28 settembre 2019

Futuri inaspettati, pagabili in comode rate


La notizia più interessante, nel panorama politico, è senz’altro l’inizio delle indagini sui (presunti) trascorsi affaristico/politico/stragisti di Silvio Berlusconi con la mafia. Qualcuno griderà al complotto: libero di farlo, però, prima, dovrebbe tenere in conto alcune cosette.

La vicenda, di per sé, non è nuova: già Paolo Borsellino – che s’aspettava d’essere ammazzato (1992) – ne parlò in una serie d’interviste, nelle quali tracciava i primi lineamenti della nuova strategia dei rapporti stato/mafia risultante dal crollo dei vecchi equilibri politici della prima Repubblica.

La “sospetta” tempistica? Non so se sia un esempio di giustizia ad orologeria, come qualcuno sospetterà, e domando: e se fosse capitato tre mesi fa, in pieno crisi politica? Oppure fra tre mesi, quando ci saranno i definitivi “allineamenti” per le elezioni amministrative di Primavera?
Il vero problema italiano è che la classe politica vive continuamente in uno stato di fibrillazione: dunque, qualsiasi novità, notizia di reato o semplice inchiesta giudiziaria, scuote i palazzi della politica come un uragano.

La notizia, di per sé, è vecchia e parecchio strana: un uomo che decide d’entrare in politica e ne scalerà i vertici, come Silvio Berlusconi, si tiene in casa – con la pietosa scusa dello “stalliere” – un personaggio come Vittorio Mangano, capo-mandamento della cosca di Porta Nuova a Palermo, pluriomicida e più volte condannato? Oppure era obbligato?

Oggi, le accuse che sono state rivolte a Berlusconi sono di una certa gravità e, cosa importante, tutte non-prescrivibili grazie alle leggi varate dai suoi governi, data la pesantezza delle accuse.

Insomma, questo è soltanto l’epilogo di fatti già annunciati, già noti ma complessi, zeppi di contraddizioni e di accuse portate e poi ritirate, com’è usuale nelle indagini su Cosa Nostra, che muove pedine, pizzini e pentiti, falsi, veri, oppure ad intermittenza. Per questa ragione, l’accusa di “giustizia ad orologeria” non ha senso e costrutto interni, giacché se fosse avvenuta un anno fa o fra un anno, per la classe politica, avrebbe avuto la stessa valenza.

La classe politica non sopporta d’essere chiamata a rispondere di reati – anche gravissimi – e si ritiene al di sopra d’ogni giudizio da parte della Magistratura. Insomma, la tripartizione dei poteri non è mai stata pienamente accettata nell’ordinamento italiano: siamo rimasti legati al vecchio concetto di “intangibilità” dei potenti, che Alberto Sordi ben evidenziò nel Marchese del Grillo con la vicenda del povero Aronne, oppure lo sberleffo di Don Raffaé da parte di de André. Come disse il Belli: Io so io, e voi non siete un cazzo, continua ad imperare.
Ciò non esime la Magistratura dalle sue responsabilità, come ha dimostrato la penosissima vicenda del CSM: anche qui, il connubio intrinseco fra potere giudiziario e potere politico.

Più interessante, invece, è la strategia che le forze politiche assumeranno di fronte alla prossima, evidente “defenestrazione” di Berlusconi a quasi un trentennio dalla sua comparsa nell’agone politico. Oddio, il vecchio capataz di Arcore in qualche modo doveva finire: anche se pesantemente truccato, gettato in scena come un ectoplasma e sempre sorretto da parlamentari (femmine) “badanti”, faceva più sorridere che paura.

Con lui, però, scompare dalla scena politica quel concetto di centro-destra di sapore post-montanelliano, che si nutriva di forze fresche prelevate dalla Destra più intransigente per convogliarle verso un centro più dialogante. Che, però, metteva in crisi le forze di Destra più intransigenti e “nutriva” in modo asfittico il Centro cattolico e legato all’Oltretevere.
Oggi, quale di queste strategie è attuabile per la coalizione di Destra?

Se è vero che Salvini è riuscito a costruire, grazie ad una notevole e ben gestita campagna mediatica, una figura di riferimento forte e attraente, è anche vero che quella figura risulta “ingombrante” per molti aspetti: è visto con sospetto dalla destra tradizionale, figlia o nipote di Almirante, ed anche da quella meno pretenziosa, che ha conosciuto la penosa vicenda di Fini, terminata con la sua sconfitta, personale e politica.

Anche nel partito di Berlusconi, però, i “mal di pancia” non si sono fatti attendere: tanto è vero che il tentativo di Toti di fondare “qualcosa” di “vicino ma non uguale” a Forza Italia, e di “amicizia ma non sudditanza” verso la Lega, è abortito con uno 0,qualcosa nei sondaggi elettorali. Non che i sondaggi elettorali siano oro colato, però quando si prende lo 0,qualcosa il significato è chiaro. Come, del resto, avviene da anni per formazioni d’estrema Destra quali Forza Nuova o per i partitini che la Sinistra sforna ogni due per tre.

