26 febbraio 2013

Caro elettore del PD



Mi sa che t’hanno fottuto un’altra volta. Lo so, sei un moderato…credi a tutto…all’Europa che ci punisce perché siamo delle cicale, agli indispensabili sacrifici per riequilibrare il debito pubblico, alla necessità di lavorare fino a settant’anni per fare “cassa” così, i giovani, saranno precari “solo” fino a 50 anni. Vieni poi colto dal sacro timor panico quando, in Tv, aprono la pagina economica con lo spread: ti senti giudicato in prima persona. Sarà mica perché ieri ho pagato tre caffè al bar?

Monti è un po’ arcigno – con quella bocca da Bancomat – ma è quel che ci vuole per mettere in riga i parlamentari famelici di tangenti, la Fornero è stata un po’ dura – lo ammetti anche tu – ma ci voleva per farla finita con le pensioni a 57 anni. Così t’hanno raccontato e tu ci hai creduto, perché quello che dice il Partito è come l’acqua santa per il cristiano: basta che ti tocchi e sei salvo.


No, stamattina non eri contento, perché in fondo all’animo persisteva un malessere…cos’ho mangiato ieri sera? La minestrina con la pastina…no, non può essere quello.

Non eri forte in Matematica a scuola ma, quando hai sentito Bersani dire che gli “spetta l’onere di governare”, ti sei fatto due conti…sì, va bene…ma con chi? E perché, se il primo partito italiano è il M5S, l’onere sta a te?

Già, per la manciata di voti presi da Vendola, che hanno salvato la frittata. Il Senato? Terra di nessuno.


Sparito Monti, fra i papabili per un’alleanza “responsabile” (a parte l’impresentabile Cavaliere), non rimane che il M5S: “faremo scouting”, ovverosia cercheremo di comprarli. Questo leitmotiv campeggiava fino all’altro ieri: oggi, dopo un paio di giorni di silenzio, è stata messo in soffitta.

Ti capisco, elettore del PD: sei un po’ frastornato. Ehm, scusa…il partito te lo sei scelto tu…come mai due giorni fa lo chiamavate “antipolitico”, “fascista” o “comunista” (a scelta), “incapace”, “sognatore”, “barbaro”, “incivile”…ed ora parlate di governare con lui? Alla faccia dei giri di valzer!


Però, ti devo confessare che l’atteggiamento di Bersani – intendo la dichiarazione filmata che è stata distribuita – non mi è piaciuta per niente: no, no e poi no. Non ci siamo mica: ci vuole più rispetto per il primo partito italiano! (1)

Impariamo, per prima cosa, il rispetto ed a chiedere le cose con garbo. La “manina”, ringraziare sempre, essere educati, salutare: sì, quelle cose che mammina c’ha insegnato da piccoli, che Pier Luigi sembra aver dimenticato.

Insomma, quel tono duro (2), la sorta di mezze minacce velate nel discorso, quel “insomma, o vanno a casa anche loro oppure ci dicono cosa vogliono fare” sono proprio da maleducato.

Vedi, caro elettore del PD, il fatto è che Grillo queste cose le dice da tanto tempo, solo che il Partito – mettendoti a forza della cera nelle orecchie – t’ha impedito d’ascoltarle o, al più, le ha snobbate.


Vogliamo parlare del reddito di cittadinanza? Il professor Fumagalli (Università di Pavia) sostiene da anni (3) che basta tassare dello 0,05% i movimenti sui capitali finanziari per realizzarlo. Ed in modo più ampio ed inclusivo della proposta del M5S!

Vogliamo parlare di F-35?

Ma chi se lo prende un simile fallimento volante! Gli USA hanno ridotto le quote d’acquisto da parte USAF del primo fallimento (F-22, il cui sistema di combattimento veniva “disturbato” dalle chiamate dei cellulari (!)) a poche centinaia d’esemplari e adesso ci vogliono rifilare un aereo che scoppia se colpito da un fulmine e, se il fulmine non c’è, si “trita” da solo la turbina?

E poi: non sarebbe il caso di ripensare il nostro modello di difesa come – appunto – di “difesa” (art. 11, Costituzione) e non come contractors per conto USA in mezzo mondo? Vogliamo tirare fuori un poco i c…ni?

Quando ci ritiriamo dall’Afghanistan?


Eppure, il tuo segretario, fino a 10 giorni fa non faceva che ripetere: Monti, Monti, Monti…pareva si fosse “incantato” il disco o che odiasse il mare.

Anche Casini però è “serio” e Fini non è più fascista, è un adorabile interlocutore.

Non ci sono più – sveglia elettore del PD – Casini ha rimediato un posto per il rotto della cuffia e Fini…poveraccio…speriamo che la pensione da Presidente della Camera gli basti…la vita a Montecarlo è così cara…

Monti puzza di morto, ma puzzava già di morto prima (furbo Berlusconi a prendere le distanze): scusa, caro frequentatore dei festival dell’Unità di un tempo, ma se n’è mai visto uno peggio?

Ha tolto le poche garanzie che ancora rimanevano per i lavoratori, ha mantenuto in pieno il precariato, ha sbattuto la gente in pensione verso i 70 anni, ha tassato come un ossesso le prime case…devo continuare?
Lo capisci – almeno tu – che chi tirava in ballo Monti si scavava la fossa da solo?


Adesso chiedete aiuto, nemmeno poi troppo umilmente.

Perché Grillo dovrebbe sacrificare il tanto lavoro fatto per essere “scoutizzato” in toto? Perché fa comodo a te (Bersani) che non sai che pesci pigliare? Per riuscire a mantenere il tuo partito coeso, Grillo dovrebbe fare quel poco che gli concederesti mentre telefoneresti a Monti tutte le sere. Ti sembra serio?

Grillo, che ha il coltello dalla parte del manico, al massimo ti concederà un appoggio esterno, come in Sicilia, e fattelo bastare ma senza sgarrare. Perché dovrebbe suicidarsi per te?

Altrimenti, torna con il Cavaliere e percorri il tuo cammino fino alla nemesi finale: la sparizione totale.


Mi sa che Moretti questa volta ha sbagliato a salire su quel palco: meglio quella originale del 2002 “con questi uomini non vinceremo mai”. Sarà un portasfiga ed una Cassandra, ma aveva ragione e guai non ascoltare le Cassandre.
A Troia ne sanno qualcosa.



(1) Vedi: http://video.repubblica.it/dossier/movimento-5-stelle-beppe-grillo/elezioni-2013-bersani-presidenza-camere-m5s-e-il-primo-partito/120704/119186?ref=HREA-1


(2) Vedi: http://video.repubblica.it/dossier/elezioni-politiche-2013/elezioni-2013-bersani-al-m5s-o-ci-dicono-cosa-vogliono-fare-o-a-casa/120713?video  


(3) Vedi: http://www.ecn.org/andrea.fumagalli/10tesi.htm




21 febbraio 2013

Il fallimento dell’ambientalismo italiano



In questi tempi elettorali, quando tutti diventano pavoni e fanno la ruota per attrarre meglio gli elettori, i Verdi sono scomparsi: oggi, fanno la ruota (di scorta) nella formazione di Ingroia, ma non esistono più come proposta politica originale e moderna. Oddio: per com’erano conciati non se ne sente proprio la mancanza.

