05 dicembre 2012

E brava Liana



Sapevamo di liane sulle quali volava Tarzan, con Jane che lo aspettava e cucinava lo stufato di rinoceronte mentre Cita schiamazzava per avvertire di nuovi pericoli, sempre fra una liana e l’altra. Questa era la legge della jungla: mille pericoli in agguato.



La nostra Liana, invece, è una persona ed è una giornalista di Repubblica: Liana Milella, cronista giudiziario del quotidiano di De Benedetti, la quale quando avverte pericoli non schiamazza come Cita, bensì scrive.

E, appena emanata la sentenza della Consulta che ordina di distruggere le intercettazioni telefoniche Mancino-Napolitano, non schiamazza, starnazza un telegrafico post che riportiamo integralmente dal titolo – più che esplicativo – “E adesso distruggere subito” – che ci fa venire in mente solo Torquemada:



"Sarebbe sbagliato se la procura di Palermo, dopo la decisione della Consulta, attendesse ancora. Il passo obbligato adesso è uno solo, nel rispetto dovuto tra istituzioni. Chiedere al gip, nel giro di poche ore, di distruggere le telefonate di Napolitano con Mancino. Sarebbe un errore, un atto di arroganza, attendere le motivazioni della sentenza. Nelle poche righe del comunicato della Corte c’è già tutto quello che i pm dell’inchiesta Stato-mafia devono sapere." (1)



Finito: tutto qui. Manca solo, al termine, il classico “capito mi hai”? per farlo diventare un avvertimento in stile mafioso. Da parte di Liana Milella.

Ora, che i magistrati di Palermo non conoscano la legge mi sembra un’accusa un poco eccessiva: sanno benissimo – a parte ricorsi in sede europea – che le sentenze della Corte Costituzionale si rispettano.



Il problema, allora, si sposta dalle parti della Corte Costituzionale, la quale – col trascorrere degli anni – s’è trasformata sempre di più in una Corte “Presidenziale” e “Governativa”.

Ci viene in soccorso, per introdurre il dubbio, un articolo (2) comparso sul Fatto Quotidiano e passato subito nel dimenticatoio, nel tritacarne della carta stampata per il quale la notizia dell’uomo che morde un cane scaccia quella del cane che morde l’uomo.



La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si lagna per l’alto numero dei casi presentati dall’Italia (quasi il 10%!) sul totale dell’area OCSE: siamo in testa, seguiti da Turchia e Russia le quali, però, ci sopravanzano per il cumulo delle multe.

Si tenga presente che il ricorso in sede europea è possibile solo quando sono stati esauriti tutti i ricorsi in sede nazionale: in pratica, sono tutti ricorsi contro sentenze della Consulta e, in minor numero (giacché il ricorso alla Consulta è spesso promosso da avvocati e magistrati, per opposte ragioni) dalla Cassazione.

Note sono le sentenze su Rete4 e su Europa7 – che l’Italia non applica, continuando a pagare sanzioni – meno note altre, come la “sentenza Agrati” (personale scolastico) nella quale, in un paio di paginette, i magistrati europei quasi irridono ben due (!) chilometriche sentenze della nostra Corte Costituzionale, affermando che il “re è nudo”: le sentenze – spiegano i giudici europei senza mezzi termini – sono state redatte in quel modo ampolloso e confuso per una sola ragione, ossia per dare ragione ai vari governi ed impedire i giusti rimborsi.



Ma torniamo all’attuale sentenza: a meno che Mancino telefonasse per dare a Napolitano la ricetta degli arancini siciliani, lì si parlava di mafia, di trattativa stato-mafia la quale, non dimentichiamo, ha lasciato sul terreno due eroici magistrati, Falcone e Borsellino. Più Livatino e tutti gli altri.

I magistrati italiani sono “usa e getta”? Se non lo sono li “gettiamo” in un pilastro di cemento oppure li disintegriamo con l’esplosivo?



Vede, Milella, se lo Stato italiano fosse prodigo di risposte sulla lotta alla mafia, sui suoi contatti (il cosiddetto “terzo livello”), sulle modalità d’esecuzione dei suoi affari, su chi è “a servizio” e chi, invece, rischia la pelle, potremmo concludere che bene ha fatto la Consulta ad impedire un conflitto istituzionale.

Così non è, siamo chiari. Al punto che – per evitare le “talpe” – Falcone e Borsellino si rinchiusero per mesi alla fortezza dell’Asinara, lontani da tutto e da tutti per preparare l’istruttoria di un importante processo di mafia. Senza essere “sparati” prima: sapevano che sarebbe successo dopo.



Per gli italiani, questa sentenza ha il sapore della “sabbia”, ossia di quella sabbia che fu gettata (e continua ad esserlo) su mille inchieste: ricorda come veniva chiamata la Procura romana? “Il porto delle nebbie”.

In tempi nei quali le cosche stanno impadronendosi sempre di più degli appalti, entrano nelle amministrazioni, controllano il territorio al Nord quasi come al Sud e infarciscono le amministrazioni di loro uomini, non sarebbe stato più produttivo mostrare le carte?



O non c’è nulla, e quindi Re Giorgio (l’appellativo non è mio, è del New York Times) potrebbe tranquillamente mostrarlo agli italiani, magari spiegando cosa è successo, oppure c’è qualcosa: allora – in una vera democrazia – Napolitano, Mancino, Martelli e chi altro è coinvolto dovrebbero portare loro stessi quelle intercettazioni ai magistrati, insieme alle dimissioni da qualsiasi carica istituzionale.



