08 ottobre 2008

Tre meditazioni sulla Morte, e un Epilogo

Prima meditazione
Il funerale è alle 15. Arrivo con un po’ di ritardo: il carro funebre è vuoto, la bara è già al centro della navata e la chiesa è piena, con tanta gente in piedi ed altrettanta fuori, che parla del più e del meno.
Qualcuno, fuori, ride e scherza.
Prendo posto al fondo, cercando uno spazietto ancora vuoto e lo trovo appoggiandomi ad una colonna.
Nella penombra, inizio ad osservare la carrellata dei presenti: pochi visi noti, una marea di sconosciuti. E’ così quando vai ad un funerale per la sola amicizia con un parente; il tuo mondo si specchia nei visi conosciuti e puoi incasellarli nel tempo e nello spazio: luoghi, situazioni, anni.
Scorre, intanto, il nastro di quei volti per te grigi, che non rappresentano nulla. Come tu sei grigio per loro.
Il prete sta parlando, sta esortando i presenti alla fede nella vita eterna, nella quale anche l’estinto avrà un posto, come tutti l’avremo. Di certo. Credeteci, sembra affermare.
Poi, ricorda che verrà per tutti la resurrezione della carne, ed usciremo tutti dalle tombe un giorno lontano: sepolcri nel frattempo scomparsi – non ha nessuna importanza – corpi disgregati che giacciono sotto le fondamenta di un ipermercato. Vi prego, sembra affermare, ve lo dico io che lo so.
Da zero a dieci, tutti votano nella loro mente le parole del prete: osservo qualche 7, un po’ di 6, poi si scende. Qui, in fondo, nessuno alza la paletta.
I 7 ed i 6 rispondono alla liturgia, biascicano qualche risposta incomprensibile: quelle in Latino erano altrettanto oscure, ma erano almeno belle, musicali, evocative. Evocative di che? Niente, nulla da dichiarare – rispondono centinaia di visi cerei, all’officiante in divisa della Finanza – non ho preghiere né richieste da fare, nemmeno di contrabbando.
L’iconografia è desueta: un mondo, povero d’immagini, si scontra con lo strapotere dei mille network, della comunicazione planetaria. Nonostante un “fu” Papa gran comunicatore, la partita è persa senza nemmeno dare il calcio d’inizio a centrocampo. Figuriamoci con un teologo tedesco: chi, ancora, si chiede cosa fosse l’Illuminazione per Agostino?
L’Oberst-Kommandant di St. Peter Platz si rivolge agli italiani e al mondo: “niente preservativo, ricordate, castità”. Ma non ci “seguono” – lamenta – anche le palette con 7 e 6 glissano, si voltano dall’altra parte, perché nessuno ha il coraggio di dire ai propri figli: «Vai, sii fedele alla dottrina: se ti prendi l’AIDS, ci sarà sempre il Buon Pastore a confortarti».
Così trascina la sua stanca vita – fra una polemica per l’uso del preservativo e l’ennesima rassicurazione di non interessarsi alla politica italiana – una religione morente, al tramonto del suo tempo. Crediamo bene che sia contro l’eutanasia: sarebbe la prima candidata.
L’unico istante nel quale la liturgia sembra ravvivarsi, è quando l’officiante chiede di scambiarsi un segno di pace. A quel punto, anche le palette abbassate tendono una mano, sorridono timidamente, fanno almeno un cenno: quasi per voler rassicurare d’esser ancora presenti gli uni per gli altri. Per, poco dopo, dimenticarlo appena saliranno in auto.

