“La politica del filo di paglia è fuori della storia, è contro la storia, è prima e dopo la storia. La rivoluzione del filo di paglia è possibile a ciascuno di noi, per scelta.”
Masanobu Fukuoka – La rivoluzione del filo di paglia – Quaderni D’Ontignano – Liberia Editrice Fiorentina – 1980
Siamo in tanti ad affondare la forchetta nel piatto di riso fumante, il “pezzo forte” della nostra cena fra amici, ed i commenti sono entusiasti: certo – aggiungo – un conto è comprare le verdure al supermercato, un altro raccoglierle fresche, dall’orto. E’ tutta un’altra storia di gusti per il palato: come in una sinfonia, si perde il sentore d’ogni singolo strumento per giungere all’armonia, alla magia del concerto.
Talvolta, il concerto è per violino ed orchestra o per pianoforte ed orchestra – così come il risotto può essere con i peperoni o con i funghi, solisti che spiccano – ma non è questo il caso: i piccoli peperoni verdi, accompagnati da mezzo peperoncino piccante, non ce la fanno a “sforare” l’armonia della cipolla, dell’aglio, del sedano…se desiderate provarlo, la ricetta è in nota[1]. I costi sono irrisori, se si ha un orto.
La conversazione, però, s’allontana presto dalla culinaria per indagare altre armonie, per capire se quel modesto piatto di riso sia soltanto il sollucchero di una calda serata estiva, oppure se rappresenta qualcosa di più.
E’ presto detto – aggiungo – in quanti siamo? In dieci. Abbiamo un poco “abbondato”: due etti di riso a testa, più le verdure, facciamo tre chili in tutto di materiale organico vegetale (il caciocavallo è un optional, così come un filetto d’acciuga se qualcuno vuole metterlo). Nessuno, qui, è vegetariano o vegano.
Se avessimo mangiato della carne alla brace, poniamo una misera braciola da 100 grammi (proprio piccina), per produrla sarebbero stati necessari almeno 1,5 Kg d’alimenti vegetali: il rapporto, la “resa” nella trasformazione da alimento vegetale ad alimento animale (ossia carne), varia dal 5 al 10%, ossia da 20 : 1 a 10 : 1, questo secondo il tipo d’animale, le modalità d’allevamento, i vegetali utilizzati, ecc.
La questione è complessa, giacché ci sono le parti non utilizzabili degli animali e dei vegetali (che spostano il “vantaggio” energetico ancor più a favore dei vegetali): la parte utilizzabile del riso è solo la metà circa della pianta, ma il resto sarebbe un ottimo combustibile ai fini energetici, così come gli scarti vegetali – se avviati al compostaggio – si trasformano in ottimo concime per l’anno venturo.
Lo scheletro dell’animale e tante altre parti seguono la “filiera” dell’industria dei saponi, delle colle, della cosmesi… ma stasera fa caldo e non desideriamo andare oltre: facciamo una media di 1 : 15 e chiudiamola qui.
Quel misero chiletto di carne (costo, più di 10 euro) – che, a 100 g a testa, avrebbe lasciato l’appetito quasi intatto – rappresenta, in termini di vegetali, 15 Kg d’alimenti.
Dopo quel “corposo” risotto abbiamo continuato con pomodori, insalata, zucchine in carpione e frittelle di fiori di zucca. Costo: meno di 1 euro a testa. Alla fine, un buon digestivo perché eravamo satolli come lattanti che s’erano prodigati al seno.
Nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo riusciti ad andare oltre i 5 Kg d’alimenti (a largheggiare…) ed eravamo sazi: non era minimamente concepibile giungere alla “soglia” dei 15 Kg.
La riflessione successiva è stata più “politica”: ma guarda te che strano – ha aggiunto qualcuno – proprio noi occidentali che corriamo in macelleria ed in pescheria per riempire le sporte, siamo quelli che si lamentano per gli equilibri maltusiani. E lo facciamo nei confronti di popolazioni che, storicamente, sono vissute con diete composte principalmente da vegetali: i neri e gli orientali, rispetto agli occidentali, hanno (avevano?) fisici da sogno.
Aspetto curioso – aggiunge un altro – dopo aver fatto la coda in macelleria ed in pescheria, ci “accodiamo” dal medico per farci prescrivere le analisi del colesterolo.
I record di longevità – ricordalo, Gianluca Freda, così non ci farai più prendere dei coccoloni -)) – sono dei Paesi che attuano diete prevalentemente a base di vegetali. Il Giappone, ad esempio, ma anche la dieta mediterranea.
In termini culinario/musicali, dunque, la dieta carnea monotematica è come essere dei “critici” che preferiscono nutrirsi di singoli “assoli” di questo o di quello strumento, senza mai cimentarsi con il componimento sinfonico od operistico.
Il risultato – per questa povera e disgraziata Gaia, che deve sopportarci – è che dobbiamo moltiplicare, in peso, ogni cosa che ficchiamo in bocca x 15 e, notizie di corridoio, pare che Gaia si stia incazzando, e non poco.
Ogni cosa che viene prodotta necessita, poi, della sua razione d’energia…e allora…via con le petroliere squarciate sugli scogli, che pisciano greggio per miglia e miglia in mare (avvelenando tutto per secoli), oppure avanti con gli “sfinteri” sottomarini che continuano a scagazzare!
Anche queste faccende degli “sfinteri impazziti” non sono casuali: Colin Campbell – mica l’ultimo scemo del villaggio, è quello che ha praticamente scoperto il petrolio nel Mare del Nord – aveva messo in guardia per tempo.
La forsennata ricerca di petrolio avrebbe condotto – parole sue – ad “impiegare l’energia di due barili di petrolio per estrarne uno”.
Oppure, ad andarlo a cercare in posti limitrofi all’inferno: quando succede un guaio come quello del Golfo del Messico, non si può andare in fondo al mare con la chiave da 10 a chiudere la valvola.
Ma, se dalle holding dell’energia giungono premi a profusione per chi scopre un giacimento, siate sicuri che verranno a trivellare, prima o dopo, anche la vostra fossa biologica. Se c’è del metano…
Insomma, un mondo di pazzi che non sa riconoscere l’evidenza: la scienza e la tecnologia ci stanno regalando la possibilità di ricavare il fabbisogno energetico da fonti naturali. La differenza fra il paradiso di un’economia “pulita” (P3 italiana a parte) e l’inferno dei vari “Golfi” petroliferi, passa per un’inezia: chiedere, esigere, urlare, propagandare che un altro modo di vivere è possibile. Un mondo più sereno, per tutti.
Per qualcuno è una notizia terribile: ve l’immaginate, il Ciad che diventa una potenza economica per l’esportazione d’energia elettrica di fonte termodinamica o fotovoltaica? Le isole Spitzbergen che, con l’eolico, alimentano mezza Europa?
No, non si può fare, non si deve fare: e trivellate questa fossa della Marianne, mannaggia! Laggiù ci sarà tanto petrolio da campare ancora per decenni e pagare migliaia di giornalisti che sputtanino le rinnovabili! A metterci il “tappo” manderemo il batiscafo Trieste, non vi preoccupate.
Quei maledetti delle rinnovabili sono dei sognatori, non dimenticatelo! Dovete impestare ogni giornale ed ogni sito Web di notizie – vere o false poco importa – altrimenti, questi ci fottono!
