31 gennaio 2014

Un nobile intento che non genererà frutti. Ma li darà in futuro


Oggi, il Parlamento italiano ha raggiunto forse il limite inferiore della sua storia (in futuro potrà scendere ancora) e tutte le istituzioni, compresa la Presidenza, sono oramai gli zombie di ciò che erano non più di un anno fa.


Gli unici ad essere felici sono gli uomini di Bankitalia, che ringraziano per il generoso regalo di 4 miliardi di euro fatto ai loro azionisti: credevamo che l’IMU servisse per rimettere in sesto il bilancio italiano. No, adesso abbiamo la conferma ufficiale che serviva a rimpinguare i conti degli azionisti privati di Bankitalia.

Infine, la giornata si è chiusa con il deposito delle motivazioni per mettere sotto accusa il Presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione.

Sappiamo che Napolitano non teme nulla, ma da oggi in avanti avrà una “onorificenza” in più da aggiungere al suo palmares.



Ecco le sei le accuse che il M5S rivolge al Capo dello Stato:



1) Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d'urgenza;



Su questo punto andrebbero processati tutti i Presidenti, almeno da Pertini in avanti: le leggi contro il terrorismo sono state la “prova generale” della decretazione d’urgenza. Poi, il diluvio: oggi, si decreta “d’urgenza” anche un finanziamento di 1.000 euro a qualche parente, oppure un ministro entra a gamba tesa nella decisione su quale parente abbia diritto di gestire il bar di un ospedale.

Il “patto” scritto in Costituzione all’art. 77 “in casi straordinari di necessità e di urgenza” fu, probabilmente, un “patto fra gentiluomini”: nessuno immaginava, nemmeno lontanamente, un governo di nani e ballerine come nella ultime legislature.

Per questa ragione non fu specificato nulla: “l’urgenza” era egualmente percepita dal cittadino comune e dai politici, come avvenne per il Vajont, per l’alluvione di Firenze, ecc.

Questi farabutti, invece, hanno scelto di interpretare letteralmente la Costituzione: non essendo specificato un limite, o delle categorie, tutti – paradossalmente – possono diventare casi d’urgenza.



2) Riforma della Costituzione e del sistema elettorale;



L’eventuale riforma della Costituzione è argomento staccato dalla legge elettorale e bene ha fatto il M5S a lottare perché (finora) non avvenisse. C’è il rischio che riescano a raggiungere i 2/3 dei voti, e quindi che riescano ad evitare il referendum confermativo. E’ chiaro che il Presidente non considera il M5S un soggetto politico “attivo”: al più, dei divertenti clown. E come si può, con i suoi poteri – che ricordiamo “proseguono” con la Corte Costituzionale – negargli d’incontrare chi vuole? Non solo è un affare sporco, ma pure una vigliaccata ma in questo non si vede dove sia l’attentato alla Costituzione.

Le leggi elettorali – salvo il proporzionale puro e senza sbarramenti (una testa, un voto) – sono tutte delle truffe: dipende da chi vuoi farti truffare.



3) Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale;



Un “mancato esercizio” è tale e non può essere contestato, anche se – ad esempio Ciampi non rinviò il “Porcellum” alle Camere a fine legislatura (che, quindi, sarebbe caduto immediatamente, ben prima d’essere dichiarato incostituzionale sette anni dopo) – in molti casi sarebbe stato opportuno farlo. Già, ma è un potere presidenziale: che succede se non lo applica?



4) Seconda elezione del Presidente della Repubblica;



La Costituzione non contiene nulla al riguardo. Immaginiamo che i costituzionalisti (riflettendo sulla gerontocrazia italiana, già viva e pimpante all’epoca) non scrissero nulla perché ci risero sopra. E questi ne hanno approfittato: come si può tacciare di attentato alla Costituzione sul nulla?



5) Improprio esercizio del potere di grazia;



Qui, sembrerebbe esserci almeno “fumo” d’arrosto, giacché la vicenda Sallustri è complicatissima ed un vero ginepraio sono le rilevanze penali. Detto fuori dai denti, Sallustri era l’ultima persona da graziare, con tanta gente malata e condannata a pene lievi che ingombrano le nostre carceri.

Ma l’art 87 della Costituzione recita: “Può concedere grazia e commutare le pene.” Non c’è altro. Come si può trovare un appiglio per un “attentato alla Costituzione”?



