10 giugno 2017

Due conti della serva


Una sera qualunque, a casa d’amici: senza saperlo, sto per accedere ai veri conti dell’economia spicciola, quelli che gli italiani fanno tutti i giorni. In questo caso, i conti dei padroni. Sono conti della serva fatti a spanne, però ci danno il “polso” di come s’è trasformata l’economia della produzione dei comuni beni di consumo, quelli che troverete nelle grandi catene commerciali, nei franchising, negli ipermercati.
Sono le 22,30: arriva, visibilmente stanco, il figlio che ha terminato il turno in fabbrica. Si siede, assaggia una torta, beve un bicchiere di vino. Ha gli occhi fissi su qualcosa di lontano, come quelli di una persona che non riesce a staccarsi da un sogno. O da un incubo.
Domanda banale: come va il lavoro?

Risposta scontata: bene, ho finito il secondo turno, quello dalle 14 alle 22, la prossima settimana farò la notte.
Sgranocchia la torta, sorseggia il vino: non riesce a staccarsi da qualcosa che gli ronza in testa, come un’ipnosi che ancora lo pervade.
Lavora in una fabbrica dove si fanno oggetti abbastanza costosi, di largo consumo: due macchine automatiche le quali necessitano solo d’essere alimentate manualmente.
Ossia, si prende un pezzo, lo si sistema sulla macchina, si preme un pulsante ed una resina calda scende nello stampo: 15 secondi, la resina è solida, si stacca e si ricomincia. Il pezzo finito esce già pronto per la vendita.

Come avrete compreso, mi tengo sul vago per non rendere riconoscibile il bene prodotto o la fabbrica di produzione, ma si tratta di qualcosa che milioni di persone usano quotidianamente.
Quanti pezzi riesci a produrre in un turno? 1.400 circa.
Tre turni, due macchine: 8.400 pezzi il giorno. Ogni tanto, capita un piccolo intoppo (il pezzo non si stacca subito, oppure il pezzo superiore ha un difetto, ecc): scendiamo ad 8.000 per fare cifra tonda.
Quanto costano questi beni?
Sono di ottima qualità – racconta – e, alla vendita, il costo d’acquisto s’aggira sui 140 euro. Mi fa vedere un esemplare: veramente bello e robusto.

I conti sono presto fatti: ipotizzando che i pezzi siano venduti al grossista (od alla grande distribuzione) alla metà del prezzo di vendita (una stima abbastanza realistica), fanno 70 euro x 8000: 560.000 euro il giorno. Sì, avete letto bene: incassano più di mezzo milione di euro il giorno. 15 milioni di euro il mese, perché – ovviamente – la produzione è continua e non ci sono Domeniche, Pasque o Natali che tengano.
Approfondiamo l’analisi, tenendo conto che sono conti della serva: utili, però, per comprendere – a grandi linee – qual è la ripartizione fra capitale e salario.
I pezzi che assemblate, li fate voi?

No, li comprano in un piccolo Paese dell’estremo Oriente: li pagano pochi spiccioli.
Li osservo e non ho difficoltà a crederlo: ben fatti, precisi, Immagino mani di donne o di bambini che cuciono, legano, rivettano…e poi una grande portacontainer che giunge a Porto Vado (praticamente, Savona) dove vomita i suoi container dai quali schizzano fuori migliaia, milioni di pezzi.
Cosa vuoi dire con “pochi spiccioli”? Scuote la testa: “proprio pochi, un’inezia”.
Non riesco a sapere di più: pochi spiccioli vorrà dire 5 o 10 euro? Mettiamo 10, tanto per strafare.
E la resina?
Qui, ne so più io di lui.

La resina che utilizzano è comunissima: deriva – ovviamente – dagli intermedi di reazione i quali, altrettanto chiaramente, si ricavano dal petrolio, mediante processi di cracking e di reforming. Come giocare con il Lego: ho una molecola grande? La rompo in due, od in quattro…poi la unisco ad un pezzo da sei, ci attacco un pezzo da tre e…voilà, la resina è pronta.
Si può venderla solida per comodità di trasporto, oppure mantenuta fluida mediante autobotti riscaldate…dipende dal tipo di produzione e dal tipo di resina.

