28 ottobre 2013

Noi, voi, loro. E la necessaria rivoluzione (parte seconda)


 
La stazione di Savona, alle otto di sera, è l’emblema dell’Italia.
Poca gente che transita, frettolosa, qualcuno che deve arrivare: oddio, ne ha da aspettare perché sul tabellone la colonna dei ritardi è tutta occupata. Addirittura, 45 minuti da Genova che dista soltanto 40 Km. Già: Moretti corre dietro alla Frecce e la ferrovia va in malora.

Ma è il deserto delle cosiddette "attività commerciali" a dare una pennellata di noir a tutta la struttura in vetro e cemento progettata da Nervi: a parte un paio di caffè vuoti con velleità di ristorante – e l’immancabile sala giochi già chiusa – il resto è tutto un "affittasi" oppure è un locale abbandonato da improbabili agenzie d'affari "sul territorio" oppure "consulenze" in materia di lavoro. Scappato il lavoro, sono fuggiti anche i consulenti.
 
Hanno lasciato negli uffici scrivanie e mobili di poco costo, abbandonati perché non valevano niente e, sul pavimento, s’allunga la fila degli avvisi di raccomandata che il postino infila sotto la porta.

Il tutto dà quasi la sensazione di una fuga improvvisa – depliant lasciati aperti sulla scrivania, come se il cliente si fosse alzato dalla sedia un minuto prima – ad allontanare nel tempo quegli eventi ci pensa la polvere leggera degli ambienti chiusi, che ha già pennellato tutto. Sembra quasi che i proprietari – come avveniva un tempo quando scoppiava una guerra – siano saltati sul primo treno per non imbattersi nelle avanguardie degli invasori.
Chissà dove sono volati via i proprietari, chissà dove atterrano i faccendieri, i politici indagati, i corruttori di professione, gli avvocati dalla clientela a dir poco "dubbia"...ci sarà un limbo, da qualche parte, dove svernano nell’attesa di nuove possibilità, d’altre occasioni per arricchirsi.
 
Eppure, proprio in questi giorni, assistiamo ad un dramma pirandelliano, ad una scostumatezza senza limiti: la Casta ha cambiato nome ed abitudini. S’è trasformata in una Corte.

Come in tutte le corti che si rispettano, il sovrano veglia e lancia – ora qui, ora là – i necessari input affinché i suoi accoliti possano agire: l’uscita di Napolitano sull’indulto (o amnistia) è stato grave poiché, dopo tanto dire, argomentare e votare libererebbe Berlusconi come un uccel di bosco. Se si desidera liberare le carceri, s’agisca sui codici depenalizzando alcuni reati minori: modesto possesso di droga, reato di "clandestinità", ecc.
Del futuro dell’uomo di Arcore molto è stato scritto: è del tutto evidente che la sua parabola è terminata, ma la sua lenta fine serve a riempire le pagine dei giornali d’aria fritta. Sono mesi che vanno avanti: sperano d’arrivare indenni alla Legge di Stabilità, la vecchia Finanziaria, dove potranno infilare qualsiasi cosa e chiudere in bellezza – magari la notte di San Silvestro – con un bel voto di fiducia. Hanno nascosto un emendamento pro-TAV nella legge contro il femminicidio! Come si può definirli?
 
E’ sbagliato continuare a pensarli in termini di casta, poiché una casta è un informe agglomerato d’individui accomunati soltanto da una nascita fortunata, in posti dove ciò vale e non è un’abitudine europea. La corte, invece, ben la conosciamo.
Inoltre, una casta non è detto che abbia, al suo interno, rapporti interpersonali che nascondono reciproci vantaggi, spesso improntati alla corruzione.
Una corte, invece, è una struttura gerarchica atta al governo di una nazione: necessita di un sovrano, di secondi, terzi livelli e così via...ciascuno al suo posto, in modo organico...protetti da un’immunità senza limiti e ben coscienti del ruolo che devono ricoprire, ossia prelevare a più non posso dalla popolazione per mantenere i propri privilegi.

Le similitudini con una corte del ‘700-800 non finiscono qui: si muovono sempre protetti da drappelli armati; il Re manda messaggi al Parlamento il quale – con l’attuale legge elettorale – elegge soltanto "senatori del Re", appunto, pronti a ricevere il diktat dalla reggia e ad attuarlo. Pranzano e cenano in speciali ritrovi o stazioni di posta iper-protette – tanto i costi non sono a loro carico – poiché temono la popolazione.
S’incontrano sempre in occasioni mondane create apposta per loro – si pensi a S. Ambrogio, la "prima" della Scala, oppure il "summit" di Cernobbio, ecc – dove la popolazione, anche disponendo di mezzi economici, non può intervenire.
Se le truppe sono impegnate in missioni coloniali, non disdegnano di mantenere presso la reggia importanti contingenti militari: come esempio, riflettiamo sulla Brigata Meccanizzata "Granatieri di Sardegna", che è acquartierata in varie sedi del centro Italia ma che mantiene il 1° Reggimento – motto: "A me le Guardie!" (sic!) – e l’8° "Lancieri di Montebello" proprio a Roma, entrambi con una forza militare notevole.
 
Hanno una paura boia di far la fine di Umberto I e sono molto diversi dalle "democrazie" (in realtà veri regni) del Nord Europa, dove i sovrani vanno in ufficio in tram non disdegnando di chiacchierare con i sudditi: eh...che ci volete fare...quelle sono retrograde, vere "monarchie"...noi no, siamo democratici...
Per ogni problema finanziario la soluzione c’è sempre: quando non si toccano le pensioni si tocca la sanità, oppure il lavoro...o, ancora, si vende un po’ d’argenteria...ma si, tanto se la venderà qualcun altro...insomma, paghiamo sempre noi. E ancora ci dicono che consumiamo troppo, che abbiamo vissuto da cicale, che non siamo "produttivi"...loro? Non possono mica campare con meno di 20.000 euro...eh no...come diceva Razzi, non si paga nemmeno una camera in un alberghetto...
Hanno posticipato, per l’ennesima volta, l’abolizione delle Province: confesso che sono un fan delle Province e non desidero la loro abrogazione. Le Province (magari ridefinite nei confini, ed abolite le ultime entrate negli ultimi vent’anni) sono unità corrispondenti a realtà economiche e sociali sul territorio, hanno un significato e non costano molto.
Le vere idrovore di denaro pubblico sono le Regioni: quando ci fu una grave frana nei pressi della mia abitazione, vidi personalmente l’assessore ai lavori pubblici della Provincia giungere per rendersi conto della situazione. Siccome s’era sul confine con un’altra regione, venne anche l’assessore provinciale piemontese: si misero d’accordo ed in un paio di mesi (era una faccenda seria) tutto fu risolto. Chi mai ha visto un assessore regionale?
L’abolizione delle Province è un obiettivo della Corte per proteggere i cortigiani delle aree lontane, ossia le corti regionali le quali, essendo solo venti, sono strettamente collegate alla Corte del Sovrano. E sanno far pesare i loro pacchetti di voti, mentre Province e Comuni sono troppi e troppo distanti.
In cambio, hanno ricevuto la gestione della Sanità che sciacallano da un trentennio abbondante, giungendo quasi ad estinguerla. La spesa sanitaria regionale è solo quel che resta del banchetto delle tangenti: per questo le prestazioni sono oramai da terzo mondo.

Inoltre – a differenza delle Province – i consigli regionali sono distantissimi dalla popolazione: spesso, centinaia di chilometri. Questo facilita la nascita di corti regionali d'alto livello, ossia che non abbiano contatti diretti con la popolazione e li abbiano, per opposte ragioni, con i gotha finanziari locali: la vicenda della Regione Lombardia e di Formigoni è emblematica per capire come funziona ed a cosa serve una Regione. Compiuto il suo dovere, il funzionario sale di grado e raggiunge la corte del Sovrano.
Oggi, con la richiesta di cambiare la Costituzione – modificando l'art. 138, soprattutto il necessario referendum confermativo – la corte rasenta l'eversione costituzionale: lo sanno bene e stanno studiando il modo più soft e giuridicamente inattaccabile per compiere il golpe.
 
Hanno già trasformato il sistema legislativo da parlamentare in governativo (tramite l'uso smodato del decreto legge): ora è il governo a fare le leggi, non il parlamento.

Più difficile abolire il referendum confermativo per gli interventi sulla Costituzione: la "sberla" del 2006 non l'hanno scordata, così come ricordano che – ogni volta che c'è una scelta per loro esiziale (nucleare, acqua, ecc) – vengono sbugiardati dalla popolazione.
 
 
In questo non ammettono sgarri: Di Pietro, per esempio, ha pagato caro il suo appoggio ed il gran daffare per i referendum. La Gabanelli – paladina del M5S – ha pensato a metterlo al tappeto.
 