In Europa (e non solo) la situazione è ben diversa: dalla Germania – dove oscillano intorno al 10%, ed hanno avuto in passato addirittura il Ministero degli Esteri (Joschka Fischer) – alla Gran Bretagna, dove sono riusciti ad entrare a Westminster nonostante la note forche caudine del sistema elettorale britannico.

Ma i Verdi sono dappertutto, dalla Slovacchia alla Georgia, dal Portogallo alla Bosnia: l’anomalia italiana è degna d’attenzione perché è un fenomeno in controtendenza, una stranezza vera e propria.



In prima istanza, salta agli occhi la pochezza della proposta politica che, negli anni, è andata degenerando sia nei contenuti e sia, soprattutto, nelle persone.

Un carrierista come Pecoraro Scanio non lo si vedeva da anni, anche Rutelli incocciò i Verdi e vi militò per anni: è dai tempi di Edo Ronchi che non si vede un ambientalista vero, ossia una persona competente che sapeva scrivere leggi e farle approvare. Difatti, fu defenestrato.

Ci sono parecchie ragioni – e sono tutte ragioni interne, italiane – per il fallimento dei Verdi.



Il partito Verde italiano ha sempre cercato consensi soprattutto nell’associazionismo, che in Italia significa Legambiente ed Italia Nostra. La prima vagamente “di sinistra” e più attenta al rapporto energia-ambiente, la seconda meno schierata pubblicamente e più impegnata nella difesa dei patrimoni ambientali. Se i Verdi sono spariti come partito autonomo, qualche responsabilità si dovrà cercarla da quelle parti.

Mentre le posizioni di Legambiente possono essere per lo meno accettabili – se non altro, attuando un confronto con la pochezza della politica italiota – quelle di Italia Nostra sembrano una sorta d’ambientalismo umbertino: un vero diletto per sartine di periferia ed ufficiali di cavalleria.

Basti pensare che sono contrari all’eolico – come Sgarbi e l’ENI, tanto per citarne due a caso – e se si riflette su ciò che hanno portato avanti i Verdi tedeschi sul tema dell’energia c’è da farsi accapponare la pelle, chiedendosi “ambientalisti dde che?!?”.



Non stupisce dunque la sortita di un Bonelli qualunque, il quale vorrebbe “abolire il motore a scoppio per legge” (0). Se gliela approvano…in ogni modo, Bonelli dovrebbe sapere qualcosa di più pannelli fotovoltaici e di motori elettrici. Prima di presentare la legge, s’intende.



Andremo in Parlamento e proporremo una legge che nei prossimi dieci anni abolirà il motore a scoppio e lo consegnerà al museo, questo è il futuro.” (1)



Ottimo intento, nulla da eccepire ma…scusi, Bonelli…ehm…cosa ci scriverà in quella legge?



Il sistema dei trasporti richiede circa 1/3 dell’energia primaria che viene consumata in Italia: 200 MTEP (Milioni di Tonnellate di Petrolio Equivalente) il consumo italiano (senza considerare le variazioni da un anno all’altro, il fattore “crisi”, ecc, perché non hanno senso nel quadro di grandi numeri che andremo ad indagare).

Un terzo dell’energia primaria è circa 66 MTEP.

Il quadro della produzione eolica/fotovoltaica italiana è pressappoco questo, perché varia parecchio con le nuove installazioni:



Produzione fotovoltaica 8 TWh (2)

Produzione eolica: 10 TWh (3)



Già si nota un piccolo particolare: l’eolico produce di più del fotovoltaico. Entrambi, sostituiscono due centrali nucleari, forse tre (poiché le centrali nucleari non hanno mai superato, storicamente, il 70% della potenza installata).

E’ senz’altro un buon risultato, ma andiamo avanti.

Qual è il fattore di conversione fra l’energia elettrica ed il petrolio grezzo? Eccolo:



1 MWh = 0,24 TEP (media) (4)



I puristi delle analisi energetiche diranno che dipende dall’apparato di trasformazione – eh, lo so benissimo…– però, se vogliamo capire qualcosa, bisogna sopportare qualche generalizzazione.

Ecco allora (altra approssimazione) che con una tonnellata di petrolio si genereranno 4 MWh, con 1 milione (ossia una TEP) 4 milioni di MWh, ossia 4 TWh.

Siccome i trasporti “ingoiano” ben 66 MTEP corrisponderebbero – in un ipotetica rivoluzione della trazione, elettrica o mista elettrica/idrogeno – qualcosa come 264 TWh, che non sono per niente un’inezia.

Dove trovare 264 TWh?



Beh, per prima cosa vediamo se sono proprio 264 TWh, o se si può risparmiare qualcosa.

Per nostra fortuna e di Bonelli (lo saprà?) l’auto elettrica ha un rendimento che fa paura: il motore elettrico ha rendimenti che superano il 90%, contro il 30% (circa) dei motori a scoppio. Però.

Però, ogni ciclo di carica/scarica delle batterie si “prende” un buon 15/20% che porta in rendimento effettivo al 75% circa. Se, poi, volete che si ricarichi mediante Idrogeno e celle a combustibile sono dolori, perché ciascuno di questi sistemi – produzione d’Idrogeno da energia elettrica e d’elettricità da Idrogeno – ha un rendimento ottimale del 70%.

E ci sono ancora da considerare le perdite sulla rete che, in ogni modo, non sono un gran che.

Quindi calcolando le perdite si giunge dapprima al 50% e, successivamente, al 35% (sempre “circa”).

Beh, non è un cattivo risultato: col petrolio – se calcoliamo tutta la “filiera” (dal greggio al carburante, più i trasporti) – la cosa va molto peggio.



C’è, però, un vantaggio: l’auto elettrica ferma in coda non consuma nulla, mentre un’auto a benzina, con il motore al minimo, consuma ugualmente 1,5-2 litri l’ora. Un vecchio studio (che non ritrovo più) indicava in 1/7 l’energia sprecata in coda e, osservando l’autostrada dei Fiori sotto casa mia d’estate, non ho alcun dubbio a crederci.

Il rendimento della nostra auto elettrica risale al 42%%, ma c’è un secondo aspetto che giunge in aiuto: la ricarica delle batterie in fase di frenata!

I dati sono molto confortanti e forniscono addirittura un 30% di risparmio con la ricarica in frenata: certo, dipende molto dal percorso, però è una legge della Fisica che niente va distrutto, ma solo si trasforma.

Risalendo al 57% di rendimento, la nostra auto elettrica si trova in buona, anzi ottima posizione nel panorama dei trasporti: tenete presente che i treni sono già elettrici e possono diventarlo anche le navi (per ora abbiamo solo i sommergibili classe “Scirè” e le loro “fuel cells” ma sono già operativi) e addirittura gli aerei. (6)



Veniamo alle dolenti note.

Se tutto l’apparato di trasporto fosse elettrico, dovremmo trovare il 57% di 264 TWh, ossia 150 TWh: stiamo muovendoci in un ordine di grandezza che è quello del fabbisogno elettrico italiano!