Persino la flebile voce di Tremorti blatera[2] – sembra quasi dall’oltretomba (per favore, meno chiacchiere insulse ed inutili sproloqui latini) – per salvare l’ENI dalle “grinfie” di Obama o di chissà chi altro (aggiungendo che l’Italia non è, storicamente, terra di mulini a vento: sempre “storicamente”, è terra d’antenne televisive e d’automobili? Ma va là, Tremorti del picchio, torna alla tua calcolatrice…): questi mestatori nel torbido, dimenticano che la proprietà dell’ENI ed il suo business non sono due insiemi rigidi e completamente sovrapposti.
Un uomo come Mattei, oggi, diversificherebbe semplicemente la destinazione: tot al tradizionale (che sta scemando) e tot alle rinnovabili (sicuramente in ascesa). Già, ma Scaroni non è Mattei, e Tremorti non è nemmeno il Mago Zurlì.
Già, maledetti sostenitori delle rinnovabili, ma come alimentate i motori? Come fate navigare una nave?
Guarda a caso, la conversazione – a tavola – prosegue su temi meno culinari ed al convivio più cari: come vanno i lavori sulla Gretel? Eh, si gratta: a forza di grattar ruggine, dovrò aggiungere qualche quintale di zavorra…
Lo sapete che i tedeschi hanno sperimentato la prima nave con propulsione ausiliaria a vela[3]? Aggiunge un ospite. Di più: confortati dal risparmio di carburante, stanno sperimentando “torri” eoliche ad asse verticale per uso navale, con l’obiettivo di giungere al 50% di risparmio energetico!
In fin dei conti – rifletto – non è mica l’Uovo di Colombo. Un veliero non ha difficoltà, con venti di media intensità, a navigare a 5-6 nodi: il problema è la direzione del vento, che non a tutte le andature è così vantaggioso.
Un sistema di captazione eolico, invece, se ne frega della direzione del vento: paradossalmente, raccoglierà la stessa energia con vento di prua (0°) oppure di poppa (180°) e la trasferirà ai motori (elettrici) oppure ad un sistema d’accumulo, batterie oppure (meglio) elettrolisi ed idrogeno compresso.
Ma si può fare di meglio.
Mi torna alla mente un piccolo mercantile che presi in esame quando scrissi “Il futuro dei trasporti”[4]: un centinaio di metri fuori tutto, una decina circa al baglio maestro (larghezza). Ottimo coefficiente di finezza, aggiungerete voi: no, sono le dimensioni necessarie per transitare nella rete dei canali europea.
Navi del genere possono navigare sia nelle acque interne, sia in mare per il cabotaggio: normalmente, distribuiscono nei piccoli e medi porti il carico delle grandi portacontainer, che seguono una rotta pressappoco equatoriale e toccano pochissimi porti per continente.
Navi del genere hanno apparato motore diesel ed una potenza installata di circa 2.000 CV, che corrispondono a circa 1470 KW.
Il motore diesel, però, in navigazione – ossia alla velocità di crociera, in genere intorno ai 12-15 nodi (nelle acque interne 10) – viene utilizzato al 60% della potenza, giacché quella è la rotazione più vantaggiosa ai fini del risparmio energetico e per la longevità del motore stesso. La massima potenza serve soltanto in caso d’emergenze.
La nostra nave, quindi – se avrà trazione elettrica – necessiterà di una potenza continuativa di circa 880 KW che alimenterà un motore, mentre un altro motore (collegato all’asse con giunto Vulcan o similari) servirà per gli spunti di potenza ed un terzo – di minor potenza – per la navigazione nelle acque interne.
Ipotizzando che la nave sia dotata di due aerogeneratori ad asse orizzontale – quelli comuni, l’asse verticale potrebbe essere preferito per questioni tecniche, ma non è questo il problema – della potenza di 400 KW ciascuno, sistemati a prua ed a poppa ed abbattibili mediante bracci oleodinamici (per navigare nelle acque interne), quanta energia capterebbe in mare?
Siccome in mare il CESI stima[5] (pare che l’atlante eolico on line sia sparito, potenza dell’ENI!) una resa di 3.000 ore l’anno alla massima potenza (le ore annue sono 8.760), siamo all’incirca ad un terzo della produzione rispetto alla potenza di picco.
800 KW di potenza installata, quindi, renderebbero in media 270 KWh, circa un terzo dell’energia necessaria per spingere la nave alla velocità di 12-15 nodi e, questo, perché la Fisica rimane sempre la stessa: con la sola spinta prodotta dagli aerogeneratori, la nave raggiungerebbe gli stessi 5-6 nodi di un veliero. Con il vantaggio, però, di non essere soggetta alla direzione del vento.
Ma, con un po’ d’intelligenza, si potrebbe far di meglio.
Si potrebbe scegliere una velocità pari a quella dei velieri, e chiuderla lì.
In alternativa, con serbatoi d’idrogeno compresso, la nave potrebbe raggiungere (pila a combustibile) gli stessi 12-15 nodi: non dimentichiamo però che, alla fonda od in porto per le operazioni di carico/scarico, gli stessi aerogeneratori potrebbero ripristinare una parte della riserva d’Idrogeno, oppure essere collegati alla rete terrestre in un quadro di conto energia. E, fare rifornimento d’Idrogeno dalla stessa rete, con idrogeno prodotto con energia rinnovabile.
Insomma, come potrete notare, non è la tecnologia a mancare: manca il pensiero, quello che ci dice – semplicemente – che un’auto elettrica con recupero d’energia in frenata e pannello fotovoltaico[6] – consumerebbe probabilmente il 50% dell’energia rispetto ad un motore a scoppio. Per il semplice fatto che un’auto elettrica, ferma in coda, non consuma nulla e l’energia sprecata in coda in autostrada, ai semafori, è enorme. Ma non si deve dire, altrimenti i “santoni” dell’industria automobilistica – legati come bestie al “carro” petrolifero – s’incazzano.
Sono tante le cose che non si devono dire, eppure le raccontiamo.
Le ex aree militari interne alle grandi città, potrebbero diventare orti cooperativi – per le campagne e le medie città il problema non esiste, ci sono le periferie – ma furono “passate” dal demanio militare allo Stato durante l’ultimo governo Prodi: la gran “reggente” dell’operazione fu l’architetto Spitz. Chi è l’architetto Spitz? La moglie di Marco Follini[7]. Pensa te che sorpresa.
Eppure, quelle aree sarebbero state preziose – le caserme prevedevano sempre ampie aree per l’addestramento – per creare una “rete” di cooperative produttori/consumatori, con lo scopo di produrre erbaggi ed altre colture orticole in aree interne alle città, con il gran vantaggio d’accorciare la “filiera” degli ortaggi, quasi completamente in mano alle mafie[8]. In città c’è inquinamento? Gli ortaggi sarebbero inquinati? Provate con le auto elettriche!
Ma, al suo insediamento nel 2001, il secondo governo Berlusconi aveva agito subito con una specifica legge[9], datata Ottobre 2001, con la quale si cancellava la figura del socio-lavoratore nelle cooperative, lasciano intatto – ovviamente – il potere delle grandi e fasulle cooperative le quali, con le vere cooperative di lavoro e di consumo – per come furono pensate dai nostri padri e dai nostri nonni – non hanno nulla a che fare.