Il volere della popolazione è sempre l'opposto del potere: questo dovrebbe farli riflettere, invece tirano dritti e a guidare la locomotiva, in realtà, non c'è nessuno. Con questo non intendo affermare l'inesistenza di una classe politica, bensì l'insipienza totale del loro agire.
 
Bisognerebbe cambiare, e in fretta: non è più il caso di frapporre tediose disquisizioni di parte o stucchevoli distinguo. Domani la situazione potrebbe diventare insostenibile e la m... arrivare agli occhi: alla bocca è già arrivata.
Ci sono due aspetti da analizzare: le rivoluzioni violente sono così terribili? L’Italia ha vissuto movimenti rivoluzionari?
Sfatiamo un mito: la rivoluzione russa non fu quel moto di popolo che si crede, fu quasi una congiura di palazzo e pochissimi rivoluzionari vi parteciparono. Lenin fu fatto passare dai tedeschi in Russia nella speranza di "alleggerire" il fronte orientale, speranza confermata nei fatti. Lo zar Nicola II correva su una lama: doveva stare al fronte per prevenire una rivolta degli ufficiali (sul ricordo di quella dei Decabristi) ed a Mosca per fronteggiare le congiure di palazzo. Non mi sembra un buon esempio da adottare per l’analisi, anche se alcuni spunti (come la temporanea alleanza con i menscevichi) sono veri colpi da maestro, che valgono sotto tutti i cieli e non hanno scadenza.
Più interessante quella francese: un Re imbelle, una crisi economica scatenata dalle cartolarizzazioni (Tremonti, qualcuno ricorda?) delle terre comuni per pagare sempre nuove patenti di nobiltà, un movimento filosofico (l’Illuminismo) assertore d’idee nuove...ce n’è abbastanza, fermiamoci qui.
Non c’era guerra in Francia, Luigi XVI aveva addirittura riformato (in senso positivo) l’istruzione, ma la distanza fra Versailles e la popolazione era abissale. E percepita, proprio perché le avanguardie dell'Illuminismo erano ascoltate dalla borghesia e da una fetta della nobiltà, fino a giungere alle classi più povere.
Quante similitudini con l’Italia del 2013! Ovviamente, considerando la differenza fra il secolo dei Lumi e le tenebre odierne.
Poi venne il sangue.

Il sangue risparmiato da Luigi XVI – il Reggimento delle Fiandre rimase acquartierato e non scese mai a Parigi (Luigi poteva soffocare nel sangue qualsiasi rivolta, ma non siamo qui per raccontare la storia di quegli anni) – fu versato dai rivoluzionari: a secchi, a botti, a fiumi. Le strade di Parigi – si narra – erano rivoli di sangue quando c’era madame la Guillotine in funzione.
Eppure oggi, a fronte di un eccidio senz’altro crudelissimo, non si serba memoria di quegli eventi: ciò che rimane – nella coscienza francese – è la percezione che ad ogni ingiustizia ci si può opporre, che i diritti della popolazione non sono aria fritta come in Italia. Quei morti, sono quasi dei martiri e nemmeno Napoleone ed i timidi re che seguirono riuscirono a cancellare la memoria di quegli eventi. Difatti, nel 1870 avvenne un episodio più unico che raro: la Comune.
Per queste antiche ragioni Depardieu è diventato cittadino russo, dopo che le tasse – per i redditi superiori a 300.000 euro – hanno raggiunto livelli impensabili: lavoro e pensioni, però, sono rimaste quelli di prima o pressappoco. La Francia è la nazione più difficile da gestire per le burocrazie europee ed i poteri mondiali.
 
E in Italia?

Sorvoliamo sul Risorgimento e sul Fascismo, entrambe "rivoluzioni" approvate dalla Casa Reale: una rivoluzione va contro il potere, non lo accetta come compagno di strada, altrimenti si finisce come il PCI divenuto – dopo quasi novant’anni – un partito liberista dichiarato.
Gli italiani, per reazione, sono diventati "mipiacciari": che possono fare? Arrabbiatissimi, cliccano sui vari "mi piace" di Facebook: mi piace l'onestà, mi piace la sanità pubblica, la scuola pubblica e via discorrendo. Oppure votano nei sondaggi d'opinione, del tipo "Non vogliamo che la P2 riformi la Costituzione", ecc.
 
Ci vorrebbe proprio un bel cambiamento: una rivoluzione, già...
Non siate così ignavi da credermi un fesso: una battuta, che circolava molti anni fa, recitava "Mi raccomando: puntuale eh? Alle 8.30 in piazza, c’è la rivoluzione..."
So benissimo quanto sia distante l’idea dagli italiani: ma i fatti nascono dal mondo delle idee, non scordiamolo, per questa ragione è necessario iniziare a parlarne. Ancorché violenta, perché la violenza contro di noi è giunta a punti impensabili solo pochi anni fa, generando suicidi in massa.
Suicidi ed eroi: cosa distingue un eroe da un rinunciatario?

Il termine "eroismo" – in questi tempi dannati – è desueto: lo fu anche nella lunga decadenza dell'Impero Romano. Nessuno, nei bassi imperi, compie più atti a favore del prossimo che possano mettere in discussione la propria esistenza.
Eppure, la cosiddetta "crisi" – ossia il rastrellamento d'enormi ricchezze finite nei caveau delle banche o nei paradisi fiscali (vedi la famosa multa di 90 miliardi per i videopoker, "derubricata" dal governo Letta a 611 milioni) – ha chiesto sangue, molto sangue.
 
 
Sangue povero, sangue disperato, sangue marcio dopo le innumerevoli sentenze non scritte che la corte ha dispensato a destra ed a manca: migliaia di persone si sono tolte la vita, di tutte le classi sociali, in mille modi diversi.
E' il vecchio suicidio per il timore d'essere disonorati?
 

No, non è quasi mai stato il classico colpo di pistola di fronte alla scrivania: soprattutto impiccati – la morte del povero, del disperato – e poi avvelenamenti, dirupi, ponti, fucili da caccia...
L'italiano che si è tolto la vita non lo ha fatto per salvare un onore che più non esiste, ma per pura disperazione e solo dopo aver tentato di tutto, aver bussato a mille porte, aver accettato lavori improponibili anche per un immigrato clandestino. E magari non essere stato pagato.
 
Chi ha sulla coscienza un numero di morti paragonabile ad una guerra o ad un bombardamento?
La corte non si occupa di tali quisquilie: Monti, addirittura, li irrise, affermando che non eravamo ancora giunti ai numeri della Grecia. Un atteggiamento da nazista.
Ci sono ancora remore nei confronti di gente simile?
Vediamo come sono strutturati al loro interno.
Le ultime elezioni hanno placato molti dissidi interni alla corte: oggi, il blocco conservatore è ben saldato e controllato nel sistema "PD - SC (Casini) - PdL", che mai come oggi ha i numeri per governare. Mai, però, è stato più debole e sfaldato all'esterno, quasi "irricevibile" dalla popolazione la quale, oramai in maggioranza, lo aborrisce.

La scelta è stata obbligata: il pregio/difetto dell'ingresso del M5S in parlamento è stato proprio la ferrea saldatura fra i due schieramenti. Pregio perché ha mostrato agli italiani quanto il re è nudo sul fronte della progettualità politica e delle idee in genere, difetto perché – lentamente, ma le manovre di Palazzo conseguenti alla vicenda di Berlusconi lasciano intravedere i nuovi scenari – stanno creando una nuova DC (o qualcosa di simile) che è in grado di durare a lungo, che vinca uno oppure l'altro.
 
Il M5S, secondo i sondaggi, gode di uno share che rasenta un terzo della popolazione: sì, ma solo fra i giovani sotto i 30 anni. Quanto tempo ci vorrà per saldare il conto con i marpioni al potere? Siamo certi che le nuove generazioni seguano questo trend, oppure non si lascino influenzare dai vari partiti della birra o della foca?

Qui bisogna capire quanto le continue "incomprensioni" – chiamiamole così – fra gli eletti, i militanti e Grillo e Casaleggio come mediatori – poiché unici gestori della comunicazione – non incrineranno la fiducia, impedendole di crescere.
Può esistere una "democrazia del Web"? Sì, se non si pretende di superarne i limiti: la vicenda del voto contro il reato di clandestinità, e la conseguente reazione di Grillo, ha mostrato proprio questo limite.
Non si può scherzare quando un movimento raggiunge certi numeri: i parlamentari (che, pur inesperti, stanno facendo un ottimo lavoro) non possono scegliere, uniti, di votare in un certo modo se prima non c'è stato – almeno – un dibattito serrato sui principali argomenti.
In altre parole, il "non programma" oppure i "dieci punti" od altro ancora non esauriscono la necessità di un dibattito interno che conduca verso una cultura politica, perché gli eletti – senza una cultura politica di riferimento (che nasce, appunto, dal dibattito interno) – sono in grande difficoltà. Io, cittadino parlamentare, cosa voto su un argomento del quale non trovo traccia nel programma? Se si vuole fare un dibattito politico sul Web è possibile farlo.
Ma Grillo teme il dibattito poiché evidenzierebbe le mille anime del suo movimento – che non riesce a comprendere l'arte del compromesso, la vittoria parziale, le strategie di logoramento dell'avversario (che sono altra cosa dagli inciuci e dal trasformismo) – e cerca di mantenere unito un insieme molto variegato nel nome di una generica ed utopica vittoria a venire: è chiaro che ciò produce contraddizioni laceranti, che gli avversari (padroni dei media) sfruttano a dovere.
 