Di primo acchito, verrebbe da pensare ad un “soccorso” alla Lega dopo l’abbandono del governo ed al superamento (indolore? quanto?) del lungo periodo d’interregno che ci separa dalle elezioni del 2023. Perché è chiaro, sin da oggi, che le forze politiche attualmente al governo vorranno nominare il nuovo Presidente della Repubblica (previste per il 2022) – questo è più che ovvio – e non ci sarà manovra di palazzo capace di schiodarle da questo obiettivo, di primaria importanza.
Allora, forse, l’attuale “downgrading” di Forza Italia (conseguente alle vicende giudiziarie di Berlusconi) non è un inutile soccorso alla Lega, quanto una apertura verso nuovi equilibri che segneranno – veramente – l’ingresso nella Terza Repubblica. E, qui, la “chiamata” al Bildenberg – per quanto squalificato e ridotto ad un mero evento di costume – di Matteo Renzi qualche significato l’ha.

L’uomo di Rignano non ha dato gran prova di sé: partito dal 40% di consensi ha dilapidato velocemente un simile vantaggio, finendo intrappolato da una riforma costituzionale mal gestita e, peggio ancora, finendo pugnalato da inchieste giudiziarie – legittimissime! -  che avevano coinvolto i genitori e parenti vari.
Il ragazzotto, di per sé, vanta una lunga frequentazione con il capataz di Arcore, si dai tempi nei quali Mediaset gli fece un “regalo” corposo (o pagamento occulto?) con la vincita ad un gioco a premi: viste le mille “provvidenze” di Berlusconi, a pensar male non si fa peccato.

Le recenti vicende (ed elezioni) avevano lasciato l’uomo di Rignano confinato, a rigor di logica, al suo scranno di senatore – ma la logica, in Italia, non è molto aristotelica e più legata agli empirismi di palazzo – e, dunque, il senatore controllava e controlla un buon numero di deputati, tanti da creare un nuovo soggetto politico.
Non ci si lasci abbindolare dalle difese in extremis nei confronti di Berlusconi (“stupito”, “senza prove”, ecc): sono soltanto dei segni d’omaggio e formali ringraziamenti. In realtà, il guitto della politica italiana, vuole ereditare: nient’altro. E, qui, si apre un bel dilemma al quale, però, l’inossidabile trasformismo della politica nazionale saprà fornire risposte.

Per prima cosa, Renzi ha dipinto un acquerello dalle modulazioni tenere: Italia viva sarà la ripulita e profumata casa dei veri “centristi” obbligati, obtorto collo, ad entrare, silenti, nel truce maniero dei bolscevichi rampanti dal Veltroni-pensiero. Una sorta di “nuovo CCD”? Il sospetto viene, ma non addossiamo al monello di Rignano pensieri e parole impure, come il copione della trattazione richiede.

La strada è stretta, inutile raccontarselo, però Renzi non pone fine al tempo: è giovane, ha rottamato in LeU i vecchi apparatcik del partito e, dunque, può divertirsi nel gioco del trasformismo senza temere trasformazioni troppo veraci. In altre parole, sarà capace di fingersi il grande nemico di Salvini fin quando gli servirà. Dopo? Eh, dopo…e chi lo sa quali bischerate m’inventerò? Fossi al posto di Conte – dopo le formali rassicurazioni di appoggiare il governo sine die – farei un salto a trovare Enrico Letta. Credo che insegni a Parigi: vuole il telefono? Ah, già lo tiene.

Eppure, quello di Renzi è un gioco pericoloso, e lui lo sa bene, perché oggi è assolutamente sprovvisto di sufficienti “scorte” politiche per affrontare il drago rampante padano ma, da bravo politico qual è, sa benissimo che dopo un’ascesa senza limiti non puoi che aspettarti due cose: un crollo rovinoso oppure una discesa lenta ed inesorabile. Salvini si nutre di promesse: fino a quando il suo elettorato s’accontenterà e non dirà “vedo”?

Qui è il nocciolo della questione – non Conte, i 5Stelle o robetta del genere, questi trastulli lasciamoli pure al PD – bensì come, da una stretta e poco confortevole poltrona da senatore, potrà diventare – chiamato a gran voce! – il difensore dei valori europei, globalismi, eccetera eccetera…e dovrà scendere nell’arena solo, ad incontrare il suo nemico. Il Salvinardo.
Come Macron debellò la Le Pen, questa è l’opera che nella sua stamberga di Rignano legge e rilegge, alternandola al Principe, del quale ha letto e capito qualcosa solo fino al capitolo settimo, saltando poi l’ottavo – Di quelli che per scelleratezze sono pervenuti al Principato – e finendo di non capire una mazza nei capitoli inerenti i costi per ottenerlo.
Però, sette capitoli li ha letti: dai, che oggi è già tanto.

Da buon toscano, il Renzino, è una persona furba e schietta: quello che si trasforma rapidamente nel tombarolo il quale s’appropria d’altrui tesori e poi li rivendica come, da sempre, propri. Perché toscano, e dunque etrusco.
In altre parole, Renzi è il miglior avvocato di se stesso che sia riuscito a trovare e, mettergli in bocca futuri intrallazzi o trappoloni farseschi, è come attendersi risposte limpide dal pappagallo di un pirata (i pappagalli sono molto longevi) che risponderà sempre “un giro di chiglia!” (1). Che ne farai di Conte? “Un giro di chiglia”. Cosa aspetta Salvini? “Un giro di chiglia!”. Cosa vorresti dal papa? “Un giro di chiglia!”. Perché?