Seconda meditazione
Oggi è un altro giorno: viene sempre un nuovo giorno, e i pensieri s’azzerano per ripartire da capo. Non potremmo sopportare un continuum mentale, senza pause, che dura per l’intera vita.
Oggi, si va a trovare un’amica che non sta tanto bene: è tanto che non c’incontriamo, da quando ci s’immergeva insieme nelle acque blu di Liguria, nei “buoni” posti che gli indigeni sanno ancora preservare dall’assalto degli Achei che calano da Nord ogni Domenica.
Sull’Appennino ligure regna una pace bucolica, mentre il sole gioca a nascondino fra le querce ed i faggi: addirittura, ci dobbiamo arrestare per lasciar passare una cinghialessa con i suoi piccoli. L’ultimo è in ritardo: aspettiamo pazienti che scenda dal bosco ed attraversi la strada, quasi urlando «Mamma, aspettami!». Non sono certo di tradurre a perfezione il cinghialese, ma posso assicurare al lettore, almeno, il senso approssimativo della frase.
La sorpresa che ci attende, però, è d’altra natura.
Sì, “non sta tanto bene” e vive sola, in una casa abbarbicata a mezza costa su un monte, come sanno essere impervi e grifagni solo i monti di Liguria.
L’astro, ora, tocca il mezzodì solare e lei c’attende in giardino. La prima cosa che noto, accanto alla sdraio, è la stampella.
Quando si alza – cioè, tenta di alzarsi – chiede dove sia finita l’altra stampella: finalmente, quel corpo sinuoso che osservavo danzare fra le onde, si solleva. Curvo, affaticato, dolente.
Ci trasciniamo in cucina – lei per la fatica, noi per lo sconforto – ed ascoltiamo il lungo racconto: le diagnosi, il peregrinare fra un ospedale e l’altro, poi la speranza – in Germania – ed ora la cura.
Si pranza: anche il pranzo, come il sonno, è un conforto che gli Dei regalano agli umani per consentire loro una cesura.
Dopo pranzo, mi chiede se so fare le iniezioni. Sì, ho imparato da mia madre.
E facciamo questa iniezione: no, sono quattro perché, anche se si tratta di una cura naturale, il nemico è il cancro, e quelle medicine sono una sorta di chemioterapia naturale.
Per carità, nulla di paragonabile alle sofferenze della “chemio” tradizionale, ma soffro nel vederla prona, incapace di muoversi per una buona mezzora, sudata, dolorante.
Allora esco in giardino a fumarmi una sigaretta. E’ l’imbrunire: l’aria stanca del dì di festa, carica d’umidità, scende dai boschi dove la cinghialessa ed i suoi piccini cercavano ghiande e castagne, nel caldo mezzodì della loro vita selvatica.
Lo schiocco di una fucilata rammenta che è giorno di caccia: odo trambusto in lontananza, rumori attutiti dal dialogare del vento. Poi, su tutto, ravviso chiaramente qualcosa che ben conosco.
Non c’è stata la seconda fucilata, ma l’urlo di morte del cinghiale – quel grugnito acido e disperato, lanciato all’inutilità del cielo plumbeo – indica con precisione l’istante nel quale il coltello gli ha reciso la gola. Perché il sangue deve lasciare il corpo, altrimenti la carne non frollerebbe bene: ebrei o goim, per il cinghiale non cambia. Sempre cibo cacer deve diventare.
Intanto s’è fatto buio, e ricordo che è Domenica: gli autotreni carichi di vitelli saranno già dentro al recinto del macello comunale, e non so se una fucilata sia più o meno pietosa. Nemmeno l’esser vegetariani ci salverebbe, poiché quei cinghiali che si moltiplicano divorerebbero fino all’ultima patata.
Rientro in casa. Ora, l'amica è seduta al tavolo della cucina: è avvolta da una coperta, ma il viso è sofferente e trema. Non sono certo io a chiederlo, ma è lei stessa a presagire la domanda celata nella mia espressione, forzatamente neutra; confessa che ci ha già meditato: se tutto dovesse andare male, ha già pensato alla soluzione. Definitiva.
Per non dare fastidio a nessuno, non creare problemi e, infine, per concedere ancora un brandello di dignità a se stessa. Non trovo niente da rispondere: un cenno con il capo basta, per non mettere inutilmente in dubbio il suo onore.

