27 maggio 2013

La musica è finita


Ecco, la musica è finita

gli amici se ne vanno,

che inutile serata...”

Califano – Bindi – Nisa, La musica è finita, 1967



In tre soli mesi, la parabola del M5S ha percorso un’inarrestabile ascesa: il gongolare per il trionfo elettorale, poi “piccoli politici crescono”, quindi “siamo i più belli della nidiata” e, infine, “non avevamo capito un cazzo”.

Credo che chi ha sdoganato il “vaffa” nella lingua italiana mi perdonerà se – invece di usare “cavolo”, “mazza”...o qualsiasi altro sinonimo – ho usato il termine principe, adoperato ogni giorno in mille piazze italiane.

La parabola del M5S è conclusa: dalla speranza di molti italiani che si riuscisse a voltare pagina, si è finiti nel miglior stile democristiano, ossia...c’è differenza fra elezioni politiche ed amministrative...è stata solo un’impasse temporanea...il crollo del PD-PdL ci aprirà le porte di sconfinati orizzonti...aspettate, gente, aspettate e vedrete...

Abbiamo già visto.



Gli errori del duo Grillo-Casaleggio sono immensi, incredibili, pazzeschi: a meno che non fossero la solita false flag, allora tutto si spiega. Personalmente avevo questo dubbio, ma non mi piace fare il complottista per poi gongolare affermando “io l’avevo detto”, perché alla maggior parte dei complottisti non viene mai chiesto il conto quando sparano minchiate. Vedi la guerra all’Iran, che doveva scoppiare duecento volte negli ultimi 10 anni.

Come si possono definire “troll” il popolo che li ha votati, soltanto perché chiedono conto della politica del movimento, delle scelte, delle mancate scelte, delle esternazioni, delle mancate esternazioni...insomma, della mancanza della politica che non sia un tristo conteggiar di scontrini?



Uno dei due fa il veggente e prevede disgrazie a iosa, copiando (e male) i peggiori esegeti di Nostradamus, l’altro un giorno distrugge computer e quello dopo li santifica, beve l’acqua dell’auto ad Idrogeno e poi sparisce dal programma del movimento ogni accenno all’Idrogeno come vettore energetico.

Quando chiedi conto delle scelte, ti rispondono “che hai sbagliato a votarlo”: va bene, grazie, non lo farò più. Scusate.



La politica – che ti piaccia o no, Grillo – è l’arte del compromesso per ottenere il massimo con il minimo delle concessioni: non ti chiediamo di conoscere Sun-Tzu e la sua “Arte della guerra” ma – per Dio – se costruisci un movimento così importante fino al punto d’occupare quasi un terzo del Parlamento, qualche risposta – dopo – la devi dare? O pensi che sia tutto uno show, calato il sipario tutto finisce e passi a ritirare l’assegno?

Grillo, maledizione, cerca di rinsavire!



Quando i “101” ribelli del PD non votarono Prodi, ti rendesti conto che era una minoranza che cercava di schiacciare una maggioranza perché tu – sì, proprio tu – avevi bruciato tutti i ponti alle spalle? Una volta che i tuoi fantaccini risposero picche a Bersani, questi si fregarono le mani, fecero fuori il tuo “Gargamella” e corsero da Berlusconi per continuare tutto come prima, affari compresi, ovvio.

La Finocchiaro esternò che “non c’erano mai state intenzioni serie di fare un governo PD-M5S”. Non t’è mai passato per la testa che la Finocchiaro fa parte della “carica dei 101”?

Ah certo...la tua strategia era: se questi fanno il grande inciucio, la volta seguente noi prenderemo il 100%. Permettimi di ridere: leggi i risultati di oggi. Qualcosa non va? Eh, certo...



Gli italiani che t’avevano votato non desideravano che le tue povere ed impreparate truppe perdessero i giorni e le notti a fare i conti degli scontrini. Fatto un prelievo sullo stipendio base (come faceva il PCI un tempo), credevano che potessero in seguito essere liberi di mangiare una pizza dove e come volevano. Magari non sempre la solita margherita, e magari occuparsi di politica vera, che ce ne sarebbe un gran bisogno.

Gli italiani non hanno reagito come ti aspettavi: evidente, lampante, chiarissimo.

Hanno semplicemente riflettuto: se nemmeno questi fanno una mazza, non serve scaldarsi per andare a votare. Ed a voltarli. Non ti sbagliare a dire “sono gli elettori che sbagliano”: è la peggiore idea che ti può passare per la testa.



Non hai capito che avresti avuto l’occasione di fare una trattativa seria – detto in soldoni, avevi Bersani per le palle – e che l’Europa doveva stare a guardare, non aveva scelta. L’Italia che esce dall’euro? Fine dell’UE.



Addirittura, la Merkel si sbilanciò: l’occupazione? Si crea col turn over, ossia mandando in pensione i vecchi e mettendoci dei giovani. Mario Draghi propose addirittura di mettere un interesse negativo sui conti che le banche avevano nella BCE – obbligandoli, in questo modo, a tornare a fare le banche, invece di godersi gli interessi dei soldi che la BCE stessa dava loro – e di “cartolarizzare” i 40 miliardi dei debiti dello Stato verso le imprese, che sarebbero stati “girati” agli Stati. A ben vedere, per una volta, le Nazioni sarebbero tornate a godere del diritto di signoraggio (1).