Tornando per un attimo alla produzione fotovoltaica ed eolica, bisognerebbe installare 15 volte il numero d’aerogeneratori presenti oggi oppure quasi 20 volte quello dei pannelli solari.

Detto questo: se pò fà?



Ci sono considerazioni di costo, d’opportunità e di mentalità.

Il costo del KWh fotovoltaico – lo sappiamo tutti – è fasullo: viene coperto con i contributi che tutti paghiamo in bolletta. Questo dà luogo ad un’ingiustizia ben nascosta: l’ENEL compra energia dal piccolo produttore (il quale prende il contributo), la rivende al vicino di casa più povero (che paga salato il contributo stesso, oramai i costi “fissi” in bolletta sono pari al consumo) e l’Italia può raggiungere gli obiettivi europei del 2020. Come al solito, paga Pantalone.

Un vantaggio del fotovoltaico è che produce di giorno, quando le attività umane richiedono più energia e quindi c’è più richiesta. Il passaggio dal tradizionale Silicio alle celle a coloranti organici abbatterà senz’altro il prezzo, ma anche il rendimento l’8-10% contro il 15-17% (7).



Maggiori possibilità sono offerte dall’eolico, il quale produce quasi al costo del carbone, ma è discontinuo: questo, però, non è uno svantaggio poiché l’Idrogeno si può produrre di notte e vendere di giorno. I problemi sono altri.

La massa d’aerogeneratori è impressionante: l’attuale potenza installata è intorno ai 5.700 MW (8), il che significherebbe installarne altri 75.000 circa, i quali – considerando macchine grandi, da 5 MW – vorrebbe dire 15.000 aerogeneratori.

Una simile, enorme realizzazione dovrebbe essere fatta in mare – al limite delle acque territoriali, per ovvi motivi paesaggistici – e per sfruttare il maggior rendimento: un incremento del 30% contro costi superiori del 25%. In ogni modo, non è vero che in Italia l’eolico non è conveniente: nel basso Adriatico, nel Canale di Sicilia e in Sardegna si raggiungono le 3500 ore/anno di rendimento, ossia quasi un 40%.



Qui c’è il terzo problema: la mentalità. Quando – intorno al 1830 – fu iniziata “l’avventura ferroviaria” nessuno immaginava reti di decine di migliaia di chilometri, tanto meno velocità medie superiori ai 100 Km/h: eppure, nell’arco di mezzo secolo, fu realizzato.

Questo cambiò la storia del mondo, poiché le grandi banche d’affari (leggi: Rothschild) per la prima volta divennero più importanti del bilancio degli Stati nazionali, al punto d’essere determinanti: l’Austria-Ungheria fece male i calcoli e dovette vendere ai privati un gran numero di linee.

La cosa si ripercosse, poi, sui finanziamenti di guerra che durarono (per la restituzione) fin quasi alla Seconda G.M.



Oggi – proprio per non incorrere negli errori del passato – sarebbe sbagliato ricorrere agli investitori privati (cioè, le banche): più interessante fornire la possibilità d’investimento in “bond energia” – con buoni rendimenti e garantiti dallo Stato, proprietario degli impianti – poiché le economie “di scala” ed il basso costo della produzione eolica lo consentirebbero. Ma si finisce in un altro guaio.



Una fonte sicura d’investimento, come l’energia, priverebbe il mercato tradizionale dei BOT e dei CCT di domanda, con la conseguenza – paradossale – che sia più necessario finanziare il debito piuttosto che un’azione che ti porterebbe fuori (almeno in parte) dal debito.

Immaginate cosa vuol dire risparmiare decine di miliardi l’anno sulla “bolletta energetica”.

Ma c’è di mezzo l’ENI.

Ora, l’ENI è un’azienda dove ci sono più uomini dei servizi che benzinai: se qualcuno ha ancora dei dubbi, prendetevi una vista di come è stata gestita la prima centrale termodinamica italiana (sperimentale), iniziata nel 2004! (9). Tutto quello che non è fossile non passa, parola di Paolo Scaroni: un pregiudicato alla testa della principale holding italiana dell’energia! (10)



E torniamo al nostro patetico Bonelli, il quale pensa di rimediare a tutto questo con una “legge”: mi torna alla mente il “Dittatore dello stato libero di Bananas, con Woody Allen, il quale emanava leggi che pretendevano che – nell’isola Caraibica – “la lingua ufficiale fosse lo svedese e le mutande andassero portate sopra i pantaloni”.

Se proprio non vuole dare ascolto a chi scrive, ci sono persone come Ugo Bardi o Debora Billi che lo possono ragguagliare: è una faccenda un pochino più complicata, che ha sì una soluzione, ma…pensare di fare una legge e risolvere tutto…fa ridere i polli. Come “risolse” Pecoraro Scanio!



Così è l’ambientalismo italiano: caciaro e buffonesco, acchiappagonzi e più attento ai pacchetti di voti…che ci volete fare…non è un caso se sono spariti…

Ci vorrebbe altra gente, più onesta intellettualmente e capace di un tizio che ti fa un filmato di un paio di minuti…ti fa vedere l’auto con la spina dell’elettricità…il pannellino solare che si piega…certo, guarda il dito e non pensare alla Luna.



Io, da parte mia, voterò Grillo: se non altro, avrò la soddisfazione di stare a guardare cosa succede in Parlamento. Magari ci divertiremo di più.



(0) Vedi: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/02/09/bonelli-rivoluzione-civile-in-parlamento-per-abolire-motore-e-scoppio/220295/



(1) Vedi: http://www.esserecomunisti.it/?p=54362



(2) Fonte: http://ecoalfabeta.blogosfere.it/2012/01/fotovoltaico-litalia-e-la-seconda-potenza-mondiale.html



(3) Fonte: https://www.swe.siemens.com/italy/web/pw/press/News/Pages/InnovazioniEolicaExpo2012.aspx



(4) Fonte: http://195.103.237.153/minisiti/energia/documenti/Servizi/prontuario/unit.htm



(5) Fonte: http://www.consulente-energia.com/auto-elettrica-ibride-elettriche-plugin-come-calcolare-quanto-si-risparmia-consumano-in-100-km-rispetto-auto-benzina-gasolio-euro-litro.html



(6) Vedi : http://www.ariannaeditrice.it/vetrina.php?id_macrolibrarsi=21387



(7) Fonte: http://www.cnr.it/istituti/FocusByN.html?cds=063&nfocus=10



(8) Fonte : http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CEAQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.enea.it%2Fit%2Fenea_informa%2Fdocumenti%2Fquaderni-energia%2Fenergiaeolica.pdf&ei=4_4lUcjtHuf44QSFs4H4Dw&usg=AFQjCNHwQXmewpSRGJ3Jtwtf8DLt7XLS6g&bvm=bv.42661473,d.bGE

(9) Vedi : http://magazine.quotidiano.net/ecquo/ecquo/2010/07/14/inaugurata-a-priolo-la-centrale-solare-a-concentrazione-ideata-da-rubbia-finalmente/



(10) Fonte : Mani pulite: la vera storia : da Mario Chiesa a Silvio Berlusconi / Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio.



17 febbraio 2013

Ballata per Adriano



“…domani Miché

nella terra bagnata sarà

e qualcuno una croce col nome la data

su lui pianterà…

Fabrizio De André - La Ballata Del Michè – dall’album Tutto Fabrizio de André – 1966.



