Sinceramente, non pensavo che si potesse giungere così in basso: mi riferisco alla puntata di “Anno zero” del 10 Ottobre del 2008, Venerdì scorso. Ne parliamo non tanto per lanciare strali contro l’informazione di sistema – ce ne mancherebbe, lo sappiamo da tempo – ma per analizzare meglio i rapporti fra il media in declino, la TV, e quello in ascesa, il Web.
Ricordiamo, a margine, che la raccolta pubblicitaria nel 2007 ha subito un’inversione di tendenza[1], ossia è diminuita sui media tradizionali (TV, giornali, ecc) ed è aumentata – ancora a livelli bassi, per l’esiguo costo della pubblicità sul Web, che fa “poco PIL” – per Internet. Questa nota, per capire che qualcosa “eppur si muove”, anche se si tende notoriamente a negarlo.
Perché è aumentata?
Da un lato – saremmo stolti a non riconoscerlo – per gli iperbolici costi della pubblicità tradizionale, a fronte dei risultati, ma non possiamo nascondere che, se Internet viene (modestamente, in valori assoluti) premiato per la raccolta pubblicitaria, è perché il mondo del Web comincia a proporre una modalità di circolazione dell’informazione – e dunque della cultura, del consenso e del dissenso, ecc – che inizia a far breccia.
Questa situazione è per lo più indotta da una enorme mole di lavoro volontario che tanti scrittori dedicano al Web – privilegiando, spesso, la circolazione dell’informazione gratuita ai contratti editoriali – perché, in fin dei conti, reputano questa loro attività quasi come un dovere sociale.
Non neghiamo che gli scrittori del Web (siti o blog, poco importa) non ne ricevano delle ricadute individuali, ma riflettiamo che – senza il loro apporto – il Web italiano si ridurrebbe a delle semplici traduzioni da siti esteri – che sono certamente importanti – le quali, però, finiscono per fornire un’informazione poco adatta ad essere interiorizzata (non “compresa”, attenzione!) da un pubblico latino.
Conosciamo anche le ragioni della grande espansione dell’informazione di radice anglosassone: una delle più estese pratiche per evitare gli incrementi di tassazione – in quei paesi – è la donazione alle fondazioni. In altre parole, chi supera certi livelli di reddito, può decidere di devolvere una parte dei suoi guadagni ad una fondazione – dove lavorano, ben protetti – scrittori e giornalisti.
Domandiamoci, date le premesse: possiamo attenderci da queste persone indipendenza di giudizio ed una limpida etica professionale? In alcuni casi sì, in altri…in ogni modo, ciò comporta l’inevitabile innalzamento delle capacità critiche del lettore, perché quelle analisi giungono da un mondo assai diverso dal nostro. E, i traduttori, sono anch’essi in gran parte dei volontari che compiono un lavoro encomiabile.
L’informazione di sistema, invece, propone “pacchetti” informativi già preformati (i cosiddetti “format”, appunto) nei quali la certezza dei dati e la correttezza delle analisi viene fornita dai titoli di chi è invitato a partecipare alle “kermesse” televisive.
Anche qui, però, possiamo rilevare un vulnus: quanti di questi “esperti” affidano parte delle loro fortune in campo accademico al successo che ricavano da queste “partecipazioni”? Ed è ovvio che non desiderino essere intralciati da concorrenti, ancor più se non santificati dal crisma dell’informazione di sistema.
La vicenda di questa puntata di “Anno zero” assume maggiore importanza per l’argomento trattato – la crisi finanziaria internazionale – la quale rischia seriamente d’incidere, in futuro, non su marginali spostamenti di reddito, bensì di far precipitare sulle nostre spalle (ossia sull’economia reale, sui redditi, sul lavoro, sul welfare…) i frutti delle alchimie finanziarie di un sistema marcio fino al midollo.