Già, ma ci voleva un po’ di muso duro, la certezza che in Italia le cose erano cambiate e che si dovesse, per forza, presentare il conto alla Germania.

Intanto, tu chiedevi ai tedeschi “d’invaderci”: ma ti rendi conto di quanto sei infantile, di come tratti la politica internazionale come un banco di frutta e verdura al mercato rionale? Ti rendi conto di non capire una mazza di politica?



Adesso non c’è più nulla da fare: raschierai il fondo del barile con i voti dei leghisti delusi, magari con qualche transfuga della destra, ma col tuo vero serbatoio di voti – quell’accozzaglia di gente che ancora pensa “a sinistra” – hai chiuso, queste elezioni lo hanno sancito, gli “share” a due cifre sono passati ad una cifra sola, fine di un sogno.

Ti do un consiglio, anche se non lo meriteresti: fai come fanno i partiti seri. Riconosci la sconfitta – invece d’atteggiarti a democristo d’antan – e metti all’ordine del giorno un congresso. Sì, un vero congresso.

Un posto dove tutti gli aderenti ed i simpatizzanti del tuo movimento possano parlarsi senza timori d’anatemi e scomuniche: hai sognato una “Città del Sole”, ed al risveglio c’era Machiavelli ad attenderti.

Fai un atto d’umiltà, e dai libertà di parola (e di voto) ai nostri “cittadini” rappresentanti.



(1) http://www.economiaweb.it/pmi-una-speranza-chiamata-draghi/



20 maggio 2013

Da che parte stai?



Il Ministro Carrozza s’è ritrovata una bella eredità, nulla da eccepire: forse nemmeno a lei viene chiesto di rimettere a posto la scuola – un governo così ballerino... – però, prima o dopo qualcuno ci dovrà pensare...o no?

Immagino che i problemi s’affastellino gli uni sugli altri: precari, valutazione, contratti...e non si sa da dove iniziare, perché ognuno chiede qualcosa e non è facile accontentare tutti. Spicchiamo un salto all’indietro.



Fino a Belinguer/De Mauro, e poi alla Moratti, nel bene e nel male il Ministro dell’Istruzione si riteneva competente a decidere sul personale, e lo faceva, con alti e bassi.

Da Fioroni in poi, questo impegno iniziò ad affievolirsi, poi passò a zero con la Gelmini e, infine, andò sotto zero con Profumo. Perché?

Poiché è iniziata l’inveterata abitudine alla firma congiunta dei decreti – di per sé non così negativa – la quale, però, se intesa che il Ministro dell’Istruzione è un minus habens rispetto ai colleghi dell’Economia e della Funzione Pubblica, causa dei guasti irreparabili.



Proprio con la Gelmini – e poi “alla grande” con Profumo – iniziarono i balletti delle classi di concorso in esubero, degli inabili e, ciliegina sulla torta, delle pensioni.

Ora, che questa riforma non sta in piedi se ne sono accorti tutti: in un Paese nel quale manca il lavoro manteniamo la gente in officina o alla scrivania fino a 70 anni? Non avvertono un profumo di “non sense” in questa discrasia sociale?



La ragione (nascosta, ma non troppo) è la paura di dover pagare (dopo due anni e mezzo! Questo non è già un furto sufficiente?) i trattamenti di fine rapporto, le popolari “liquidazioni”. Perché – abbiamo il coraggio di dirlo – i conti dell’INPS e dello Stato in genere s’avvalgono (e parecchio!) per l’ordinaria gestione di bilancio proprio sui soldi che i lavoratori hanno affidato allo Stato (art. 49 Cost.) come “collaborazione alla gestione” dell’azienda, in questo caso il Ministero o, in senso lato, lo Stato stesso.

Questo è il principale ostacolo che il ministero dell’Economia pone ad una riforma della legge Fornero: la paura di dover conteggiare uscite sulle quali conta per mantenere in equilibrio il bilancio statale. Come si può notare, non ignoriamo né sottovalutiamo il problema, però rileviamo che i conti sono mantenuti in pareggio (se lo sono…) con soldi privati, vale a dire i nostri: un prestito forzoso.



Un’altra ragione, inconfessabile, è il tasso di mortalità che c’è fra i 60/70 anni, senz’altro più elevato di quello del decennio precedente: tutti assegni che saranno pagati al 60% (circa) ai vedovi/vedove, con immensi risparmi da parte dell’amministrazione. Alcuni parlamentari, due legislature fa, ipotizzarono la revisione o, addirittura, l’annullamento delle pensioni di reversibilità: beh – diremmo – ci sono quasi riusciti.

Peccato che, le recenti cronache giudiziarie sul pagamento dei diritti per il gioco d’azzardo (i popolari videopoker), parlino di un’evasione astronomica – circa 88 miliardi – l’equivalente di 3 o 4 finanziarie. E lo Stato, che fa? Si decide ad incassarli oppure li lascerà transitare liberamente verso i paradisi fiscali? Già, meglio tenerseli: quelli crepano? Tanto crepano loro...