Il 5% del petrolio che importiamo va all’industria petrolchimica, che si distingue per il bassissimo apporto di manodopera rispetto al capitale investito in tubi, cisterne, refrigeratori, riscaldatori…perché quel gioco del “rompi e incolla” avviene semplicemente tramite temperature, pressioni e catalizzatori. E si producono – veramente a fiumi – gli intermedi, che poi prenderanno la via delle vernici, dei medicinali, delle materie plastiche, ecc.
Tanto per capirci, i medicinali dal costo contenuto – diciamo la fascia da 0 a 20 euro – sono tutti prodotti da intermedi del petrolio. Idem le vernici, e tutto il resto.
Un chilogrammo di resina per pezzo è un costo che è addirittura difficile stimare: più centesimi che euro, tanto per intenderci.
Quindi, per le materie prime, possiamo ipotizzare 12 euro: 10 per il pezzo che è importato, qualche centesimo di resina ed un euro per la confezione.
Veniamo al personale.

Le macchine sono due e lavorano su tre turni: 6 persone. Ovviamente, dobbiamo calcolare anche eventuali rimpiazzi. Facciamo 8? Poi, tre addetti per l’impianto delle resine (uno per turno), qualche meccanico, elettricista, magazziniere, confezionatore, e poi due impiegati, un paio di dirigenti…quanto fa? 25 persone? Ma facciamo 30, dai…ad abundantiam…
30 persone che non ricevono identico salario: per gli operai stimiamo un costo di 3.000 euro il mese ciascuno, e fanno circa 70.000 euro, poi ci sono i dirigenti…100.000 euro in tutto? Ma sì, dai, non lesiniamo. Sono paghe mensili, non dimentichiamo.
Energia: certo, di corrente elettrica, acqua, spazzatura e tutto il resto ne fanno andare…stimiamo 10.000 euro il mese? Proviamo.
Infine, ci sono i costi d’ammortamento del capitale investito, provenienti – di norma – dalle banche.

Qui le ipotesi sono più difficili: ricordo che una macchina che assemblava – da sola, bastava alimentarla con le componenti – le porte blindate, in anni lontani, costava due miliardi di lire. Un impianto per produrre pellet si aggira (secondo le dimensioni) fra il milione ed i 10 milioni di euro.
Con due macchine per l’estrusione della resina, più l’impianto di alimentazione della resina stessa, quadri elettrici, tubature, e poi il magazzino con l’immancabile furgone e l’elevatore per le merci…beh…ritengo che l’investimento sia stato di 5 milioni di euro, forse meno che più.
Le banche cosa chiedono?
Per un investimento di 5.000.000 di euro, restituibile in 5 anni, la rata mensile s’aggira intorno ai 70.000 euro.

Infine, c’è il socio occulto: lo Stato. Quanto saranno le tasse? Qui ci sono le mille alchimie dei bilanci…proviamo con la massima, ovvero il 43%?
Possiamo, a questo punto, scrivere un conto economico che ci darà, a grandi linee, la “fotografia” di una piccola azienda.

INCASSO ANNUO: 204.400.000 euro

SPESE ANNUE:

Materiali (pezzi, resine, energia, ecc): 35.160.000

Spese per il personale (13 mensilità): 1.300.000 euro

Spese finanziarie (banche, mutui, ecc): 840.000 euro

TOTALE SPESE: 37.300.000 euro

AVANZO (al lordo delle tasse): 167.100.000 euro

Tassazione (43%, massima): 71.853.000 euro

GUADAGNO (al netto di spese e tasse): 95.247.000 euro.

Non pretendiamo d’aver definito con precisione la “vita” di quell’azienda, ma d’aver tracciato almeno gli ordini di grandezza all’interno dei quali opera.
Come noterete, non è stata considerata l’IVA, perché l’IVA è una partita di giro, ma non a risultato zero: sarebbe troppo difficile calcolare, per ogni singolo passaggio, il dare/avere dell’IVA. Così come non sono state considerate le tasse d’importazione ed i trasporti. Oppure le agevolazioni che l’azienda incassa dallo Stato per l’assunzione di personale. Ci sono una miriade d’altre variabili, ma sono soltanto un corollario che non muta il quadro generale.

Un dato, però, è chiaro: le retribuzioni – soprattutto quelle degli operai – sono una frazione infinitesima del guadagno netto: circa il 2%. In altre parole, se l’orario di lavoro fosse di 20 ore settimanali (la metà, a parità di salario) per l’azienda i costi per il personale salirebbero soltanto al 4%. Un po’ la vecchia idea di “lavorare meno e lavorare tutti”.
Ma i costi per il personale sono comprimibili, mentre non lo sono la tassazione (che fa la parte del leone), le banche, che sono praticamente un “cartello”  ed i costi di produzione, l’energia, le tasse comunali, ecc.

Come si è arrivati a questa situazione?
Il grande colpevole è stato il sindacato: venduto è ancora dire poco. Connivente, partecipativo con il capitale.
Questo ha condotto alla crescita dell’indice di Gini, e dunque alla sperequazione nella ripartizione della ricchezza.