Era quindi importante – a nostro avviso – fornire la più ampia informazione sull’argomento – a “vasto spettro” – poiché è oramai chiaro a tutti che le istituzioni internazionali preposte stanno balbettando sull’argomento, ed anche i tanto conclamati “piani di salvataggio” non sembrano cancellare il dubbio che stiamo utilizzando strumenti spuntati per una crisi che va oltre le emergenze dei listini di Borsa.
Se la politica annaspa, e l’informazione fatica a reggere oramai il confronto con il Web, non mi stupì la comunicazione – che ricevetti dalla mailing listi di Arianna Editrice – che Eugenio Benettazzo sarebbe stato fra gli ospiti della puntata.
Finalmente, mi dissi! Vuoi vedere che, a fronte oramai della loro conclamata incapacità a spiegare agli italiani cosa sta succedendo, invitano uno che è in grado di farlo?
Potevano essere Benettazzo o Saba, oppure Della Luna o altri ancora: poco importa – mi dissi – perché la cosa importante è che parli qualcuno che – finalmente! – adoperi un nuovo linguaggio, che dipinga un quadro partendo da presupposti radicalmente diversi.
Ovviamente – come gli utenti del Web ben sanno – non avevo certo bisogno d’ascoltare Eugenio ad “Anno zero”, poiché basta cercarlo su Youtube per trovare tutto ciò che si desidera. L’importante, per me, era lo “sdoganamento” di Benettazzo, il riconoscere (almeno!) che esistono altre forme e nuovi modi per spiegare alla gente come sia possibile che, a forza di “creatività” in economia, si giunga a creare un apocalisse.
Sicché, inforcai gli occhiali e mi sedetti di fronte al video, che frequento oramai di rado.
Il primo stupore (la trasmissione era già iniziata) fu constatare che il “parterre” era occupato dai soliti “analisti” dell’informazione ufficiale: ogni tanto un collegamento esterno con altrettanti “esperti”. Dov’era Eugenio?
Passano i minuti, le interruzioni pubblicitarie, e tutto tace.
Finalmente, verso il termine della trasmissione – introdotto dalla “new entry” Margherita Granbassi – viene presentato un “analista e saggista” che “opera su Internet e fa conferenze”: poco è mancato che lo definissero un povero orfanello. Io non l’ho udito, ma non mi è parso che sia stato nemmeno presentato con il suo nome, né esso è comparso in sovrimpressione.
Date le premesse, a questo punto Benettazzo doveva spiegare il “mondo” in circa un minuto: ci ha provato, poveraccio, ma era impossibile farlo in così breve tempo. Il commento di Santoro – caustico e di sufficienza – è stato: “Ci ha fatto il riassunto della trasmissione”.
Vogliamo sottolineare che stessa sorte era precedentemente toccata ad una giovane economista (o studentessa d’economia) islamica, la quale avrebbe dovuto spiegare i fondamenti della finanza islamica. La ragazza – niente veli, buona pronuncia italiana, evidente competenza sull’argomento, ecc – ha tentato di farlo ma, a quel punto, sono intervenuti più volte i soliti tromboni del parterre per dire qui, ricordare là…ma, era chiedere troppo lasciare che spiegasse? Dopo, ciascuno avrebbe potuto fare i rilievi ed i commenti che desiderava.
Cercando d’andare un po’ più a fondo nella questione, potremo suddividere le nostre impressioni in due estese categorie: chi ha da tempo messo una pietra sopra all’informazione di sistema – e ritiene che la cosa non lo riguardi più – e chi la segue, anche saltuariamente.
Nel primo caso, ci troveremo di fronte a persone che, per lo più, si affidano al Web ed utilizzano perciò un media di tipo bi-direzionale, senz’altro più flessibile, ampio ed esaustivo della TV. Queste persone giudicheranno irrilevante ciò che è accaduto, ma sottovalutano che – se loro riescono a “nutrirsi” con fonti più esaurienti – per tanti così non è. Gli altri, siccome ogni media dovrebbe fornire il più ampio spettro d’informazione, vengono semplicemente scippati di un loro diritto, quello d’essere informati con una vasta gamma d’espressioni.