Poiché, nell’immaginario che lui stesso ha creato di se stesso – oggi si va per ectoplasmi viventi e saltellanti sul Web, gli impegni politici sono fanfaluche – c’era soltanto la necessità di rientrare in gioco, non altro.
Quando si è alzato in Senato per parlare, ed esprimere appoggio al Conte2, era l’avvocato Matteo Renzi che difendeva il nuovo governo nascente ma senza attaccare troppo il vecchio, perché nei confronti di Salvini non è mai stato brutale od offensivo: “sono il tuo futuro avversario, ma (per ora) ti rispetto”, pareva dire.

Renzi sa benissimo che iniziare il gioco delle minacce, del “stacca/attacca” la fiducia al governo gli darebbe una pessima notorietà: è un avvocato, sa benissimo quali sono i rischi di un’arringa troppo veemente, come, del resto, sono avvocati Conte, Bonafede, Toninelli, Bongiorno…e tanti altri. Solo Salvini non lo è, e si vede: ottimo comunicatore, è una “bestia” da Web come Di Battista, ma non sa mediare e contrattare un accordo. O sfonda, o perde.
Di Maio, invece, non è avvocato ma non ha nemmeno una comunicazione molto efficace: ha doti di mediazione naturali (s’è visto nell’accordo con Arcelor per Taranto) ma, più di tanto, non riesce a combinare: probabilmente, proprio per questa ragione fu scelto da Beppe Grillo per guidare il Movimento, un elemento di mediazione che previene scissioni? Probabile: difatti, in tutto il trambusto che c’è stato, pochissimi hanno lasciato il Movimento e, passato il momento “clou”, non lo lasceranno.

In definitiva, l’unica strategia di Matteo Renzi, oggi, è quella di “ereditare” qualche parlamentare (da Forza Italia, principalmente), una è arrivata dal M5S, qualcuno può darsi si muoverà dal PD o dalle forze di centro sempre molto “mobili”. Ma, oggi, la sua strategia è attendista: vuole logorare Salvini sulla lunga distanza, aspettando il momento giusto per avere sufficienti forze parlamentari e mettere un piede “pesante” nella coalizione di governo. Quasi sicuramente, quel momento verrà con l’elezione del Presidente della Repubblica, nel 2022.

Conte, oggi, non ha molte scelte di fronte: ha una buona immagine nell’elettorato, che sa difendere bene, e dunque sa che – in futuro – la sua immagine sarà sempre molto “spendibile” per richiamare consensi: la strategia del governo è di basso profilo. Sparita la contrapposizione a muso duro con l’Europa, scomparse tutte le velleità “no-euro” e “no-Europa” – sulle quali, in realtà, nemmeno Salvini premette molto sull’acceleratore, difatti i suoi due “alfieri” (Borghi e Bagnai) sono sempre rimasti nell’ombra – quindi, molto della partita sarà vissuta dal governo per ottenere qualcosa di “sostanzioso” dalla nuova commissione, viste anche le pessime condizioni tedesche.

La strategia di Salvini dovrà essere riveduta, per due ragioni: la vicenda dei migranti non è molto cambiata, prima arrivavano di nascosto, oggi arrivano alla luce del sole, però con un accordo europeo di redistribuzione che, per oggi, è solo provvisorio ma esiste. La seconda è la strategia di volere elezioni ad ogni costo, che è svanita e, dunque, si tratterà di correggere la sua esposizione politica e, soprattutto, mediatica, per far fronte alla nuova situazione. E’ molto difficile cambiare la strategia d’attacco su tutta la linea di Salvini, la sua totale esposizione mediatica, perché l’elettorato di Salvini vuole “risultati subito” e Salvini, oggi, non è in grado d’offrirli.

Difatti, il “boom” elettorale dei sondaggi scende, proporzionalmente all’esposizione mediatica di Salvini: non sono io a dirlo, bensì Libero, il quotidiano che gli è più vicino. Ed anche Il Giornale titola più su faccende europee che sulle vicende italiane, vale a dire glissa, sospende, non s’azzarda.
Vedremo come se la sfangherà, perché è difficile mutare una strategia per lo sfondamento in una per l’attesa: è come passare da Germanico a Quinto Fabio Massimo, e non sempre riesce.

Certamente, il vero sconfitto, oggi, è il M5S che era partito come colui che avrebbe mutato non la pelle, bensì l’intero organismo della politica italiana: va bene il taglio dei parlamentari, ma il continuo bisogno di alleanze (prima la Lega, poi il PD) per stare al governo cancella molte delle promesse e delle speranze iniziali. Hanno tentato, fallendo, la via delle alleanze e, oggi, se ne vedono i frutti.
La sua immagine è appannata, anche il consenso è intorno al 20%: questo accade a chi promette la luna e, dopo, non può fornirla. D’altro canto, la stessa parabola che ha obbligato Sryza e poi Podemos ad accettare più miti consigli e abbandonare le posizioni più estreme.