Terza meditazione
Il terzo giorno è il capitalismo a morire. Cioè, non è ancora morto: si tratta soltanto di un triplice infarto, nulla di definitivo. I medici al capezzale del malato somministrano medicamenti antichi: nascondere la viltà dei patrizi, per calarne gli inevitabili danni sulle spalle della plebe. Niente di nuovo sotto il sole.
Alessandro salì a Delfi per consultare la Pizia: poi, confortato, giunse fino all’Indo. Una favola – per la maggior parte di noi – una leggenda sfiorita nei margini del mito.
Solida realtà, invece, credere che la spirale dei consumi a credito potesse crescere senza fine, solo per comprovare nella prassi quotidiana un pensiero di rimozione collettiva della vita e dei suoi limiti, della morte e del suo sancire una fine ad ogni cosa.
Così, assistiamo ad un pessimo teatrino dei Pupi, nemmeno lontanamente paragonabile al potente vento della tragedia: con fare di commedianti, salgono sul proscenio, calcano l’agorà televisiva personaggi che promettono salvifiche pozioni, rassicuranti alcove, caldi e perpetui focolari per riscaldare, senza tremore alcuno, le dubbiose membra.
E c’è del vero, in quel vorticar di suoni nell’aria!
Il Senato sarà salvato – se non altro, perché a scrivere le leggi sono soltanto Cesare ed i suoi senatori – e dunque il mondo potrà proseguire nel suo eterno corso: al più, sarà necessario inviare qualche centuria di Pretoriani sulle vie consolari. Che già hanno preso posto, con la scusa di qualche errabondo brigante.
La ruina sarà scapolata facendo credere che quelle false monete d’argilla, create dal nulla per decenni, finiranno come ogni vaso rotto al Mons Testaceus, la collina dei cocci al Testaccio. Ma, in questo modo, i senatori non sarebbero garantiti!
Allora, si provvederà a consegnare vere monete auree a tutti coloro che consegneranno i falsi simulacri d’argilla. Chi mai, possiede in tal copia si tante monete?
Se ne farà carico l’Erario: parola di Cesare.
La consegna di tanto oro da parte dell’Erario, significherà che non ci saranno più monete per acquistare vino e granaglie per la plebe. Sarà la morte, dopo l’infarto, che verrà ingentilita con preziosi vaticini i quali – nel loro criptico linguaggio – sapranno calmierare con ambigui presagi che tutto non va proprio a catafascio. Solo “quasi”.
Giungeranno a ricordare la solidità di La Palisse: un uomo, un quarto d’ora prima di morire, è ancora vivo.
Le cassandre saranno giustiziate o comprate con pochi sesterzi: ancora una volta, dimenticando che la vera Cassandra aveva ragione. Al termine, dopo che l’oro sarà trasportato nelle ville patrizie, sarà data “mano libera” alla Guardia Pretoria.
Così muoiono gli imperi: nel sangue versato in una sola, grande battaglia oppure centellinando l’amaro calice della sconfitta per lustri e decenni, in un’agonia dolorosa, che deturpa e succhia – come vampiro – le estreme forze.