Lo vediamo tutti: per un imprenditore, acquistare un’automobile da 80.000 euro è come, per noi, comprare una bicicletta usata. Se non ci credete, recatevi al porto di Varazze ed osservate. I cantieri navali sfornano a ripetizione yacht – i cosiddetti “ferri da stiro” – di 20-30 metri, con motori di migliaia di Cv. Costo: 2-3 milioni di euro.
Una parte di questi mastodonti viene usata per le tangenti: giri e rigiri di denaro per far impazzire i magistrati che indagano, quando non sono anch’essi conniventi. Oppure sono destinati alla vendita, ma qui avviene un paradosso: si vende più facilmente un colosso del genere (iscritto alla Cayman, ovviamente) che una piccola barca per uso familiare. La classe media è sparita, fagocitata dai grandi capitalisti, mentre la classe operaia vive condizioni al limite della schiavitù.

Del resto, la classe politica – e questo è un leitmotiv che dura dall’Unificazione – preferisce prendere poco a tanti, piuttosto che tanto a pochi.
Se osserviamo come vanno le cose in Germania, notiamo che – grazie alla cogestione – il sistema, seppur parzialmente, si riequilibra, poiché 4-6000 euro l’anno di premio di produzione, oltre al salario, fanno la differenza fra una vita di stenti ed una da cittadini.
Inoltre, la facilità del “far soldi” non stimola a produrre beni innovativi, non incentiva la ricerca: se guadagno tanto fabbricando scarpe, pneumatici o pentole a pressione, perché devo impegnarmi a studiare soluzioni innovative sul fronte energetico o nei trasporti?

La nostra classe politica potrebbe mettere in Costituzione (come fece la Germania) la partecipazione agli utili dell’azienda, ma se ne guarda bene: riceve troppe pressioni (leggi: soldi) per applicarsi in questo campo e nessuno ne parla mai.
Loro, discutono di legge elettorale, perché è il mezzo mediante il quale definiranno gli equilibri interni alle forze politiche per i prossimi decenni: che gliene frega di noi?

Beh, se le cose stanno così…non vado più a metter crocette su delle schede elettorali fasulle, almeno mi risparmio la rottura di scatole. Almeno, all’orizzonte, ci fosse qualche prospettiva, ma così no, non ne vale la pena.

6 commenti:

Augusto ha detto...

Vero, il sindacato (da sempre) ha fatto politica o, peggio, é connivente con il potere.
Preoccuparsi realmente dell'interesse del lavoratore... Mai.
Come esempio riassumeró un fattto antico e personale.
Rimorchiatori Riuniti anni 80; avevamo il "contratto nazionale naviglio maggiore" il migliore contratto per marittimi. Orario di lavoro totalmente sostenibile, ferie ed altri ammenicoli. Dovevamo imbarcare su rimorchiatori di altura (uscire da Genova) per 3 mesi all'anno.
Poi il lavoro portuale ha continuato a diminuire, quindi la proprietá ci ha proposto di uscire da Genova per piú mesi all'anno; fino ad un massimo di 6. Se non ricordo male. Fatto salvo che i dipendenti piú anziani, di etá, non sarebbero usciti. É normale, un anziano su un rimorchiatore di altura, per il tipo di lavoro, non é raccomandabile.
Questa la premessa. I sindacati, CGL in particolare, ci hanno spinti (li hanno spinti, dovrei dire) a rifiutare in toto l'accordo.
Risultato: esuberi, abbandono volontario con buona uscita e licenziamenti.
Intanto la proprietá (gli stessi, ovviamente) hanno creato una nuova societá nella quale hanno fatto confluire tutti i rimorchiatori di altura. La nuova societá applicava il contratto "naviglio minore" molto peggiore del precedente e i dipendenti stavano sempre fuori casa; salvo, ovviamente, i periodi di riposo.
Risultato: la proprietá (sempre gli stessi) ha avuto i suoi rimorchiatori di altura al lavoro, per piú tempo e con costi del personale decisamente inferiori.
Bel colpo.
Per l'aspetto generale e politico... che dire? Anche io sono sfiduciato, anzi, vedendo come vanno le cose, temo per le mie figlie e per i miei nipoti. Che fare? Proprio non saprei, ormai non vedo soluzioni possibili. Se non nel voto di protesta SPINTA. Poi andrá peggio? forse. O forse no.

Eli ha detto...