Ovvio che i vecchi marpioni su queste difficoltà ci sguazzano, accelerando i tempi di discussione e di voto per mostrare l'inaffidabilità del M5S. Grillo queste cose dovrebbe capirle, prima di battere sulla tastiera e di mettere sulla graticola i (suoi?) parlamentari.
La "Cavalcata delle Valchirie" del M5S rischia di trasformarsi prima in un andante con ritmo, poi in un adagio malinconico. Il Trentino ha già dato un segnale: Capitan Fracassa/Grillo, con le sue castronerie velleitarie contro il Re, farà il resto.

In ogni modo, non sottovalutiamo l'unione – di fatto – dei vecchi partiti: tolti di mezzo un po' di pasdaran e di pasionarie da una parte e dall'altra, potremmo trovarci con una forza politica che rasenta il 40% dell'elettorato.
Oppure, invece di progettare un'unione, potrebbero mantenere la propria identità (con una diversa legge elettorale: allora sì che la farebbero!) e, dunque, dare un'impressione di "genuinità" al proprio elettorato il quale, non dimentichiamo, è fortemente abbarbicato nelle istituzioni e nelle strutture pubbliche centrali e periferiche: sono il milione d’imbonitori della politica, quelli che regnano su cooperative, associazioni, fondazioni, ecc.
 
Alla fine, tornerebbero all'inciucio, spacciandolo per una "grosse koalition": il tutto resterebbe a galla con i voti comprati dalle mafie, dalle cooperative, dall'associazionismo cattolico, ecc. Spendono miliardi per associazioni senza senso (sono presenti sul Web degli elenchi che suscitano l'ilarità: censimenti di daini, ecc): sono voti comprati a danno dello stato sociale!

All'Europa tutto questo sta bene: basta che l'Italia non trascini a fondo l'UE, troppi soldi in gioco. Al FMI anche: la Finanziaria di quest'anno è troppo morbida – dicono – meglio quella di Monti. A Morgan & Stanley non piace la nostra Costituzione: troppo socialista.
Questo è il quadro dei nostri rapporti con le cosiddette "istituzioni" internazionali: la politica estera?
 
La ex-Libia è stata trasformata in un quadrilatero petrolifero: zona d'estrazione e basta, il resto non conta. Chi comanda? Le ex diplomazie coloniali, eccettuata la nostra.

Quando arriva una salma dall'Afghanistan non se ne deve parlare per rispetto verso la famiglia: se, invece, se ne parla in tempi "normali" l'argomento non è all'ordine del giorno, Quando – di grazia – la popolazione potrà dire la sua su delle guerre ordinate in spregio alla Costituzione?
L'Italia, in Europa, non ha certo i numeri economici della Grecia: il timore delle burocrazie europee è che si saldi – ma solo l'Italia ha i numeri per farlo – una sorta di "asse del sud Europa", che magari dialoghi con i BRICS. Questa possibilità è vista come la peste: per questa ragione alla regia corte italiana sono perdonati peccatucci, peccatini e peccati mortali. A ben pensarci, un gruppo di Paesi ha ben diversa forza contrattuale rispetto ad un singolo Paese: è proprio questo che temono.
 
Come si può notare, le vie d'uscita da questa schiavitù europea/italiana ci sono, anche senza lo "strappo": dipende tutto dalla forza contrattuale che si riesce a mettere in campo. Quello che veramente serve è una forza rivoluzionaria.
Sugli attributi di questa forza non si deve andare troppo per il sottile: se si comincia con i distinguo, tutto finisce subito.
Pochi punti e chiari, che mai potranno concedere:
1) Abolizione dei contributi elettorali;
2) Ritiro completo dall'Afghanistan;
3) Azzeramento degli F-35 e ampia revisione della spesa militare;
4) Abolizione della riforma Fornero sulle pensioni;
5) Abolizione d'ogni forma di precariato nel lavoro;
6) Riduzione dei compensi agli eletti;
7) Contributi di solidarietà dalle pensioni d'oro;
8) Abbassamento del tetto di retribuzioni per i manager di Stato;
9) Un circuito di banche pubbliche senza scopo di lucro;
...eccetera...eccetera...
Non temete d'allungare od accorciare la lista: tanto non fa nulla, la rifiuteranno in blocco, e per tre ragioni:
1) La caduta del saggio di profitto continua: ciò significa che il guadagno (da parte dell’imprenditore) sul singolo bene s’abbassa sempre di più. E’ la conseguenza dell’espansione in Oriente (compiuta, all’inizio, con capitali occidentali): insomma, la classe media dei BRICS deve crescere, per poter acquistare le scarpe di Prada o le Ferrari. Ovvio che, da noi, le possibilità di lavoro si riducono ai soli beni di lusso o di alto contenuto tecnologico: le produzioni meno tecnologiche chiudono ad una ad una.
2) L’automazione dei sistemi industriali ha raggiunto livelli impensabili: ci sono già fabbriche completamente automatiche, gestite solo da pochissimi tecnici per il controllo. Inoltre, la standardizzazione dei processi produttivi comporta che lo stesso pezzo serve in un’automobile, in un’affettatrice ed in un motocoltivatore. I costi di produzione s’abbassano: la cosiddetta "produttività" sale di circa l’1% l’anno e, da quasi 30 anni, se la "mangiano" tutta i capitalisti. Altro che cuneo fiscale.
3) I media hanno compiuto bene la loro funzione: l’istupidimento della popolazione è stato raggiunto e, oggi, la "velina" o il "modello" sono il massimo delle aspirazioni di 9 giovani su 10.
Si può disquisire se Marx avesse presagito simili evenienze: sulla prima e sulla seconda senz’altro, solo che Marx contava sull’affermazione dei valori della classe operaia, insieme alla nuova missione di classe "propulsiva" dello sviluppo economico. Qui è stato smentito dagli eventi, anche se non poteva certo immaginare cosa sarebbero diventati i media oltre il giornale.
Ci sono possibilità?
A mio parere, poche. Forse un passaggio di generazione è necessario: oggi, i genitori sono ancora in grado di garantire qualcosa alle giovani generazioni, se non proprio benessere almeno sopravvivenza senza troppi scossoni.

Domani – immaginiamo fra circa 20 anni – le pensioni saranno così misere che non consentiranno più il "soccorso" fra generazioni ed il ricorso a riforme del tipo 70+ anni per l’accesso alla pensione limiterà molto l’appoggio che i padri potranno fornire ai figli. Il vero welfare italiano – la famiglia – si estinguerà.
 
Sempre in un’ottica marxista, bisogna stare attenti all’altra degenerazione, allo scivolamento verso forme di sottoproletariato che non si nutrono più di valori bensì di dis-valori quali la delinquenza comune, la strutturazione in bande, la violenza gratuita, il furto, ecc. Questo mutamento si nota bene nelle scuole: ogni anno classi più violente, allievi/e intrattabili ed incontenibili. Del resto: con quello che li attende in futuro, cosa c’è da contenere?

Il futuro dell’Italia è fosco: solo una mobilitazione generale potrebbe salvarla ma – già lo sappiamo – non avverrà perché anche i sindacati sono asserviti e, quelli non asserviti (COBAS), sono tagliati fuori con mille trucchi.
 
Bisogna saldare, unire gli italiani, ricostruire la dignità di un popolo allo sbando, guidato da cortigiani senza morale né legge.
Per questo bisogna dar loro modo di vedersi, di contarsi, d'osservare nel viso del vicino le stesse ansie di cambiamento, la stessa voglia di riscatto.
Un potere marginale rimane alle associazioni di difesa della Costituzione et similia, le quali potrebbero chiamare le persone al grande raduno, alla manifestazione. Ma come?

L’unico tentativo praticabile, ad oggi, è quello di sfilare – ma bisogna essere veramente in tanti – in tutte le città italiane completamente silenziosi e senza "cappelli" di partito. Un solo striscione: "Restituiteci l’Italia", e sperare che la cosa (se i numeri sono veramente grandi) faccia loro paura. Poi...valutare con attenzione i passi seguenti.
 
L’alternativa? Affondare in silenzio.
PS: Mi scuso per il lungo periodo d’inattività, ma alla meteorologia ed alla salute non si comanda.