Epilogo
Una civiltà muore quando smarrisce la frontiera, il limite della Morte come confine ciclico nel volgere degli eventi: lo perde nelle vuote cerimonie funebri, nelle rassicurazioni dei prestigiatori farmaceutici, nella follia dei broker saccenti. Tanto sapienti, da lasciare il loro mondo con una scatola di cartone in mano.
Ratzinger ha ragione quando ricorda che il denaro non è tutto: dovrebbe però spiegare perché, sin dai tempi dei Conventuali e degli Spirituali, la Chiesa Cattolica non abbia quasi pensato ad altro. Oppure dobbiamo ricordare il commercio delle Indulgenze? E le “attività” dello IOR? Da quale pulpito viene la predica.
L’affermazione, quindi, non gli può appartenere – pur verissima – poiché contraddetta in termini dalle opere.
Eppure, in questi giorni di timori e pessimi presagi, è l’unica (o fra le poche) sentenze che meritano attenzione.
Potremo cercare rimedi, per la disgrazia che verrà da quello che oggi è soltanto l’agitarsi di numeri sui monitor: perché, quando si passerà dalla Morte virtuale a quelle reali, il dolore sarà tangibile, sostanziato.
Non conosciamo i termini e gli aggettivi che lo dipingeranno: disoccupazione di massa, welfare da Quarto Mondo, forse una grande guerra per riportare a zero il denominatore e far ripartire una novella, perfida equazione.
Non li conoscono nemmeno i prestigiatori dell’economia i quali, nel bel mezzo di un evento del quale non riusciamo nemmeno a percepire la portata, si permettono l’azzardo – vera ignoranza e presunzione! – di comunicare a quanto ammonterà il deficit USA nel 2013! Ma, quando la finiranno di prenderci per i fondelli? L’Oracolo di Delfi era più serio ed attento!
Il denaro non sarà più “tutto” quando “altro” prenderà il suo posto: ciò che manca oramai da secoli, nella civiltà mercantile, è “l’altro”. Per questa ragione sotterriamo in fretta la Morte: poiché ci richiamerebbe al limite del nostro essere, a qualche domanda più seria e (forse) realmente confortante.
Così, nel vuoto pneumatico di qualsiasi valore pregnante e condiviso – gradualmente, ma inesorabilmente abbattuto dalla necessità espansiva del capitale – la civiltà mercantile muore quando perde l’ultima ancora rimasta: il denaro.
Si ha un bel dire che è necessaria una nuova teoria del valore, che ci vuol un rinnovato socialismo, che dovremo riscoprire i nostri legami comunitari: senza la ricerca interiore di ciò che siamo – l’antico peregrinare della mente alla ricerca del vero, di là delle religioni da ipermercato e da hard discount – l’ansia ci renderà nuovamente schiavi di questo o quel arruffapopoli, sia esso uomo, Dio, semidio o vil denaro.
Gli antichi fidavano su una cosmogonia che rifletteva, su più alti livelli, le pulsioni e i dubbi dell’animo umano. L’uomo medievale, pur vivendo nel terrore di una religione imposta più con la forza che con la conoscenza, credeva o si sforzava di credere in un compendio di certezze. Noi, siamo oramai viandanti nel deserto: sotto il denaro, nulla.

6 commenti:

Roberto ha detto...

Caro Carlo,
Ho letto tutto ma, per adesso, mi interessa parlare solo di un paio di "momenti":
-il primo "momento" è lo scambio del "segno" di pace...
Hai ragione quando dici che anche chi non ha alzato palette si "ravviva" in quel momento. Infatti è indirettamente la dimostrazione di quanto più o meno dici a proposito della incomprensione, dell'obbligo (medioevo), o della "vana" (per le palette abbassate) promessa del prete.

Quando ci "scambiamo" un segno di pace (p minuscola) in realtà spesso (direi sempre nel caso delle palette basse e spesso anche nelle palette con 7) commettiamo un piccolo "sacrilegio".
Quasi tutte le persone che si "scambiano" il segno di pace hanno in testa la "propria" pace che -in un momento (brevissimo) di magnanimità- si vuole "donare" al prossimo, lì all'interno della Chiesa.
Invece non è così:
quando ci scambiamo il segno di Pace (P maiuscola) ci "trasmettiamo" la Pace di Dio.
Non -sicuramente non- la nostra pace, bensì la Pace Universale che solo Dio può dare in modo eterno.
Quindi chi non crede in Dio ed è in Chiesa solo per "amicizia" o "consuetudine" o altro, non dovrebbe scambiare nessun segno di pace con nessuno. Tanto più che saremmo anche bugiardi a "fingere" di scambiare una pace (la nostra) che in realtà non diamo a nessuno e nemmeno ai nostri più cari, visto che siamo sempre pronti a difendere (con milioni di piccole guerre casalinghe) i nostri "diritti"...Proprio la pace non sappiamo proprio cos'è...