Per tutte queste (e magari altre) ragioni s’è deciso di mantenere al lavoro i vecchietti: una situazione nella quale i “Quota 96” sono stati la punta di lancia dei “cornuti e mazziati”. Rimandati di 5-6 anni proprio l’anno che sarebbero dovuti andare in pensione, con un trascinamento di ricorsi e sentenze che rischia di finire alle calende greche, mostrando un altro aspetto della fatiscente giustizia italiana.

Ora – ci permettiamo di ribattere ai “Soloni” dell’Economia – siete ben certi che questa sia la “cura” giusta?



Da più parti si comincia a riflettere che, “congelare” un Paese come ha fatto il duo Monti/Fornero, non sia la soluzione: i problemi si sono aggravati, non risolti e nemmeno migliorati.

Ci sono molteplici ragioni per sostenerlo.

Il ricambio generazionale è, diremmo, un “valore aggiunto” al vivere sociale: le scuola (e non solo) ha bisogno d’energie fresche, le quali si sentano pienamente approvate nel loro lavoro; nell’impresa come nel pubblico, il binomio lavoratori anziani/giovani precari è il peggiore che possa andare in scena.

L’anziano si sente fuori posto, inabile a seguire il progresso (quanti dipendenti della P.A. che cincischiano ancora, senza riuscirci, con i computer!) ed il giovane che potrebbe sostituirlo degnamente – e risparmiare anche posti di lavoro, grazie alla maggior prontezza dovuta all’età – sono precari a vita, forse un po’ meno nel privato, nel pubblico (scuola) – oramai – si va in ruolo dopo i 50 anni!

L’obiezione che viene posta è sempre la stessa: salvaguardare la stabilità di bilancio.



Oggi il Paese è fermo, immobile nell’attesa di un Godot che non arriva, che non può arrivare. Come si è giunti fino a questo punto in anni d’errori, ce ne andranno altrettanti per rimediarli, ma da qualche parte si deve pur iniziare.

Si discute molto sulla sorte delle piccole imprese e dell’artigianato – è giusto che lo Stato paghi i debiti – ma, scapolato questo scoglio, quale futuro le attende se nessuno acquista niente?

E’ chiaro che – in qualche modo – il Paese ha bisogno di liquidità (quella che iniziò ad esser merce rara dal 2000 ad oggi) e questo è ciò che affermano alcuni economisti. In sostanza: la stabilità di bilancio va bene, ma è inutile se arrivi alla meta morto, e troppa gente non c’arriverà più. Chi stroncato da Equitalia e chi dalla propria depressione conseguente alla mancanza di un reddito, ai figli da mantenere, alle malattie alla quali far fronte. Globalmente, è il Paese ad essere stroncato.



E’ più importante la stabilità di bilancio o la stabilità sociale? Attenzione: la società non è “instabile” solo se si ribella – quello sarebbe già un buon segno – bensì quando abbandona totalmente le speranze, quando molla l’aggrappo della barca e si lascia affogare. E’ un segnale peggiore, credetemi.

Un’umanità disperata è uscita allo scoperto durante il governo Monti, ed ha fatto soffrire tutto il Paese perché non credevamo più di dover assistere alla morte per disperazione, per penuria di mezzi, per sfiducia totale nel futuro.



Tornando alla scuola, dove lavoro, trovo assurdo che persone come me siano ancora “in pista” verso i 63 anni, quando la “terza ora” – per disponibilità d’energie e capacità di connettere – si rivela oramai la “sesta ora” di un tempo. E’ un assurdo per me, ma anche per l’Amministrazione.

Sorvolando che la nostra questione, “Quota 96”, si nutre di dubbi giuridici più che legittimi sulla sua costituzionalità, è tutto il sistema pensionistico ad essere, oggi, traumatizzante: anche se, domani, qualcuno approvasse l’ennesima riforma, quanti penserebbero – proprio alla luce dell’esperienza di “Quota 96” – che quei termini siano certi, sicuri, perché un lavoratore anziano (non lo dico io, lo affermano gli esperti) deve avere questa certezza per dosare le oramai poche energie.

Le risorse?



Beh, basterebbe ricordare l’enorme “buco” del settore gioco d’azzardo, oppure – e non è una bestemmia – mettere mano all’IRPEF come hanno fatto in Francia: perché, in Italia, la metà della popolazione possiede il 50% della ricchezza? In Francia hanno alzato le aliquote per i super-ricchi – e Depardieu è diventato cittadino russo – ma il governo francese non ha fatto una piega. Dasvidanja, Depardieu.

Da noi, l’aliquota massima è del 43% per i redditi eccedenti i 75.000 euro! Vale a dire che chi percepisce un reddito netto intorno ai 3.500 euro mensili, paga la medesima aliquota (per la parte eccedente) di chi ha un reddito di 750.000, oppure di 7,5 milioni! E’ la stessa cosa guadagnare 75.000 euro o 7,5 milioni? Un tempo non era così, le aliquote erano più “spalmate” sui redditi.

