12 giugno 2013

Vite sospese



Gianna cammina veloce lungo il corridoio, quasi corre, quasi scappa. Vorrebbe scappare, non ne può più. Per quasi 40 anni, ogni anno, ha accolto i “primini”, li ha sfogliati uno per uno, come i vasi dei fiori che innaffia ogni giorno sul balcone, con cura, bGiannando alla loro sete ma senza affogarli.

Per 40 anni ha fermato il tempo e si è cullata nell’illusione che strega la scuola: quel mutare immutabile – “diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale” come ricordava Guccini – e non importa se cambiavano gli occhiali, se spuntava qualche ruga, se ingrassava, se facevano male i piedi.

Ogni anno, a Settembre, il rito si ripeteva ed arrivavano giovani virgulti: a volte con lo sguardo bonario di chi è intimidito...chissà come saranno queste superiori...oppure spavaldo e di sfida (più che altro per insicurezza) – pieni di “piscio e vento” come raccontavano gli americani, un tempo, per le reclute – oppure ombrosi, perché qualche lama della vita già li aveva colpiti, mostrando tutto la crudezza del vivere, il carapace che non si dovrebbe nemmeno vedere a quell’età, ma capita anche questo.



Ogni anno, a Settembre, arrivano anche quelli della “quinta” dell’anno prima, a mostrare serietà e compunto, abiti giovanili ma con un’impronta oramai di serietà, di chi guarda avanti nella vita e progetta. Non sa bene cosa, ma qualcosa ha in mente, qualcosa per mettere alla prova le sue capacità, il suo ingegno, le sue speranze: il più delle volte, con un’aggiunta amara: “non qui, quasi certamente non qui, all’estero...”.

Gianna li ascoltava ma senza perdere troppo tempo: giovani virgulti che oramai erano piccoli tronchi, già legnosi ancorché teneri, con le foglie verdi e smaglianti, pronte a ricevere anche il primo, timido, raggio di sole del mattino. Non perdeva troppo tempo perché oramai toccava ad altri ascoltarli, forgiarli, trasformarli in alberi fruttiferi: là, che aspettavano, c’erano i vasi con le piantine, che se li lasci soli un attimo tornano indietro, fino alle elementari, e fanno battaglie con le palline di carta, con le cerbottane improvvisate.



Poi, ti dicono che puoi andare in pensione. Ci metti un poco ad abituatici, perché non è facile staccarsi da quell’idea d’eternalismo che i giovani virgulti ti “passano”. La vita è sempre uguale, nulla cambia, ogni anno arrivano come un rito, una consuetudine, una tradizione. Gianna ha vissuto come tante altre donne: ha i suoi figli – oramai grandi – un marito che brontola ogni volta che lei deve passare interi pomeriggi a correggere, ha la sua vita, ma è una vita ritmata e scandita dai tempi della scuola, da quel Settembre, Natale, Pasqua, Giugno, Esami che dura da tanti anni.

Fatica un po’, ci pensa, poi scopre – superate le chiacchiere di corridoio – che è vecchia, almeno, quasi vecchia.

Ci mette un po’ a realizzarlo: nel buio della notte, nel letto di casa – oppure nella livida luce dell’alba, perché man mano che il tempo passa si fa fatica a riaddormentarsi – ci pensa a lungo, ci riflette. Sarò troppo vecchia? E dopo, cosa farò? M’aspetta solo più l’ultimo appuntamento, quello che non puoi mancare: ci sarà il preludio amaro del pannolone e tutto il resto? Oppure avrò la fortuna d’andarmene come Marisa, un colpo e via?



I pensieri bui lasciano il posto a qualche momento di gioia, di dolcezza: e se Gaia e Marco – finalmente – si sistemassero un po’ meglio che con questi lavori raffazzonati...e decidessero di mettere in cantiere un piccino? Nonna! Ancora abbastanza giovane, non decrepita almeno.

Beh...portare il piccolo al parco la mattina, prendere un caffè con un’amica...stare un po’ di più con mio marito – quello, da quando è andato in pensione, ha solo più occhi per il suo quadrato d’orto – però una crociera insieme si potrebbe fare...insomma, non tutto è nero.

Poi, quando arriveranno i soldi della liquidazione potremmo far sistemare la vecchia casa dei nonni, quella in collina: Giampiero ci terrebbe tanto...

A poco a poco, il pensiero delle classi, dei ragazzi svanisce e prende il suo posto un futuro per ora fumoso, ma fatto di passatempi ed impegni semplici, di piccole cose: famiglia, figli (magari nipoti!), come rendersi ancora utili e ricevere un poco di gioia.

Adesso Gianna conta i mesi: lavora meglio, più rilassata, perché sa che quella sarà la sua ultima classe. E’ giusto così – inizia a rendersene conto – hanno bisogno di gente più giovane di me, che li innaffi nel modo giusto, per farli crescere in questa jungla che è diventato il vivere.