6) Rapporto con la magistratura: processo “Stato-mafia”.



Qui è molto difficile estrapolare la verità: nulla di più probabile che gli apparati dello Stato si siano “attivati” molto “generosamente” in favore del Presidente. Forse sarebbe necessaria una commissione parlamentare d’inchiesta...ma sapete che fine fanno, vero? Chiacchierano per decenni e non concludono nulla.



Grillo sa benissimo che le possibilità di successo dell’iniziativa sono pari a zero, e per due motivi: il primo è che contro hanno il maggior consesso di giuristi e costituzionalisti, moltissimi al servizio di Re Giorgio; il secondo, banale, è che i numeri parlamentari non sono a loro favore.

Nonostante tutto, però, il successo dell’impresa è garantito: ovviamente Napolitano non decadrà dall’incarico, ma sarà travolto dalle susseguenti elezioni. Procediamo con calma.



Lo share di Napolitano è uno fra i più bassi del mondo occidentale: soltanto la metà dei cittadini lo approva (parecchi sondaggi recano queste cifre) e questo – per un capo di Stato che ha basato il suo agire sul “state tranquilli, qui ci sto io a controllare” – è una débacle. Metà dei cittadini ha capito il trucco.

Mentre scrivo non so – e soprattutto con quali emendamenti – verrà approvata la nuova legge elettorale: nessuno dei due schieramenti (PdL-PD) è in grado di giungere ad acchiappare il famoso “premio di maggioranza” il quale, sempre di più, assomiglia al prosciutto in cima all’Albero della Cuccagna.

Il 37% è una soglia alta – Berlusconi voleva il 35, non scordiamolo – perché entrambi i partiti ritengono che saranno loro gli attori al ballottaggio: nulla di più falso.

Sono tre partiti grosso modo equivalenti (ricordiamo le “sorprese” delle scorse elezioni), ma con una differenza: Grillo agiterà la clava contro il vecchio Re usurpatore, mentre i parlamentari del M5S – oramai costretti, più che dal numero, dalla insipienza della Boldrini e della sua “ghigliottina” – praticano una sorta di guerriglia parlamentare ai limiti del lecito. Agli altri, non rimarrà che difendere l’asfittico esistente.

C’è però un altro punto a favore del M5S: tutti i sondaggi danno un astensionismo pari a circa il 40%, la metà dei quali deciderà nell’ultima settimana cosa fare. Sono circa 8 milioni d’italiani, che avranno in tasca la chiavi del nostro futuro.



Su questi 8 milioni si sperticano gli istituti di ricerca ma non trovano nulla, perché ciascuno di loro ha un padrone: di conseguenza, “taroccherà” le risposte in modo di “adattarle” alle richieste. Nulla di utile.



Perciò, spegniamo questi bagliori e torniamo a ragionare con la nostra testa: una campagna elettorale nella quale un solo partito (il M5S) si approprierà di tutto il patrimonio di chi è schifato, annichilito, provato dal disgusto che avanza ad ogni passo è ciò che ci aspetta.



Difatti, Napolitano – che è un gran furbacchione – ha dichiarato di non essere preoccupato per la messa in stato d’accusa in merito alla Costituzione, bensì d’esserlo molto per cosa sta succedendo in Parlamento.

Là, si che si stanno giocando i futuri equilibri europei! Devono riuscire a tagliar la pelle all’asino senza farlo ragliare! E bene fanno quelli del M5S ad urlare più forte: non si facciano intimorire dalle tigri di camomilla come Letta!

Le banche vogliono ancora soldi: tutti hanno capito che col “fiscal compact” l’hanno fatta fuori del vaso, perciò in questo ultimo anno cercheranno di succhiare tutto il sangue che riusciranno, poi abbandoneranno la carogna.



Sta a quelli come noi, che hanno compreso la truffa – iniziata con Licio Gelli ed il suo “Piano di Rinascita Democratica” di 30 anni or sono – continuare a strombazzare qual poco di verità della quale siamo certi, perché l’abbiamo vissuta.

I ragazzi del M5S – almeno – sappiamo che continueranno.

12 gennaio 2014

L’ultima Finanziaria



“Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndera


ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà.

Buon Dio è già scappato, dove non si sa

buon Dio se n'è andato, chissà quando ritornerà.”

Fabrizio de André – Girotondo – dall’album Tutti morimmo a stento – 1968.