Ricordo la formula usata:
"La Pace di Dio sia con Tutti Voi...."
"scambiatevi un segno di Pace..."
Chi va a catechismo lo ha imparato (forse anche subito dimenticato),
quella E' la Pace di Dio e non degli (o fra) gli uomini!
E' la Pace che Esiste perché Esiste Dio...NON è la pace miserrima quotidiana che ci sforziamo di guastare ad ogni piè sospinto non fosse altro per litigare per la fila al supermercato!
Quindi io rispetto moltissimo quelle persone che -non credenti- quando sono in Chiesa a Messa, NON rispondono alle preghiere (sopratutto al Padre Nostro che è un impegno formale di totale amorevolezza "rimetteremo i debiti ai nostri debitori" ma basato sull'esistenza e la sequela di Dio)
e nemmeno si scambiano la pace...
Mentre sono sempre più perplesso difronte a quelli -anche cattolici praticanti- che recitano il Padre Nostro eppoi non pagano gli operai
(che, ricordiamolo, sono addirittura creditori!)...

Sulla tua seconda meditazione sono semplicemente di opposta opinione.

Sulla "cosa" capitalistica invece voglio stigmatizzare una Tua tendenza alla "melanconia" (qualcuno potrebbe anche dire catastrofismo ma io ti leggo da anni e -forse- un po' ti conosco)
alla quale ogni tanto (raramente) sfugge una visione più in dettaglio.

Il mio umile pensiero è che domani non moriremo di fame e forse nemmeno dopodomani, quello che in buna parte succederà è che saremo in tanti più poveri di mezzi materiali (spesso inutili) e che -invece- una piccola parte di noi sarà immensamente più ricca.
Questa "dicotomia" fra ricchi e poveri potrà sollevare il torbido che c'è nella natura umana e creare anche grandi tragedie (hai notato che alcune delle stragi più numerose e atroci -come le guerre- vengono chiamate "Grandi" ?).
Ma questo torbido, al quale nemmeno il Papa è immune, non fa parte sicuramente della Chiesa intesa come Corpo di Dio...
Se ci pensiamo bene, ed in modo onesto verso noi stessi, sono state le numerose "membra" che si sono, in vario modo e con varie idee, riconosciute all'interno della Chiesa Cristiana il vero motore della Pace e della prosperità (sempre minacciata dai ricchi capitalisti) dei nostri tempi. Che poi queste singole microscopiche membra siano, o siano state, rappresentate da quelli che tu dici "terrorizzati"
oppure da tantissime piccole e sane
(non è un errore non volevo scrivere: sante) persone che, in modo perlopiù caritatevole, hanno creduto anche solo all'idea di Dio.

Ammetto di aver colto il tuo, poco implicito, messaggio riguardo alla morte del dio Denaro, allora il mio umile pensiero, espresso nel precedente periodo, acquista maggiore forza e valore, sia storico che sociale.

ti saluto caramente

ciao

RA

Roberto ha detto...

Una piccola precisazione, non per te, ma per eventuali altri che possano leggere il mio commento:

quando ho scritto:
"...riconosciute all'interno della Chiesa Cristiana..."
e
"...motore della Pace e della prosperità ..."
ed anche
"...persone che, in modo perlopiù caritatevole..."

Mi riferivo a quelle persone che si riconoscono nella Chiesa.

E' ovvio e sicuro che ci siano tantissime altre persone parimenti caritatevoli ed anche parimenti costruttori di pace e prosperità, che magari non credono oppure hanno altre Fedi o seguono altre religioni.

E' però anche innegabile che quelle persone che si sono riconosciute e "riunite" (magari "forzatamente" o "inconsciamente") nella Chiesa, hanno "macinato" di più a favore della società forse proprio perché "uniti" e non "sporadici".
Ammetto sicuramente, a questo punto, che ci sono state persone "sporadiche" che hanno compiuto grandiosi atti a favore dell'umanità, ma il mio commento riguardava più che altro lo "sporco" lavoro quotidiano fatto con umiltà e speranza, piuttosto che qualche -pur determinante- meteora nel cielo...

ciao

RA

L'agliuto ha detto...