Come potrete notare, hanno smantellato quel poco che la Costituzione del 1947 aveva introdotto per consentire agli italiani delle facoltà di scelta, fra un sistema totalmente privato ed uno sociale/cooperativo: gran parte dell’opera non è nemmeno farina del loro sacco, bensì del programma della P2.
Oggi, la nostra dignitosa sopravvivenza sta tutta nella capacità che avremo di analizzare, discutere e propagare la visione di un altro mondo, perché un altro mondo è possibile. Non sottovalutiamo la forza delle idee che si propagano: sono loro, le idee, le basi delle rivoluzioni.
E’ anzitutto necessario riflettere sulle possibilità che hanno ancora le famiglie di sopravvivere ad una simile pressione economico/politica – non a caso difendono la famiglia come “pietra” basilare della costruzione “cristiana”, dimenticando che all’epoca del Cristo la “famiglia” era più simile a quello che oggi identifichiamo come “clan”, quando vogliono ci “marciano” pure col Cristo – poiché forme di famiglia “allargata” rendono più immuni alle loro offensive liberiste.
Una famiglia di tre persone, dove entra uno stipendio, è ben diversa da un nucleo di 15 persone dove entrano 5 stipendi: loro praticano le “economie di scala” nel quadro della globalizzazione. Proviamo anche noi ad attuarle nel quadro della nostra rivoluzione.
Le strade per raggiungere questi obiettivi possono essere tante: dal movimento delle “Transitinon Town”[10] a soluzioni più “caserecce”, come l’acquisto in cooperativa di un casale abbandonato, mantenendo le peculiarità della famiglia, ma stemperandole in una vita di gruppo. Prima di diventare degli avamposti di Tzahal, il movimento dei kibbutzim era questo.
Oppure, creare dei movimenti in città, per chiedere l’assegnazione di aree industriali od altro dimesse – sia chiaro, chi sporca pulisce, quindi renderle come le trovarono, senza cemento & affini – per creare le cooperative di produzione/consumo di prodotti vegetali.
L’unico sconforto, se ancora abbiamo le palle, al quale non dobbiamo concederci è quello di pensare che nulla sia possibile: tutto è possibile per la nostra rivoluzione, basta volerlo.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
Masanobu Fukuoka – La rivoluzione del filo di paglia – Quaderni D’Ontignano – Liberia Editrice Fiorentina – 1980
Siamo in tanti ad affondare la forchetta nel piatto di riso fumante, il “pezzo forte” della nostra cena fra amici, ed i commenti sono entusiasti: certo – aggiungo – un conto è comprare le verdure al supermercato, un altro raccoglierle fresche, dall’orto. E’ tutta un’altra storia di gusti per il palato: come in una sinfonia, si perde il sentore d’ogni singolo strumento per giungere all’armonia, alla magia del concerto.
Talvolta, il concerto è per violino ed orchestra o per pianoforte ed orchestra – così come il risotto può essere con i peperoni o con i funghi, solisti che spiccano – ma non è questo il caso: i piccoli peperoni verdi, accompagnati da mezzo peperoncino piccante, non ce la fanno a “sforare” l’armonia della cipolla, dell’aglio, del sedano…se desiderate provarlo, la ricetta è in nota[1]. I costi sono irrisori, se si ha un orto.
La conversazione, però, s’allontana presto dalla culinaria per indagare altre armonie, per capire se quel modesto piatto di riso sia soltanto il sollucchero di una calda serata estiva, oppure se rappresenta qualcosa di più.
E’ presto detto – aggiungo – in quanti siamo? In dieci. Abbiamo un poco “abbondato”: due etti di riso a testa, più le verdure, facciamo tre chili in tutto di materiale organico vegetale (il caciocavallo è un optional, così come un filetto d’acciuga se qualcuno vuole metterlo). Nessuno, qui, è vegetariano o vegano.
Se avessimo mangiato della carne alla brace, poniamo una misera braciola da 100 grammi (proprio piccina), per produrla sarebbero stati necessari almeno 1,5 Kg d’alimenti vegetali: il rapporto, la “resa” nella trasformazione da alimento vegetale ad alimento animale (ossia carne), varia dal 5 al 10%, ossia da 20 : 1 a 10 : 1, questo secondo il tipo d’animale, le modalità d’allevamento, i vegetali utilizzati, ecc.
La questione è complessa, giacché ci sono le parti non utilizzabili degli animali e dei vegetali (che spostano il “vantaggio” energetico ancor più a favore dei vegetali): la parte utilizzabile del riso è solo la metà circa della pianta, ma il resto sarebbe un ottimo combustibile ai fini energetici, così come gli scarti vegetali – se avviati al compostaggio – si trasformano in ottimo concime per l’anno venturo.
Lo scheletro dell’animale e tante altre parti seguono la “filiera” dell’industria dei saponi, delle colle, della cosmesi… ma stasera fa caldo e non desideriamo andare oltre: facciamo una media di 1 : 15 e chiudiamola qui.
Quel misero chiletto di carne (costo, più di 10 euro) – che, a 100 g a testa, avrebbe lasciato l’appetito quasi intatto – rappresenta, in termini di vegetali, 15 Kg d’alimenti.
Dopo quel “corposo” risotto abbiamo continuato con pomodori, insalata, zucchine in carpione e frittelle di fiori di zucca. Costo: meno di 1 euro a testa. Alla fine, un buon digestivo perché eravamo satolli come lattanti che s’erano prodigati al seno.
Nonostante tutti i nostri sforzi, non siamo riusciti ad andare oltre i 5 Kg d’alimenti (a largheggiare…) ed eravamo sazi: non era minimamente concepibile giungere alla “soglia” dei 15 Kg.
La riflessione successiva è stata più “politica”: ma guarda te che strano – ha aggiunto qualcuno – proprio noi occidentali che corriamo in macelleria ed in pescheria per riempire le sporte, siamo quelli che si lamentano per gli equilibri maltusiani. E lo facciamo nei confronti di popolazioni che, storicamente, sono vissute con diete composte principalmente da vegetali: i neri e gli orientali, rispetto agli occidentali, hanno (avevano?) fisici da sogno.
Aspetto curioso – aggiunge un altro – dopo aver fatto la coda in macelleria ed in pescheria, ci “accodiamo” dal medico per farci prescrivere le analisi del colesterolo.
I record di longevità – ricordalo, Gianluca Freda, così non ci farai più prendere dei coccoloni -)) – sono dei Paesi che attuano diete prevalentemente a base di vegetali. Il Giappone, ad esempio, ma anche la dieta mediterranea.
In termini culinario/musicali, dunque, la dieta carnea monotematica è come essere dei “critici” che preferiscono nutrirsi di singoli “assoli” di questo o di quello strumento, senza mai cimentarsi con il componimento sinfonico od operistico.
Il risultato – per questa povera e disgraziata Gaia, che deve sopportarci – è che dobbiamo moltiplicare, in peso, ogni cosa che ficchiamo in bocca x 15 e, notizie di corridoio, pare che Gaia si stia incazzando, e non poco.
Ogni cosa che viene prodotta necessita, poi, della sua razione d’energia…e allora…via con le petroliere squarciate sugli scogli, che pisciano greggio per miglia e miglia in mare (avvelenando tutto per secoli), oppure avanti con gli “sfinteri” sottomarini che continuano a scagazzare!