Tempo di finanziarie, tempo di mille questue ma anche di corruzioni in corso d’opera, sponsorizzazioni più o meno regolari – più o meno occulte – a questo o quel partito o corrente per ottenere sgravi, sovvenzioni, leggi ad hoc. Poche settimane fa è salito alla ribalta De Benedetti per la sua Sorgenia, ma non è l’eccezione, bensì la regola: non indigniamoci più di tanto, un De Benedetti qualunque non fa Primavera.

Un capitolo sempre chiuso e silente, in Italia, è quello che riguarda l’IRPEF, ossia l’imposta sul reddito: eppure è l’imposta più importante della Finanziaria, poiché lo Stato trae da quel gettito circa il 30% delle sue entrate. E sono sempre alla ricerca di nuove tasse e balzelli per incrementare la parte attiva.

Sulla gestione dell’economia italiana non stiamo a perdere troppo tempo: è amministrata da tecnici, in continua contrapposizione con la volontà di famelici dilettanti allo sbaraglio. Più in alto, i voleri dei potentati europei che dirigono a bacchetta i dilettanti allo sbaraglio: gente che non sarebbe nemmeno in grado di gestire un negozio e pretendono di guidare una nazione.

Beh, queste cose le sappiamo ma – proprio perché il dibattito è rovente (euro/no euro) – vi voglio ricordare le attuali aliquote dell’IRPEF, che contengono qualche sorpresa. Eccole:



0 – 15.000 euro ; 23%

da 15.001 a 28.000 euro ; 27%

da 28.001 a 55.000 euro ; 38%

da 55.001 a 75.000 euro ; 41%

oltre i 75.000 euro ; 43%



Oltre all’aliquota, scattano le detrazioni: queste, però, sono oggetto di continui cambi e “rimodulazioni” che renderebbero questo articolo un dramma per tener dietro a tutte le invenzioni di questi governi. Una cosa, però, salta subito agli occhi.



Dalla tabella, si nota come un contribuente che dichiari 75.000 euro lordi (che corrispondono pressappoco a 40.000 euro netti, 3.300 euro al mese approssimati) paga la stessa aliquota di chi guadagna milioni di euro. Ossia: io che guadagno (magari!) 20.000 euro netti il mese (è il caso di politici e boiardi di stato) – approssimativamente – sono trattato come colui che ne guadagna 3.300, come se fosse la stessa cosa! Ancor più chi, di euro, ne guadagna 300.000 il mese: sempre come chi ne guadagna 3.300!

Un siffatto lavoro è stato portato avanti soprattutto dai governi di Silvio Berlusconi, ma gli altri mica hanno cambiato le aliquote: della serie, Dio li fa e poi li accoppia. La giustificazione? Semplice: non si riteneva “morale” che qualcuno fosse tassato per più di metà del proprio reddito.



Questo comporta – secondo la Consulta (vedi la recente sentenza della Corte Costituzionale sulle “pensioni d’oro”) – che i pensionati “d’oro” non possono pagare aliquote più alte rispetto a quelle che pagavano quando lavoravano. Sempre per la stessa ragione, una “morale” molto discutibile.

Così, dobbiamo sentirci ammansire discorsi sulla morale da chi ha dilapidato il bilancio dello Stato in mille rivoli di corruzione: si va da “er Batman” alla Di Girolamo “mandagli i controlli e vaffanculo”, e non stiamo a farla lunga.

A parte la morale, c’è un articolo della Costituzione che recita:



art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.



Il debito pubblico è volato al 132% sul PIL (2008 = 106%) e la giustificazione è sempre la stessa: la crisi...eccetera, eccetera...

Bighellonando sul Web, mi sono imbattuto nella serie storica delle aliquote IRPEF ed ho preso a paragone la Finanziaria 1983: trent’anni esatti. Nel 1983 – lo dico per i più giovani – non si stava tanto male, perché la politica di Reagan non aveva ancora generato i suoi devastanti frutti negli USA, poi ricaduti sul mondo intero. Della serie: bisogna pagare di meno la gente e farla lavorare di più e con meno certezze per il futuro, il nuovo diktat del potere. Grandi investimenti in armi – la marina delle “600 navi” per piegare l’URSS nella corsa agli armamenti – ed uno spiccato senso “morale” della ricchezza, già presente nel mondo protestante: risultato, l’indice di Gini (1) – che misura la disparità nella distribuzione della ricchezza – è schizzato verso l’alto.