Il poco è sempre meglio del nulla”, rammentava Parmenide…già…però, oggi, nel clamore mediatico del Web, ogni ridimensionamento è considerato un fallimento, ogni parola data ed impossibile da realizzare un tradimento. D’altro canto, è la sempiterna vicenda fra chi vuole innovare e chi desidera, invece, mantenere. E’ la molla che spinge la Storia verso una risultante che è sempre una mediazione fra opposti, non la volontà rivoluzionaria o reazionaria. Facciamocene una ragione.

(1) Giro di chiglia: punizione molto usata nella marineria velica, consisteva nel legare il malcapitato con due funi ai polsi. Poi, gettato a babordo, veniva recuperato a tribordo compiendo un giro subacqueo della parte immersa (opera viva). Se sopravviveva…

17 settembre 2019

Giravolte e contrappassi


Una volta, tanto tempo fa, ci fu in Italia il governo della “resurrezione”, che doveva condurci ai fulgidi avvenire dell’euro, e finì con una caciara innaffiata di bombe in quel di Belgrado. Venne dunque – per contrappasso – il governo delle “libertà”, ma di libertà se ne videro ben poche, condite però con robusti tagli a tutti i settori sociali.

Nuova boa, nuova virata a sinistra, con il governo del “riscatto” che passò quasi inosservato e, dopo due anni, per un colpo di lupara sparato da Ceppaloni, terminò nella polvere.
Tornò quindi in auge il sempiterno “libertario” che ci condusse, in pochi mesi, da una Roma stravolta dalla pacifica invasione libica di un Gheddafi raggiante – con stuoli di giovanette che si convertivano all’Islam (si scoprì, dopo, che erano state reclutate in una scuola per hostess) – ad una guerra senza quartiere, nel quale il “convertitore” Gheddafi finì martire, in un canale di scolo, con una baionetta piantata nel sedere.
Con gran spiegamento (anche) delle armi italiane ed una Hillary Clinton raggiante: dopo i giochi di bocca di Monica, assistente del marito, quella baionetta nel culo di Gheddafi dovette eccitarla, al punto di lasciarsi andare a mail molto focose, prontamente carpite dal buon Samaritano Assange.

Dopo, fu il regno del terrore, con un Bergmeister affiancato da una kapò dagli occhi di ghiaccio, che sbatté nel lager della “fine pena mai” i lavoratori italiani. Terminò anche l’incubo – mentre le loro riforme rimasero, al punto che, per cercare di ovviare al problema, si varò “Quota 100” che però, a conti fatti, prevede un “taglio” che va dal 5 al 30% dell’assegno pensionistico. In pratica, la riforma Fornero, non fu toccata nei suoi assiomi essenziali, vale a dire la “consistenza generale” del rapporto retribuzione/pensione. (1)

Dopo molte schermaglie, dissidi interni fra i partiti, alleanze stranissime e leggi elettorali sempre più “fantasiose”, giunse il governo della “rottamazione” il quale, ancora una volta, rottamò ben bene i diritti senza toccare, ovviamente, i doveri.

Infine, il governo del “cambiamento” che cercò disperatamente di cambiare qualcosa nel guazzabuglio della legislazione italiana ma che, per improvvisi motivi – che è oggi ampia materia di dibattito: è stato l’uno! No, l’altro! E’ tutta colpa della Madonna! No, dei comunisti! – cadde.

Oggi abbiamo un nuovo governo e, mentre il vecchio governo lavorava, anche la magistratura lavorava, eccome! Questa volta, però, era fortemente contrastata dalla giurisprudenza europea: come finì?

Finì con una sentenza del Febbraio 2019 che eludeva e cassava i diritti di 70.000 persone, transitati da molti enti locali (in primis le Province) al Ministero dell’Istruzione. Il passaggio fu decretato nel 1998 dal ministro Berlinguer, con l’omonima riforma che toccava un migliaio d’insegnanti e quasi 70.000 assistenti amministrativi, segretari, ed altro personale della scuola.
In pratica, Berlinguer in parte mentì, perché affermò che la riforma era a “costo zero” mentre, a parità d’anzianità conseguita, c’era un modesto esborso. All’epoca, veramente modesto per lo Stato.

Ma nel 2000, sotto Amato, ecco che si attivarono i sindacati: quando mai i sindacati, in Italia, hanno mancato al loro preciso dovere di difendere, vegliare, corroborare, aumentare i diritti e le retribuzioni dei…sindacalisti? Il lavoratore? Chi era costui?
Così ci fu un bel accordo nel Giugno del 2000 nel quale, zappetta un poco, confondi qui e là…i lavoratori confluiti volontariamente il 1° Gennaio 2000 (con diritto di scelta!) si videro tagliare l’anzianità pregressa. Ad esempio, da 20 a 7 anni. Perché? Poiché lo prevedeva l’accordo sindacale “confederale”. Amato, quanto sei stato amato!

Il successivo governo delle “Libertà” – Forza Italia, Lega Nord e Alleanza Nazionale – precisò ancor meglio quella ruberia, inserendo un apposito comma (218) nella legge Finanziaria per il 2006. E, qui, entra in gioco l’Europa: l’Europa della barbarie, dell’intrigo, dei diktat massonici.