Non riuscivo più a scrivere: tutto mi sembrava inutile e stupido di fronte ai suoi occhi mansueti…il Bilderberg, l’ambientalismo, persino la storia sulla quale sto lavorando da mesi…perché quegli occhi erano quelli dell’agnello ferito, colpito proprio da chi sarebbe stato deputato ad aiutarlo.

E mi sento colpevole, poi vedremo il perché.

Ma è anche un modo d’aprire una porta sulla Sanità e sulla vita e sulla morte, sulle quali passiamo troppo spesso “a volo d’uccello”. Tutto quello che leggerete di seguito è tutto vero, a parte i nomi sostituiti per non incorrere in guai di privacy.


Adriano, nel 1997, ebbe un ictus che gli paralizzò la parte destra senza però toccargli le funzioni cerebrali: a 46 anni si trovò la vita dimezzata, le possibilità di vivere normalmente quasi a zero, la voglia di vivere…ah, sì, la voglia di vivere…non so, avrei dovuto essere nella sua testa nelle notti insonni per saperlo veramente.

Di famiglia agiata, aveva perso la madre per una malattia quando era poco più che ventenne: non sappiamo quella sofferenza – così lontana – quanto lo segnò. Il padre, in ogni modo, cercò negli anni e nel possibile di fare le due parti: nel possibile, come si può.

Una vita sgangherata, anche prima dell’ictus: notti insonni, mille lavori cambiati, di donne non sappiamo molto, ma c’è una cosa che va notata.

Da giovane, Adriano migra a Roma e là conosce il mondo del cinema: Agostina Belli ed Helmut Berger, una sera, addirittura, Ugo Tognazzi e ci racconta storie di quelle sere romane. Perché? Poiché Adriano è un grande appassionato di cinema ed è un fine intellettuale rimasto “pre-Internet” per scelta: è anche un bravo musicista e suona il pianoforte per anni in un suo gruppo.

Dedica il tempo alla lettura – dopo l’ictus ancor più – ed alla filmografia meno conosciuta: comunica le sue intuizioni filosofiche ad una ristretta cerchia di amici via cellulare, semplici messaggi che invia spesso all’alba, prima d’addormentarsi.

E’ credente e, spesso, i suoi messaggi sono intrisi di religiosità: “Il Divino fluisce, navigando sopra il mare della negatività!” oppure “Aspettare che il Divino agisca vuol dire separarlo, è agendo che Lui si cala in noi divenendo uno con noi!”. Spesso non so cosa rispondere, non so nemmeno se sono sue intuizioni o frasi riportate: mi guardo bene dal chiederglielo.


Mentre lo osservo mi domando come sia stato possibile che non ci siamo conosciuti prima: tutti i suoi amici sono anche i miei, un caso veramente strano. Così, quando chiede se c’è qualcuno disposto ad aiutarlo per le mille incombenze della vita – preparare qualcosa da mangiare, fare la spesa, le mille burocrazie – mia moglie si fa avanti: in fin dei conti, le sembra un buon modo per “dimenticare” i tanti lutti che ci hanno colpiti.

Ed inizia una nuova vita, come sempre quando ci sono interessi nuovi e persone nuove, che portano nuovi ricordi e nuove situazioni: Adriano è più felice, mia moglie è contenta perché sa d’esser utile, di fare ancora qualcosa per qualcuno.

La sera, prima di riaccompagnarlo a casa, so che si fermano ad un certo bar: arrivo col casco da motociclista e faccio finta d’essere un poliziotto in borghese che li ha multati per l’auto mal posteggiata…mia moglie, due secondi dopo già ride…dai Carlo, bevi qualcosa…

Tutto sembra andar meglio, in una situazione che di “buono” ha assai poco: a volte, però, anche il peggio può avere un lato migliore e già Parmenide affermava che “il poco è cosa assai diversa dal nulla”.


A Settembre 2012 un’altra cattiva notizia: il padre – 92 anni – sta morendo. Adriano lo assiste impotente ma colmo d’affetto: i segni di quei giorni li porta sul corpo, nella occhiaie più infossate, nei silenzi sempre più lunghi che intercalano la voce.

Passano le mille incombenze: il funerale, la successione…l’aiuto di mia moglie è determinante in quelle faccende (con le volte che ci siamo passati!) e Adriano sa d’avere un pilastro al quale aggrapparsi.

Ho dimenticato di parlare della famiglia: una serie di cugini inesistenti, che non si fanno mai vedere e per questo lui fida di più degli amici, ovvio. Sono anche i suoi eredi, che non s’interessano di lui.

Poi arriva una tegola – a ben vedere una situazione risolvibile – ma bisogna entrare nella testa di chi ha solo mezzo corpo a disposizione: le paure si moltiplicano per mille, le ansie lo divorano.


Se l’INPS tarda un po’ troppo per confermargli la reversibilità della pensione del padre (gli invalidi al 100% ne hanno diritto) si fa vivo l’amministratore: c’è un “buco” pregresso di 5.000 euro. Per carità, nulla di così terribile: l’amministratore assicura che aspetterà, mia moglie gli presenta un piano di rientro che, in capo a tre anni, gli consente di pagare quel che resta del funerale del padre e l’amministratore. Dai, stai tranquillo: tutto s’aggiusta.

E invece non va a posto nulla, perché Adriano ne ha sopportate troppe negli ultimi anni: abituato bene, non sapeva che il padre aveva dilapidato il patrimonio familiare (con una donna, si dice) ed ora tocca a lui sopravvivere e pagare i debiti con 1.400 euro il mese. Lo so che per noi sembra una situazione risolvibile, ma bisogna essere nella sua testa.

Inizia a star male finché, una sera, mia moglie ed un amico lo trovano a letto: la Guardia Medica lo ha liquidato al telefono con “è l’influenza” senza recarsi da lui, il suo medico è uccel di bosco da tempo, il cellulare è per terra e non è riuscito a raggiungerlo, vaneggia, ci mette un po’ a riprendersi. Dai, forza, andiamo a cena da Carlo.


Arriva e scendo: noto subito che ci mette il doppio del solito ad attraversare il giardino, la scala – poi – è un tormento. Finalmente si siede al suo posto – è la sera di Santo Stefano – e ci sono i cappelletti in brodo “sciacquabudella” per mettere il fegato a suo agio, dopo tanti piatti della festa e vini d’annata.

Lo osservo, man mano che mangia sembra prender forza e si colora un po’: poi, scoppia a piangere e ci chiede grazie per quello che facciamo per lui, ci sentiamo un poco imbarazzati. E qui commetto il mio errore.

Le condizioni di Adriano rimangono pessime: e chi lo riaccompagna a casa e ce lo lascia? Con quel tremore, quei reni che destano più di una preoccupazione…perché non vai in ospedale a fare un po’ d’analisi? Accetta, obtorto collo, perché sa che non ha altra scelta.

Ce la prendiamo con calma e ci presentiamo al Pronto Soccorso che è l’una passata: c’è poca gente, lo guardano subito. Noto che è un codice giallo, ma appena passata la visita cambia in verde: meno male, evidentemente non ci sono grandi cose.