Lo crediamo bene che manchino i soldi! Se aggiungiamo la parte che si prende la mala politica, e i “salasso” della criminalità organizzata, c’è da chiedersi come fa questa nazione ancora a galleggiare!



Nel mondo reale, invece, l’insegnante ultrasessantenne regge un po’, poi bofonchia, quindi si rende conto d’essere inutile e sta a casa malato (sono i primi segni del burnout), poi torna e ci mette quel po’ d’energia che è riuscito a raggranellare. Un fallimento economico triplo: per il lavoro svolto come si può, con poche energie, per la spesa – spesso – di supplenti e per la liquidità che viene così elargita a singhiozzo, senza certezza.



E ci vengono a dire che c’è bisogno di liquidità, che il sistema può reagire positivamente se ci sono più soldi: ebbene, dateli! Sotto forma di pensioni e di liquidazioni, di contratti regolari per i giovani: vedrete che la gente tornerà al supermercato, a restaurare le abitazioni, a comprare auto…

Forza, non ci vuole Pico della Mirandola per capirlo! Smettetela di dar retta a chi – responsabilmente – ci ha condotto in questa situazione!


18 maggio 2013

Ma piove piove...


Piove governo ladro, piove sempre. Da mesi, settimane, giorni: al Nord è acqua a catinelle un giorno sì e l’altro anche, mentre al Sud inizia a far caldo, come di consueto. Anche al Sud, comunque, la situazione climatica non è così “normale” come, a prima vista, potrebbe apparire.

Il dato nuovo, che sta sconvolgendo il clima europeo, è la Corrente del Golfo che ha mutato intensità e direzione: lo vedremo nel dettaglio ma – nei primi tempi nei quali si manifestò il fenomeno – si riteneva che avrebbe avuto effetti minimi sui Paesi mediterranei, e invece così non è.

La corrente, iniziamo da quella.



Come tutti sanno, lo scioglimento dei ghiacci polari comporta l’espandersi verso Sud d’acqua relativamente dolce e fredda, che incontra l’acqua, calda e salata, che sale dal Golfo del Messico, e questo incontro avviene sempre più a Sud, perché – nella stagione calda – nell’Artico le temperature sono alte (nessuno sa il perché proprio lì) ed il ghiaccio si scioglie. Abbiamo avuto più notizie di questo fenomeno: la “discesa” degli Orsi Polari alla ricerca di un habitat meno “ballerino” e la nuova “guerra fredda” fra Russia ed USA per lo sfruttamento del petrolio in quel mare basso, convenientissimo per l’estrazione.

La presenza del petrolio era conosciuta da tempo, ma il Mar Artico non era navigabile nemmeno nella buona stagione: oggi, d’Estate, le petroliere possono varcarlo senza l’ausilio dei rompighiaccio, che comporta un risparmio notevole nei costi di produzione. Ma torniamo alle nostre acque, calde e fredde, dolci e salate, che abbiamo lasciato al largo delle isole Britanniche.



L’acqua calda è più leggera dell’acqua fredda, la dolce è più leggera della salata, ma il fatto è che una è calda e salata, l’altra quasi dolce e fredda. Come potrete notare, ciascuna delle due correnti contiene un elemento che la mantiene in superficie e l’altro che tende a farla affondare.

Per migliaia d’anni questo è stato l’andazzo: la Corrente del Golfo saliva fino al mare fra la Norvegia e l’Islanda dove incontrava la corrente fredda e poco salina. Fin che ce la faceva rimaneva in superficie poi, quando aveva ceduto il suo calore, il peso specifico aveva il sopravvento e s’approfondiva in conosciuti “camini” per poi, alla profondità di migliaia di metri, operare il percorso inverso fino al Golfo del Messico.

Ecco il dato importante: la Corrente del Golfo percorreva tutte le coste europee cedendo calore.



Oggi – osservate l’immagine satellitare – è diminuita per quantità ed ha deviato più al largo il suo percorso: la ragione? Non si sa: sono stati creati tre, diversi modelli matematici che hanno fornito risposte poco chiare o contrastanti. Per finire, gli scienziati hanno gettato la spugna e dichiarato che, fra una decina d’anni, i modelli saranno più affidabili, ossia quando gli effetti saranno evidenti.

Questa è la situazione in ambito scientifico oggi, che non sto ad appesantire con citazioni o fonti: ciascuno di voi potrà farsi la propria, personale ricerca e contestare i miei dati, nella miglior tradizione popperiana. Allo stesso modo non tratterò il tormentone sulle cause: personalmente, sono ancora convinto che sia a causa dell’aumento annuo dello 0,3% della CO2 nell’atmosfera, ma so che esistono anche altre teorie. Soprattutto dalle parti delle compagnie petrolifere: ci tengo a precisare che, alle mie spalle, non c’è nessun finanziatore né fondazione, né istituto, né congregazione “scientifica” di sorta.



La situazione, oggi – per quanto da molte parti si continui a minimizzare – non è tragica ma nemmeno (parafrasando Flajano) poco seria.

