebbe proprio nella piazza centrale di Gorizia/Nova Gorica. E sistemare muri  e fili spinati in mezzo a foreste immense, con ampi contingenti destinati alla sorveglianza altrimenti, il giorno dopo, con una pinza tagliafili, saremmo da capo. Oppure, il Gauleiter delle Giulie, immagina confini altamente informatizzati – come quelli israeliani – con bionde soldatesse, in bunker con aria condizionata, che sparano premendo il tasto del mouse?
Un confine – si noti bene – fra due stati appartenenti all’Unione Europea! Vogliamo raccontare a Fedriga perché la sua idea è una boiata pazzesca?

Perché, anzitutto, non esiste una pressione demografica sul confine orientale: ci sono almeno due nazioni sovrane da attraversare prima di giungere all’Italia! In Bosnia, ci sono modesti ammassamenti di profughi o migranti che provengono, per lo più, da zone del Medio Oriente: siriani, iracheni, curdi, ecc, tutti frutti caduti dall’albero dopo le guerre americane, meglio non scordarlo. Glieli rimandiamo a New York? Come no…devono ancora rispondere dei morti del Cermis…
Ma, la Bosnia, non fa parte dell’UE e non ne farà parte ancora per tanto tempo, sempre che non preferisca il canto delle sirene di Erdogan, dato che fino al 1876 fu proprietà turca e, il Paese balcanico, non mostra di voler venir meno alle sue tradizioni ancestrali. Ma, anche qui, è solo il frutto delle guerre dell’Occidente mentre, nella Jugoslavia unita, queste tensioni non c’erano: a Mostar, addirittura, Tito aveva installato l’industria aeronautica jugoslava.

Da dove viene, allora, la “pressione demografica” sul confine giuliano?
I cinesi.
Da dove vengono i cinesi? Presenza silente in Italia, gente educata che è qui per un solo motivo: far soldi.

I cinesi giungono all’aeroporto internazionale di Pola e, da lì, in autobus, si recano sul confine giuliano, nelle zone impervie del Carso: una passeggiata notturna nei boschi e, dall’altra parte, altri autobus che prendono subito la via dell’autostrada Trieste-Venezia.

Quando scrissi “Ladri di organi” fui fortunato: un funzionario di polizia di Trieste – del quale non seppi mai il nome – m’informò del traffico, stimando il flusso annuo in circa 25.000 persone, lo stesso che viene stimato oggi.
Dietro a questo traffico ci sono organizzazioni potenti – forse la “Jakuza” giapponese, la “Triade” cinese, altre… – ed il traffico gode di una riservatezza a prova di “gole profonde”, giacché sono formazioni fra le più cruente del Pianeta.
Ma, in fin dei conti, il problema è politico: simile, per molti versi, al caso Regeni.

Salvini, sull’immigrazione, ebbe a dire “non voglio vederli arrivare sulle barche, voglio che arrivino in aereo”. Accontentato.

Come per il caso Regeni, non sapremo mai nulla perché c’è una sorta di tela di Penelope, durante la quale i “servizi” dell’ENI smontano, di notte, ciò che la diplomazia italiana fa di giorno – siamo troppo impelagati per questioni energetiche con l’Egitto – così la “questione cinese” s’incrocia con i mille affari che ci sono fra Italia e Cina, e non solo per le importazioni: l’Ansaldo, ad esempio, lavora molto per la Cina, dove le sue turbine sono molto richieste ed apprezzate. Così molte aziende italiane nel settore del macchinario industriale, nelle macchine di processo, nell’automazione industriale, ecc.

In altre parole, non si possono mettere sullo stesso piano il Mali e la Cina: eppure, anche i cinesi sono extracomunitari, soltanto che godono dello strabismo italiano nei confronti del confine giuliano.

Paradossale, e curiosa, la vicenda del povero Regeni e di Fedriga: entrambi friulani, entrambi costretti a confrontarsi con realtà più grandi di loro. Vogliamo organizzare un incontro fra Fedriga e Xi Jinping? Non lo consiglierei, giacché l’alfiere friulano finirebbe per diventare una caccola, che il presidente cinese scaccerebbe con un gesto di sufficienza.

Così, la “caccia al migrante”, che appassiona in questa calura gli italiani con un tifo da stadio – ed è necessaria per mantenere viva la politica-Lambrusco su Twitter – deve forzatamente riconoscere che esistono migranti di serie A e di serie Z: i “numeri” dell’immigrazione cinese non compaiono nemmeno nelle statistiche. Li vediamo solo materializzarsi nella ragazzina-cameriera, che ci chiede – in italiano stentato – di ordinare il menu facendo crocette sul foglio.

Mentre, all’opposto, la Cina ci chiede sempre più garanzie per le strutture portuali che dovranno garantire l’interscambio commerciale: “Fale in fletta a finile ponte Genova, altrimenti noi tolnale a sbalcale a Lotteldam!”
Capito mi hai, Fedriga? Dai, che fra poco in Carso compariranno le “frasche” per indicare dove i “carsolini” devono svuotare le botti del “Teràn”, rosso e bianco. Si mangia e si beve bene: non pensare a muri e reticolati, che tanto nessuno ti darà retta.