Anche queste faccende degli “sfinteri impazziti” non sono casuali: Colin Campbell – mica l’ultimo scemo del villaggio, è quello che ha praticamente scoperto il petrolio nel Mare del Nord – aveva messo in guardia per tempo.
La forsennata ricerca di petrolio avrebbe condotto – parole sue – ad “impiegare l’energia di due barili di petrolio per estrarne uno”.
Oppure, ad andarlo a cercare in posti limitrofi all’inferno: quando succede un guaio come quello del Golfo del Messico, non si può andare in fondo al mare con la chiave da 10 a chiudere la valvola.
Ma, se dalle holding dell’energia giungono premi a profusione per chi scopre un giacimento, siate sicuri che verranno a trivellare, prima o dopo, anche la vostra fossa biologica. Se c’è del metano…
Insomma, un mondo di pazzi che non sa riconoscere l’evidenza: la scienza e la tecnologia ci stanno regalando la possibilità di ricavare il fabbisogno energetico da fonti naturali. La differenza fra il paradiso di un’economia “pulita” (P3 italiana a parte) e l’inferno dei vari “Golfi” petroliferi, passa per un’inezia: chiedere, esigere, urlare, propagandare che un altro modo di vivere è possibile. Un mondo più sereno, per tutti.
Per qualcuno è una notizia terribile: ve l’immaginate, il Ciad che diventa una potenza economica per l’esportazione d’energia elettrica di fonte termodinamica o fotovoltaica? Le isole Spitzbergen che, con l’eolico, alimentano mezza Europa?
No, non si può fare, non si deve fare: e trivellate questa fossa della Marianne, mannaggia! Laggiù ci sarà tanto petrolio da campare ancora per decenni e pagare migliaia di giornalisti che sputtanino le rinnovabili! A metterci il “tappo” manderemo il batiscafo Trieste, non vi preoccupate.
Quei maledetti delle rinnovabili sono dei sognatori, non dimenticatelo! Dovete impestare ogni giornale ed ogni sito Web di notizie – vere o false poco importa – altrimenti, questi ci fottono!
Persino la flebile voce di Tremorti blatera[2] – sembra quasi dall’oltretomba (per favore, meno chiacchiere insulse ed inutili sproloqui latini) – per salvare l’ENI dalle “grinfie” di Obama o di chissà chi altro (aggiungendo che l’Italia non è, storicamente, terra di mulini a vento: sempre “storicamente”, è terra d’antenne televisive e d’automobili? Ma va là, Tremorti del picchio, torna alla tua calcolatrice…): questi mestatori nel torbido, dimenticano che la proprietà dell’ENI ed il suo business non sono due insiemi rigidi e completamente sovrapposti.
Un uomo come Mattei, oggi, diversificherebbe semplicemente la destinazione: tot al tradizionale (che sta scemando) e tot alle rinnovabili (sicuramente in ascesa). Già, ma Scaroni non è Mattei, e Tremorti non è nemmeno il Mago Zurlì.
Già, maledetti sostenitori delle rinnovabili, ma come alimentate i motori? Come fate navigare una nave?
Guarda a caso, la conversazione – a tavola – prosegue su temi meno culinari ed al convivio più cari: come vanno i lavori sulla Gretel? Eh, si gratta: a forza di grattar ruggine, dovrò aggiungere qualche quintale di zavorra…
Lo sapete che i tedeschi hanno sperimentato la prima nave con propulsione ausiliaria a vela[3]? Aggiunge un ospite. Di più: confortati dal risparmio di carburante, stanno sperimentando “torri” eoliche ad asse verticale per uso navale, con l’obiettivo di giungere al 50% di risparmio energetico!
In fin dei conti – rifletto – non è mica l’Uovo di Colombo. Un veliero non ha difficoltà, con venti di media intensità, a navigare a 5-6 nodi: il problema è la direzione del vento, che non a tutte le andature è così vantaggioso.
Un sistema di captazione eolico, invece, se ne frega della direzione del vento: paradossalmente, raccoglierà la stessa energia con vento di prua (0°) oppure di poppa (180°) e la trasferirà ai motori (elettrici) oppure ad un sistema d’accumulo, batterie oppure (meglio) elettrolisi ed idrogeno compresso.
Ma si può fare di meglio.
Mi torna alla mente un piccolo mercantile che presi in esame quando scrissi “Il futuro dei trasporti”[4]: un centinaio di metri fuori tutto, una decina circa al baglio maestro (larghezza). Ottimo coefficiente di finezza, aggiungerete voi: no, sono le dimensioni necessarie per transitare nella rete dei canali europea.
Navi del genere possono navigare sia nelle acque interne, sia in mare per il cabotaggio: normalmente, distribuiscono nei piccoli e medi porti il carico delle grandi portacontainer, che seguono una rotta pressappoco equatoriale e toccano pochissimi porti per continente.
Navi del genere hanno apparato motore diesel ed una potenza installata di circa 2.000 CV, che corrispondono a circa 1470 KW.
Il motore diesel, però, in navigazione – ossia alla velocità di crociera, in genere intorno ai 12-15 nodi (nelle acque interne 10) – viene utilizzato al 60% della potenza, giacché quella è la rotazione più vantaggiosa ai fini del risparmio energetico e per la longevità del motore stesso. La massima potenza serve soltanto in caso d’emergenze.
La nostra nave, quindi – se avrà trazione elettrica – necessiterà di una potenza continuativa di circa 880 KW che alimenterà un motore, mentre un altro motore (collegato all’asse con giunto Vulcan o similari) servirà per gli spunti di potenza ed un terzo – di minor potenza – per la navigazione nelle acque interne.
Ipotizzando che la nave sia dotata di due aerogeneratori ad asse orizzontale – quelli comuni, l’asse verticale potrebbe essere preferito per questioni tecniche, ma non è questo il problema – della potenza di 400 KW ciascuno, sistemati a prua ed a poppa ed abbattibili mediante bracci oleodinamici (per navigare nelle acque interne), quanta energia capterebbe in mare?
Siccome in mare il CESI stima[5] (pare che l’atlante eolico on line sia sparito, potenza dell’ENI!) una resa di 3.000 ore l’anno alla massima potenza (le ore annue sono 8.760), siamo all’incirca ad un terzo della produzione rispetto alla potenza di picco.
800 KW di potenza installata, quindi, renderebbero in media 270 KWh, circa un terzo dell’energia necessaria per spingere la nave alla velocità di 12-15 nodi e, questo, perché la Fisica rimane sempre la stessa: con la sola spinta prodotta dagli aerogeneratori, la nave raggiungerebbe gli stessi 5-6 nodi di un veliero. Con il vantaggio, però, di non essere soggetta alla direzione del vento.
Ma, con un po’ d’intelligenza, si potrebbe far di meglio.
Si potrebbe scegliere una velocità pari a quella dei velieri, e chiuderla lì.
In alternativa, con serbatoi d’idrogeno compresso, la nave potrebbe raggiungere (pila a combustibile) gli stessi 12-15 nodi: non dimentichiamo però che, alla fonda od in porto per le operazioni di carico/scarico, gli stessi aerogeneratori potrebbero ripristinare una parte della riserva d’Idrogeno, oppure essere collegati alla rete terrestre in un quadro di conto energia. E, fare rifornimento d’Idrogeno dalla stessa rete, con idrogeno prodotto con energia rinnovabile.