11 settembre 2013

Noi, voi, loro. E la necessaria rivoluzione (parte prima)



Sono stato assente da queste pagine un po’ di tempo: no, non sono andato alle Maldive od a Mauritius e me ne dispiace un po’, anche perché non avevo i soldi per andarci...e quindi va bene così. Si fa per dire.


Ho fatto due bagni in quel di Noli, un po’ di lavoro sulla barca – Dio! Mi sembra la fabbrica del Duomo! – ed ho dormito. Tanto.

In più – perché sono anch’io uno sfigato della riforma Fornero – ho scritto qualche articolo per un blog d’insegnanti che speravano d’andare in pensione, ed è questa esperienza che dobbiamo analizzare, sulla quale è necessario riflettere. La strategia, la politica, il senso stesso del nostro scrivere e vivere parte da qui, dall’incontro con la gente “comune”, che non è mai quella del Web, che dista (e distano) anni luce.



Brevemente vorrei raccontare la mia esperienza che è stata, per certi versi, sconvolgente: abituato – come faccio sul mio blog – a cancellare subito chi insulta o ha un atteggiamento inutilmente aggressivo (insomma, i troll) – ho finito per ritrovare soltanto le “menti elette”, le quali discutono ovviamente solo di massimi sistemi.

E – si badi bene – quasi tutti i siti od i blog di controinformazione sono così impostati: parli di scie chimiche o di HAARP sicuro di non essere frainteso, oppure di politica medio-orientale partendo dal Trattato di Sèvres o da Thomas Edward Lawrence e ti sembra normale. A quasi tutti gli altri sembra normale: al più, si dissente sugli esiti storici di quelle vicende, oppure su particolari giudicati poco importanti e rivelatisi invece decisivi.

C’è poi l’antica dicotomia destra/sinistra sulla quale talvolta ci dividiamo e scateniamo tempeste di sabbia: ma sono sempre (almeno, quasi) accessi verbali dovuti alla veemenza, al credere alle proprie idee che – in qualche modo – continuano ad esistere.



Invece, per partecipare, per dare una mano in una vicenda d’ingiustizia palese (ammessa, beffardamente, anche dagli attuali camerieri della politica) mi sono sentito come un pesce spada in un torrente, oppure come un leopardo in un parcheggio sotterraneo. Fate voi.

Ho soggiornato per quasi un mese in mezzo a persone che commentavano così: “Il nostro diritto è sacro, i nostri parlamentari devono alzare la voce” oppure “Scriviamo tutti un telegramma al ministro Carrozza”, o ancora “Che fine ha fatto il nostro avvocato? Quando si riunisce, finalmente, la Corte Costituzionale?”

I “nostri” parlamentari...il “nostro” ministro...la “ineccepibile” Corte Costituzionale...



Non sono proprio stupido da non capire cos’è l’Italia – fermo subito la veemenza dei vostri commenti – ma capirete bene che una simile situazione merita un briciolo d’analisi: altrimenti, andiamo tutti a pescare, alla spiaggia, ai monti secondo le proprie preferenze e chiudiamola lì.

Bisogna riconoscere che, ogni tanto, qualcuno che aveva la vista più lunga appariva e commentava, argomentando la propria sfiducia e sconsolazione nei confronti della classe politica: spesso, veniva subissato d’improperi, oppure cancellato. A me, addirittura, cancellarono un articolo: salvo poi, quando la situazione è precipitata (nessuna pensione al 1/9/2013) riconoscere che avevo previsto tutto: il giorno dopo, da capo con le lettere ed i telegrammi a quel politico o ministro.



Spero d’aver fornito un quadro abbastanza veritiero per partire con un’analisi – ricordiamo che i commentatori erano, per lo più, insegnanti, quindi persone (in teoria) con mezzi per comprendere la realtà (forse) superiori alla media, con conoscenza delle lingue straniere, ecc – che sarà per certi versi sconcertante ma utile per capire l’Italia di oggi, il suo precipitare in un abisso del quale non s’intravede fondo.



Il primo punto è banale: la Tv, non ci perderemo troppo tempo. E’ tutta gente potentemente “televisionizzata” e solo il 10% affidava le proprie conoscenze (sullo specifico problema) ad un “tutto Web”. Per questa ragione erano preda di tutte le mezze bugie che il potere confeziona per partorire poi la solita, mezza verità: il consueto gioco, lo stanno mettendo in campo anche per la Siria.

Sono circa 13 anni che non guardo la Tv, però mi sono sorpreso non poco – ascoltando il mio medico – affermare “Allora, tutto risolto: ti mandano in pensione...” La potenza del mezzo televisivo – signori miei – è intatta o solo minimamente scalfita. Significa che il nostro lavoro è incompleto, confuso negli obiettivi oppure inattuabile: non ci sono altre possibilità.



Ci sono quindi un problema sociologico ed uno politico che configgono apertamente e fragorosamente nella società italiana, ma che non giungono mai ad emergere, al massimo spostano un poco le intenzioni di voto.

Come tutti sapranno, Berlusconi è in ripresa, il PD in discesa, il M5S in leggera discesa e SEL in salita, se la cosa vi interessa: più importante è l’analisi delle strutture istituzionali.

Partita nel 1948 con una legge elettorale proporzionale che doveva eleggere i propri rappresentanti – i quali avrebbero eletto il Capo dello Stato come garante delle istituzioni e nulla più ed una Magistratura indipendente – siamo giunti al rovesciamento dei termini: il Capo dello Stato appare sempre di più il vero Capo del Governo, il Governo è solo più una delle tante cinghie di trasmissione degli apparati esterni (Mafia, Massoneria, poteri esteri, economici, ecc) ed il popolo non elegge più nessuno.

Insomma: ditemi se questa situazione non ha tutti i connotati di una dittatura. Nemmeno poi troppo mascherata.



Ad una dittatura come si risponde?

Pare che gli italiani non riescano a riconoscerla, oppure non trovino i mezzi per opporvisi, o ancora stiano troppo bene per farlo o rimuovano il dolore e lo cicatrizzino con il classico panem et circenses. Probabilmente, un mix di questi fattori.

Ma la situazione si fa sempre più seria: i cervelli in fuga, la scuola ridotta ai minimi termini, la FIAT declassata ad “azienducola” (dai 350.000 dipendenti degli anni ’70, azienda+indotto, agli attuali 35.000 di Mirafiori senza un’idea, un futuro, una lampadina che s’accende da qualche parte), e poi l’attacco internazionale a tutto quel che si muove e che fa gola. Imprese dell’agro-alimentare, cantieri navali, medie imprese, ecc.



Operiamo una breve divagazione nel mondo naturale.

In natura, quando un essere è malato – generalmente – muore. Si può rispondere che (trattando della vita selvatica) noi non possiamo accorgerci dei piccoli malanni degli animali, ed è vero: probabilmente, un capriolo che ha ingoiato qualcosa che non doveva, per un paio di giorni non mangia e guarisce.

Nel regno degli insetti – perlopiù a noi invisibile – le tragedie (da noi così percepite, per loro è la normalità, ma non ne sono coscienti) sono all’ordine del giorno: basta un periodo di siccità perché tutti i nematodi muoiano, disseminando però – prima della fine (che loro non percepiscono come tale) – di uova il terreno. Così le specie sopravvivono.



Esiste un parallelismo con la specie umana? Sì per le circostanze, non per gli esiti: almeno, fino ad oggi.

Le circostanze sono le stesse ma, a differenza di un nematode, l’uomo può innaffiare un terreno e mantenerlo umido: in altre parole, l’uomo interviene nello svolgimento degli eventi e cerca di ammansirli ai suoi bisogni.

Per svolgere questa opera di dominazione sugli ambienti naturali, l’uomo ha codificato una serie di comportamenti e li ha definiti “leggi”: poi, per tentare d’uniformare (basilare fu la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e, prima, l’Habeas Corpus) i comportamenti sotto i vari cieli provò ad emanare delle leggi universal/nazionali: le Costituzioni.

Dove valgono le Costituzioni?



Non staremo ad inguaiarci nella Storia della Colonizzazione e della Decolonizzazione ma, oggi, se malfermi barconi giungono fino alle nostre coste, qualcosa in quei luoghi avverrà pure. E lo sappiamo anche: il Ciad è un Paese devastato da Areva e dai francesi, con chilometri di strade a fianco delle quali è stato depositato un muro di scarti della depurazione dell’Uranio, e i bambini muoiono come mosche. Il delta del Niger è stato trasformato, dall’industria estrattiva, in una specie di Inferno Dantesco: si poteva far meglio, ma costava di più! La Somalia, da mezzo secolo, è tutta una “Via Pal” per gli scontri di bande e non se ne vede l’uscita.

E poi l’Egitto nel suo dilemma ex-ottomano, il Sudan con l’eterna questione religiosa, il Marocco con la sua povertà endemica, ed il resto dell’Africa – quasi tutto – nella disperazione.