Giovanni è seduto alla scrivania ed ascolta distrattamente il vociare dei ragazzi in cortile, che entra dalla finestra trasformato in un informe brusio: apre la scrivania, il cassetto con la chiave che tiene sempre nel suo mazzo in tasca.

Eccola lì, la pistola di papà che – chissà perché – aveva sempre conservato: la sua l’aveva lasciata volentieri all’Esercito, ma la Beretta di papà l’aveva conservata come un ricordo. Strano conservare come ricordo un gingillo di morte, eppure anche quel “ferraccio” – forse perché personale, impugnato di sicuro da quella persona, il padre – trasmette quasi affetto. Un affetto gelido come l’acciaio della canna, elegante ed essenziale come la cascata di molle ed ingranaggi che racchiude, in poco spazio, l’arma.

Ripone la pistola dopo avere controllato il caricatore: è in forma perfetta, come quando papà – capitano d’artiglieria – la portava a spasso per l’Africa. Chiude nuovamente il cassetto a chiave ed osserva il foglio.



Come sono scarni i risultati delle analisi: tutto a posto…salvo qui e qui, due soli punti.

Appena le aveva aperte qualcosa aveva sospettato, due dati soli, ma fuori posto di brutto. Il medico li aveva interpretati…ma…fidarsi della sua interpretazione, zeppa di “se”, “però” e “forse”?

“Se” rimanevano così, “però” dovrebbero essere sballati anche questo e quell’altro, “forse” è ancora presto per saperne di più…certo, una fortuna prenderli in tempo, se è quello, quello che fa paura…la prima cosa è vedere cosa c’è, una bella ecografia.

Ecco l’altro risultato, l’ecografia: la macchia c’è, evidente, il medico gliela aveva fatta notare ed anche lui l’aveva vista…già, ma cos’è? Bisognerà fare una biopsia, di certo, perché così si sa troppo poco – aveva affermato il medico.

Questo avveniva la scorsa settimana.



Oggi è arrivato il risultato della biopsia: niente di terribile – aveva pronunciato il medico aggrottando la fronte – però bisogna intervenire, subito. Anzi, ti prenoto in fretta una visita dal prof. Rossi, qui all’Ospedale Civile: è uno bravo, lo conosco personalmente, siamo stati compagni d’Università.

Adelio Rossi non è molto diverso dal suo medico – riflette Giovanni dopo essere stato visto dal primario – sembrano fatti con lo stampino: positivi, simpatici, pronti allo scherzo. E come potrebbero essere diversi?

Ti devono dire che ti strapperanno un pezzo di carne, poi che dovrai fare la “chemio” e sperare che le metastasi non siano già passate, come quinte colonne, di là delle tue linee di difesa. Altrimenti...



Che fare? Si chiede Giovanni, nelle sere di tarda Primavera, quando dovresti sentirti felice perché il bel tempo torna, qualche bagno in mare ti dovrebbe ristorare e farti sognare avventure tropicali fra la spiaggia libera ed il mercato del pesce.

Niente: non c’è niente da fare che consegnarsi a Rossi, speriamo che abbia detto la verità, speriamo che sia bravo, speriamo che...



Un giorno come un altro va al sindacato e chiede per la pensione: il prossimo anno, gli dicono, sempre che non cambino qualcosa...sa, qui ne arriva una nuova tutti i giorni...oramai fanno le leggi sulle pensioni “on demand”, dipende da quanto “sfora” il bilancio statale...

Con tutti gli accidenti che ho per la testa – riflette Giovanni – non ho voglia di metterci anche questo: quando dovrò fare la domanda? Al solito: verso Gennaio, quando pubblicheranno il decreto, risponde l’impiegata.

Giovanni esce...Gennaio...chissà come starò a Gennaio? Avrò di nuovo i capelli? Ma che mi frega dei capelli, l’importante è sopravvivere...



Com’è andata a finire per Gianna e per Giovanni lo sappiamo: un giorno come un altro, qualcuno ha deciso che non era più il 2012, bensì il 14, 16, 19...

Chi lo ha fatto? Una tizia che frequentava la quinta ragioneria insieme ad un altro bellimbusto: cosa straordinaria, entrambi sono diventati ministri del Lavoro, una coincidenza che agghiaccia. Sì, la Fornero e Damiano – oltre ad essere entrambi sponsorizzati dal PD, uno dentro, l’altra fuori dal partito – furono compagni di scuola.

Ora, Damiano cincischia (dalla sua posizione di presidente della commissione Lavoro) per non tradire la vecchia amica: tira in lungo, esodati e tutto il resto possono aspettare, le nostre pensioni d’oro non si toccano perché con un tempismo eccezionale le ha salvate la Consulta. Noi, siamo tranquilli: adesso si tratta solo di dare uno zuccherino qui e là, e di farlo sembrare una torta Sacher.