Stimolati dai vari ricorsi in sede europea – l’Italia assorbe, da sola, circa  la metà dei ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (!) – i giudici europei stilarono ben 7 sentenze favorevoli ai lavoratori mentre, negli anni, la magistratura continuava a stilare sentenze favorevoli e contrarie, alcune “incerte” anche alla attenta analisi dei giuristi le quali, però, terminavano sempre con un verdetto contrario della Corte di Cassazione. Vabbè…due telefonate, una a Palazzo Chigi, un’altra a viale Trastevere…se trovammo sempre n’accordo pé accontentà tutti…il lavoratore? Chi è costui?

Fino a Giugno del 2019, quando l’UE s’incazza e dice: “Lo sapete che siete tenuti a rispettare e dare corso alle sentenze della Corte Europea? Avete firmato, prendendo precisi impegni. La finite d’ingolfarci con ricorsi inutili, sui quali abbiamo già sentenziato, perché la materia è chiarissima: non si può ingannare un lavoratore, impegnandosi a garantire l’anzianità da un passaggio da un’amministrazione all’altra, e poi fottersene con mezzucci giuridici che fanno pietà?”
E, tanto per spolverare la memoria, “ricorda” le varie sentenze:

Sentenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Grande Sezione) del 6 Settembre 2011, caso C 108/2010, Ivana Scattolon c. MIUR.
Poi, le varie sentenze della CEDU (Corte Europea dei Diritti Umani):
Agrati e altri c. Italia del 7 giugno 2011;
Anna De Rosa e altri c. Italia dell’11 dicembre 2012;
Montalto e altri c. Italia del 14 gennaio 2014;
Biasucci e altri c. Italia del 25 marzo 2014;
Bordoni e altri c. Italia, del 13 maggio 2014;
Caponetto c. Italia del 13 maggio 2014;
Peduzzi e Arrighi c. Italia del 13 maggio 2014;
Marino e Colacione c. Italia del 13 maggio 2014;
Caligiuri e altri c. Italia del 9 settembre 2014.

In teoria, se l’Italia fosse un Paese con un minimo di dignità, sarebbe bastata la sola sentenza del 2010, quella della Corte Europea di Giustizia dell’Unione Europea (Grande Sezione) ma l’Italia non ascolta, non recepisce, non attua nulla.
Credo d’aver capito il motivo.

Perché, in Italia, mancano sempre i soldi. Già.
Se viveste in Ausonia, dove vivo io, non succederebbe mai che i ponti autostradali crollino perché vecchi e fatiscenti, ed i tecnici incaricati della sorveglianza non si munirebbero d’appositi “disturbatori” elettronici per non farsi intercettare. (2)
Non capiterebbe nemmeno che una importante opera pubblica chiamata “Aurelia Bis”, che doveva esser pronta nel 2016, sia finanziata con 128 milioni (spariti) e che poi…la società fallisse, uno scappa, l’altro è in Africa, l’altro ancora è irreperibile…e tutto rimane fermo, così, con migliaia di tonnellate di macerie all’aria e nulla di fatto. (3)
Non capiterebbe nemmeno che un ponte, inaugurato a Natale, cada a Capodanno! (4)
Non succederebbe nemmeno che si chiedano dei soldi in Europa per specifiche opere e poi siano fatti sparire nel nulla (5): scusate, qui ho dovuto fermarmi perché c’erano centinaia di casi e non ho voluto tediarvi inutilmente.

Non capiterebbe nemmeno che persone che hanno oramai quasi ottant’anni vengano richiamate nelle scuole dove prestarono servizio per vedersi consegnare una nuova ricostruzione di carriera (!), grazie alla quale dovranno restituire tot soldi in tot anni…quasi li avessero rubati…mentre i magistrati di Cassazione rispondono con uno sberleffo. C’è ancora un ministro dell’Istruzione? Chi è? Cosa fa? Ne sono passati tanti che fecero promesse: sempre le stesse, più qualche cambiamento (non manca mai) nell’esame di maturità. Si parte sempre dal’omega.

Eppure, una ragione c’è a tanti disastri in Italia: la mancanza di memoria, che poi si concretizza in un lamento collettivo per le pretese “ingiustizie” create da altri. E’ vero che il trattato di Maastricht fu una truffa per l’Italia, ma ci fu solo quello?

Qualcuno ricorda a quanto arrivavano le aste dei BTP negli anni ’80? Al 15% d’interesse, come in Argentina, dove poi finirono con i conti correnti bloccati a sbattere le casseruole in strada. E i finanziamenti europei?
Qualcuno ricorda che, a differenza di Spagna e Portogallo dove c’erano strutture centrali, in Italia venivano concessi alle Regioni, le quali incaricavano poi le Province e, se non si trovava un accordo di spartizione fra le forze politiche, ritornavano a Bruxelles. Ancora oggi, l’Italia non ha imparato ad usarli: Spagna e Portogallo s’abbuffarono con i finanziamenti rifiutati dall’Italia. Oggi, è la Polonia la prima ad accalappiarli, seguita da altri Paesi dell’Est, che poi giocano a fare i sovranisti.