Il medico afferma che ha qualche valore del sangue fuori posto e che bisogna indagare: lo metteranno in medicina a fare un bel “lavaggio” di fegato e reni. Ci sembra una buona soluzione.


Il giorno dopo Adriano è triste (e chi non lo è in ospedale…) e rassegnato: però si alza per il pranzo e per la cena e mangia al tavolino, con la flebo attaccata. Insomma, le cose non vanno tanto male.

Il terzo giorno gli danno una pastiglia che non sopporta e che lo fa star male: vomita più volte. L’infermiera – ho notato che ci sono altre pastiglie sul comodino – conferma “no, non deve prenderle, lo fanno star male”. E qui Adriano commette quello che sembra un errore: alza la voce.

“Arriva o non arriva questo anti-emetico? E’ tutto il pomeriggio che lo chiedo!” non sentono, e allora lo urla.

Puntuale, arriva la “consulenza” psichiatrica, la quale conclude che non c’è niente di “significativo” – come sia giunto il medico a questa conclusione mi è strano, Adriano ha una depressione che galoppa… – però non manca la cura per farlo “stare tranquillo”. Valium, una pera che addormenterebbe un cavallo.


Il giorno seguente Adriano è assente: a malapena riesce a salutare ed a pronunciar qualche parola. Gli chiediamo se dobbiamo avvisare i cugini, solo lui ha i numeri di telefono…uno, addirittura, è un ex primario: è andato in pensione solo l’anno scorso nello stesso ospedale…no, Adriano si agita, no, niente parenti, voglio solo voi, i miei amici…

Andiamo a parlare con la dottoressa, ma non essendo parenti ci dirà quello che vuole: ci racconta che Adriano è un alcolista. Un alcolista?!? Sì, lo abbiamo dedotto dalle analisi e dalle sue affermazioni: certo, penso, “bombardato” com’è gli fai dire quello che vuoi…ci spertichiamo, siamo in tre – io, un ex infermiere ed un dipendente comunale – lo conosciamo bene…sì, beveva un bicchiere a pasto, d’Estate un po’ di birra al posto del vino, ma non è un alcolista, perdio! A questo punto siamo tutti alcolisti! E poi, l’alcolismo è una malattia psichiatrica, ci vogliono gli estremi per diagnosticarla, mica bastano delle analisi!


Osservo meglio la dottoressa: avrà quarant’anni, mal portati. Due lenti spesse mascherate da una montatura sapiente, viso tirato, poco trucco, capelli biondi (saranno naturali? Boh…) ed un’aria stanca e depressa: mentre parla con noi non smette di maneggiare qualcosa al computer e la sentenza è sempre la stessa, è un alcolista, lo curiamo, se vi va bene è così, altrimenti ciccia…

Usciamo, ringraziando il cielo di non aver mai incontrato un medico del genere: già, ma lo ha incocciato Adriano!

Dopo qualche giorno M. – l’ex infermiere – comincia a cedere…non possiamo pensare che Adriano, quando uscirà, potrà fare la vita di prima, dobbiamo trovare una soluzione, credetemi: dovrà andare in una residenza protetta. Non pronuncia la parola “ricovero” per non farci trasalire, ma la sentenza è chiara a tutti.

Già, penso: prima d’entrare qui dentro, però, Adriano camminava con le sue gambe e se la cavava…

R. – il dipendente comunale – s’attiva con le assistenti sociali: l’assistente sociale non c’è, è in ferie, c’è la sostituta che, però, è un’infermiera qualsiasi e non può prendere impegni. Fino al 7 Gennaio.

Pochi giorni dopo, Adriano viene spostato in un altro reparto: ci dicono “riabilitazione” e tiriamo un sospiro di sollievo.


Un medico ci sussurra che la “situazione è difficile” e, quando ribattiamo il trattamento pesantissimo subito con gli psicofarmaci, a denti stretti confessa “che sotto ci vanno giù pesante”.

Arriva, finalmente, uno dei parenti: è un cugino che, ogni tanto, lo degnava di una telefonata: trasale – ma neanche troppo – e ci racconta che Adriano è sempre stato uno sbandato. Insomma, se crepa se lo è solo meritato. Taccio per non mettergli le mani addosso: qualcuno mi ha sussurrato che in quella famiglia sono tutti massoni, compreso il padre defunto di Adriano.

Adriano, oramai, vive in un limbo tutto suo: a volte capisce, altre no, talvolta fa appena un cenno con la mano. Vive in un torpore continuo, che non è da lui. Ma che cos’ha? Nessuno ci risponde: è un alcolista, verrebbe da ridere se la situazione non fosse tragica.


Lunedì 14 Gennaio andiamo all’ospedale: sull’ascensore incontriamo una badante che avevamo conosciuto nel reparto di prima – quello del Valium a gogo, tanto per capirci – e ci confessa che, la sotto, sono più duri di una pietra.

Aveva chiesto un calmante per il vicino di letto del suo assistito – che si lamentava per il dolore – e s’è sentita rispondere: “che tanto sta morendo, un calmante non serve”.

Ci salutiamo, sull’ascensore, con la tristezza negli occhi: non facciamo in tempo ad entrare nel reparto che R. ci viene incontro: “sta morendo”. Ma come? E di che cosa? Proseguiamo.


Adriano è in coma – hanno già messo i teli verdi – e rantola: sale il groppo alla gola. Un’ora ed è tutto finito, se ne va: vai Adriano, lascia questa metà di un corpo che t’ha fatto soffrire così tanto. Liberati, che il Bardo ti sia benigno.

M. – che è stato infermiere, ribadiamo – è frastornato, pronuncia una sola frase che basta, però, a gettare una luce sinistra sugli eventi: “in tanti anni, non ho mai visto nessuno entrare in ospedale come Adriano, con le sue gambe, ed uscire con i piedi davanti in questo modo, senza un perché, senza una motivazione seria…”

A questo punto vorrei chiedere il sequestro della cartella clinica da parte dell’autorità giudiziaria…ma mi accorgo d’essere senza forze, svuotato. Succede, succede, quando tutto finisce. E poi non so nemmeno se potrei farlo, non essendo un parente.


Come se la notizia si fosse improvvisamente sparsa per vie misteriose, arrivano tutti i parenti, ma proprio tutti…cugini di qua, cugini di là…tutti gli eredi (la casa vale parecchio) e decidono per una cosa “semplice”: non vorrebbero nemmeno andare a casa per prendere il vestito bello e per loro basterebbe metterlo nella cassa così, con il pigiama. Non è una questione di abiti, bensì di dignità, ricordo: perché Adriano non lo merita? Convengono e ci rechiamo a casa a prendere l’abito.

In ogni modo, niente funzione in chiesa – Adriano era credente, perché negargliela? Qui sono irremovibili – si parte dall’obitorio e si va direttamente al cimitero, dove gli daranno una benedizione. Anche i cani meritano una benedizione, quando muoiono: capiamo che, in quella famiglia – a questo punto ritengo che le voci sulla massoneria siano fondate – chi non è “on” è una merdaccia, non merita nemmeno una messa. Che faremo celebrare noi in seguito: gli amici, le merdacce come lui.


