19 marzo 2020

Dove sono finiti i soldi per gli ospedali?

Camion dell'Esercito trasportano bare a Bergamo


A Bergamo si muore. Come ai tempi dei monatti, della peste di manzoniana memoria. A Bergamo medici ed infermieri sono tornati carne da cannone, sono inviati al macello come i giovani sottotenenti della Prima Guerra Mondiale. Non facevano in tempo a nominarli ufficialmente che erano già morti. “Sua Maestà comunica che vostro figlio…Aspirante Sottotenente del 27° battaglione, Divisione…è caduto per la Patria al fronte…eccetera…
Morivano come le mosche, perché gli austriaci sapevano che “quello con la pistola” che andava all’assalto era il sottotenente e, morto quello, l’assalto si scompaginava. C’erano appositi cecchini, pronti per loro nelle trincee. Alcuni giovani ufficiali, per non farsi riconoscere, prendevano il fucile di un caduto e andavano all’assalto.

Oggi, giovani medici appena laureati – cos’è la specializzazione? Nulla! E l’esame di Stato? Niente! – con ancora in bocca il sapore della torta della festa di laurea si vedono sbattuti in corsia, muniti di scafandro asettico (se c’è!), in compagnia d’infermieri che barcollano per la stanchezza, stralunati fra le flebo da mettere e i monitor dell’ossigenazione del sangue da controllare, con i campanelli che suonano, la gente che chiede, magari con rispetto e comprensione per quello che sta accadendo, ma chiedono. Perché stanno male, hanno paura: domandano un bicchiere d’acqua e la grazia.

Perché siamo giunti a non avere più una struttura sanitaria all’altezza della situazione? Magari abbastanza buona nelle regioni del Nord, ma al Nord vive più della metà della popolazione italiana, mentre il governo sa bene che deve assolutamente fermare sulla “linea gotica” il propagarsi del contagio, perché se arriva al Centro-Sud non ci saranno che pochi ospedali, pochi posti in rianimazione, poco di tutto.
La vicenda della sanità italiana – del suo smantellamento, chiamato anche “privatizzazione” – non è diverso da quello della privatizzazione delle autostrade o della scuola, per la quale la Costituzione recita “senza oneri per lo Stato”, riferendosi alle scuole private, ed invece con i soliti sotterfugi si passa oltre anche alla Costituzione.

Ma la vicenda più eclatante, che pochi conoscono, è stato il vero e proprio drenaggio dei bilanci di molti ministeri – due in primis: Sanità e Scuola (vi siete chiesti perché Fioramonti ha sbattuto la porta e se n’è andato?) – a favore di un solo “vincitore” della battaglia, il ministero della Difesa.
In questi pochi anni, diciamo una decina, s’è visto un fiorire d’iniziative per armare il Paese e non si può nemmeno incolpare destra o sinistra, alto e basso, perché questi provvedimenti sono programmi che durano decenni, e con la volatilità dei governi italiani non ci si può affidare a questo o quello. Meglio fidarsi di qualcuno che sta più in alto e li controlla tutti, non sto a far nomi perché tanto sapete a chi mi riferisco.

L’Italia sembra che debba andare in guerra – F-35 e ben 4 portaerei! Sapete che, presto, l’Italia avrà ben 4 portaerei? (1) – e contro chi, di grazia? E’ pur vero che, seguendo l’adagio latino – si vis pacem para bellum – i mezzi da guerra si preparano nei tempi di pace ma un’idea di politica estera, e dunque di programmazione militare, bisognerà pur averla?
In pochi anni, il tonnellaggio della Marina Militare è raddoppiato – se guardiamo agli anni ’80 addirittura triplicato! – e non sappiamo perché, chi è la minaccia, cosa prevedono le strategie militari in proposito. A parte le solite facezie, le complesse elucubrazioni farcite di termini anglosassoni, per spiegare tutto in modo che nessuno capisca niente. Mentre, proprio la Marina, “brilla” per inchieste di malaffare & compagnia varia (2).

Proprio come avvenne in passato, prima della 2GM, quando l’ammiraglio Jachino recitava la lezione di fronte al Parlamento: l’ha detto Mussolini, le portaerei all’Italia non servono, ed ha ragione. Si vide dopo se non servivano: si capì subito con la notte di Taranto, ma era troppo tardi.