Insomma, come potrete notare, non è la tecnologia a mancare: manca il pensiero, quello che ci dice – semplicemente – che un’auto elettrica con recupero d’energia in frenata e pannello fotovoltaico[6] – consumerebbe probabilmente il 50% dell’energia rispetto ad un motore a scoppio. Per il semplice fatto che un’auto elettrica, ferma in coda, non consuma nulla e l’energia sprecata in coda in autostrada, ai semafori, è enorme. Ma non si deve dire, altrimenti i “santoni” dell’industria automobilistica – legati come bestie al “carro” petrolifero – s’incazzano.
Sono tante le cose che non si devono dire, eppure le raccontiamo.
Le ex aree militari interne alle grandi città, potrebbero diventare orti cooperativi – per le campagne e le medie città il problema non esiste, ci sono le periferie – ma furono “passate” dal demanio militare allo Stato durante l’ultimo governo Prodi: la gran “reggente” dell’operazione fu l’architetto Spitz. Chi è l’architetto Spitz? La moglie di Marco Follini[7]. Pensa te che sorpresa.
Eppure, quelle aree sarebbero state preziose – le caserme prevedevano sempre ampie aree per l’addestramento – per creare una “rete” di cooperative produttori/consumatori, con lo scopo di produrre erbaggi ed altre colture orticole in aree interne alle città, con il gran vantaggio d’accorciare la “filiera” degli ortaggi, quasi completamente in mano alle mafie[8]. In città c’è inquinamento? Gli ortaggi sarebbero inquinati? Provate con le auto elettriche!
Ma, al suo insediamento nel 2001, il secondo governo Berlusconi aveva agito subito con una specifica legge[9], datata Ottobre 2001, con la quale si cancellava la figura del socio-lavoratore nelle cooperative, lasciano intatto – ovviamente – il potere delle grandi e fasulle cooperative le quali, con le vere cooperative di lavoro e di consumo – per come furono pensate dai nostri padri e dai nostri nonni – non hanno nulla a che fare.
Come potrete notare, hanno smantellato quel poco che la Costituzione del 1947 aveva introdotto per consentire agli italiani delle facoltà di scelta, fra un sistema totalmente privato ed uno sociale/cooperativo: gran parte dell’opera non è nemmeno farina del loro sacco, bensì del programma della P2.
Oggi, la nostra dignitosa sopravvivenza sta tutta nella capacità che avremo di analizzare, discutere e propagare la visione di un altro mondo, perché un altro mondo è possibile. Non sottovalutiamo la forza delle idee che si propagano: sono loro, le idee, le basi delle rivoluzioni.
E’ anzitutto necessario riflettere sulle possibilità che hanno ancora le famiglie di sopravvivere ad una simile pressione economico/politica – non a caso difendono la famiglia come “pietra” basilare della costruzione “cristiana”, dimenticando che all’epoca del Cristo la “famiglia” era più simile a quello che oggi identifichiamo come “clan”, quando vogliono ci “marciano” pure col Cristo – poiché forme di famiglia “allargata” rendono più immuni alle loro offensive liberiste.
Una famiglia di tre persone, dove entra uno stipendio, è ben diversa da un nucleo di 15 persone dove entrano 5 stipendi: loro praticano le “economie di scala” nel quadro della globalizzazione. Proviamo anche noi ad attuarle nel quadro della nostra rivoluzione.
Le strade per raggiungere questi obiettivi possono essere tante: dal movimento delle “Transitinon Town”[10] a soluzioni più “caserecce”, come l’acquisto in cooperativa di un casale abbandonato, mantenendo le peculiarità della famiglia, ma stemperandole in una vita di gruppo. Prima di diventare degli avamposti di Tzahal, il movimento dei kibbutzim era questo.
Oppure, creare dei movimenti in città, per chiedere l’assegnazione di aree industriali od altro dimesse – sia chiaro, chi sporca pulisce, quindi renderle come le trovarono, senza cemento & affini – per creare le cooperative di produzione/consumo di prodotti vegetali.
L’unico sconforto, se ancora abbiamo le palle, al quale non dobbiamo concederci è quello di pensare che nulla sia possibile: tutto è possibile per la nostra rivoluzione, basta volerlo.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
[1] Riso della rivoluzione in cucina (per 10 persone): 7 gambe di sedano verde con foglie, 3 cipolle rosse, 3 spicchi d’aglio, 3 peperoni verdi (friggitelli), mezzo peperoncino rosso (opzionale un filetto d’acciuga). Tritare e soffriggere in olio d’oliva con un po’ di zenzero, un dado vegetale, qualche ciuffo di basilico, un po’ di timo e di salsa Worchester. Aggiungere il riso (2 Kg) acqua e, a cottura iniziata, una birra Lager doppio malto da 66 cl (poi, acqua calda). A cottura quasi ultimata, aggiungere scaglie di caciocavallo. Buon appetito.
[2] Vedi: http://www.repubblica.it/politica/2010/07/18/news/tremonti_no_a_governi_tecnici-5654276/?ref=HREC1-2
[3] Vedi: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/mare/grubrica.asp?ID_blog=97&ID_articolo=713&ID_sezione=271&sezione=
[4] Vedi: http://www.macrolibrarsi.it/ebooks/ebooks-il-futuro-dei-trasporti.php
[5] Vedi: http://www.ricercadisistema.it/pagine/notiziedoc/61/index.htm
[6] Vedi: http://www.disinformazione.it/automobile_futuro.htm
[7] Fonte: http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/politica/governo-fiducia/moglie-follini/moglie-follini.html
[8] Vedi: http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2083504
[9] Vedi: http://gazzette.comune.jesi.an.it/2001/234/1.htm
[10] Vedi: http://transitionitalia.wordpress.com/
18 commenti:
Grazie.
Doc
Resistere, resistere, resistere.
Accidentaccio!
Il petrolio è una brutta bestia da combattere! Sembra sempre lì lì per morire, ma poi ritorna ogni volta in campo più in forma di prima.
Nessuno sa quanto petrolio ci sia ancora in giro nella pancia del nostro pianeta. Tutte le previsioni che attualmente circolano circa il raggiungimento dell'ormai mitico “picco” dell'altrettanto mitica curva (la campana) di Hubbert (che tanta speranza ha acceso nei cuori di chi il petrolio non lo regge più), si basano su stime della cosiddetta riserva provata di petrolio. Essa è la quantità di petrolio conosciuta ed estraibile in modo economico (remunerativo) con le attuali tecnologie. E' dunque un numero molto impreciso ed anche fluttuante. Infatti, tale quantità, la riserva provata intendo, cambia con lo sviluppo della tecnologia e con la variazione del prezzo del greggio. Se l'offerta si contrae o la domanda aumenta i prezzi salgono, e il petrolio che prima era costoso da estrarre entra a far parte delle riserve provate.
In pratica, aumentando il costo del petrolio diventa sempre più conveniente investire in tecnologie e ricerca per individuare ed estrarre il petrolio più difficile, ed il picco di Hubbert si allontana.
Per inciso, una conseguenza di questo ultimo decennio di costante aumento del prezzo del petrolio è stato, ad esempio, la decisione di iniziare a sfruttare i giacimenti di Thunder Horse nel Golfo del Messico (che arrivano a trovarsi sotto 3000 metri di acqua e 6000 metri di roccia e sale sotto il fondale marino!!!). Questa scelta ci ha regalato il disastro della Deepwater Horizon.