Qui finisce la storia, salvo che ogni tanto – quando mi volto, a tavola – mi sembra di vederlo accanto a me, che racconta dei suoi anni “romani”.

Rimangono due riflessioni: una – se vogliamo – banale (ma neanche troppo) ossia cosa sta succedendo nella sanità a forza di “tagli”?

La seconda è più dolorosa e nascosta: siamo certi che le cure – i cosiddetti “protocolli” – siano uguali per tutti e non tengano conto dell’età?

Incominciamo dalla più facile, dalla prima.


La sanità, con la “cura Brunetta” ha perso 39.000 medici: da 319.000 a 280.000 – pensionati a 58 anni, basta farli fuori – che rappresentano il 12% del personale attivo. Stessa sorte per gli infermieri. Ora, immaginiamo cosa significa il 12% in meno? Per il nano malefico solo dei numeri, poi ripresi da messer Monti quando affermò “che dovevamo dire addio a questo modello di Sanità”.

Ve lo racconto io, nella realtà di tutti i giorni, non nei tabulati del Ministero delle Finanze.


Febbraio 2011, mia madre – dopo tre angiografie – deve subire un intervento di by-pass sotto il ginocchio, per ricollegare i vasi inferiori con quelli superiori: c’è un intoppo a livello del ginocchio. In poche parole, si tratta di prelevare una vena dal ventre e sistemarla al posto dell’arteria otturata. 7 ore d’intervento.

Alle tre del pomeriggio – scoccata l’8° ora – inizio ad essere nervoso ma, colpo di fortuna, uno dei medici che la operano esce e si avvicina al distributore del caffè.

“Tutto a posto” – mi previene – “il mio collega la sta ricucendo, è andato tutto bene”.

“Dottore, ma avete operato per otto ore…”

“Se tutte le giornate fossero così ci sarebbe da spararsi..” lo osservo meglio: la schiena mostra un’evidente macchia di sudore e il viso è stanco, nonostante la giovane età.

“Avevo un amico che faceva il chirurgo infantile” – racconto intanto che beviamo il caffè – “e mi diceva che l’orario di lavoro era di 6 ore circa il giorno per 6 giorni, ma che era raro trascorrere in sala operatoria più di 2-3 ore, perché dopo cala l’attenzione.”

“Sì, è proprio così, solo che – oramai – l’emergenza è diventata il ritmo normale: qui siamo in nove, primario compreso, e dobbiamo gestire tutto quel che succede nel ponente ligure, tutto…dall’ictus improvviso a situazioni come quella di sua madre…se approvano quella legge (la riforma Brunetta N. d. A.) non so dove andremo a parare…uno di meno…metti che uno si ammali…e ci ritroviamo con turni da incubo!”

Lui non lo dice, ma loro sono una di quelle “eccellenze” delle quali si riempiono la bocca i politici: proprio a Febbraio del 2011, il pilota di rally Kubica scivolò fuori strada e si ferì gravemente (2). In sette ore d’intervento i medici dello stesso ospedale ricostruirono il braccio destro: sistema nervoso, vascolarizzazione, ecc, dandosi il cambio in 4 medici a coppie per riuscire nell’impresa. Mi rende orgoglioso sapere che, fra quei nove, ci sia un nostro ex allievo.


Insomma, l’equilibrio è fragile e l’eccellenza deriva da due fattori: una buona “scuola” (o tradizione consolidata, di primario in primario), personale e mezzi a sufficienza.

Cosa capita se vengono a mancare i due presupposti?

Il primo – ossia le competenze – rimangono perché i migliori medici saranno attratti dai reparti d’eccellenza – vuoi per soldi o per semplice lustro – il problema è “a scalare”: dove andranno i medici che valgono di meno? A lavorare nelle strutture “comuni”, ossia nei reparti di medicina senza convinzioni, specializzazioni, ecc.

Il secondo fattore è più pericoloso: siccome i reparti continuano a funzionare come niente fosse, i medici “bravi” verranno sottoposti ad uno stress spaventoso, fin quando non getteranno la spugna per andare in un altro posto (all’estero, ad esempio, o nella sanità privata).

Le stesse considerazioni valgono per il personale infermieristico: poter far affidamento su personale altamente specializzato in sala operatoria è un fattore essenziale per il successo.

Risultato: i reparti di eccellenza verranno svuotati dai migliori medici – e quindi perderanno le competenze d’avanguardia – mentre i reparti “comuni” saranno gestiti da persone di “seconda linea” senza ambizione e diventeranno luoghi assai “pericolosi”.

Viene ora il momento d’analizzare la seconda ipotesi, ossia se negli ospedali viga qualche “ordinanza” superiore riguardo alle cure: ossia se, oltre un certo limite, i protocolli non prevedano ulteriori cure per pazienti anziani o con problemi od handicap gravi.

Recentemente (3), un ministro giapponese s’è espresso a favore della cessazione di fornire il servizio oltre una certa età o in certe condizioni, e lo ha fatto richiamando quello che io definisco il principio “dell’alveare” che regola i rapporti in quel lontano Paese. Nippon in primis, tutto il resto viene dopo: non a caso al samurai ritenuto inutile o dannoso veniva chiesto di togliersi di mezzo suicidandosi.

So che questo è un problema spinoso e, se lo seguissimo, ci perderemmo in mille contraddizioni: ciò che rimane è che, in Giappone, si può “chiedere” la vita per la patria in molti modi. Cosa assolutamente inconcepibile qui, in Italia.

Ci bombardano con i casi eclatanti (Eluana, Welby, ecc) ma si dimenticano di dire quante morti sono, per lo meno, “sospette”.

Se volete la mia schietta opinione, non vedo complotti perché non necessari: basta agire sui finanziamenti alla sanità e permettere ogni sorta di nefandezza finanziaria – rimembriamo, per quel che riguarda le tangenti, che con l’impianto sanitario regionale abbiamo moltiplicato i “Poggiolini” (4) a dismisura, fino a giungere ad un Tarantini che non “riusciva” a campare con meno di 20.000 euro il mese – e tutto questo è funzionale al potere. Ed è tutto incentrato sulle Regioni e sulla Sanità.

Si toglie, s’elimina qui e là, si sperperano soldi con le tangenti e le escort…alla fine, viene da sé che una persona non trovi più affidamento nella sanità pubblica: o ha i soldi per cure private, oppure crepa.

Senz’altro mille cose…particolari, riflessioni mi sono sfuggite: a questo, sono sicuro, porranno rimedio i lettori.

Una cosa però è chiara: avvicinandosi il voto, non scordiamo questo importantissimo settore del welfare che si pensa sempre “capiterà ad un altro”. Non è vero per niente: può capitare a tutti di varcare la porta di un ospedale: e allora? Non ci saranno calmanti disponibili perché i soldi sono stati spesi per sollazzare qualche caporione con una escort?

Nessun voto all’attuale casta: non facciamoci abbindolare, c’è una sola forza che merita il nostro assenso e sapete tutti qual è.



(1) Leggi: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ospedali-senza-medici%3Cbr-%3E/2123141



(2) Vedi: http://www.corriere.it/sport/11_febbraio_06/kubica-incidente_6303d6ea-31dd-11e0-a054-00144f486ba6.shtml



(3) Fonte: http://comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&thold=-1&mode=flat&order=0&sid=11389



(4) Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Duilio_Poggiolini

13 febbraio 2013

Mario Monti Papa!