In quegli anni, era considerato normale uscire la sera per andare a mangiare una pizza senza fare i conti col portafogli, oppure fare un acquisto – anche abbastanza oneroso – per la casa un Sabato pomeriggio qualunque, passando di fronte ad una vetrina.

Insomma, le potenzialità di spesa degli italiani erano enormemente più alte perché il lavoro c’era, il potere d’acquisto era garantito dalla “scala mobile”, i contratti erano rispettati e nessuno si sognava – com’è successo pochi giorni fa – di chiedere ai docenti di restituire lo scatto d’anzianità percepito nell’anno precedente.



Qualcuno dirà: non c’era l’euro. Vero. Siamo proprio sicuri che la ragione sia tutta lì? Non si discute, qui, l’emissione della moneta e tutte le truffe che si trascina appresso, bensì che – magicamente – risolta quella sia risolto tutto.

Così, ho preso la tabella IRPEF del 1983 (ovviamente in lire, anzi, milioni di lire) e l’ho “trasformata” in una tabella in euro col cambio 1 euro = 1.000 lire, com’è poi avvenuto nel grande impoverimento “programmato” iniziato nel 2002.

Ecco cosa ne è uscito:



fino a 11.000 euro ; 18,00%

da 11.000 a 24.000 euro ; 27,00%

da 24.000 a 30.000 euro ; 35,00%

da 30.000 a 38.000 euro ; 37,00%

da 38.000 a 60.000 euro ; 41,00%

da 60.000 a 120.000 euro ; 47,00%

da 120.000 a 250.000 euro ; 56,00%

da 250.000 a 500.000 euro ; 62,00%

oltre i 500.000 euro ; 65,00%



La “trasformazione” s’è rivelata più congrua rispetto a quella col cambio normale (quasi due euro): ad esempio, notate che la prima aliquota non avrebbe senso (5.500 euro al 18%), mentre in questo modo un senso di realtà ce l’ha (ricordo che sono redditi lordi).



Se confrontate questa tabella con la precedente, osservate che gli scaglioni di reddito non sono poi così diversi, ed anche le aliquote non si discostano troppo dall’oggi. C’è, però, una differenza abissale sui redditi alti.

Come dicevamo sopra, oggi in Italia chi guadagna 75.000 lordi paga la stessa aliquota (ovviamente per la parte eccedente) di chi ha un reddito di 300.000 euro: i quali, ad onor del vero, non sono poi così poco numerosi come si crede.



In quell’Italia, chi aveva alti redditi (es. da 120 a 250 milioni) pagava un’aliquota del 56%, e chi era proprio un Paperone pagava il 65%: aliquote sparite nei parametri italiani.

Non all’estero: se ricordate la nota vicenda della cittadinanza russa dell’attore Gérard Depardieu – per protesta contro l’aumento delle tasse nel suo Paese – in Francia le tasse per gli alti redditi sono di circa il 70% e, nel caso dell’attore, arrivavano all’85%.



Aliquote molto alte, senza dubbio, che permettono, però, alla nazione francese di mantenere un welfare nel quale – ad esempio – vai da qualsiasi medico specialista e lo Stato ti rimborsa quasi tutto (una percentuale fra l’80 ed il 90%).

In questo modo, però, tu chiedi la ricevuta ed il medico è obbligato a consegnarla e dunque a pagare le tasse: in Italia, invece, l’abitudine consolidata e tollerata verso l’evasione si abbatte (ad esempio) come una nemesi sugli studi dentistici, e li sta rovinando. Gli italiani non sono più in grado d’accendere un mutuo per pagare le cure dentistiche: o vanno all’estero, oppure si rivolgono a studi consociati fra dentisti ed odontotecnici che tengono bassi i prezzi. Oppure, per cure di poco conto, si rivolgono alla sanità pubblica.

Anche in Spagna, mentre da noi impazzava la Fornero con le sue devastanti controriforme, il Parlamento aumentava le aliquote della loro IRPEF.



In Italia no: la radice del pensiero di Silvio Berlusconi è proprio che le tasse sono un furto, di conseguenza si preferì danneggiare l’economia vera – “Main Street” – piuttosto che toccare le aliquote. Se ne disinteressò anche Monti, e Letta prosegue sulla stessa strada: non ci sono “voci” – il M5S “ascolta” Stiglitz, ma non ha nel suo programma (2) un punto specifico al riguardo – che qualcuno voglia toccare le aliquote IRPEF, considerate oramai una “sciagura”. Meglio osservare la gente che si suicida, oppure che scappa all’estero: nessuno fiata.