Da noi, se sei un panettiere, prova a fare domanda per costruire un forno con i finanziamenti europei: ti faranno girare mille uffici, e non otterrai nulla. Solo se hai un qualche mammasantissima alle spalle otterrai un finanziamento per studiare lo sviluppo e l’adattamento della capra abissina sulle prealpi. Che, poi, presenterai, qualcun altro verificherà con cura e poi sistemerà in un archivio, dove dormirà sonni tranquilli per secoli. Ma i soldi, privati della loro percentuale, arriveranno.

“Chi è senza colpa scagli la prima pietra”: è una frase illuminante della Bibbia cristiana. Non penso che tutto quello che diciamo e raccontiamo sulle vicende europee sia oro colato: nel caso che ho illustrato, anzi, è l’Europa stessa a far presente che la retroattività della norma non è ammessa, sia nel diritto di derivazione latina e sia in quello anglosassone. Ma la giurisprudenza italiana se ne frega altamente e non rispetta i trattati internazionali.

Me ne frego dopo me ne frego, siamo giunti ad un punto nel quale ogni truffa o raggiro viene quasi ammirata: quello è stato furbo, adesso gira in Audi, mentre io ho la vecchia Punto di mio zio buonanima. Allora, andiamo sul Web, sui social e ci assataniamo in caustici commenti contro l’Europa, le banche, i governi, le monete, ecc…
Mai guardare alle proprie mancanze, ai propri doveri elusi, alla troppa sufficienza nel giustificare fatti che non ammettono giustificazione. Noi scusiamo tutto e tutti…già…tanto il lamento è libero!

(5) https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/22/como-maxi-truffa-allunione-europea-sui-fondi-per-il-mantenimento-dei-pascoli-98-indagati/5402711/

08 settembre 2019

Cosa si può ottenere e cosa si può sognare



All’indomani della nomina del nuovo governo, sono tornato a leggere le promesse elettorali di quello precedente: su tutto, spiccava la questione europea, in mille salse. Uscita, dall’UE o dall’euro, o da entrambi, poi discesa con un’infinita diatriba sui mini-BOT per pagare le imprese che lavoravano per lo Stato, infine, tutto derubricato all’anno del poi ed al giorno del mai. E’ vero oppure l’ho sentita solo io questa solfa? E perché non hanno lottato strenuamente per raggiungere l’obiettivo? La Lega, addirittura, aveva eletto Borghi e Bagnai, i quali hanno scaldato la loro sedia per più di un anno senza dire una parola, senza fare una proposta. Tutto normale?

Tutto normalissimo, in un Paese nel quale lanci dei proclami che sai benissimo, dopo, di non poter realizzare: basta vincere. Poi, poi…va beh…poi se lo dimenticano…
La campagna per le elezioni europee fu impostata da Salvini tutta sull’immigrazione – altro argomento che richiama consensi – per poi giocarla (male) in un’avventura che, se avesse avuto un po’ di sale in zucca (opinione non mia, bensì di Roberto Maroni), non avrebbe mai tentato. Era ovvio che finisse così: fin quando c’è una maggioranza parlamentare, il Presidente della Repubblica ha il diritto/dovere di non mandare il Paese ad elezioni. Altrimenti, ad ogni elezione – europea, regionale, comunale – qualcuno chiederebbe di tornare al voto.

In realtà, le elezioni europee – pur vincenti per la Lega in Italia – in Europa furono una delusione per il fronte sovranista, poiché la maggioranza dei popolari e socialisti non fu quasi scalfita. Ma, domandiamoci, cos’è il tanto osannato “sovranismo”?

Questa è la definizione che dà l’enciclopedia Larousse:

Il sovranismo è una dottrina politica che sostiene la preservazione o la ri-acquisizione della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali e sovranazionali.

Mi sembra appropriata, dunque è il diritto di lasciare un’organizzazione sovranazionale quando riteniamo che ci danneggi.
Ma, gli italiani, votarono nel 1989 per appartenere all’UE, dunque:
1) Per prima cosa bisogna indire un nuovo referendum;
2) Se lo si vince, bisogna attuare una procedura di “distacco”.

A margine, vorrei far notare a quelli che credono che Salvini avrebbe indetto il referendum – insieme alla Meloni ed a Berlusconi (senza gli alleati, non aveva i numeri per vincere) – beh…ritengo che dopo questa bella prova di fiducia e di affidamento, avrebbero potuto tranquillamente credere in Cappuccetto Rosso, nella Terra Piatta, nei bambini che nascono sotto i cavoli ed a Babbo Natale.

La procedura di “distacco” va in onda oggi in Gran Bretagna, la quale sapeva benissimo a cosa andava incontro: non puoi per trent’anni firmare trattati ed accordi, e dopo andartene con un “ciao”. Insomma, è un po’ più complicato rispetto ad un matrimonio. C’è una trattativa in corso, com’è logico che sia: ciascuno, cerca di ottenere tutto ciò che può.
Però, la Gran Bretagna ci ha riflettuto bene: non dimentichiamo che gli inglesi sono usciti vittoriosi dalla 2GM, hanno saputo trasformare il loro ex impero in una struttura conveniente sia per loro e sia per gli ex colonizzati, inoltre la GB ha da sempre un rapporto privilegiato con gli USA. Quali, di queste qualità, ha l’Italia?