Il petrolio viene utilizzato nel campo dei trasporti. Il ricorso alle energie rinnovabili potrebbe essere una soluzione, come indichi facendo l'esempio delle nuovi navi a propulsione eolica. Ma nell'attuale sistema economico in cui domina il profitto basato sulla crescita infinita, il petrolio è la base di partenza, è il punto di riferimento del mercato (non per niente si chiama oro nero). La conseguenza è che il prezzo del petrolio fissa i prezzi di tutto e quindi anche di tutte le fonti energetiche.
Ed infatti le navi mercantili o passeggeri a propulsione eolica non sono mai riuscite a divenire realtà, nonostante la presenza di progetti tedeschi che risalgono agli anni venti (in cui fu varata una nave che montava per la sua propulsione due rotori Flettner basati sull'effetto Magnus; fu distrutta in una tempesta nei caraibi nel 1931...) o agli anni sessanta del secolo scorso (dove fu disegnato il cosiddetto Dynarig, un sistema a vela quadrangolare con giganteschi alberi rotanti senza cordami).
Di queste bellissime e fattibili idee oggi abbiamo:
1.la E-ship, una nave mercantile a quattro rotori Flettner, in costruzione dal 2007 in vari cantieri della Germania, il cui assemblaggio va a rilento per problemi economici;una nave oceanografica, l'Alcyone, voluta dal grande Cousteau, che naviga con due magnifiche turbo vele (una variante dei rotori Flettner);
2.il Maltese Falcon (yatch privato), un clipper di 88 mt dei cantieri italiani Perini Navi varato nel 2006) che presenta tra alberi con vele Dynarig (il progetto è stato fatto anche approfittando della scadenza dell'originario brevetto tedesco del Dynarig del 1967);
3.Varie esperienze pilota con navi mercantili giapponesi che utilizzavano gigantesche vele meccaniche di supporto, ripiegabili in porto;
4.Beluga Skysails, il mercantile belga da te citato, Carlo, che, a partire dal 2007 sfrutta una vela di tipo Kite come mezzo di propulsione ausiliaria.
Un po' pochinn.....Questo perchè i costi di manutenzione e riparazione di questi apparati sono sempre molto alti se paragonati al petrolio. Maledetto petrolio!! Costi sempre troppo poco...
(segue ---->)
(---> arieccomi)
Eppure qualcosa si muove.
La navigazione marittima è stata ritenuta a lungo particolarmente ecocompatibile. In realtà i circa 40.000 mercantili, navi da crociera, pescherecci e traghetti sono responsabili in misura assimilabile al traffico aereo di circa il cinque per cento delle emissioni mondiali di CO2. A seguito della forte crescita della flotta mercantile mondiale, gli esperti hanno calcolato che entro il 2020 le emissioni aumenteranno grosso modo del 75 per cento. Recentemente si sono moltiplicate le richieste di usare una mano energica in termini di politica ambientale con il traffico marittimo. In un rapporto del 2007 gli esperti del Consiglio del clima mondiale (IPCC), ad esempio, hanno esplicitamente raccomandato di attrezzare i mercantili con vele trainanti ausiliarie per contenere il consumo di combustibile e quindi il rilascio di CO2. La Comunità Europea, attraverso il programma Life, a partire dal 2007 sta finanziando lo studio della propulsione eolica per le navi mercantili.
Comunque, siamo sempre molto prudenti quando ci muoviamo contro le "Sette Sorelle": queste mica scherzano....
A proposito, gli aquiloni Kite sono utilizzato per una proposta molto promettente di produzione di energia con l'eolico, alternativa ai classici rotori con pale: kitegen.com (la Kite Gen è una startup del politecnito di Torino). Vuoi vedere che grazie a 'sti kitegen ci togliamo dagli zebedei Sgarbi??
Saluti,
Alex
Acrescita, acrescita, acrescita
Cari amici,
ringrazio per i commenti "sintetici" e per quelli esaustivi.
Qui, è in gioco la nostra dignitosa sopravvivenza: cosa possiamo fare?
Mi tornano alla mente la parole del "Gladiatore": "ogni cosa che facciamo in vita, riecheggia per l'eternità". Ancor più vero con il Web.
Perciò, diamoci sotto.
Piccoli accorgimenti, nuovi pensieri, soluzioni fantasiose possono servire per alimentare un contro-flusso, giungere a sempre più menti inquiete, in cerca di soluzioni.
Un articolo non cambia nulla, un articolo può cambiare tutto. Dipende da chi lo scrive, da chi lo legge.
Ciao a tutti (torno alla barca)
Carlo
Chiedo all' esperto Carlo, se è possibile, in navigazione, utilizzare anche il flusso dell' acqua che bordeggia lo scafo, come fonte di energia, oltre alle soluzioni tedesche.
Ho provato il metodo delle sand's ball di "Fukuoka san" visto su youtube, per semi di zucchina rotonda.
Malgrado poca acqua e molto sole, utilizzando terra smossa dall' amica talpa, al 50% marna sbriciolata,30% terriccio naturale, la rimanenza paglia e cenere invernale del camino, il risultato è stato sorprendente.
Ho ricavato un piccolo spiazzo nel giardino a sud-ovest di 1mX1m, ho tolto l'erba, ho rastrellato, ho sparpagliato le palline in superficie ho annafiato: il tutto in luna nuova.
Dopo sette giorni ho un totale di sei germogli robusti, verdi e profumatissimi.
Fatica: pochissima.
Tempo 1 ora, più per produrre le palline che non per preparare il terreno.
Ho aggiunto uno spaventapasseri: un vecchio ramo bitorzoluto con frange di alluminio sventolanti
有り難う
B.S.
parte 1 di 2
E così stiamo ancora qui a parlare di energia... Non è strano, visto che si tratta di una questione centrale e non da oggi: tutta la storia dell'umanità può essere reinterpretata in chiave per così dire “energetica”.
Alex dice molte cose giuste, compreso il fatto che il modello-guida dal punto di vista economico si basa sul petrolio e su di una crescita infinita. Peccato che il pianeta Terra, così come le sue risorse, sia finito e per questo tale modello è forzatamente sbagliato, non può essere che sbagliato, e stiamo cominciando ad accorgercene. Peccato che si tratti di un modello che “funziona” ancora per una ristretta minoranza della popolazione mondiale, un “club” destinato a diventare sempre più esclusivo, quelli che riescono ad arricchirsi a dismisura a spese del resto del mondo. Quelli che hanno dalla loro parte il potere, supremazia, diritto e polizia, gli Dei, i comandamenti ed il dovere (citando il “Guccio”...). Destinati a diventare i Padroni del Mondo, peccato che prima o poi si ritroveranno padroni di un mucchio di macerie, a meno che non si cambi rotta. Ma se si cambia rotta, rischiano di non essere più i padroni del mondo, quindi i cambiamenti di rotta sono fortemente ostacolati.