In altre parole: il “sogno” reaganiano iniziato con la “reaganomics” ha raggiunto il suo compimento oggi, quasi 30 anni dopo, e non è detto che non si vada oltre.



Come si può notare, l’euro giunge molto dopo quelle vicende, e non si tiri in ballo l’ECU che non ha mai avuto effetti così devastanti: in ogni modo, il destino dell’UE è segnato per il 2015, anno nel quale entrerà in piena attuazione il “fiscal compact”.

Nessuna delle economie mediterranee è in grado di reggere ad un simile impatto: l’Italia – partendo dal disastro odierno – dovrebbe “risparmiare” (tagli su tutto: chi più ha immaginazione non riesce a raggiungere nemmeno la periferia di quello che ci aspetta) 50 miliardi l’anno. Riflettiamo che il taglio di “soli” 8 miliardi in tre anni (che servì a saldare il debito elettorale di Berlusconi sull’ICI), nella scuola, sta distruggendo l’istruzione italiana.

Non siamo in grado d’affrontare simili scenari, come non lo è la Spagna, il Portogallo e la Grecia, ma nemmeno alcune nazioni balcaniche o l’Irlanda. E la Francia?



Inutile accampare scuse: l’Europa – un bel sogno, nulla da eccepire, ma forse al tempo del Trattato di Roma – oggi sta fallendo. Come si può immaginare che l’Italia tiri fuori ogni anno 50 miliardi per vent’anni??? Partendo dal disastro attuale???

Se vogliamo puntualizzare un giro di boa di tutta la situazione – ma solo per la Storia, sia chiaro – lo possiamo cogliere nella famosa lettera (3) della BCE al governo italiano, a firma congiunta Draghi/Trichet, nella quale (per la prima volta!) un’istituzione tecnica esterna allo Stato inviava una lettera “d’intenti” al governo italiano.

Non è una cosa da poco: significa la fine della sovranità nazionale, anche per il contenuto politico che conteneva. Lì, erano già condensati tutti i punti poi approvati da Monti e, oggi, da Letta: leggete attentamente quelle righe, hanno eseguito il compito come degli scolaretti.



Siccome il prelievo di 50 miliardi l’anno per 20 anni sbaraccherà l’Italia già alla prima “rata”, il dibattito sull’uscita dall’euro non ha più molto senso: più realistico è quello sul “dopo euro”.

Diciamo subito che la moneta non ha importanza: può essere un “Euro2” con tasso di cambio diverso oppure una nuova moneta, perché – se noi torniamo alla Lira da soli e basta – il futuro è fosco.



Politicamente, sarebbe più vantaggioso stabilire accordi con i Paesi “PIIGS” i quali, a loro volta, sarebbero liberi di scegliere – in ambito internazionale – nuove alleanze guardando a nuovi mercati. Questa mossa scatenerebbe una nuova guerra in Europa, magari nucleare? Mi sembra poco probabile: è un altro degli escamotage che usano per tenerci buoni.

Non sarebbe una bestemmia stabilire accordi con i Paesi del BRICS che contengano nuovi scambi, magari del tipo merci/tecnologia, poiché siamo perfettamente in grado – se lo vogliamo – di reggere la concorrenza di Berlino sulla qualità (e soprattutto sul design) dei beni tecnologici.

Certo, si tratta di cambiare ragionamenti e priorità: vedremo se il M5S è all’altezza di questi, ardui, compiti perché non abbiamo il tempo d’attendere la “crescita” dei pur bravi ragazzi di Grillo. Purtroppo, l’emergenza vera – il fiscal compact – è dietro la porta.



In fin dei conti, siamo il Paese di Michelangelo e di Galileo, di Volta e di Marconi, della Levi Montalcini e di Rubbia. Ricordiamocelo, ogni tanto.