In Europa le temperature, a Maggio, sono glaciali: sulle isole britanniche si registrano (Scozia, Irlanda) temperature poco sopra lo zero, mentre in Scandinavia nevica. A Maggio inoltrato.

Mi fido poco della meteorologia ufficiale: per fortuna ho qualche fonte personale, le quali mi raccontano che a Boston, la mattina, sono pressoché a zero, per poi andare avanti in un tourbillon di temperature, da 25° a 12°, a zero nell’arco della giornata. Nella Francia centrale ci sono ancora oggi minime di 3° che impediscono le comuni semine mentre in Svizzera nevica sopra i 1500 metri.

Non mi sembra affatto una situazione normale poiché annate “eccezionali” ci sono sempre, mentre qui è da almeno un quinquennio che la situazione è mutata: siamo andati avanti quasi senza neve per un decennio (2000-2010) a circa 45° di latitudine Nord, mentre oggi – nelle stesse zone – ho notato che non è stato possibile seminare gli orti. Troppa acqua, troppo freddo, poco tempo fra una perturbazione e l’altra.



Anche l’andamento del ciclo solare lascia molti dubbi: è vero che abbiamo appena lasciato un modesto minimo, ma l’attività solare sembra influenzare il clima nel lungo periodo, non nell’arco di pochissimi anni. E tanto meno avere effetti alle alte latitudini.

Come si può notare, siamo in un mare di dubbi.

A tal riguardo, forse è meglio “volare bassi” e cercare – qui e là – indizi che almeno squarcino qualche aspetto del problema, giacché la quantità dei meccanismi di feedback è tale da poter essere analizzata solo con i mainframe e l’immissione dei dati, la loro valutazione e l’ordine d’importanza – sono gli scienziati ad ammetterlo – non è attualmente sicura.



Uno degli aspetti che ha condotto in errore gran parte delle previsioni è stato che si riteneva la catena delle Alpi sufficiente a fornire protezione all’area mediterranea e, più propriamente, all’Italia: il che è parzialmente vero, visto che mezza Italia è al freddo mentre l’altra mezza è al caldo.

Perché continuano a giungere perturbazioni con forti precipitazioni?

Torniamo alla nostra Corrente.



Nel suo percorso e nella sua forza tradizionali, la Corrente del Golfo lambiva le Azzorre e le superava: questo era conosciuto come “anticiclone” delle Azzorre, poiché impediva alle correnti artiche di proseguire (nella bella stagione) verso latitudini basse. La tipica rotta Capo Sable – Lisbona era terrificante nel tratto prima delle isole portoghesi poi – lentamente, ma costantemente – i venti s’affievolivano e la navigazione era meno impegnativa.

Ciò avveniva perché la presenza d’acque calde generava moti convettivi (aria che saliva), i quali “frangevano” la forza delle correnti polari fino al punto di creare – man mano che la buona stagione procedeva – un’area abbastanza tranquilla di bel tempo, fresco e poco umido. L’Anticiclone delle Azzorre, appunto, che s’estendeva verso Est, nel Mediterraneo generando quel tempo caldo ma non afoso, non umido: le condizioni che abbiamo vissuto per molti anni.



Oggi, la scarsa importanza della Corrente del Golfo confina quell’area di alte pressioni solo intorno alle Azzorre: una linea – diretta e costante – di perturbazioni scende dall’alto Canada verso l’Oceano Atlantico e – senza ostacoli – procede fino alle coste Francesi, abbassando le temperature nelle Gallie.

Una parte, invece, imbocca il cosiddetto “corridoio di Carcassonne” – lo spazio pianeggiante fra i Pirenei ed il Massiccio Centrale Francese – e s’espande nel Mediterraneo: in effetti, questa era la meteorologia invernale del Mediterraneo, non è una novità, solo che siamo quasi a Giugno...



Qui giunto, i primi “bersagli” sono le isole – Corsica e Sardegna – ed il Golfo Ligure il quale, avendo forma fortemente curva, funziona come una vera “trappola” per le perturbazioni, che lì si scaricano. E’ il cosiddetto “Genoa Storm”: La Spezia è piovosissima, mentre la riviera occidentale è meno umida.

Altre aree colpite, traversate le Bocche di Bonifacio (note per l’irruenza del Maestrale, vento di Nord-Ovest), sono le zone costiere della Toscana: non a caso alcune zone dell’alta Toscana hanno, in passato, sofferto terribili alluvioni.

Poi, la forza del vento si stempera e lascia solo i cosiddetti “piovaschi improvvisi”, i quali però giungono fino a Roma ed oltre.

E il Sud?



Il Sud è al caldo, ma di un caldo diverso; non è l’Anticiclone delle Azzorre, bensì quello Africano: di per sé torrido, che però si carica d’umidità sul Mar Mediterraneo e porta condizioni di tempo caldo ed umido, con un’afa mortale.

I danni, al Nord – soprattutto nella Pianura Padana – sono già oggi evidenti: le semine primaverili sono in forte ritardo e molte, probabilmente, non avverranno. Nei campi stazionano pozze d’acqua, che rendono impossibile la lavorazione dei terreni argillosi.