A me sembra che fino agli anni '80 il sindacato funzionasse, si sono ottenuti bei miglioramenti nelle normative. E' negli '80 che i padroni compresero che era meglio cooptare e pagare piuttosto che combattere, in fondo non siamo la Colombia o il Brasile, dove sparare ad un sindacalista costa solo due dollari. Allora si cominciarono a vedere caporioni di scioperi divenire dirigenti in azienda, equamente ripartiti fra CGIL e CISL, patinate rivistine sindacali pagate dal padrone, un alto dirigente UIL, Benvenuto (PSI e UIL), diventare addirittura Segretario Generale al Ministero dell'Economia e delle Finanze, dopo essersi venduto un nostro rinnovo contrattuale.
Votare significa soltanto alimentare, fornire energia al Sistema.
Comunque, Carlo, respiriamo particolato d'alluminio, mangiamo glifosato, e ci iniettano il mercurio: è ora di dire basta!
Anch'io ho voglia di chiedere asilo all'Austria od alla Svizzera perché mi stanno privando dei miei diritti civili! Che non sono soltanto le unioni fra gay, ma anche il diritto di decidere per la mia salute e quella dei miei figli e nipoti, garantito dall'Articolo 32 della Costituzione.

Ti abbraccio.
E.

roberto ha detto...

Ho degli amici che si sono trasferiti a lavorare in Germania ma l'unica differenza è che li si produce ancora, la produzione di merci che prima era in Italia per intenderci, e quindi trovi un impiego facilamnete ma quello che ti resta a fine mese è come da noi, poco o niente. La VW fà utili stratosferici ma in Germania un cappuccino costa 3/4 Euro e la barilla 2 volte che qui quindi il dipendente non ha poi quei grandi vantaggi che si pensano. Con la fine dell'URSS sappiamo bene che il grande capitale non ha avuto più bisogno di tenersi buone e calme le classi sottoposte e poi perchè mai avrebbe dovuto spartire la torta con gli altri non essendo più necessario, non lo ha mai fatto nessuno. L'URSS si è potuta abbattere allorquando l'enorme massa di denaro necessario alla corruzzione dei dirigenti dell'URSS e della politica in generale è stato creato dal nulla con le nuove tecniche della moneta FIAT collegata anche al debito perpetuo. E allora cosa si può provare a fare oltre che a lasciare il timone a chi già lo manovra contro di noi ? Ho una idea concreta ma la scrivo la prossima volta, così ti costringo a scrivere anche a te qualcosa di nuovo.

Carlo Bertani ha detto...

Un caro saluto ad Augusto ed Eli.
Roberto: per abbattere l'URSS non è stato necessario corrompere chissà chi! E Bastato Gorbaciov e pochi altri del Politburo...però, il grande sponsor di Vledimir Putin, all'inizio, è stato proprio Gorbaciov. Insomma, per mettere "sotto spirito" le testate nucleari sovietiche serviva un controllo forte, tipo KGB. E guardalo lì. Poi, che il "ragazzo" si sia dimostrato più intraprendente del previsto...eh...sorpresa! Comunque, Gorbaciov disse di lui "E' la nostra ultima speranza". Ciao

Augusto ha detto...

O.T.
Penso che il "ragazzo" di Gorby sia una speranza per una nuova Europa o nuovo stato europeo.
In fin dei conti la Russia é molto piú europea della Turchia

Theresa williams ha detto...

Ciao, sono Theresa Williams. Dopo anni di rapporti con Anderson, mi ha interrotto, ho fatto tutto il possibile per riportarlo indietro, ma tutto era inutile, lo volevo tornare così a causa dell'amore che ho per lui, Gli ho pregato con tutto, ho fatto delle promesse ma lui ha rifiutato. Ho spiegato il mio problema al mio amico e lei ha suggerito che dovrei piuttosto contattare un incantesimo che potrebbe aiutarmi a lanciare un incantesimo per riportarlo indietro ma sono il tipo che non credeva mai in magia, non avevo altra scelta che provarlo Inviò il cinguettino e mi disse che non c'era nessun problema che tutto andrà bene prima di tre giorni, che il mio ex tornerà da me prima di tre giorni, lancia l'incantesimo e, sorprendentemente, nel secondo giorno, era alle 16.00. Il mio ex mi ha chiamato, sono stato così sorpreso, ho risposto alla chiamata e tutto quello che ha detto era che lui era così dispiaciuto per tutto quello che è accaduto che voleva tornare a lui, che mi ama tanto. Sono stato così felice e sono andato a lui che è stato come abbiamo iniziato a vivere insieme felicemente felicemente. Da allora, ho promesso che chiunque conosco che abbia un problema di relazione, sarei d'aiuto a tale persona, facendogli riferimento a lui o lei all'unico vero e potente cronometro che mi ha aiutato con il mio problema. Email: drogunduspellcaster@gmail.com potrai inviarlo via email se hai bisogno della sua assistenza nel tuo rapporto o in qualsiasi altro caso.

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