(1) http://www.corriere.it/economia/13_marzo_11/italia-regina-europea-delle-diseguaglianze-cosi-la-crisi-ha-impoverito-la-classe-media-giuliana-ferraino_6ce2bd86-8a0d-11e2-8bbd-a922148077c6.shtml



(2) http://www.beppegrillo.it/movimento/2010/06/test.html



(3) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-29/testo-lettera-governo-italiano-091227.shtml?uuid=Aad8ZT8D (al fondo c’è il collegamento per la seconda parte)

02 gennaio 2014

Difficile risveglio



E’ sempre un trauma quando suona il telefono alle 8.30 del giorno di Capodanno: lì per lì speri che sia uno sbaglio...che al telefono, dall’altra parte, ci sia un ragazzo che ha fatto tardi e vuole rassicurare a casa. Speri: altrimenti...


Invece, la voce non è un tono sconosciuto, ancorché reso rauco dal pianto.

Dice poche parole “F....è morta...” poi, scoppia in lacrime. Mio cugino è affranto dopo una notte da incubo, iniziata come da copione al pranzo degli Alpini e terminata col medico del 118 che scuote la testa.

Un infarto, oppure un’embolia polmonare alle tre di notte: così se n’è andata F., la mia unica cugina, con la quale ero cresciuto, 64 anni – due anni più di me – un po’ la mia sorella maggiore.



La giornata è magnifica, tutto è deserto a quest’ora di Capodanno ma la natura s’è svegliata e le fronde degli ulivi stormiscono leggermente e con grazia alla brezza marina, mentre gli uccellini ancora sono silenti; dopo la sbornia di scoppi della notte si domanderanno: cos’è stato? Questo uragano di fuoco e scoppi è stato opera degli umani? E allora, perché non si vedono in giro come gli altri giorni?

Ho deposto la cornetta ed osservo la casa deserta, in quiete: mi concedo qualche attimo prima d’attaccarmi di nuovo al telefono, per attivare il mio ruolo di stazione ricevente/trasmittente verso il mondo dei dormienti od appena svegli e giocare la parte di un addolorato Mercurio.



In quei pochi istanti, tornano alla mente i ricordi più lontani: noi due, bambini, nel bagagliaio della “Topolino” giardinetta con la carrozzeria di legno – detta “capunera", “capponaia”: per estensione linguistica, il posto dove si mettevano i polli – perché nell’antica utilitaria i “grandi” stavano seduti nei quattro posti – gli uomini davanti, le donne dietro – ed i bambini...nel bagagliaio. E ricordo il tuo incaponirti con me perché non pronunciavo la “erre”: facevamo mille prove...si...la lingua contro il palato, così...adesso...niente, la mia erre moscia era troppo radicata e prepotente. Il problema non era mio: se avevo la erre moscia, dovevo nascere un centinaio di chilometri ad Ovest ed in Francia non ci sarebbe stato nessun problema!

Ma tu insistevi, e si ricominciava: lingua, palato, tremito (?) della lingua...niente, sarò stato parente dell’Avvocato...



Passarono gli anni, e tu – un brutto giorno – perdesti il papà: così tornai a farti un po’ di compagnia, ad andare al cinema insieme...ed io (15 anni) iniziai a capire qualcosa del mondo femminile...perché bisognasse aspettare due ore (ma a che spettacolo andiamo?!? Dai, Carlo, andiamo a quello dopo...) perché era necessario “cotonarsi” i capelli. E non si vedeva cotone: mah...

Col passare del tempo non capii perché, invece d’andare a vedere John Wayne, si dovesse andare in un piccolo paese periferico (sempre a piedi) per veder giocare la squadra locale: che mia cugina fosse diventata una sfegatata tifosa? La realtà era più prosaica: in quella squadra giocava quello che sarebbe diventato mio cugino. Proprio quello che piangeva al telefono.



Gli ultimi vissuti insieme riguardarono le sue amiche più giovani (lei era del ’49, io del ’51) che potevano essere interessate a me, magari pure io ero interessato a loro...in quel gioco che iniziai a comprendere, fatto di 500 frasi compiute, confessate però in 1000 mezze frasi, per rendere la cosa più intrigante e misteriosa.

Devo confessare che, in sella alla mia “Bianchi 200” da motocross, all’epoca facevo una discreta figura e le tue amiche non furono mai deluse da quegli incontri. Talvolta, in quella nostra innocenza, s’andava un poco oltre ma il lettore non immagini chissà quali turbolenze...quando tornavo a casa con il maglione di lana impregnato di foglie secche...beh...spiegavo a mio padre che ero andato a correre in pista e che ero caduto un paio di volte. Forse lui ci credeva, ma mia madre aggiungeva, velenosa: “E’ andato in camporella...”