E’ un’epoca di pentiti, niente da dire: al pari dei loro colleghi di mafia, adesso “si sbottonano” con la stampa e Dagospia può riportare le lamentazioni dell’ex ministro Riccardi, ora (politicamente) soletto solingo ma ben protetto nella “sua” comunità di S. Egidio:



«Più Monti assumeva provvedimenti lacrime e sangue, più esodati la Fornero creava, più saliva la protesta e la sofferenza delle classi più deboli, più a Palazzo Chigi erano soddisfatti perché proprio quella era la dimostrazione lampante di credibilità verso la signora Merkel. Cioè, più legnate riuscivano a dare al Paese e più pensavano di essere forti in Europa».

...

L'ex ministro rivela anche che Mario Monti era convinto di dover distribuire legnate per rieducare gli italiani. Si sentiva un professore che stanga gli alunni svogliati per indurli a studiare a comportarsi meglio.



Potremmo definirle “I lamenti di un povero trombato”, ma agghiacciano lo stesso.

In un Paese normale, queste affermazioni (che Monti non ha smentito) portano diritto all’accusa di alto tradimento, ossia operazioni politiche interne al fine di favorire una potenza straniera. Un tempo, queste “cosette” erano punite con la fucilazione: alla schiena, perché non ritenuti degni nemmeno di guardare in faccia il plotone.

La follia ha invaso le stanze del potere: non solo la protervia, l’abuso, la corruzione...qui stiamo rasentando la pazzia perché – dopo elezioni che hanno praticamente annullato il precedente governo – i nuovi governanti non sanno prendere decisioni che urtino gli illustri predecessori. A dimostrare che il diktat di quel “professore” fallito, che ha portato il debito pubblico alle stelle ed il PIL a picco, è tuttora il verbo.



Perché una simile follia? Non sono così uniti né aggregati attorno ad un pensiero unico: le molte frizioni che ci sono state per la crisi greca mostrano che il fronte dell’incomunicabilità totale fra istituzioni e governi non è più così saldo. Le popolazioni, per ora, continuano a non contare: qualcuno, però, sempre più insistentemente comincia a citare il “demonio” dei liberisti falliti, John Maynard Keynes. Ci torneremo in un prossimo articolo, sui rapporti fra sociologia ed economia.



E Gianna e Giovanni?

Non riescono più a pensare alla scuola: non è possibile costruirsi una vita poi, scaduti quei termini, ripensarne un’altra e pianificarla. Sistema una casa, preparati alla pensione, fai i conti dei soldi: basteranno? Poi, una Fornero qualunque ti fa ritornare da capo per molti anni, oppure ti “esoda” in un limbo senza attributi, vuoto come la nebbia e pauroso come la notte: l’industria privata (che non sa che farsene dei sessantenni, figuriamoci oltre) ne ha approfittato a piene mani, i lavoratori no ed è stato creato un neologismo gentile, “esodato", che non significa nulla nella lingua italiana, soltanto uno che se ne è andato da un luogo. Per approdare ad un altro? Non si sa.

Lavorare ancora un anno in più è comprensibile: l’orizzonte dei cinque anni, invece, è troppo lontano, oltre la foschia che cala d’Estate sul mare. E che fa paura perché terra incognita, come le Colonne d’Ercole di un tempo.



Gianna e Giovanni s’informano e leggono: il Ministero dell’Istruzione – il loro ministero – sta pagando, mediante il CNR, una nave soccorso per sommergibili alla Marina Militare e si pensa che la bella abitudine iniziata continuerà con le nuove fregate classe Fremm ed oltre.

Che bello: si “istruisce” costruendo navi da guerra. Per chi? Per l’Italia? Ma non facciamo ridere! Siamo solo degli appaltatori delle imprese yankee.



Gianna e Giovanni stanno provando sulla loro pelle quella “sofferenza” della quale godeva Mario Monti perché s’era “troppo ricchi” e, dunque, troppo felici: ancora una volta la piramide di Wilhelm Reich, dove in testa stanno solo i demoni che non hanno goduto nulla nella loro vita e che una sola cosa sanno fare. Vendicarsi per la loro ignavia.



2 commenti:

MattoMatteo ha detto...

Magari Mozart2006 potrebbe confermare se l'articolo qui sotto corrisponde al vero:

http://www.huffingtonpost.it/2013/06/13/germania-pensioni-basse_n_3436832.html?1371148319&utm_hp_ref=italy

a me pare strano ma ...

Notte

mozart2006 ha detto...

L'articolo è completamente inventato.
In Germania le pensioni ammontano al 70% dello stipendio che si aveva (al massimo del periodo contributivo) e costano solo il 20% dello stesso, pagato a metà fra lavoratore e datore di lavoro. Solo per completezza di informazione, in Italia costano il 43%, l'11% a carico del lavoratore e il 32% a carico del datore di lavoro.

Del resto, finchè la stampa italiana si ostina a usare come fonte il BILD Zeitung, che è un giornale cazzaro a livello di "Chi" o "Cronaca Vera", non c' è da stupirsi di questi sfondoni.