Il giornalista: Carlo Bertani
Frà Bernardo Segredo del Castillo Serrado: Paolo Bertani
Don Aloisio Cacciabal: Mario Foresi

11 febbraio 2013

Una ogni mille anni


Hans Kung e Joseph Ratzinger

“Che farai Pier da Morrone?

Sei venuto al paragone…”

Jacopone da Todi



Sono tempi di fatti “eclatanti” e “unici”, di decisioni “epocali” e tutto diventa “universale”, “planetario”: non sottovalutiamo, però, la scelta di Ratzinger di lasciare il soglio pontificio. Va beh…ci sono le elezioni, l’assalto delle banche alla “diligenza” Italia, il nuovo sbarco in Sicilia – questa volta sono i gonfaloni della finanza internazionale a garrire – e l’abbandono dell’Europa del Sud al suo destino.

Non per questo – un evento (Celestino V) che capita ogni mille anni (Gregorio XII è un caso a sé, guerre di palazzo) – si deve sottovalutare con un’alzata di spalle la questione.

Chi sarà Ratzinger dopo l’abiura?


Non esiste una carica paragonabile al Presidente della Repubblica (senatore a vita) perché il papa è un monarca e, dunque – come sostenne Vittorio Emanuele III di fronte alla richiesta d’abdicare in favore del figlio, Umberto II, presentatogli agli sgoccioli della 2° G.M. il quale rispose “che i Savoia regnano uno alla volta” e rifiutò – Papa Benedetto XVI rimarrà tale. A meno che un accordo sia trovato dal Cardinale Camerlengo e riportato in Conclave, dove troverà senz’altro l’appoggio dei porporati.

Anche perché, due pontificati – Wojtila e Ratzinger – hanno “mondato” il Conclave da tutti quei cardinali in odor di “teologia della liberazione” oppure, semplicemente, africani e sudamericani. Anche fra i porporati esiste l’extracomunitario.

Oggi, il Conclave è tornato in salde mani curiali: anzi, quasi italiane.


Lo scontro avverrà, come sempre in un Conclave, ma in questa stranissima situazione il Cardinal Camerlengo (Tarcisio Bertone) ha senz’altro una marcia in più per essere eletto da una maggioranza formata da curiali, Opus Dei e “polacchi”. Contro sudamericani, africani ed asiatici (che sono una minoranza) e, alla fine, anche i cardinali nordamericani si schiereranno con il primo gruppo: quello che più garantisce il rifornimento di “sabbia” per gli affari dello IOR e per la pedofilia.

Ce l’ha perché – se è vero, come affermano le fonti giornalistiche d’Oltretevere, che la decisione era presa da tempo – l’accordo con il Camerlengo deve essere stato meditato e concluso anzitempo: dell’accordo doveva far parte anche il nome del successore.

Tarcisio Bertone ha lavorato sotto Ratzinger sin dai tempi della Congregazione per la dottrina della fede: è l’uomo fidato – forse l’amico – ed il Delfino perfetto.



In fin dei conti, spiace osservare che la Chiesa Cattolica con Ratzinger ha continuato nel solco di quella di Wojtila: un falso ecumenismo, i profondi legami con alcuni dittatori a dir poco disdicevoli (Videla, Pinochet, ecc) e, soprattutto, la cancellazione d’ogni segno del Concilio Vaticano II. Dove – ironia della sorte – Ratzinger partecipò come importante teologo, in rappresentanza del vescovo di Colonia ed Hans Kung fu un brillante teologo richiesto (al Concilio) niente di meno che da Giovanni XXIII stesso.

All’epoca, i due collaboravano e sembravano essere la “punta di lancia” di una nuova teologia: più aperta, collaborativa, più attenta allo spirito del tempo.

Ma le cose andarono diversamente: Ratzinger – qualcuno afferma “spaventato” dalla contestazione di quegli anni (per assurdo, tornano alla mente i tormenti di Lutero per la rivolta contadina) – cambiò sponda. Kung, no.


Da quel momento in poi, per Kung la vita divenne difficile: privato della missio canonica (il permesso d’insegnare la dottrina) fu gradualmente allontanato dalle sfere vaticane dove, alla fine, Ratzinger divenne Prefetto della Fede e poi Papa.

Ecco una breve sintesi di Kung:


Come Pio XII fece perseguitare i più importanti teologi del suo tempo, allo stesso modo si comportano Giovanni Paolo II e il suo Grande Inquisitore Ratzinger con Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann e anche il Vescovo di Evreux Gaillot e l'arcivescovo di Seattle Huntington. Nella vita pubblica mancano oggi intellettuali e teologi cattolici della levatura della generazione del Concilio. Questo è il risultato di un clima di sospetto, che circonda i pensatori critici di questo Pontificato. I vescovi si sentono governatori romani invece che servitori del popolo della Chiesa. E troppi teologi scrivono in modo conformista oppure tacciono.” (1)


E’ incredibile come, dall’analisi di Kung, notiamo la stessa sentenza che spesso noi caliamo sulla classe politica: “mancano oggi intellettuali”, ossia manca colui che deve porre le basi – filosofiche, etiche, morali – per una ripresa del pensiero.


Oggi, Ratzinger se ne va: crediamo poco che si tratti di questioni di salute. Con la medicina moderna, un Papa può sedere sul soglio pontificio anche se affetto da una grave malattia: Wojtila l’ha dimostrato.

Quel che Ratzinger non riesce più, probabilmente, a tenere a bada sono le camarille curiali, gli intrecci con la (mala) politica italiana, con il mondo finanziario: morto un Marcinkus se ne fa sempre un altro, verrebbe da dire.


E si dichiara, quindi, sconfitto: l’uomo che non ebbe paura dei Liberator inglesi e servì nella FLAK tedesca – nessun appunto può essergli mosso per questo, era prassi di quei bui anni di guerra che i giovani fossero serventi ai pezzi – e non ha tratto nulla dal nazismo. Tutto quello che c’è è “Ratzinger-pensiero”: Hitler non c’entra nulla.


E quel che c’è basta, per consegnare la Chiesa Cattolica sempre di più ad una prassi secolare: lontana dal cuore dei fedeli, avulsa dalla realtà. Una vera e propria turris eburnea che avanza alla cieca, alla ricerca di un mondo immutabile che è cambiato. Col quale non ha saputo interloquire, non ha saputo mediare, ed è stata più che altro abbandonata: bagni di folla esclusi, è nel silenzio delle parrocchie che il fiato si fa sempre più corto.


Di tutto ci saremmo aspettati: che gli intrighi vaticani portassero nuovamente ad un’abiura – più simile a quella di Gregorio XII che a quella di Celestino V – non l’attendevamo proprio. Segno che, anche Oltretevere, il marchio dei tempi ha segnato il passo ed ora, questa istituzione millenaria, sta morendo.

Colpita a morte dalla sua stessa immobilità.



(1) Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_K%C3%BCng

07 febbraio 2013

Bienvenido Presidente!