Dall’Algeria non vengono profughi e nemmeno dal Sud Africa: arriveranno anche i libici? Siamo degli specialisti: dove esiste un governo che, almeno, riesce a governare ed a distribuire ricchezza sufficiente, noi diciamo che non va bene. Troppo poco democratico: Gheddafi Kaput. Adesso tocca ad Assad: vedremo come andrà a finire. Così, avremo anche i profughi siriani.

E noi europei: chi siamo, cosa contiamo, cosa possiamo aspettarci, qual è il nostro posto?



Fino a qualche tempo fa – pochi anni – il nostro ruolo era di consumatori inconsapevoli: l’unica cosa che importava era che l’apparato produttivo dei BRICS fosse sempre sorretto dalle nostre compere. Così recitava il Gotha dell’economia globalizzata, da noi la gente che s’è appena riunita a Cernobbio (Casaleggio compreso) la quale non aveva altro obiettivo che far rendere al massimo gli investimenti azionari in Oriente.

Oh, le sviolinate dell’ing. De Benedetti! Non passava mese senza un suo intervento che magnificasse la Cina...la quale produce tot, laurea tot, investe tot...eccetera...non una parola sul disastro ambientale e sociale cinese: una catastrofe, ma non si deve dire, s’ha da guadagnare.



Poi, l’economia americana ha iniziato a dar segni di ripresa e noi non eravamo poi così necessari: squinternato il Mediterraneo dalle rivolte arabo-americane, bisogna mettere un po’ a posto l’Europa perché renda anche lì investire, non si sa mai.

Qui nasce la svolta dei PIIGS e tutto quel che ne consegue: la divisione dell’UE in due zone ben precise, ossia l’influenza germanica su tutto, ma con diversi accenti. Mentre le economie dell’Est sono – in qualche modo – “assistite” dal Reich (investimenti, manodopera a basso costo, ecc) le “antiche” economie del Sud vengono saccheggiate e le popolazioni depredate.



E’ risaputo che la nostra libertà – dopo il 1945 – è sempre stata una libertà vigilata, ma qui s’è fatto un ulteriore passo: siamo sotto due talloni in accordo fra di loro, ma ben distinti. In altre parole, alla Germania viene riconosciuto da Washington il diritto/dovere di dominazione incontrollata sul Sud Europa: si salva la Francia, perché è l’unica dotata di armamento nucleare, e in questi giorni si vede cosa significa poter contare su una politica di potenza.



Fatto è che, per l’Italia, non ci sono risposte, per la popolazione il “silenzio” dell’attuale governo sulle tematiche sociali significa solo una cosa: i signori di Cernobbio dominano su Governi ed apparati, incontrastati.

Quale può essere la risposta delle popolazioni?



Torniamo per un attimo al mondo naturale.

Quando una popolazione stanziale esaurisce le risorse, oppure eventi naturali inconsueti (incendi, allagamenti, la mano dell’uomo, ecc) le esauriscono, è un dramma. Eppure, queste popolazioni non s’abbandonano alla morte per inedia: i maschi si pongono in testa alla colonna (osservate, ad esempio, gli ovini) ed iniziano una migrazione necessaria, anche se rischiosa. Sanno benissimo che i rischi saranno tanti e non tutti giungeranno alla meta: predatori, incidenti vari, semplice sfinimento assottiglieranno la colonna, ma non c’è soluzione.



L’uomo “moderno” ha smarrito nei secoli la percezione del pericolo e la conseguente necessità di “migrare”: in qualche modo, i ragazzi che vanno all’estero a lavorare sono stati obbligati a riscoprirla. Ma non basta: e quelli che restano?

Quella bazzecola di una cinquantina di milioni d’italiani – mal contati – che si trovano a dover mantenere un milione di politici od assimilabili, a foraggiare cinque livelli di governo (Governo, Regioni, Province, Comuni e Circoscrizioni/Comunità Montane) più tre o quattro Mafie organizzate sul territorio e le Massonerie varie di contorno?

Quegli italiani – giovani – che lavorano per meno di 1.000 euro il mese, che non hanno la possibilità di metter su casa e convivere/sposarsi, né di fare un figlio? E gli altri italiani – vecchi – che devono lavorare fin quasi a 70 anni e poi morire subito per non pesare troppo sui “conti”?

Ci stanno massacrando: questo è un genocidio organizzato e studiato a tavolino. Non per nulla aumentano i casi di depressione/suicidio fra le fasce più giovani e quelle più anziane della popolazione – mascherate ora come “immaturità” o “senescenza” – semplicemente perché la popolazione è sottoposta ad uno stress senza limiti.



E’ dunque scorretto parlare di rivoluzione, ancorché violenta? Bisogna iniziare a parlarne, e lo faremo.

09 settembre 2013

Lettera aperta al dott. Bellelli



Leggendo il "Fatto Quotidiano" mi sono imbattutto in questo articolo:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/06/ancora-lomeopatia-come-e-possibile/703053/

perciò, ho pensato di rispondere al medico che scriveva. L'ho fatto per le ordinarie vie (e-mail) però ho ritenuto che fosse d'uopo pubblicarlo, tanta è stata la sorpresa.

Gentile dott. Bellelli,


sono rimasto basito, leggendo che - pur (a parole) rispettando la libertà di cura del paziente - lei, sul Fatto Quotidiano, chieda il lancio di un anatema pari a quelli dei tempi di Giordano Bruno. Sarà l'aria di Roma.



Non discuto le sue risultanze scientifiche, perché non ne avrei le competenze, però le devo confessare che - per un problema vertebrale - ho percorso tutta la "scala" della medicina tradizionale, in compagnia di un amico anch'egli malato, compiendo scelte differenti.



Non mi limitai certo ad Ospedali rinomati localmente - come il Santa Corona di Pietra Ligure, che ha un'unità di chirurgia vertebrale unipolare - ma cercai molto, fino al noto "Rizzoli" di Bologna.

Lì, mi dissero che il mio problema era il diametro della colonna: non c'era nulla da fare, se non nuotare e rivolgersi alle medicine alternative. Lo raccomandarono i medici del Rizzoli, mica me lo sognai.



Fui fortunato. Conobbi un bravo medico italiano, ex chirurgo, agopuntore ed il tre mesi guarii: la faccenda è di 15 anni fa, tanto per capirci.

Oggi mi sono scordato della schiena, sono tornato ad andare a funghi ed alla mia grande passione: il mare e la navigazione da diporto. Ogni tanto la schiena si fa sentire, ma come per chiunque a 63 anni. Le rammento che, all'epoca del "grande dolore", giunsi a 2000 unità di cortisone il giorno.



L'agopuntura ha una sua teoria - col medico è nata un'amicizia e, piano piano, ho approfondito con lui in via quasi sperimentale (su me stesso) le sue teorie viste in chiave psicologica - mi creda: è profonda, e con me ha funzionato.

Lei risponderà con l'obiezione della casualità, del placebo...e via discorrendo: libero di crederci, ma questo non vuol dire sparare a zero con chi non la pensa come lei.



Vuole sapere come finì il mio amico?

La pensava come lei: era un preside, con una formazione positivista molto accentuata. Rifiutò qualsiasi approccio alternativo e si fidò ciecamente della medicina tradizionale: ebbe un buon consigliere sui luoghi ove rivolgersi, il fratello medico.

Subì diversi interventi chirurgici, gli fu impiantato un chip sottopelle (non mi chieda il perché, non lo so) ed oggi (64 anni) cammina col girello ed il pannolone, perché ha perso il controllo dei muscoli dello sfintere.

Un mese fa è giunta la sua liberazione: è uscito fuori di senno (Alzheimer?) e fornisce indirizzi vecchi di 40 anni, parla di gente oramai morta come se l'avesse vista ieri...eccetera...lei è medico, sa meglio di me a cosa mi riferisco.

Paradossalmente, la sua deambulazione è molto migliorata e soffre molto meno per la schiena: quando l'ho raccontato al mio agopuntore abbiamo sorriso entrambi, di un sorriso triste, di compassione. Grazie alle teorie dell'agopuntura è tutto chiaro: forse - le consiglio, poi faccia come vuole - sarebbe necessario un supplemento d'indagine.



Con i miei più cordiali saluti

15 agosto 2013

Caro Presidente




Gentile Presidente della Repubblica,


le scrivo con il cuore in mano, certo della sua comprensione: anch’io sono un pregiudicato, ebbene sì, lo confesso di fronte a lei ed al mondo, sperando – almeno – in un tardivo perdono.



Ho attentato alla vita altrui: da lei, così giusto ed equanime – proprio lei che ha dato un buffetto a Sallusti al posto del carcere e s’appresta a studiare attentamente il caso Berlusconi – m’attendo una parola di conforto e, se fosse possibile, la cancellazione del mio reato, per il quale ho già pagato il mio debito nei confronti della società e della Giustizia.