Avendo letto tutti i suoi post pubblicati presso 'Don Chisciotte', letto anche questo, ho pensato bene di recarmi alla fonte.
Non indugio sulle congratulazioni, contenutistiche, ma soprattutto formali (la semplice assenza di refusi rappresentando già da sola un pregio non comune). Ciò detto, vengo al punto che m'ha intristito.
Così trascina la sua stanca vita – fra una polemica per l’uso del preservativo e l’ennesima rassicurazione di non interessarsi alla politica italiana – una religione morente, al tramonto del suo tempo. Crediamo bene che sia contro l’eutanasia: sarebbe la prima candidata. [...] Ratzinger ha ragione quando ricorda che il denaro non è tutto: dovrebbe però spiegare perché, sin dai tempi dei Conventuali e degli Spirituali, la Chiesa Cattolica non abbia quasi pensato ad altro. Oppure dobbiamo ricordare il commercio delle Indulgenze? E le “attività” dello IOR?

Ora, non sono così sprovveduto da negare quanto sopra. Quel che mi intristisce - dicevo - è vedere che anche chi non si assoggetta al tabù contemporaneo per eccellenza, ovvero al rifiuto della morte (e delle relative considerazioni), prima o poi attacca la Chiesa. È come se un naufrago, scoperta la dicitura MADE IN USA sul suo gommone, lacerasse quest'ultimo.
Voglio dire che la Chiesa, per noi battezzati (come l'Islam per un musulmano e così via), è l'unica entità alla quale possa applicarsi il detto orientale del dito che indica la luna. Sarà pure un dito sporco, ma indica la luna, laddove ogni altra entità (statale, comunale, nazionale o sovranazionale che sia) è un dito che indica se stesso. Tutt'al più, indica un dito più grosso. Ma sempre di dita umane si tratta.
Qual è, in sostanza, l'alternativa alla Chiesa? Solo un'altra Chiesa, id est un'altra confessione religiosa. Ne vale la pena? Chi lascia la strada vecchia per la nuova - dicevano i vecchi - sa quel che lascia, non sa quel che trova.
Ciò, ripeto, solo nel caso in cui uno - come fa lei - si interroghi sulla morte e, conseguentemente, sul post mortem. L'alternativa per chi non vuol pensarci è invece semplicissima, consistendo nel fare a meno del prete.
Ebbene è proprio il dito, magari sporco, del prete che mi sarà indispensabile, in punto di morte, perché c'è una differenza abissale tra il morire come un cane e il morire con un'adeguata cerimonia (islamica, tibetana - penso al Bardo Thodol - o quella di cui lei parla nella 'prima meditazione'). Non è tanto questione di credere nell'aldilà, quanto di averne anche solo un po' di paura.

Mi scuso per lo sproloquio.

Anonimo ha detto...

Credo normale che ognuno di noi abbia in mente una sua pace dato che, chi la dovrebbe professare in maniera divina e disinteressata recicla denaro di ogni illecita provenienza nella più divina delle banche ( lo ior) , la quale probabilmente sarà l' unica a non avere strascichi o a rischiare sepoltura e non certo per intercessione divina.La morte di questa chiesa (non del suo credo) e del capitalismo hanno una stretta connessioe e per quanto mi riguarda penso che ancora una volta tu Carlo l' abbia risaltata in modo perfetta.Queste due entità, ( chiesa e capitalismo) che dovrebbero essere contrapposte, si stanno sempre più avvicinando,complice l'avidità umana che ormai non ha più confini.Vorrei credere come te caro roberto che il domani ci trasporti in un ridimensionamento naturale e magari ridistributivo, dove magari anche se più poveri saremmo magari più uguali. Io credo che in tutto questo marasma ci sarà ancorà una volta chi sarà più ricco (forse saranno numericemente meno) capitalizzando questa catastrofe, e tutto ciò sarà possibile grazie all' assopimento delle nostre coscenze che non sanno più avere e credere in una qualunque fede nel modo più genuino e semplice che le più comuni dottrine come quella cattolica lo professavano,ovvero "pace e amore".Per quanto mi riguarda mi risulta sempre più difficile credere in Dio e ancor più nella gente.Ciao a tutti!!