Complice una sciagurata gestione del territorio, possiamo attenderci anche allagamenti e tutta la casistica alla quale siamo abituati: stabili allagati, strade non percorribili, terreni sommersi, ecc...ma questa è un’altra storia, che dovrebbe farci riflettere sulla mancata cura del nostro territorio: aspro, franoso, così diverso da quello dei nostri vicini francesi e tedeschi.



Infine, voglio ricordare il tempo nel quale i meteorologi avevano solo strumenti che oggi diremmo “primitivi” per le loro riflessioni e citiamo un caso.

Nella Primavera del 1941 la nave da battaglia Bismarck lascia la Germania per la sua prima (ed ultima) missione. Passata Kristiansand (dove fu avvistata) la nave proseguì costeggiando, al largo, la costa norvegese: gli inglesi erano oramai sicuri dei luoghi dove, pressappoco, si trovava la nave insieme al Prinz Eugen.

A quel punto, l’ammiraglio Lütjens – che comandava l’operazione – chiamò a colloquio il meteorologo di bordo e gli chiese se le condizioni climatiche consentissero qualche forma di copertura da parte di Giove Pluvio. Il meteorologo chiese otto ore di tempo.

Allo scoccare delle otto ore – era solo sulla nave e in silenzio radio – l’ufficiale si presentò affermando che, di fronte a Stavanger, si stava formando un groppo, poco di più di un temporale, il quale avrebbe proceduto per circa tre giorni verso Nord-Ovest, ossia nello stretto di Danimarca. Lütjens, in quel frangente, giocò bene le sue carte: giunti al largo di Stavanger le nuvole attendevano la Bismarck ed il Prinz Eugen.

Per tre giorni le accompagnarono, discrete, e per i ricognitori della RAF non ci nulla da fare: le navi traversarono l’Atlantico, dove andarono incontro al loro destino.

Altri tempi, altri uomini, altri meteorologi.



Cosa possiamo aspettarci?

Per anni, probabilmente, dovremo abituarci a queste Primavere piovose ed umide: ciò sconvolgerà l’agricoltura tradizionale, dedita più alle semine primaverili che al foraggio. Poi, l’Estate sarà breve e torrida: alla fine, l’Anticiclone Africano avrà la meglio e ci troveremo a lottare in una situazione tropicale, con caldo afoso ed umidità al 100%.

L’unico vantaggio sono le abbondanti precipitazioni, che potrebbero avere effetti benefici per la fonte idroelettrica, però manca tutto il “supporto” per sfruttare queste acque appena hanno lasciato le dighe in alta montagna.

In Italia non s’è fatto nulla per regolare le acque – fons vitae – né regolando con chiuse la navigazione fluviale né usando i grandi laghi prealpini come bacini di contenimento/sfruttamento a fini idroelettrici. E pensare che i russi ricavano 50 GWh solo dalle cadute delle chiuse.

Già, ma questo è il Paese dei furbetti del quartierino, che ci porteranno alla rovina con i loro giochini finanziari.

Poveri noi.

08 maggio 2013

Ancora una volta



Sembra una maledizione, eppure è e sarà soltanto rubricato come un “incidente sul lavoro”, quale – a rigor di logica – è. Non ci sono dietrologie da affrontare né misteriosi mandanti – anche se la “Messina” sembra coinvolta (ricordiamo la “Jolly Rosso”) in affari poco chiari sui litorali calabresi, dei quali si narrò qualche anno fa – sui quali poi scese il silenzio: era tutta colpa di un mercantile/passeggeri affondato da un U-Boot durante la Prima Guerra Mondiale. Così riferì l’allora ministro Prestigiacomo e tutti s’arresero all’evidenza dei fatti, ovvero che c’era un solo relitto al largo delle coste calabre: erano sei? E chi lo dice? Un pentito inaffidabile.

Ma torniamo a Genova.

Una nave parte a macchina indietro e deve fare, ovviamente, manovra invertendo il moto dell’elica per mettere la prua verso il mare aperto: è una nave da 74.000 tonnellate, mica una barchetta.

Dove lo fa?

A 100 metri dalla torre di controllo dei piloti. A quella distanza avviene il drammatico dialogo fra il comandante di un rimorchiatore ed il pilota a bordo della “Jolly Nero”, riportato dal “Secolo XIX”:

Dal rimorchiatore: “Non avete più acqua” (sta a significare “siete quasi a terra”)

Dalla Jolly: “Non ho la macchina”.

 
Qui, ci può essere un dubbio: o la macchina s’era (per misteriose ragioni) arrestata oppure, più probabilmente, l’invertitore di marcia non aveva “ingranato”.

L’invertitore di moto è un meccanismo che consente, mantenendo uguale il senso di rotazione del motore, d’invertire il senso di rotazione dell’elica: semplificando, la “marcia indietro”.

Questi invertitori (spesso, sulle piccole barche) sono meccanismi robusti, ma che vanno usati in un certo modo: non è prudente azionarli da “avanti mezza” ad “indietro mezza” improvvisamente. Può andar bene, ma il rischio è quello di ritrovarsi con una pioggia d’ingranaggi in coperta ed uno “sgaragnac” che non tradisce nulla di buono.