Se vogliamo cercare un nome e cognome, uno dei molti colpevoli di questo andazzo, un nome c’è: è stato Matteo Renzi – sì, proprio lui: quello che va a scusarsi in Europa per quello che sta facendo il governo italiano, mentre con Salvini prepara l’inciucio per disarcionare il governo in carica…la follia di Renzi cerca riscatti anche in questi tempi amari, nei quali il silenzio sarebbe d’obbligo, non solo necessario! – e proprio lui, negli anni 2015-2016 fu l’autore della cosiddetta “legge navale” per fornire all’Amm. De Giorgi (quello che inaugurò la portaerei Conte di Cavour in sella ad un cavallo bianco) tutto il necessario. O il superfluo?

La legge navale fu, dapprima, un intervento “spalmato” su più anni di bilancio poi, improvvisamente, il Ministero dell’Economia anticipò alla Marina tutto in una botta. Non si sa nemmeno quanto fu di preciso perché le cifre variano secondo come si leggono i bilanci: in ogni modo, compresi in una forbice fra 5 e 6,2 miliardi di euro (3). Portaerei, incrociatori, fregate, sommergibili, pattugliatori, rifornitori di squadra, aerei, elicotteri…una ferraglia infinita.
E dove li ha presi, quei soldi, il saltimbanco di Rignano?
Risparmi, sì risparmi…sempre a carico dei soliti noti: Sanità e Scuola.
Fra l’altro, in una confusione di strategie e di obiettivi, mentre russi e cinesi se la ridevano.

I russi hanno mostrato al mondo il missile Kalibr durante la guerra in Siria, che ha praticamente distrutto il quartier generale e le milizie del Califfato. C’è anche la versione anti-nave, che ha una portata di 1.200 km, traiettoria parabolica e sensore auto-cercante del bersaglio.
Basterebbero tre installazioni di questi missili (Salento, Sicilia e Sardegna, abbiamo tutta la tecnologia per costruirne di simili) per proteggere tutti i mari italiani ed una buona fetta di Mediterraneo, con una spesa irrisoria ed una durata ben più elevata della ferraglia che va in mare.
Non sto raccontandovi balle: la Marina USA ha richiamato tutte le sue 12 portaerei per capire come fare a renderle “invisibili” alla nuova minaccia. Ma per gli ammiragli italiani non sono una cosa seria: portaerei! porterei! Papere nello stagno.

Poi, si scopre che i nostri ospedali non hanno mascherine, tute protettive, respiratori, apparecchi per la rianimazione: ce ne ha inviati, impietosita, la Cina. Regalati.
E così si torna indietro, ad un secolo fa: ieri andarono i giovani di 18 anni a morire, con solo tanto ardor patrio ed una pistola a farsi ammazzare, oggi, solo nel bergamasco ci sono 600 medici infettati dal Coronavirus e gli ospedali rischiano di diventare dei lazzaretti.

Di più: bisogna utilizzare la Fiera di Milano per farne un grande ospedale! Peccato che manchino le solite attrezzature ed il personale. Nel frattempo, l’ex ospedale di Legnano (4) sarebbe – certo, con gli interventi di manutenzione ed aggiornamento – in breve tempo più fruibile, perché già nato come un ospedale.
Purtroppo, sulla polemica dell’ospedale alla Fiera di Milano s’è già imbastita la solita querelle politica (fu Formigoni a chiudere l’ospedale di Legano, sic!) perché i nostri politici non vogliono valutare la convenienza, bensì la spesa, che in questi tempi di “facili appalti” promettono d’essere mooolto succosi!
Difatti,  l’assessore Gallera – vox della Lega e di Forza Italia, non dimentichiamo – ha subito respinto la richiesta che è venuta dai COBAS e dal M5S. “Troppo rovinato”, “Ci sono stati atti di vandalismo”…piccola domanda all’assessore: chi doveva vigilare sulla struttura? Babbo Natale? Batman? Superman? Oppure l’assessorato regionale?

Come potrete notare, in questo maledetto/benedetto Paese le querelle si riattivano, anche a secoli di distanza: vogliamo l’ospedale alla Fiera! Vogliamo una grande Marina!

Riccardo Orioles – grande giornalista! – oggi, scriveva: “Coronavirus, quando questa guerra sarà finita inizierà il dopoguerra. E lì ci sarà da discutere” (5). Già, vero: di quante cose dovremo discutere! Ce lo faranno fare? Ci sarà una vera campagna elettorale, con argomenti al posto degli slogan?
Staremo a vedere, ma toccherà a noi ricordare: anche agli insulsi.



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