Su di una cosa sono meno d'accordo, limitatamente alla questione energetica. I suoi interventi (di Alex) terminano sempre con l'esortazione “acrescita, acrescita, acrescita”. In generale, ha ragione. Parlando di energia, ha ragione solo riguardo a meno di un miliardo di persone, sui sei e passa che popolano il pianeta. Proviamo ad esortare in tal senso gli abitanti del “BRIC”, inteso come acronimo di Paesi in forte sviluppo, facilmente risponderanno di farci i caz...voli nostri. Troppo facile chiederlo ora che è il loro turno per crescere, sosterrebbero. E se li sommiamo, si tratta di tre miliardi di persone.
Restano due miliardi abbondanti di esseri umani, quelli che vivono con consumi energetici paragonabili a quelli del nostro Medioevo, che ovviamente non possono acrescere.
Tradotto in cifre, ciò indica che la richiesta di energia sa qui al prossimo decennio raddoppierà, anche se il miliardo di persone attualmente privilegiato dovesse miracolosamente intraprendere la via, auspicabile, dall'acrescita.
Qua entrano in gioco le fonti di energia rinnovabili. Il futuro già a medio tremine sarà dipendente da tali fonti, in caso contrario un futuro non ci sarà.
parte 2 di 2
L'energia eolica sta diventando appetibile ed interessante, tanto che alcuni pezzi grossi del petrolio stanno pensando di “buttarsi” sull'eolico. Perfino in Italia si sta muovendo qualcosa: i “soliti noti” devastatori della cosa pubblica nonché utili a nessun altro che se stessi stanno cercando di mettere le mani, a modo loro s'intende, sul “business” dell'eolico. Evvai con tangenti ed imbrogli vari...
Una qualunque fonte energetica diventa appetibile e competitiva coi fossili, cui ormai siamo abituati, se permette la disponibilità “on demand”. In sintesi, quelle che ammettono un accumulo, un qualcosa che funzioni similmente alla diga per l'energia idroelettrica. Attualmente il solare termodinamico a concentrazione consente tale funzione, tramite accumulo di sali fusi ad alta temperatura, e può produrre energia anche se per qualche tempo il sole non c'è.
All'energia eolica magari manca ancora la “diga”, tuttavia è una fonte senz'altro valida, tanto che recentemente la produzione elettro-eolica ha uguagliato e sta superando quella elettro-nucleare, parlando a livello mondiale. Solo da noi, nel fu-Belpaese, si sta pensando di investire una fortuna sull'elettro-nucleare, e nemmeno quello al torio, tanto da chiedersi se si tratti di venire incontro ai desideri dei “cementieri” o se dobbiamo qualche favore alla Francia, che contribuirebbe massicciamente alla costruzione delle centrali.
Certo che se i surplus di energia, fossero “immagazzinati” sotto forma di un qualche vettore energetico (e viene abbastanza spontaneo pensare all'idrogeno), praticamente tutte le fonti rinnovabili diventerebbero interessanti e competitive.
Un'idea che conoscevo poco e male è quella dell'elettro-eolico “KiteGen”, quello coi rotori ad asse verticale mossi da aquiloni Kite, che sfruttano il vento in maniera più efficace di quanto facciano le torri eoliche derivate dai mulini a vento. Davvero interessante e ricca di potenzialità. Rose che probabilmente fioriranno, fuori dall'Italia ovviamente, nonostante l'idea iniziale sia partita, come accade sovente, da italiani. Che si scontreranno col muro di gomma di una burocrazia miope, vuoi per incapacità, vuoi per precisa volontà, con la quasi impossibilità di ottenere finanziamenti perché quel poco che viene ancora erogato va essenzialmente al nucleare o alle raffinerie che ricavano energia bruciando gli scarti “pesanti” della lavorazione del petrolio, ricevendo per questo incentivi (quelli destinati alla produzione da rinnovabili o assimilate. Loro sono le assimilate).
Troppo pessimista? Spero di sì, tuttavia l'esperienza del “Progetto Archimede”, prima quasi affondato e poi recentemente giunto a realizzazione ma con ritardi tali da consentire agli altri la costruzione di impianti di seconda o terza generazione intanto che noi, che l'abbiamo ideato, completiamo un prototipo, è fin troppo recente...
L'acqua che scorre a lato dello scafo "scorre" (correnti a parte) perché il vento muove la barca sulla superficie marina.
Ovvio che una turbina ad acqua montata a lato dello scafo raccoglierebbe energia, ma a discapito della velocità.
Il log - il misuratore di velocità rispetto all'acqua - non è altro che una minuscola elica che fa ruotare una dinamo, e consente così la misurazione.
Le correnti marine e sottomarine sono, invece, una bella scommessa: pensate all'energia contenuta in masse d'acqua (1 metro cubo, una tonnellata) che si muovono a velocità di qualche nodo (2-5)!
Non ho niente da aggiungere all'ottima disanima di Davide (siamo quasi sempre d'accordo), compreso il fatto che la decrescita riguarda le società post-industriali, non i Paesi che devono creare infrastrutture.
Verrebbe da chiedersi, per come noi stiamo finendo, se valga la pena di "crescere", ma vallo a raccontare a chi va a lavorare in bici per 12 ore il giorno!
Discorso interessante, ma stasera ho sonno: la Gretel mi "asciuga".
Buonanotte
Carlo
Una delle correnti sottomarine naturali più interessanti, attraversa il mediterraneo in senso contrario ovest-est,dalle coste medio-orientali fino a Gibilterra.
Ha una portata stimata in 0,7 milioni di mc/sec e copre una sezione longitudinale pari a 150-200m.
Questa corrente attraversa anche lo Stretto di Messina.
Pensavo al progetto tedesco Kobold, idroturbine ad asse verticale.
Mi sembra che una società campana l'abbia sperimentata con risultati di 20kWh di energia per una velocità di flusso di 1,7 m/s.
Per quanto attiene alla decrescita, mi sento in sintonia con Davide1969, ma penso che il nostro stile di vita energivoro, i BRIC lo conoscano molto bene e attualmente non mi sembra che non vogliano emularlo.
Ma tra i BRIC e il vecchio Occidente, ci sta di mezzo l'Africa.
Lo sanno molto bene che quel continente deve restare così com'è, diviso e dominato da chiunque abbia interessi a mantenere in vita la propria economia capitalista.
Certamente, neanche l'Africa ha risorse infinite, ma si stima che siano sufficienti a tenere in vita il capitalismo energivoro per i prossimi due secoli.
Non è poco, è un tempo più che accettabile per creare un impero mondiale basato su alleanze strategiche, atte a ricreare una condizione umana planetaria omogenea in tutti i suoi territori, basata sulla schiavitù(flessibilità lavorativa)
Non è detto che i BRIC non seguiranno fedelmente il nostro percorso socio-politico.
Il modello occidentale ha tracciato un solco molto profondo nella storia economica mondiale e le cattive abitudini si apprendono più facilmente e difficilmente si abbandonano, soprattutto se, adottando quelle buone, il beneficio sembra spostato troppo in là nel tempo.
Un'inversione di rotta, dal capitalismo al cooperativismo internazionale, basato su una decrescita energetica e inevitabilmente demografica, che ripulisca il mondo, è auspicabile, ma non nel breve periodo.
Occorreranno decenni di compensazione.
Pensate che l'orto se lo stanno zappando sulle terrazze dei grattacieli abbandonati di Detroit
gli americani falliti.
Solo un'era della condivisione potrà riportarci a galla.
Acrescita vuol dire,forse, possedere ogni cosa che possiedono gli altri?