Prudentemente, il motore va messo al minimo, s’aziona l’invertitore e poi si regolano i giri del motore.

Questo vale per le piccole barche: sulle grandi navi i comandi sono tutti oleodinamici (il comando azionato in plancia agisce su una pompa, che invia l’olio nelle tubolature in modo da ottenere l’effetto desiderato) e questo potrebbe essere un altro fattore da valutare per l’incidente.


Ci torna alla mente l’episodio della Amoco Cadiz (Bretagna, 1978), la quale – durante un fortunale – ruppe proprio il comando oleodinamico del timone: si ruppe una tubolatura nel locale agghiaccio timone. Cos’era successo?

I primi automatismi in campo navale erano proprio i sensori che misuravano la pressione dell’olio nei circuiti: rompendosi un tubo, la pressione scendeva e la pompa – azionata da un circuito automatico – “inviava” olio idraulico. Quando l’olio fu esaurito, da qualche parte s’accese una spia: era troppo tardi.

Va detto che le condizioni del mare erano proibitive e questo per capire l’ansia – e magari la disattenzione – dell’equipaggio.


A Genova tutto era tranquillo. Una domanda viene spontanea: perché ritenere “corretta” una manovra che porta la poppa di un simile bestione a cento metri (mezza gomena!) dalla torre di controllo dei piloti? Eppure, le procedure sono state “corrette” – affermano le autorità – e non ne dubitiamo.

Il problema, allora, è linguistico: “corretto” è sinonimo di “giusto”? Non mi pare.


Sarà “corretta”, ma sono manovre che contengono sempre – per le distanze e le masse in gioco – un inaccettabile fattore di rischio. Ecco la procedura di attracco a Multedo (Genova) per una petroliera di 300.000 tonnellate che sale, con rotta NNE, da Gibilterra verso Genova:



- Prima di Savona si riduce la velocità fino ad 8 nodi;

- Al traverso di Savona si stacca la macchina;

- Al traverso di Arenzano si dà un quarto, poi mezza macchina indietro, con la nave che avanza ancora a 3 nodi;

- Giunti quasi a Multedo la nave ha ancora un abbrivio di un nodo in marcia avanti, ma a quel punto il più è fatto.


Come potrete notare, sono mezzi che hanno un’inerzia spaventosa: 3,5 nodi a cento metri dalla banchina?!? “Corretto”?!?


Infine, apriamo una vecchia pagina che vale la pena d’andare a rivedere: il disastro della “Haven”, 1991.

A parte una “curiosità” – che non sapremo mai se relegarla nell’ambito della “casualità” – la Haven s’incendiò di fronte a Genova esattamente 15 ore (ore, non giorni!) dopo la tragedia del Moby Prince, avvenuta la sera prima a Livorno.

Che caso.


Per giorni e giorni, a Savona, fummo testimoni del più grave disastro ambientale del Mediterraneo: una striscia di fumo nero, pestilenziale, correva in cielo da Genova fin verso la lontana Francia.


Eppure, la Haven aveva superato i collaudi di routine pochi mesi prima. “Corretti”, ovvio.


Già, e qui s’incontra un altro attore di tanta “correttezza”: il RINA, Registro Navale Italiano al quale, ciclicamente sono affidati i collaudi delle imbarcazioni. Insomma, come la revisione delle autovetture.

Solo che qui i soldi in gioco sono tanti, mica devi solo cambiare un fanalino!


Secondo voi, dove vivono gli ispettori del RINA? Nella case popolari oppure nelle più lussuose ville?

Chi ha orecchie per intendere intenda, io mi fermo qui.


03 maggio 2013

E’ ora di finirla


Gentile Enrico Letta,

abbiamo ascoltato le sue parole: sempre equilibrate, sottili, intriganti, a volte velleitarie, poi orgogliose, infine vuote, come quelle di qualsiasi governo che entra in carica. Cosa aspettate? L’Estate – come sempre – per poter fare le varie leggi-porcata come usualmente v’adoperate?

Mi dispiace, non avrete più il beneficio dell’assenza degli italiani perché occupati in ameni giochi sulla spiaggia: sulle spiagge ci sarete solo voi, insieme al 10% della popolazione che possiede il 50% della ricchezza nazionale. Oramai, siamo allo stremo: se ci saranno vacanze, saranno di pochi giorni – magari col treno – per lo più a trovare qualche amico. Alberghi, residence, stabilimenti balneari, bar, ristoranti...sono attesi dalla stagione turistica più buia del dopoguerra: anche questo un bel risultato della vostra classe politica.



In campagna elettorale avete promesso la luna, poi “v’è toccato” fare il governo con Berlusconi – affari vostri – ma l’elettorato italiano s’era espresso in modo ben diverso: due italiani su tre s’erano espressi per un governo di radicale rottura con il passato. Invece.