Ci sarebbero ancora da dire due parole sul suo giornale e su chi e che cosa rappresenta: basta appoggiare il “salasso-Monti” e si sacrifica anche l’antimafia? Beh, allora vale anche qual che disse l’ex ministro Lunardi: “Con la mafia si deve convivere.” Che pena, per lei e per i bravi giornalisti di “Repubblica”, ridotti a dei pennivendoli schiavi del pensiero dominante e uniformato, urbi et orbis, nel nome del saccheggio della popolazione.



Concludiamo con la nota locuzione di Falcone, che ricordava i troppi “professionisti dell’antimafia”. Capito mi hai, Milella?







4 commenti:

MattoMatteo ha detto...

Che problema c'e'?
Solo qualcuno che e' piu' uguale degli altri! :))
E noi che ci preoccupavamo tanto di quello che si faceva le leggi ad personam...
Questo e' cosi' piu' uguale degli altri che non ne ha neanche bisogno.

Eli ha detto...

Carlo,

passiamo da un colpo di stato all'altro.
Il primo è avvenuto quando Re Giorgio ha chiamato Monti per fare il pres.delcons.

Il secondo è la firma sul decreto ILVA, in spregio di una sentenza della Magistratura ed alla faccia della separazione dei poteri, il quale decreto, per salvare una fabbrica di morte condanna bambini, uomini e donne del territorio di Taranto ad ingozzarsi di diossina ed altre gradevoli sostanze, in nome dell'industria italiana, e pazienza se i padroni di tale industria sono pirati esportatori nei paradisi fiscali, assassini e pluricondannati.

Da ultimo, ma non ultimo, c'è questo atteggiamento spocchioso per cui le sue telefonate non possono essere ascoltate, registrate, usate dai magistrati, nemmeno se ineriscono ad un fatto gravissimo quale la trattativa fra stato e mafia, cosa da far tremare le colonne ed i pilastri della reggia da lui inopinatamente abitata.

Senza contare tutte le volte che ha suggerito al PDL al governo come fare le leggi, in modo che gl'imbecilli non sbagliassero, costringendolo a rispedirle al mittente. Non mi risulta sia fra le prerogative di un presidente istruire il governo su come legiferare.

Ma non è che per caso si crede Togliatti?

doc ha detto...

Carlo,
la Milella almeno va "apprezzata": non per altro ma almeno ci ha risparmiato la filippica giuridica giustificante la decisione ...

Lo Scalfari nazionale, invece, sullo stesso giornale, continua ad essere affetto da demenza semantica, ormai cronicizzata.

Ancora una volta ha tirato fuori la serie di strafalcioni giuridici, già usati in passato, arrivando anche a dire - nel suo editoriale Le Ragioni del Diritto- che : " La Procura in questione non ha titolo per dare alcun giudizio sul testo intercettato; deve semplicemente e immediatamente consegnare le intercettazioni al Gip affinché siano distrutte senza alcuna comunicazione alle parti e ai loro avvocati." (1)
Vi risparmio il resto ma non la lettura dei supporti su cui si poggiano le sue argomentazioni che sono basate essenzialmente
sull' Articolo 271.
1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli articoli 267 e 268 commi 1 e 3.

(Ecco cosa dicono i sopracitati artt.267/268, commi 1 e 3:

(Articolo 267.
1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266. L’autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini.
...................
3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1.
........
art.268.
1.Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale.

3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei e esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.)

Continua art.271...
2. Non possono essere utilizzate le intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell’articolo 200 comma 1, quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati.

3. In ogni stato e grado del processo il giudice dispone che la documentazione delle intercettazioni previste dai commi 1 e 2 sia distrutta, salvo che costituisca corpo del reato.

Ora risulta evidente - anche al regazzino di scuola elementare- che detta norma riguarda altri casi.....
e che quindi trattasi di una operazione magica da cilindro da cui viene tirata fuori l'illusione deh la detta norma invocata dalla Consulta esista già...

(1).http://www.repubblica.it/politica/2012/12/05/news/ragioni_diritto-48093988/?ref=HREC1-3

Carlo Bertani ha detto...

La questione non è giuridica, gli articoli citati da Doc riguardano altri casi - ma anche volendo sottilizzare sfugge il dato politico.
Dopo aver gettato nel fuoco la sentenza di Taranto, e averla sostituita con un atto d'imperio del governo - a sua volta legittimo nella forma, illegittimo nella sostanza - si cerca un nuovo scontro con la Magistratura?
In un Paese strozzato dalle mafie - da Nord a Sud oramai cambia solo la forma, qui a Savona siamo nel "mandamento" dei Fotia, non sto scherzando - è utile una simile frattura?
Napolitano, chi è? Diamoci una risposta, che forse è ancora peggio del dubbio che sia il peggior presidente d'Europa.
Il conflitto nacque quando il governo (Severino) "smontò" la procura di Palermo. La risposta fu Taranto: un colpo al cuore per l'economia. Terzo colpo: il decreto governativo su Taranto. Quarto: la sentenza della Consulta.
Ora, tocca alla magistratura rispondere: intanto, l'Italia affonda.
Grazie a tutti
Carlo