Lei, che è stato così lungimirante nel caso Sallusti/Cocilovo – precedendo anche un solo giorno di carcere con la preventiva grazia – sarà senz’altro così cortese da ascoltare la mia supplica, sempre che casi ben più importanti del mio gliene lascino il tempo.

Ci sarà ben un limite al numero di “grazie” che lei può concedere in un arco temporale. O no? Ma allora...lei è come un decreto “svuota carceri”! Chissà quanti immigrati, colpevoli solo di trasgressione del permesso di soggiorno, la benediranno! Ah no, solo i cittadini italiani?

Le spiegherò in poche parole la mia triste vicenda, sicuro d’esser ascoltato da una mente attenta ed empatica.



Alcuni anni or sono, riscaldavo la mia casa con una caldaia a legna: per lei, abituato al sole di Napoli, il fatto apparirà curioso...eppure sì...qui, nella profonda Langa, per riscaldare una casa per un solo Inverno ci vogliono circa 150 q di legna. Pensi che, un paio d’anni or sono, proprio qui vicino, una nonnina – rimasta senza legna, con un metro di neve fuori – non è riuscita far di meglio che morire di freddo.

Avevo provviste abbondanti per affrontare il generale Inverno, ma mancavano le “micce”, ossia legnetti piccoli per accendere il fuoco: m’industriavo con cartoni, legnetti, compensati e vecchi mobili di legno leggero. Che erano verniciati: lo sapevo, ma non avevo altro modo di procurarmi dei legnetti in quella landa abbacinata dal riverbero del cielo sulla neve, che assomigliava alla profonda Russia descritta da Alexandr Puskin ne “La figlia del Capitano”.

Lo so: dovevo accettare la mia sorte e morire onorevolmente di freddo, ha ragione.



C’è però una complicazione, in quest’Italia ci sono sempre delle complicazioni: da quando Antoine de Saint- Exupéry scrisse “Il piccolo principe”, nessuno vuol più vivere sul suo asteroide. E farsi gli affari propri.

Peccato che il mio idolo sia il Beato Robinson Crusoe, il quale (a mio parere) ebbe un po’ di sfiga solo quando incontrò Venerdì: fosse stata “una” Venerdì avrei capito, ma anche barattare il silenzio di un’isola deserta con le chiacchiere di una donna...beh...c’era da pensarci.

Cosicché, anch’io ho i miei vicini e, per la ferrea legge della statistica, ci sono sempre un paio di rompicoglioni che passano il giorno a fiutare l’aria, come cani da tartufi in pensione: non mi vengono a chiedere niente, non dicono nulla, tacciono, ma parlano come in confessionale col Maresciallo dei Carabinieri. Il quale non m’incontra, non fa inchieste, nulla: trasmette tutto al giudice di Mondovì, competente per territorio.



Del tutto ignaro, un giorno arriva il postino con una raccomandata importantissima, per la quale ci vuole assolutamente la mia, e solo la mia, firma autografa: è un Decreto Penale di Condanna per l’art. 674 C.P.



art. 674 “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a duecentosei euro.”



Insomma, diventai un puzzone certificato.



Il meccanismo giuridico del Decreto Penale di Condanna è una meraviglia del diritto: noi, per ora, ti condanniamo e paghi l’ammenda. Poi, se vuoi il processo per dimostrare la tua innocenza, fai ricorso e parte la fase istruttoria che può terminare anche con il tuo arresto. Fin qui, paghi 206 euro e finisce tutto.

Ovvio che scelgo la seconda opzione: che sia un modo per incamerare altri soldi, oltre a quelli che già ci rapinano con la TARSU, la RAI e tutte le altre gabelle?



Riuscii, fra le lacrime, a confessare la mia colpa solo all’impiegata del Tribunale (non c’era nessun altro), la quale mi porgeva il bollettino: “vada qui sotto alla Posta, paghi 206 euro come indicato ed è tutto a posto...non si crucci...”



Ma io non ricorro anche perché sono colpevole, colpevolissimo: è vero, attizzavo il fuoco con dei compensati verniciati, non c’è storia! Chissà quanti decreti penali di condanna avranno pagato quelli dell’ACNA! Mi viene un brivido solo a pensarci. E proprio nella sua città, Napoli, c’è per caso qualcuno che “getta”? Mah...



Bando alle ciance, caro Presidente, le scrivo come ad un padre per confessarle il mio pentimento: ho demolito prontamente, a colpi di mazza, la vecchia caldaia a legna e carbone e l’ho sostituita con una modernissima caldaia a pellet, con un rendimento termico del 92%! E’ quella la giusta fine che meritano i diavoli tentatori!

Sono salito sul tetto ed ho sistemato vicino al comignolo incriminato un vaso con una verbena odorosa, ho bruciato poi fasci d’incenso nel camino e, non sazio, tutti gli anni irroro il tetto con acqua di colonia: capirà, lo cospargo con la “macchina” del verde rame e mi costa una cifra...15 litri ogni stagione...ma non fa nulla, niente è mai sufficiente per l’espiazione. Come dice? Serve Chanel numero 5 per una completa riparazione? Farò un mutuo.



Eppure, la traccia resta nel casellario giudiziario (così m’hanno detto) e, soprattutto, nella mia coscienza ambientalista affranta.

A scuola non è più come prima, no, me ne sono accorto. Quando qualcuno dice “Eh...fare la doccia? Ma l’ho già fatta a Pasqua...” gli altri ridono. Se ci provo io cade un silenzio di ghiaccio: ho il marchio dello zozzone addosso, nulla da fare.

Ho tentato con l’eleganza più raffinata, con profumi costosi, deodoranti a prova d’allevamento suino...niente...ho finito per scorticarmi la pelle sotto docce bollenti, bagni turchi, in mare, nel fiume...nulla...la gente continua a pensare: se le laverà le mutande?



Serve un suo intervento: così non si può andare avanti, m’annuso le ascelle 30 volte il giorno, mi lavo le mani in continuazione, no...è il peso della colpa che m’opprime!

Voi che siete stato così comprensivo col dramma di Sallusti, che v’accingete a prendere sotto la vostra ala protettrice anche l’anima pia e penitente di Berlusconi...Eccellenza, vi prego...



“Eminenza vi bacio v'imploro...

voi vi basta una mossa una voce

c'ha 'sto Cristo ci levano 'a croce...”



Grazie, Presidente, grazie: so che capirete, ed io mi sento già salvo.



11 agosto 2013

Colpo di Ferragosto sulla CDP




Nella disperata ricerca di fondi per pagare debiti europei e rimpinguare casse italiane vuote, l’accoppiata Letta/Lupi sta rimettendo nero su bianco la vecchia proposta di Lupi (ossia di Comunione e Liberazione, e dei sodali che rappresenta): usare i denari (quasi 100 miliardi) della Cassa Depositi e Prestiti, l’ultimo baluardo di risparmio degli italiani.


Dopo che i crolli in borsa salassarono per bene i piccoli risparmiatori ora, le stesse persone, sono nuovamente prese di mira per salvare un’accoppiata che ben conosciamo: banche e cemento.

Mi sono occupato a dovere di cemento in un vecchio articolo – La guerra di Cementland – e là troverete tutte le informazioni sul settore: ciò che mi preme, oggi, è mettere a conoscenza chi non lo fosse dell’ennesima truffa che sta per materializzarsi sulla pelle degli ignari italiani: l’assalto alla “diligenza” della Cassa Depositi e Prestiti.



La Cassa Depositi e Prestiti è senz’altro la più accessibile per la classe politica, tanto che ha un “suo” uomo alla presidenza: quel Franco Bassanini che tutti ricordiamo come il primo “picconatore” della scuola italiana, con la scusa del “federalismo amministrativo”.

Come se il vostro uomo all’Avana non bastasse, è pure il marito di Linda Lanzillotta – parlamentare con Scelta Civica (Monti) e vicepresidente del Senato – che è stata anche, en passant, consulente della banca J.P. Morgan dal 2001 al 2006. Sì, proprio lei, la stessa banca che ha chiesto d’abbandonare la nostra Costituzione “perché vecchia e scritta sotto l’influenza dell’URSS” e di sostituirla con un vago giudizio dei “mercati”.

Bassanini, per chi non ricorda, fu anche chiamato in Francia per la cosiddetta “commissione Attali” da Salkozy in persona, che doveva “riscrivere” l’amministrazione francese: per fortuna che i francesi sono meno fessi e cacciarono lui e Sarkozy.

Il risparmio postale vi fa gola – lo sappiamo – è una cassa ricca, come lo era l’INPS prima che ci metteste le mani e ci metteste un solo uomo al comando, Mastrapasqua. Tremonti, con quei soldi, voleva costruire la sua “Banca del Sud”: voi, cosa volete fare? Non a caso, state per dividere i due settori delle Poste: da un lato il servizio trasporti, dall’altra quello bancario. Insomma, una “bad company” che dovrà vedersela con le paghe da fame del settore del piccolo trasporto – ma supportata, anche, dalle stesse leggi che voi avete approvato sul lavoro: estrema “flessibilità”, ossia la solita schiavitù che ha sostituito il lavoro – ed una Banca. Sì, a quel punto, le Poste saranno una vera e propria banca in grado di muoversi come tutte le altre.