Ci si potrà incolpare all’infinito – se il rifiuto è iniziato da Grillo o da Bersani, se è continuato con Bersani e terminato con Grillo – ma non andremo da nessuna parte: fatto è che, adesso, Berlusconi vuole l’eliminazione totale dell’IMU, per godere di un successo indiscusso e mettervi all’angolo.

Se concederete al Cavaliere questo privilegio – lei lo sa bene – non resterà altro: tutte le risorse saranno prosciugate dal taglio di 12 miliardi dell’IMU e, la società italiana, non ne avrà quasi nessun beneficio. Perché?



Prima di continuare, ricordiamo ai meno attenti che fu Prodi, nel 2006, ad eliminare l’ICI sulle prime case e sui redditi più bassi. Dopo, giunse la famosa stoccata televisiva di Berlusconi – ovvio, i suoi amici palazzinari erano rimasti a bocca asciutta ed il suo elettorato lo richiedeva a gran voce – così, siccome ogni promessa è debito, si passò subito all’incasso, delegando al tandem Tremonti-Brunetta il compito di trovare i soldi. S’era nel 2008 e la crisi arrembante veniva negata: i ristoranti sono pieni – raccontava il Berlusca – certo, per i soliti noti.



Brunetta e Tremonti trovarono nella Gelmini la vittima sacrificale – una che nemmeno sa cos’è un neutrino e fa il Ministro dei Tunnel...pardon dell’Istruzione – una persona viscida ed incompetente, pronta a tutto per compiacere il suo patron Berlusconi. Anche a triturare la scuola italiana.

Difatti, arrivò la “riforma Gelmini” – la quale, altro non era che il diktat Brunetta-Tremonti – che la Gelmini controfirmò subito: la lesse? Dubitiamo.

Con gli 8 miliardi “risparmiati” sulla scuola non si pagò più l’ICI: tutti contenti, soprattutto quelli che vanno in giro sulla Porsche Cayenne. Gli altri, già non la pagavano più.

Quale fu il prezzo della riforma Gelmini e, poi, di quella Fornero sulle pensioni? E’ presto detto.



Il penultimo posto in Europa per quanto riguarda le competenze informatiche e di comunicazione, ed l’ultimo al mondo per quanto riguarda l’età media dei docenti: il nuovo ministro dovrebbe fare un giro nelle scuole, così potrebbe vedere in cattedra una generazione nata quando ancora nelle campagne c’erano i cavalli da tiro, una via di mezzo fra i suoi genitori ed i suoi nonni. Sono disperati, non più in grado d’interloquire con i ragazzi i quali – i famosi “nativi digitali”, mi scappa una risata – sono bravissimi a navigare su Facebook, un po’ meno se qualcuno gli chiede di sistemare l’indice di un database.

Ma l’ICI fu salva e la promessa di Berlusconi al suo elettorato mantenuta.



Oggi, caro Letta, le chiediamo di far tornare il Ministero dell’Istruzione (possibilmente Pubblica) un dicastero col portafogli: le “prassi” della controfirma d’ogni decreto che abbia valenza economica dei ministri della Funzione Pubblica e dell’Economia vanno eliminate. Ossia, se ne discuterà in Consiglio dei Ministri, altrimenti il ministero dell’Economia sarà sempre “maior” e gli altri “minus”.



Infine, non ce ne frega nulla del Bildenberg, della Trilaterale, dell’Aspen Institut e di tutti gli altri consessi dei quali lei fa parte: chi l’ha votato l’ha fatto credendolo un parlamentare italiano, non un elemosinante in giro per l’Europa. Come? Ce lo chiede l’Europa? Chiedete all’Europa cosa succederebbe se l’Italia chiudesse i battenti e se ne andasse. Lo sa, vero?

Da ultimo, non passi sotto silenzio gli ultimi avvenimenti: quell’uomo – disperato – che si è messo a sparare all’impazzata in Piazza Colonna. E’ un segno dei tempi: gli italiani – disperati – non sanno più come richiamare la vostra attenzione.



Fate una legge proporzionale e basta – mediante la quale possiamo contarci – senza sbarramenti ed altri trucchi, e nemmeno c’ammansisca più in salsa tartara l’abolizione delle Province, perché tutti sappiamo che, senza prima una revisione delle competenze, non è possibile farlo. E le Regioni ed i colossali buchi nei bilanci della sanità?

Tolga l’IMU sulla prima casa, dia la pensione agli esodati ed a quelli della scuola che ne avevano già maturato il diritto, e riveda radicalmente la riforma delle pensioni e del lavoro. Le risorse le troverà nell’abolizione dei sussidi elettorali, nei risparmi sugli F-15, sull’abolizione delle missioni “di pace” all’estero, sul taglio degli stipendi e delle pensioni d’oro di parlamentari, ministri, consiglieri regionali, provinciali e sindaci. Norma retroattiva: per noi sono sempre retroattive!



Dunque, se Berlusconi se ne vuole andare e far cadere il governo, lo lasci pur andare, rimetta la delega e torniamo a votare: Napolitano dovrà rassegnarsi e rimanere in carica oltre i cento anni.

Altrimenti? La prossima volta non so chi, ancora, prenderà qualche voto, Grillo compreso.