Carlo Bertani ha detto...

Lungi da me il voler scatenare una guerra di religione! Semplicemente, affermavo che la nostra civiltà non vive più la spiritualità come intima presenza nella propria vita, bensì come sovrastruttura.
Potremmo ricordare la creazione del Purgatorio, necessaria per prestare denaro ad usura (proibito dalla Bibbia), come uno dei tanti "cedimenti" della Dottrina.
Gli antichi, credevano veramente che a Delfi abitasse lo spirito di Apollo, come nel Medioevo riconobbero Francesco come un essere straordinario e lo seguirono. E' la potenza intrinseca, interiore del messaggio che oggi manca.
Questo, di là delle intenzioni dei singoli.
Io non sono cristiano, perciò non comprenderò a dovere la liturgia e le sottigliezze della dottrina ma, vi confesso, quando sento urlare "santo subito" per questioni secolari (ma anche rivolto a papi et similia) inorridisco.
Poiché il significato di "santità" - per qualsiasi credo - è ben altro che un coro di piazza. Per questa ragione, resto convinto della scarsissima incisività sociale del Cristianesimo, ridotto ora a fenomeno di pura carità sociale, oppure a business di predicazione televisiva.
Probabilmente, gli ultimi pagani provarono qualcosa di simile.
Non pensate che una fede forte e condivisa, sarebbe il miglior calmiere per lo smodato desiderio di possesso? E, se assistiamo al trionfo del denaro e del potere, esiste un contraltare che rammenta all'uomo la sua caducità? E che ci riesca!
Delle due, l'una, perché abbiamo bisogno di una nuova fratellanza se vogliamo intraprendere cammini di comunitarismo e di nuova socialità.
Era un argomento non facile da trattare - me ne rendo conto - ma il tono delle vostre risposte - pur nelle divergenze - ha onorato le mie righe.
Se fossimo in tanti a parlarci in questo modo...
Grazie a tutti
Carlo Bertani

Luca C. ha detto...

E' vero che i funerali... non sono più quelli di una volta!
Probabilmente in relazione al fatto che la stessa morte, come scriveva alcuni giorni fa Massimo Fini, è stata ricacciata nella dimensione della pornografia.
Poi c'entra anche la secolarizzazione, non solo in termini di partecipazione calante alla liturgia.
La liturgia di un tempo era più evocativa? Sarà, ma con la liturgia tridentina avreste dovuto restare per buona parte della celebrazione in ginocchio, mentre il prete bisbigliava la preghiera eucaristica e il canone saltandone a pie' pari diversi passi (lo fanno, lo fanno).
A volte penso che è la fede cristiana che è fuori tempo, incompatibile con lo stile di vita di oggi, pensata per una società in cui la sofferenza, il rischio e la morte erano all'ordine del giorno. Oggi, con lo stile di vita che abbiamo, come vuoi che si possa credere ancora nella rinnovazione del sacrificio di Gesù Cristo...
Poi ci si ritrova però con molto più benessere e anche molta più solitudine. Perché quella tua amica, con la malattia che si ritrova, se ne sta rintanata nella foresta, sola soletta.
E quello che mi preoccupa di più è come potranno reagire, molte persone, quando verrà loro imposto uno stile di vita che sarà comunque forzatamente più austero di quello attuale.
Come cristiano potrei dire che sarebbero facili prede di Satana.
E quello che rimprovero a Papa Benedetto in questo frangente non è tanto il malaffare passato della Chiesa (e nemmeno quello presente), ma questa attitudine così spiritualistica davanti alle difficoltà.
Luca