Il piano è di una semplicità disarmante: partiamo dall’edilizia.

L’edilizia è in crisi, questo lo sanno tutti: picchia oggi e picchia domani sul portafogli degli italiani, aumenta l’età pensionabile (e rimanda, dunque, le liquidazioni), congela i contratti e – inevitabilmente – nelle famiglia italiane la crisi di liquidità è evidente.

Un tempo, c’erano almeno i soldi per fornire ai figli una parte del costo di un mutuo (ovvio, qui le situazioni sono le più disparate) e non obbligarli ad essere “strozzati” per 30 anni con cifre esorbitanti.

L’edilizia, di conseguenza, ha iniziato a soffrirne: sono arrivati, in soccorso, i capitali russi i quali hanno comprato a più non posso sul mercato dell’edilizia residenziale, soprattutto quella delle aree turistiche. Anche cinesi ed europei in genere (più la mafie nostrane, col loro bisogno di “ripulire” soldi) hanno contribuito a salvare il salvabile: mancando, però – si fa per dire – la “quisquilia” del mercato interno (i 60 milioni d’italiani) le cose sono iniziate a precipitare.

Anche nei bar la mattina, in quelli dove si ritrova quel mondo prima di partire per il lavoro, s’ascoltavano discorsi deprimenti: “Sì, ho quel piccolo lavoro...mettono a posto una casa...ma al risparmio...poi, più niente...” oppure “è crollato il tetto del fienile: lo rifacciamo...dopo, però...” e via discorrendo.

Le notizie ufficiali narravano di un settore in crisi, con tanti “meno” da tutte le parti e la cronaca, ogni tanto, ci raccontava di un colpo di pistola, una tanica di benzina, un volo sull’asfalto di un titolare di una piccola impresa edile.

Fin qui, senza aggiungere altro, la situazione dell’edilizia: ciascuno, secondo le proprie conoscenze, potrà aggiungere altri particolari.



Questo mondo, in realtà, è andato avanti fin troppo: perché?

Poiché le palazzine invendute, le ville dei falliti, i nuovi quartieri abitati a metà, le costruzioni “ardite” (e vuote) di qualche architetto di spicco erano trasformate, dalle banche, in pegni di credito. Ti servono 300 milioni? Quanto vale il quartiere Ovest? Tu affermi 500 milioni? Possiamo prenderci in carico il tuo “debito” in cambio di 200 milioni. Accetti?



Qui, capirete bene, c’erano una serie di vicende, contratti, accordi che avevano la peculiarità d’essere fra i più vari immaginabili, ma con un denominatore comune: le banche si riempivano di fuffa.

Oggi, il governo Letta sta cercando di “garantire” i mutui (e, quindi, banche e cemento) con una serie di scatole cinesi che terminano tutte con la Cassa Depositi e Prestiti, presieduta da Bassanini e custode del risparmio postale. Finora, la CDP investiva in ENI, ENEL, ecc.

La peculiarità di tale risparmio – non bisogna essere delle cime per capirlo – è di essere il luogo del piccolissimo risparmiatore: fondi che transitano per qualche anno, nell’attesa di trasformarsi in una piccolissima impresa. Vuoi un bar, vuoi una pizzeria...un camion, un’attrezzatura da lavoro...insomma, una faccenda ben diversa dai capitali che girano in banca.

Se ne sono accorti, ed ecco la loro “contromisura”.



Bisognerà capire – con gli attuali chiari di luna – dove gli italiani guadagneranno i soldi per pagare i mutui: due, tre anni, poi un’impresa fallisce, il lavoro viene trasferito all’estero, oppure qualcuno scappa con la cassa...le modalità sono tante, ma il risultato è sempre il medesimo: gente con il c... per terra.

Uno scenario che non ricorda la crisi dei “subprime” americani?

Con la differenza che loro scaricarono le loro perdite – anche grazie ad un po’ di ferraglia militare pronta all’uso – sulle banche di mezzo mondo che acquistarono, chi obtorto collo, chi perché fesso: il governo Letta, invece, intende scaricare tutto (tecnicamente, poi, ci penseranno le banche ai mezzi da inventare) sulle poche migliaia di euro risparmiate – ahimé, in tempi lontani – dalla nonnina per il nipotino, su una liquidazione salvata, su quattro – ma proprio quattro – euro di risparmio.



C’è ben poco da fare: per ora c’è solo la proposta, ma stiamo ben attenti. E’ inutile lanciare allarmismi prima del tempo, ma stiamo accorti: per far fallire i loro piani, basterà ritirare i depositi e conservarli come una volta, sotto la piastrella.

Uno scenario argentino, col blocco dei Bancomat (ed ora Postamat)? Difficile a credersi, poiché a questo punto la fiducia congiunta di consumatori/investitori scenderebbe sotto i piedi, e siamo nel centro dell’Europa, non nel mondo alla fine del mondo.



In ogni modo, la discussione è aperta.

Vedi : La guerra di Cementland

08 agosto 2013

Cassandra crossing


Nella foto: Christa Wolff, autrice di "Cassandra"

Questo articolo era stato scritto, in origine, per la nota vicenda della pensione del personale della scuola in "quota 96": pare sia piaciuto molto, perciò lo ripropongo qui.




Tempo grigio, nuvole basse, sbuffi di vapore dalle valli che si materializzano in nebbia dimenticata nelle forre. Sono appena passate le sei del mattino, ed il chiarore ti lascia indovinare solo i contorni del visibile – la forma, la Gestalt, come la chiamano i tedeschi – mentre per i chiaroscuri, per le mille sfaccettature del colore ci sarà tempo: il giorno – ancorché grigio – fornirà risposte.

Così è per la nostra vicenda, terminata, svanita in uno uadi del deserto: fiumi di parole da una parte e dall’altra. Inutili, come un ombrello senza pioggia che t’impaccia soltanto.

Oggi scade il tempo: non ci raccontate altro, vi prego. “Chi mi riparlerà di domani luminosi, dove i muti parleranno e taceranno i noiosi...” cantava Fabrizio de André.

Attori claudicanti, figure diafane, cercano una parte da recitare nel dubbio dell’alba dopo averle passate tutte, dal condottiero che annuncia vittorie all’inquisitore che semina i suoi miasmi di morte.



Questo è il giorno delle Cassandre, che troppe volte avevano provato ad urlare, a gridare in faccia l’inganno: le Cassandre, però, hanno voci tremule che si perdono nel clamore della folla. Oggi, dovete ascoltarle: vi tocca, poi si vedrà cosa fare.

Una massa d’idioti già si litigavano: “perché a noi la liquidazione due anni dopo, e a quelli...” “e quelli nati il 2 di Settembre?” “sono del ’53, ma ho una quota 101...” Che miserie: tutti cercano di scendere dal Titanic, ma le scialuppe sono colme. Le anime nere al governo ridono – non sanno sorridere, non conoscono pietà né l’ironia – e ci guardano, commiserandoci: i Polli di Renzo, al confronto, avevano il cuore di Giovannino dé Medici.



Decido d’uscire nell’alba grigia, carica di vapori e invitante come un morbido ed ovattato girone infernale: il rumore dei passi si perde mentre lascio il sentiero per inoltrarmi fra prati, campi e sempre lei, la nebbia.

La prima figura che si fa avanti è un giovane magro ed elegante: giacca rossa, capelli impomatati, aria greve e sognante. Chi sei, gli urlo, Fassino o Fassina?

Che scherzo del destino: che domani ci tocchi un Brunetto ed una Brunetta, o Rutelli e Rutelle?

“Sono Fassina”: ah, bene, credevo d’avere a che fare col “sindaco più amato d’Italia” e la cosa m’annoiava.

Già che sei qui, spiegami una cosa: se non siete riusciti a trovare 180 milioni per salvare 6.000 insegnanti, ci dite dove troverete una cifra pari a circa 45 volte ciò che chiedeva il personale di quota 96 per gli esodati? Sono più di 8 miliardi: dove li pescherete?

Qui, le alternative sono soltanto due – Fassina: la smetta di contar balle, con quell’aria da studentino dandy – e le elenco: o trovate un accordo con il M5S e create un bel reddito di cittadinanza tassando le rendite finanziarie – sfidando, a questo punto, le burocrazie europee che vedono ogni tassa sui redditi da capitale come il fumo negli occhi – oppure le vostre mire sono sulla Cassa Depositi e Prestiti, che è il risparmio postale degli italiani. Ma qui rischiate grosso: toccare il risparmio degli italiani? Il piccolo risparmio, quello della nonnina per il nipotino?