Sbattere la porta è facile, più difficile dire cosa si farebbe dopo: per ora, non ho sentito altro dal fronte sovranista, se non qualche richiamo ad Orban, che oggi ti sembra alleato e, domani – come nel caso dei migranti – ti abbandona al tuo destino.

E’ chiaro che il M5S, all’indomani del voto europeo, scelse la via del cambiamento dell’UE dall’interno, poiché altre vie – francamente – non ne vedevano. Forse questo cambiamento fu anche dettato dalla visione salviniana di una lotta senza quartiere all’UE – solo sui social, chiaramente! – tanto per acquisire consensi. Ma, parliamoci chiaro, quali sono state le mosse di Salvini sul fronte europeo?

Per carità…non torniamo alla storiella dei migranti…a parte che il signor ex ministro dell’Interno non è riuscito a rimpatriare un solo migrante fra quelli che già erano in Italia, ma nemmeno è riuscito a bloccare nemmeno l’ingresso dei migranti che sono giunti in Italia. Qualche sparata qui e là, ma niente di serio: bene o male, sbarcavano sempre, se non dalle navi, dai gommoni. La migrazione di massa, l’aveva già bloccata Minniti con l’infame accordo con i libici a metà del 2017.
Perché? Poiché bisogna distinguere fra “migrazione” ed “invasione” l’invasione avviene da popolazioni armate che giungono dopo un conflitto militare, mentre la migrazione è semplicemente un trasferimento in altro luogo di un surplus di popolazione.

Da noi è giunta una migrazione: voglio ricordare le parole di Salvini, “voglio che in Europa giungano in aereo”. Giustissimo, ma se per ottenere l’obiettivo ti spingi a tratteggiare l’UE come un nemico, dopo non ti stupire se ti lasciano solo ad affrontare il problema. Non è che la migrazione sia un fenomeno solo dei nostri tempi: la Germania ha 9,8 milioni di migranti (11,9% sulla popolazione), la Francia 7,4 milioni (8,9% sulla popolazione), la Spagna 3 milioni (13,8% sulla popolazione), l’Italia 3,6 milioni (8,3% sulla popolazione). Fonte: Wikipedia.

In principio di questa storia, si riteneva opportuno coinvolgere l’UE sui flussi migratori: ossia, sulla base della popolazione, accettare migranti fino ad una determinata soglia (probabilmente intorno al 10% della popolazione) ma giunse, forte e categorico, il “no” proprio dai Paesi cosiddetti “sovranisti”, Ungheria ed Austria in primis.
La vicenda, dopo questo fallimento, finì per avvilupparsi su se stessa: Salvini urlacciava, l’UE s’irrigidiva e così assistemmo alle famose “chiusure” dei porti – che collidevano con il diritto internazionale sul salvataggio in mare – e le “carrette del mare” o giu ngevano indisturbate, oppure erano obbligate a sbarcare nei nostri porti, salvo poi ridistribuire i migranti grazie all’intervento d’altri ministri, poiché Salvini s’era reso inviso a tutti in Europa, salvo ad Orban & compagni che, però, non si prendevano manco un migrante!

La questione dei migranti così si pone – a parte le procedure truffaldine escogitate nel Belpaese, cosicché i migranti finivano nei nuovi “Alabama” dell’agro-alimentare, oppure direttamente a disposizione delle mafie italo-nigeriane, ecc – se si vuole farli arrivare “in aereo”: si stabiliscono le necessità di manodopera per gli apparati produttivi, quindi si apre una trattativa con gli stati “fornitori”, si stilano degli accordi sui numeri annui e sulle destinazioni, si procede all’importazione della manodopera necessaria.

A questo punto, non dite che così si toglie lavoro agli italiani…che barba…trovatemi un italiano disposto a trasferirsi nei campi di pomodori, cavoli, finocchi, meloni, angurie…e poi disposti ad accudire vacche e maiali, quindi a lavorare sotto il sole nelle riparazioni stradali…perché gli occhi li ho come voi, e so riconoscere quanti neri ci sono in questi ambiti.

Qui è cominciata la guerriglia fra Salvini e l’UE – dimenticato l’euro e l’UE (Borghi, Bagnai: dov’eravate?) – tutto si consumò in una campagna elettorale continua, da una radio all’altra, da una spiaggia all’altra, fino a rendersi inviso agli alleati di governo, alle burocrazie europee, ma anche agli stessi partiti di centro-destra! Non è un caso se Toti e Brunetta, recentemente, lo hanno scaricato. E pure qualcuno dentro la Lega ha storto il naso: Maroni e Giorgetti, tanto per non far nomi.

Rimasto solo a giustificare una mossa incredibile – far saltare un governo e poi dare la colpa agli altri, fino a giungere ai complotti, alle dietrologie, alle storie fantapolitiche di chissà quali coinvolgimenti – Salvini, oggi, torna alla sola cosa che sa fare: campagna elettorale, sempre, ovunque. Finché ci sarà qualcuno che lo ascolta, perché dopo un po’ stufa: è la legge dei social, baby, fattene una ragione.