Tu eri già fidanzata e, quando ti sposasti, io vivevo oramai lontano...così non ricordo nemmeno se venni al tuo matrimonio...e nemmeno quando avesti la bambina...che pessimo cugino hai avuto!

Ci siamo ritrovati in età matura per altri frangenti: a poco a poco, sono caduti tutti come le mosche d’autunno e ci siamo ritrovati ad essere i più vecchi, quelli che “ci dovevano pensare”. Ci saremo riusciti? Mah...



La cucina rimane deserta: tutti dormono, ed io devo telefonare. Già, devo telefonare, ma sono rapito dai ghirigori del pavimento “alla veneziana”: per capirci, quei pavimenti lucidati “a piombo” con la graniglia così fine che, se ti cade qualcosa, non lo ritrovi più. Però sono magici.

Sono infinite le figure che crea e che disfa mentre m’aggiro pensieroso attorno al tavolo: ad ogni giro cambia il “tessuto” e compaiono immagini nuove. Questo è un guerriero amazzonico e forse africano: si notano gli occhi fieri che guardano lontano, forse all’orizzonte, per capire se quella macchia è una preda od un predatore. Semplice incasellamento più in alto o più in basso, per noi – biologi materialisti – nella scala dei consumatori primari e secondari: argomento più essenziale e decisivo per lui.



Ma al giro seguente non c’è più: lì presso è comparso un capitano con la barba, un capitano di velieri, dei “barchi” che portavano il minerale di ferro dall’isola d’Elba e lo sbarcavano nei golfi liguri. Non nei porti: nei porti non c’era posto per quelle modeste golette che ancora solcavano il mare al tempo delle macchine, e allora abbattevano il “barco” su un fianco nei pressi della spiaggia e stendevano una lunga sequenza di traballanti tavole di legno. Lì, i “camalli” caricavano i sacchi e poi percorrevano la traballante passerella cercando di non cadere in mare, pressappoco dove noi oggi facciamo il bagno. Giunti sulla spiaggia, era pronto il carro con gli enormi buoi da tiro che avrebbero condotto il minerale nell’interno – ricco di legname – per trasformarlo in ferro, buono per il muratore che costruisce, ma altrettanto buono per il soldato che ammazza.



Addio, capitano: buon vento, so che non ti ritroverò mai più! Oh, questa è una figura dall’aspetto nobile: che bella signora! E’ di fine ‘800 ed ha ancora il colletto abbottonato alla gola, si nota benissimo. “Moglie e madre esemplare” ci sarà scritto nella lapide di un cimitero abbarbicato sulle colline e spazzato dal vento: già, per le donne c’è sempre poco da scrivere...”Moglie e madre esemplare”...scusate se è poco, sono loro che garantiscono la sopravvivenza della specie. Come? Non siete d’accordo? Beh...noi uomini facciamo “zic zic” e ci piace, ma dopo...tocca a loro presentarci quell’affarino che sta in un cestino di lenzuolini e che piange. E come fanno a tirarli su? Mistero, che ogni donna conosce.



Mio Dio! Non sapevo che la mia cucina fosse così abitata! Che sia questo il senso dell’esistere? Un puzzle che cambia disposizione ad ogni giro della ruota? Lascio ai filosofi l’arduo compito, io sono solo un descrittore di pavimenti dinamici e l’unica cosa che so fare è girare attorno al tavolo e generare rapporti.

Vorrei anche dedicarmi un poco alla letteratura e scriverti una di quelle lettere che si vergavano nell’Ottocento...quelle lettere...scritte da personaggi famosi (quelle dei meno famosi sono andate, semplicemente, perdute) come Goethe e Leopardi, che iniziavano sempre con un “Mia cara cugina...”.



Già, quante cose avrei ancora da raccontarti, mia cara cugina, ma non ci sei più. L’Uomo/Dio ha compiuto un’altro giro attorno al tavolo ed il mosaico è cambiato: addio mia cara cugina, con te non è mai stato tempo perso, né banale chiacchiericcio. Ti porterò sempre con me nel ritratto di quel giro attorno al tavolo, quando, sorridente, ti divertivi a far dire la erre ad un francese nato, chissà perché, nel Paese sbagliato.



Scusate se, per una volta, non parlo di grandi avvenimenti politici o storici, bensì di giri attorno ad un tavolo: mi sono permesso, scusate ancora.