Come risposta, biascica qualcosa in politichese...fondi europei, fondi strutturali, fondo schiena, fondo marino...oh, Fassina! Dicci come fa uno che non ha diciottomila lire in tasca per pagare un pranzo a prezzo fisso a trovarne – così, d’amblé – otto milioni!!!

Fugge, si perde nella nebbia: eh, questi giovani...questi bocconiani...adesso che ci penso, anche Sara Tommasi – la pornostar – è una ex bocconiana con tanto di laurea. Che prendano anche me a girare i film porno? Già mi vedo i titoli: “Decrepito trash”, “Il nonno e Cappuccetto Rosso”...va là, Bertani, va là, cammina...



Silenzio: passi leggeri s’odono a dritta. Scarroccio un po’ nel campo appena arato e chi ti vedo? Una donna, abbastanza giovane...ma chi sarà?

E’ la carrozza...cioè, no...non è la carrozza, è la Carrozza, il nostro Ministro. Ossequi, madama la Ministra.

Buongiorno a lei, signor giornalista: mica vuole estorcermi qualche confessione a denti stretti, di quelle che domani dovrò smentire, per caso?

Oh no, madama Ministra, non sia mai...però una domanda gliele voglio fare: poi, vedrà lei se rispondere.

Mi ha molto incuriosito il giochino della tabellina del tre: quanti sono i quota 96? 3-6-9 (mila). Scomodiamo l’archetipo, ossia i Tre Porcellini? Oppure è una faccenda da mercato rionale, delle serie “sono nove etti, signora, faccio un chilo o lascio?” Qui c’entra la Cabala, inutile negarlo.

Ma è chiaro, lapalissiano, semplicissimo signor giornalista: si tratta di un’estrapolazione statistica compiuta fra le medie storiche dei pensionamenti nell’Istruzione, compiuta dai tecnici del ministero scorporando i dati non coerenti, come la Ricerca e l’Università...è chiaro adesso, signor giornalista?

Beh, sì, cioè no...e perché, allora, c’è chi dice tre, chi sei e chi nove?

Si mette a ridere, la sua risata argentina quasi stride nel nebbione che stiamo attraversando: “Ma perché ognuno ha la sua statistica, perbacco! Siamo un Paese democratico: non lo scordi mai! Ognuno, in questo Paese libero, può alzarsi la mattina e dire al mondo qual è la sua statistica, la sua opinione...e raccontarlo a tutti...in un talk-show, ad esempio. Questa è libertà!”

Provo a ribattere: non era più semplice aprire una rilevazione su Istanze on-line? Era un modo più rapido...

“Ma cosa dice mai signor giornalista! Ma si rende conto? Vuole confutare l’immediatezza del calcolo matematico, la sua capacità di giungere in un lampo al risultato perfetto? Ma diamine...”

M’inchino e le bacio la mano: arrivederci ministra, arrivederci...

Buona giornata a lei, signor giornalista!

E sparisce. S’ode una voce nella nebbia: è una canzone, che la giovanetta canta mentre s’allontana:



Farem la nuova scuola

Si grande e si perfetta...

Sognar non è vietato

Lassù sulla nuvoletta...



Noto che l’ultimo verso pecca di un errore di sillaba, ma non fa nulla: eh, ce ne fossero di giovani così...appassionati, decisi, preparati...

Allontanandomi, però, mi sovviene quanto raccontano gli anglosassoni sulle falsità. Esistono tre diversi livelli di falsificazione della realtà: le mezze verità, le bugie e le statistiche. Già.



Il passo si fa pesante perché siamo in leggera salita: ovvio che, chi viene dalla parte opposta sarà in leggera discesa – medito – quando un mormorio mi sovviene. E’ quasi una giaculatoria, un rosario a denti stretti...ma non capisco, non riesco a decifrare le parole.

Un’ombra m’incrocia a qualche passo di distanza...viro di 180 gradi e, in silenzio e facendo ben attenzione a non tradire la mia presenza, l’ascolto.



“Il partito per primo si deve servir

ricorda Manuela non dimenticar

per gli sciagurati si deve provar

ma nulla che intacchi il verbo PD

soltanto il partito ti può salvar

a lui soltanto obbediente sarai

se la sofferenza non si può cancellar

soltanto il partito redimer potrà...”



Maledizione, s’accorge di me.

Buongiorno, signora...ehm...onorevole...Ghizzoni.

“Lei è Bertani, la riconosco: m’ha fatto penare non poco, lo sa?”

Non era mia intenzione...

“Non si fa così, ricordi...sto proprio leggendo “Il manuale del giovane piddino” ed il suo comportamento è stato sconveniente, cattivo...è per caso un seguace di Berlusconi?”

No, onorevole, lungi da me...

“E allora? Se ho detto che è stato fatto tutto il possibile, è stato fatto e chiuso! Si dovrà fare altri quattro anni di lavoro? E allora? Se la prenda con Berlusconi, che ha rovinato l’Italia! E’ scritto qui...”

Sì, lo so, il manuale del giovane comunis...pardon...piddino...però lei aveva promesso, onorevole...

“Ma cosa, promesso?!? Avevo chiarito che si faceva il possibile!”



Cara signora mia – mi sto arrabbiando una riga – se ci sono più (finte) fazioni all’interno del suo partito: esempio, Gnecchi-Damiano da un lato e Ghizzoni-Boccia dall’altro, non è colpa nostra. Se mai, di chi ha pensato di creare un partito così bislacco che tutto deve contenere, Inter e Juventus, il Diavolo e l’Acqua Santa, i piselli con la marmellata eccetera...ma quando si fanno delle promesse, ogni promessa è debito. Devo ricordarle pacta servanda sunt?

E poi, già che ci siamo, le ricordo che lei ha tranquillamente votato a favore della Riforma Fornero, della Spending Review e di tutte le porcate del governo Monti, più quelle che adesso sta tentando di far passare Letta. A dire il vero poche: il vostro governo non governa, galleggia come una barca sfondata nel mare tranquillo. Alla prima tempesta invernale, andrà a fondo.

Nessuno la obbligava a votare tutte le porcate che ha votato: a meno che...il partito, l’unità del partito, i comodacci del partito, le correnticole del partito, gli equilibrismi del partito...il vostro partito sarebbe quello che dovrebbe difendere i lavoratori? O la CGIL, vostra parente stretta?

Oppure, dopo che la Bastico è andata in pensione – del ’51, come me, con quanto di pensione? – le è stato ordinato di “seguire” la questione di quota 96, tanto per tranquillizzarli e farli giungere, nel 2014 (forse) alla nuova riforma Damiano?

Ma passi: e la chiarezza? Si rende conto cosa vuol dire per gente già anzianotta passare due Estati da incubo in tal modo? Sono, semplicemente, distrutti. Però, se non c’era lei a raccontare la rava e la fava ogni giorno, magari s’organizzavano diversamente, come hanno fatto gli inidonei e gli ITP, con i COBAS. I quali, grazie alle loro lotte ed alla loro unione, hanno per ora bloccato le stravaganze di Bondi e sono ancora al loro posto.

Stavolta sono io ad andarmene, con i fumi che quasi forano la nebbia: è mai possibile essere così creduloni?



Ricordate cosa dice Eddie Murphy al termine de “Il principe cerca moglie”? Dopo aver recitato una barzelletta aggiunge: “Ma guarda cosa bisogna fare per farvi ridere, bbastardi...”

Io ho già scritto in un altro articolo – che la gentaglia del PD ha chiesto fosse ritirato – cosa si dovrebbe fare: ce n’è per tutti, di scheletri nell’armadio ne hanno tutti, basta presentarli per bene a lor signori. Volete quelli di Damiano? Di Fioroni? Di chi? Non c’è problema, possiamo sputtanarli tutti.

Vorrei sapere di più sulla “Maestra Caterina” e sui miracolosi anfratti del Tribunale di Roma, così come desidererei avere notizie del nostro avvocato, Naso, il quale oggi sarà in vacanza – comprendo – ma che, recentemente, è stato troppo uccel di bosco. Forse siamo stati un poco ingenui?



E poi c’è da lottare, ma lottare sul serio: ascolto troppe diatribe interne, troppe voci discordanti, troppe inutili facezie. E non provate a dare la colpa a Raoul per quell’articolo: è acqua passata.

Adesso – visto che il prossimo anno saremo a scuola – cominciate a fare un bel esame di coscienza per quando slinguavate le varie Guzzoni, i Boccia, i Damiano...coraggio, provate a pensarci.

Io ci sto ed ho anche qualche idea, ma è l’ultima volta che impegno il mio tempo e le mie forze per sentire, dopo, delle contestazioni: sono fatto così, non credo nei partiti, nei sindacati, nel potere – perché il potere, se non gli servi, abusa di te – e, con l’attuale legge elettorale, non ha bisogno di nessun voto: gli bastano quelli degli apparati. Perciò: niente rapporti con questa gente.



Io sono qui, fatemi sapere.