Cosicché, il M5S è stato obbligato a formare un governo con un PD altrettanto diffidente: lo stesso percorso che precedette l’inizio del governo giallo-verde, perché – se sapete leggere – il M5S non ha cambiato le sue richieste: la riforma Bonafede sulla Giustizia, il ritorno delle autostrade allo Stato, la tassazione proporzionale, ecc…solo sulla TAV non ci sono novità: sono tutti a favore (a parte il M5S), dalla Meloni al PD, Lega compresa. E, attenzione, tutti sanno benissimo che l’opera non servirà a niente, ma vogliono i soldi, i quattrini che l’UE ha (per ora) solo promesso, e che genereranno grandi flussi di denaro per i soliti noti, Lega compresa. Un affare da decine di miliardi di euro che durerà almeno 20 anni.

Ed hanno fatto bene a non cedere alle ultime, miserevoli, proposte di Salvini poiché la realtà era ed è che Salvini non ha una linea di governo, non ha idee su cosa fare sull’euro, non vuole l’Europa ma non sa cosa fare per andarsene, non sa come fare per correggere i trattati: Salvini, non ha proposto niente perché non ha niente da proporre.
Non ci credete?

Prendete in esame la situazione internazionale: ci sono 4 grandi potenze economico-militari. USA, Cina, Unione Europea e Russia sono in eterno equilibrio/conflitto su molti temi, mentre almeno 3 medie potenze – Giappone, India e Brasile – si avvicinano o si allontanano da almeno una delle grandi potenze, mai però entrano in aperto conflitto. Due grandi nazioni – Australia e Canada – fanno parte del Commonwealth britannico, 14 nazioni africane pagano una sorta di “tangente” del 50% a Parigi per usare il Franco Coloniale, che consente loro il cambio in euro. Molte nazioni sudamericane hanno legami con il dollaro o con l’euro, tramite il Banco di Santander. Altre, come la Siria e l’Iran, sono vicine al blocco russo od al Patto di Shangai.

Se consideriamo l’aspetto economico e finanziario, la situazione è un po’ diversa, ma le monete che “contano” – nel Pianeta – non sono più di 4-5: il dollaro, l’euro, lo yuan cinese, il rublo, la sterlina, lo yen giapponese e poco altro. Affiancati, però, alle monete – per potere finanziario – ci sono i fondi sovrani di parecchi stati, che investono su beni, servizi e monete. Basti pensare al fondo sovrano norvegese, a quello saudita, a quello del Qatar, ecc.

Chi desidera tornare ad una moneta – nazionale e sovrana – deve munirsi di mutande di latta, se non vuole fare la fine del pulcino non schiacciato – per carità! – bensì lasciato sopravvivere a colpi di spread e di declassamenti da parte delle agenzie di rating. Perché, il pulcino, più e mal messo e più rende.
Questa lezione – amarissima – l’hanno dovuta ingoiare Tsipras e Varouflakis, dei quali stimo più il primo che il secondo: almeno, ha avuto il coraggio di restare e di prendersi le sue “botte” di traditore. E che altro poteva fare?

La questione, se riuscite a capirla, è che siamo nelle mani di una banda di strozzini e non è urlando “li faremo neri!” che si arriva a qualcosa: loro, restano tranquilli, sereni, protetti dai servizi segreti e dai contingenti militari che tengono le capitali sotto scacco. A Roma, tanto per citarne una, sono di stanza il 1° ed il 2° battaglione “Lancieri di Montebello” che hanno – ma pensa te! – anche i mezzi blindati che mancavano ai nostri contingenti in Afghanistan. E’ più importante mantenere sicura Roma piuttosto che i soldatini all’estero.

Due fatti, però, li avevano fatti pensare: il governo giallo-verde in Italia (che Salvini ha affossato perché non voleva la riforma Bonafede, Berlusconi e Bossi hanno detto “nièt”) e, soprattutto, il movimento dei gilet jaune francesi, che li ha fatti impensierire: e se la cosa prende piede? Ci tocca muovere i blindati, ed il PIL s’affossa…

Per questa ragione, oggi, ci sono delle aperture da parte europea (anche perché la recessione ha raggiunto anche la Germania, a testimoniare quanto sia stupido ed infame il capitalismo in salsa Milton Friedman) e si sentono sempre più voci che parlano di “apertura” verso nuovi patti di stabilità, verso “più elasticità”, verso “più equità fiscale”, perché il capitalismo sopravvive sempre, ma sopravvive male a sentirsi incalzato.
Conte ed i 5Stelle hanno scelto questa via: la trattativa, per vedere cosa si riesce ad ottenere. Funzionerà, non funzionerà? Vedremo.

Se avete delle proposte migliori, proponetele, perché io da Matteo Salvini non ho sentito nulla in merito, che non fossero le solite, innocue (per loro) sparate. Ma non tirare in ballo mini-bot, mini-bond, mini-monete, locali, nazionali o quant’altro, perché se si decide per l’altra via – ossia andarsene dall’UE – bisogna avere una proposta concreta, non una favoletta da raccontare per i grulli. Credete forse che ci farebbero sopravvivere fuori dal loro recinto? E protetti da chi, che non sarebbe pronto a venderci il giorno seguente?

Serietà, proposte, non aria fritta. Grazie