 

Questi soldi, anche se sono pochi, mi devono bastare perché la maggior parte degli uruguaiani vive con molto meno.”

José Alberto Mujica Cordano



Guardate bene questa foto: chi ritrae? No, non è un contadino kirghizo e nemmeno un meccanico ecuadoriano: è il Presidente della Repubblica dell’Uruguay e la foto non è datata – ossia quando ancora era un signor nessuno – bensì è recente. Vale a dire quando già era il Presidente José Alberto Mujica Cordano – questo è il suo nome – che è quasi sconosciuto in Europa: vedremo il perché.



José Alberto Mujica Cordano è un ex tupamaro, come Cristina Fernandez e il defunto marito, ossia faceva parte di un’organizzazione guerrigliera di estrema sinistra: incassa solo 800 euro dei 10.000 che gli spetterebbero dalla carica (“lo stipendio di un bancario”, afferma) e il resto lo devolve ad un fondo per la costruzione e l’ammodernamento delle case dei poveri.

Egli stesso vive in un barrio di periferia – poco di più di una favela – in una fattoria di proprietà della moglie con cavalli, mucche e galline e si sposta con un Maggiolino Volkswagen: per le occasioni ufficiali usa una Chevrolet Corsa, un’utilitaria anch’essa, che resta spesso a dormire nel garage del Palacio Suarez y Reyes, la residenza presidenziale, un’ala del quale è stata aperta ed usata come rifugio per i nullatenenti.

La prerogativa di viaggiare senza scorta non è soltanto dei reali nordici: anche José Mujica viaggia senza scorta – con solo la sua affezionate cagnetta bastarda come “scorta” – e parla con la gente: va dall’ortolano e lo ascolta, incontra qualcuno per strada e lo ascolta, ascolta la gente, il suo popolo, e “riporta”. Questa è democrazia: leggete l’articolo (1), ne vale la pena.



Cristina Fernandez non è così “francescana” – ma è una donna, e le donne si sa…vogliono sempre piacere… – però è una persona che, quando si trattò d’ammodernare la scuola, acquistò 3 milioni di PC portatili (facendo i rapporti con la popolazione italiana, sufficienti per 10 “leve”, ossia praticamente tutta la scuola “coperta”) e li diede gratuitamente ai ragazzi. Profumo, ancora aspettiamo i tablet: te li sei venduti? Erano balle? Siamo abituati.

Chiudiamo l’argomento Cristina Fernandez con un’affermazione che non ammette repliche: sono innamorato di lei perdutamente, perciò chi ne parla male soffrirà la mia lama -)). Mia moglie lo sa e soffre in silenzio: solo non vuol sentir parlare di viaggi in Argentina -)).



Lasciando gli scherzi, queste sono persone normali, che cercano di capire altre persone normali come loro: Cristina Fernandez ha quasi 60 anni ed una vitalità che fa invidia. Le sue tradizionali “nemiche” – ossia le donne della corte inglese – al confronto fanno pietà: il principe di Galles ha una amante/moglie che si sforza di apparire “conforme” alla corte (che non la vuole) ed è così diventata una gallina zeppa di rughe e con quattro peli stopposi al posto dei capelli, peraltro soffocati da copricapi da donna delle pulizie del Queens. La principessa Kate, che non ha nemmeno 30 anni, già sfiorisce con le gonne rigidamente “un dito sotto il ginocchio” e presto ingombrerà la testa con i terribili cappellini di corte.



Poco sopra abbiamo chiuso con un “siamo abituati” che a tutti noi, me compreso, è sembrato del tutto ovvio: non lo è per una mazza di niente!

Hollande guadagna una frazione di Napolitano ed il Quirinale costa di più di Buckingham Palace!

Non sono soltanto la spocchia e le ruberie, le menzogne e l’ignoranza che ammantano la nostra classe politica: sono stupidi come veramente è difficile esserlo. A cercarli fra la popolazione italiana bisogna sceglierli con cura: più sono stupidi, più li acchiappano e ce li fanno votare col Porcellum.



Il “merito”…fa quasi sorridere…meriterebbero solo un posto da passacarte d’infima categoria e stanno imbastendo la campagna elettorale più surreale della storia, mentre la popolazione se ne frega e li voterà solo per tornaconto personale. E la gente è più furba di quel che si pensi: Berlusconi toglie l’IMU? Bene! Dove li va a prendere i soldi?

Taglierà 80 miliardi dal settore pubblico: dimenticatevi sanità, scuola e giustizia, e nemmeno così potrà farcela. Allora ci ripensano, ed il PdL non va oltre una certa cifra.

Dall’altra parte si coprono di ridicolo ogni giorno che passa ed ogni volta che blaterano: Monti che parla di abbattere “i legami fra banche e mondo politico” ma…ma…deve “abbattere” se stesso?

Bersani non parla nemmeno più: ecco, taci che è meglio, perché dopo aver ascoltato il “pettinare le bambole” non desideriamo altro, grazie.



In un Paese senza lavoro si deve lavorare fino a 70 anni, in un Paese senza welfare il reddito di cittadinanza sarebbe inutile – parola della Fornero – perché “gli italiani si siederebbero e si farebbero delle gran pastasciutte”. Di grazia, se avessero quei quattro soldi marci cosa dovrebbero fare: prenotare una Ferrari?

Nessuno che faccia discorsi concreti e sforni qualche progetto: la politica, oramai in Italia, è diventata solo una questione di bilanci: dai quali – questo no, non si tocca – non deve diminuire il gettito che mantiene la classe politica più pagata d’Europa, nel Paese più indebitato del continente.



L’energia? Qualcuno ha detto una parola? L’agricoltura, il turismo, i trasporti…non una sola parola in tutta la campagna elettorale! Cosa vogliono fare? Tutto s’aggiusta spostando capitoli di bilancio da uno storno all’altro e infilando qualche tassa in più sulla gente? I 98 miliardi che devono allo Stato i gestori dei giochi, che fine faranno?

Dobbiamo ancora assistere alle liquidazioni milionarie, prese dalle casse dell’INPS per Cimoli, Fantozzi, eccetera…ossia di tutti gli incapaci nullafacenti manager di Stato?

Per quanto riguarda l’UE, Il FMI, la BCE, la BM e tutte queste benemerite istituzioni, ricordiamo che l’Argentina è risorta quando se n’è allontanata.



Niente, il continente latino-americano ha oramai preso una sua deriva e non ascolta più l’incantatore di serpenti Obama: solo in Messico – truffa elettorale – ed in Colombia – occupazione militare – gli USA riescono ancora ad avere un mezzo piede infilato in una mezza staffa.

Il Brasile commercia con l’India, l’Argentina con i cinesi…e via discorrendo: la vecchia Europa sta a guardare e, come per tutti i guardoni, finirà in una sega senza fantasia rimembrando i fasti di un tempo, quando Vasco da Gama superò il Capo di Buona Speranza e ci regalò cinque secoli di colonialismo.



Ci rimane una sola cosa da fare, se non si suicidano in massa: chiedere – almeno – gli osservatori dell’ONU sulle prossime elezioni. Sono truffatori di professione: non scordiamolo!



(1) Leggi: http://www.linkiesta.it/presidente-uruguay-guadagna-800-euro-al-mese