Il mio deve lasciare gradatamente il posto al nostro,
un po' come Carlo ha fatto con questo bellissimo e stimolante Blog.
grazie a tutti voi.
B.S.
Sono tornato dalle vacanze Carlo e amici del blog. Mi sono perso molto ma sto rapidamente rileggendo quanto Carlo e gli altri hanno messo sul blog. Colgo l'occasione per dire che la falla nel golfo del Messico sta dimostrando quanto petrolio c'è nelle viscere della terra, quindi il picco era una cacata pazzesca per dirla alla Fantozzi. Rassegnamoci a vivere con i motori a combustibile fossile per tutto o quasi il XXI secolo.
Ciao Carlo come va?
L'energia disponibile, sotto varie forme, è incommensurabile rispetto ai bisogni umani.
Solo, è necessario mantenere finita la quantità disponibile, per intessere la solita speculazione che chiamano capitalismo.
Poco da aggiungere. Ho anche tanta voglia di chiudere baracca: vedremo se, con l'Autunno, ci sarà qualche sviluppo interessante.
Altrimenti...
Buonanotte a tutti da un Carlo un po' depresso.
Spero di tirarti su con un raccontio di alcuni miei flash-ricordi della mia prima infanzia.
Siamo nell'immediato dopo guerra, la città di foggia era stata devastata dai bombardamentui aerei e nel mio paese, Orsara di Puglia a 35 Km da Fg, affluirono una enorme quantità di "sfollati".
L'economia, quasi esclusiva di Orsara, allora era l'agricoltura con annessi allevamenti complementari.
Il nucleo dell'impresa era di tipo agricola-pastorale.
Poi, dopo, ne ho incontrati diversi di foggiani sfollati ad orsara e tutti rimpiangevano, nonostante tutto, quei tempi.
La motivazione ricorrente era semplice: ad orsara nessuno aveva patito la fame come invece era successo in città, prima e dopo i bombardamenti.
Orsara aveva anche un'altra particolarità quasi unica nel panorama paesano del tempo: le classi, ovvero la differenziazione e relativa disciminazione non esistevano: molto polemici, ma molto solidali.
Ricordo perfettamente ( che medico!!) quando andavo a chiamare il medico che di corsa si precipitava con il suo borsetto di pronto intervento, come ricordo perfettamente che ...non veniva mai pagato: i soldi non esistevano.
C'erano gli abbonamenti: nu mezzette di grano o barbier', uno o salumiere, uno o scarparo etc..
C'erano gli scambi: una pezzotta di pecorino per far pascolare le pecore, una per i frushi (le piante di mais) etc..
La mia infanzia si e' svolta tutta in campagna da mia nonna materna, rimasta vedova con 6 figli piccoli, di cui uno ( mio zio Donato) disperso in guerra, come un'altro zio Donato - fratello di mio padre- anche lui disperso in Russia.
Una donna eccezionale che ricordo ancora con grandissimo affetto (faceva il miglior pancotto di orsara e provincia).
Per moltissimi anni, fino alla seconda media, credo di non aver mai visto un soldo di quasliasi tipo.
E non ne sentivo la mancanza!!
Ma la straordinarietà di quell'epoca stava nella gioia con cui la gente affrontava la fatica quotidiana: sentire stornelli, canzoni d'amore o ballate era...normalissimo e bellissimo.
Doc
p.s. di nuovo Grazie.
Caro Doc, mio nonno materno mi raccontava le stesse cose di Migliarino, vicino a Ferrara, dove lui viveva con quattro fratelli e una sorella presso un mitico zio Otello, alto 1.90, peso 120 kili, in grado di uccidere un bue con un pugno.
Soldi, anche lì, non ce n'erano, almeno fino agli anni sessanta, quando fu impiantata la prima banca nel paese.
Ripeto ciò che ho già detto precedentemente: a Detroit si stanno facendo gli orti sui grattacieli abbandonati e si vive di baratto tra i ghettizzati... e sono almeno 1 milione di persone.
W la rivoluzione del filo di paglia.
ciao
B.S.
Il colmo di Berlusconi: avere una figlia che si laurea in filosofia morale e che andrà a lavorare alla Mondadori.
ciao
B.S.
Meglio una figlia così che una (Marina) che mira a succedergli e perpetuare il dominio della famiglia Berlusconi in Italia. Credo che i Berlusconi diverranno una dinastia quasi regale nel nostro paese, passandosi il potere da padre in figlia, Marina. Speriamo che gli altri fratelli la contrastino e si scannino fra loro indebolendo il potere della famiglia Berlusconi che ha dato e darà all'Italia lutti e sciagure superiori ai Savoia.
Ciao Carlo che ne pensi?
Fra madre, suocera, amici della madre e della suocera, ancora osservo gli ultimi refoli di quel mondo.
Mia suocera è praticamente invalida: si muove lentamente fra la cucina, il bagno e la stanza da letto.
Ma, ogni mattina, un novantacinquenne arzillo, vedovo, vecchio amico di famiglia, le porta il pane e poche altre cose. la sorella di mia suocera è un po' più vispa, e ancora raccoglie nell'orto e fa il minestrone.
Ogni mattina, c'è pronto il minestrone per il vedovo, il quale fa ancora l'orto e ogni tanto porta pomodori e insalata.
Sono gli utlimi afflati di quel mondo crudele e solidale allo stesso tempo.
Noi, siamo altra cosa: siamo cresciuti con i soldi in tasca.
Pensare alle vicende di Berlusconi - Orazio - mi fa venire il vomito.
Come avrete compreso, sto attraversando un periodo di crisi krisis - ossia di trasformazione. Sono nel bozzolo: fate pure - il blog è praticamente collettivo - ma fate piano.
Carlo
Esiste secondo voi un capitolo ritrovato del romanzo"Petrolio" di P.P.P, Lampi sull'Enel, che il Marcello Dell'Utri dice di aver scovato da qualche parte?
Enrico Mattei ucciso? Probabilmente, ma non da una teoria cospiratoria di P.P.P nè tanto meno da sua eminenza grigia Eugenio Cefis( come mandante s'intenderebbe).
Dell'Utri condannato, spiffera e rivela, magari consigliato dai suoi pari, o più probabilmente distrae il popolino delle veline e delle velone, facendo scivolare gli abiti dal corpo martoriato del Paese rivelando nuda e cruda una falsità, aiutato dagli pseudogiornalisti di regime, dalle merde-tv, così che si dica..."Quello è uno che sa, che la sa lunga, ecco perchè l'hanno incastrato."
Via Craxi angolo via Dell'Utri...uhm...riforma della toponomastica della città di Milano: taxisti aggiornatevi!
Via Pier Paolo Pasolini...
Monumento Pasolini...
Piazza Pasolini...
Vicolo Pasolini...uhm...
COINCIDENZE
Omicidio Moro
9 maggio 1978
Nascita gruppo televisivo Fininvest
7 settembre 1978
Strage della stazione di Bologna
2 agosto 1980
Logo Canale 5
30 settembre 1980
...e da qui finisce il terrorismo contro il popolo e inizia la strage della coscienza collettiva...
IL MUNDIALITO
30 dicembre 1980
8.000.000 di telespettatori a serata...il popolo è fottuto e contento, vota
Scoperta la P2
17 marzo 1981
ciao
B.S.
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