26 aprile 2006

L’oblio elettorale


Dopo la scorpacciata di dati elettorali viene il momento di tirare le somme, e non sono somme molto favorevoli per l’Italia.
Nell’infinita diatriba delle dichiarazioni, dopo la girandola delle poltrone, dovremo affrontare il problema dei conti pubblici ma nessuno ha più parlato d’energia.
Nel frattempo, il petrolio ha superato un nuovo "scalino" – passando dai 65$ ai 75$ il barile – e non ci sono motivi per credere che le quotazioni scenderanno: anzi, dopo gli inevitabili assestamenti il nuovo prezzo oscillerà fra i 70 e gli 80 dollari, fino al prossimo inverno.
Per l’Italia ciò rappresenta un maggior esborso di circa 4 miliardi di euro l’anno: sono numeri da legge finanziaria, in grado di cambiare in meglio od in peggio le condizioni di vita di milioni d’italiani.
A chi saranno affidate le competenze per affrontare uno dei più gravi problemi all’orizzonte? Continueremo nella solita sarabanda di conflitti fra Ministeri ed Enti Locali per decidere, infine, di non decidere niente?
Lo "stellone" italiano non può durare all’infinito, e già nello scorso inverno siamo stati obbligati a ricorrere alle scorte strategiche di metano per far fronte alla penuria di rifornimenti. Dovremo attendere nuovi black-out od interruzione dei servizi perché qualcuno se ne occupi?
Terminate le disfide elettorali è il momento di raffreddare gli animi e riflettere: per non restare al freddo.

14 aprile 2006

Un lampo nella notte

La querelle fra l’Iran e gli USA sta andando avanti oramai da mesi e mesi: deferimento al Consiglio di Sicurezza, rapporti degli ispettori dell’AIEA, un sotterraneo tintinnar di sciabole. Niente, però, di difforme dal normale: business is usual nel panorama internazionale, fino a ieri.
Fino all’altro ieri il fronte internazionale appariva compatto nel chiedere all’Iran di rinunciare al programma nucleare, ma era pura parvenza, giacché chi ha fornito e fornisce tecnologia nucleare all’Iran è la Russia.
Fino all’altro ieri Mosca ha sperato d’incassare l’intero piatto, ossia di riuscire – grazie alla pressione internazionale – a spostare l’arricchimento dell’Uranio sul territorio russo (con ghiotti guadagni), ma la notizia che gli iraniani hanno iniziato il processo a Natanz supera oramai quella prospettiva.
La notizia del giorno non è l’annuncio da parte di Teheran d’aver dato inizio alla fase d’arricchimento – che richiederà comunque molti mesi o qualche anno per produrre il combustibile per le centrali o per le bombe – ma la dichiarazione del ministro degli esteri russo Lavrov sull’ipotesi di un attacco militare.
«La questione iraniana non è risolvibile con le armi» ha dichiarato Lavrov, punto e basta.
La situazione di stallo non poteva durare all’infinito, con i russi impegnati a costruire centrali in Iran ed il governo apparentemente schierato con Londra e Washington: hanno tirato la corda fin quando hanno potuto farlo, ma qualcosa deve aver premuto su Mosca per ridefinire la sua posizione.
Gli accordi fra Teheran e Mosca sono accordi segretissimi: chiunque s’azzardi a mettere in bocca all’uno od all’altro frasi od ipotesi lo fa in modo assolutamente auto-referenziale, senza uno straccio di prova.
L’improvvisa urgenza russa nasce allora da altri sussurri, raccolti dai servizi segreti e presentati con estrema urgenza sulla scrivania di Putin.
Evidentemente, la faida interna al Pentagono – che vedeva addirittura alcuni generali pronti alle dimissioni per un eventuale attacco all’Iran – si è composta ed ha vinto la fazione di Rumsfeld. L’attacco – che potrà avvenire anche fra mesi – è stato deciso ed i piani stanno segretamente procedendo.
La Russia si è esposta perché sa che un’Europa dipendente dal gas russo non potrà fare altro che qualche dichiarazione di “fermezza”: roboanti affermazioni che saranno sopravanzate dagli avvenimenti.
La Cina, invece, rimane silente giacché “succhierà” gas e petrolio iraniano per i prossimi 25 anni, grazie agli accordi stabiliti con Teheran.
La Borsa Energetica in euro di Teheran va fermata prima che i suoi effetti siano visibili sul dollaro, e questo Washington lo sa benissimo: da qui, probabilmente, la decisione.
Mentre alcuni analisti si sforzavano di comprendere la strategia USA dai movimenti delle task force americane, una risposta chiara e non richiesta è giunta dal Cremlino. Un lampo che illumina la notte a giorno.