Ovviamente, il frutto di questa pratica saranno opinioni create avendo a disposizione poco materiale e, spesso, inquinato da pareri spacciati per dogmi: vorrei sapere, a fronte della copiosa informazione che c’è sul Web, quanti sanno che la moneta non ha più relazione con l’oro. Se potessimo fare una rilevazione, sarebbe sicuramente una sorpresa: per questa ragione il problema tocca anche quelli che dell’informazione di sistema fanno a meno. Quando si va “alla conta” – oppure per la semplice formazione d’opinioni – lo scenario è completamente falsato.
Il pericolo è grave soprattutto per i “format” che si definiscono “alternativi” di “opposizione” di “libera informazione” e via discorrendo: non si può certo applicare il paragone ai teatrini di Bruno Vespa, laddove il “format” – spiccatamente nazional-popolare – è costruito apposta per accalappiare coloro i quali credono nei miracoli di San Silvio e di San Romano, ma anche per escludere a priori tutti gli altri.
Ho voluto fare una prova su me stesso, per verificare la mia “tenuta” a “Porta a porta”: i risultati sono stati deludenti, 7 minuti una sera, ben 11 un’altra (c’era però una tizia con un bel paio di cosce al vento, il che falsa la rilevazione), mentre non riesco a sopportare la vista di Mannheimer, come per le scene troppo violente di sangue ed orrore. Dovrebbero vietarlo ai minori.
Tutto sommato, speravo di riuscire a far di meglio: fidavo sulla mia antica predisposizione per l’immersione in apnea, ma con “Porta a porta” nemmeno il grande Maiorca ce la potrebbe fare.
Invece, il “format” modello Santoro è più pericoloso, perché accattiva con una sorta di presentazione “in jeans”, mentre – gratta gratta – salta fuori la medesima impostazione. Cambierà il colore delle sedie, la simpatia dei giornalisti (ed anche la bravura, pensiamo a Jacona) ma se non ci lasciano ascoltare cos’è la finanza islamica o perché Benettazzo aveva previsto con largo anticipo quel che sta accadendo, di tutto quel carrozzone non sappiamo che farcene.
Viene allora da chiedersi quale sia il gioco di Santoro.
Il “personaggio” Santoro fa parte di un sistema politico incentrato su un unico assioma “Berlusconi sì, Berlusconi no”. Non ce la sentiamo nemmeno di concedere un “Berlusconi forse”: insomma, il solito giochetto del berlusconismo/anti-berlusconismo. Fu premiato – a fronte di uno squallido intervento di censura da parte di Berlusconi, una sorta di diktat in pieno stile staliniano, quando fu estromesso dalla RAI – con un posto da parlamentare europeo, non dimentichiamolo. Si tratta quindi, pur riconoscendo le sue ottime qualità professionali, di un giornalista organico al sistema.
Vorrei ricordare che fui fra i primi a denunciare questo limite nella partecipazione di bravi giornalisti – Travaglio ne è un esempio, nessuno lo mette in dubbio – ai programmi televisivi. Hanno forse il pregio di farli conoscere al grande pubblico ma, se questa “presentazione” avviene con tanti crismi, c’è da insospettirsi.
Lo denunciai ad una delle prime puntate di “Anno zero”: come si può ridurre la vicenda afgana con una semplice “Letterina al mullah Omar”?
Comprendiamo che la satira possa aprire qualche breccia, che la parola tagliente ma calata con garbo possa valicare le inevitabili censure del video ma, in fin dei conti, qual è il discrimine?
Che si riesca, mediante la satira od altro, a non concedere nessuna ritrattazione, anche marginale, rispetto alle argomentazioni che si desiderano esporre. Possono oggi, gli italiani, sentirsi soddisfatti di simili spiegazioni?
Perché – liberi o prigionieri siano il mullah Omar o Ayman al Zavahiri, morto o vivo Saddam, altrettanto Osama bin Laden – la “guerra infinita” in Oriente continua a mietere vittime ed a non mostrare nessuna soluzione?
Sarà, forse, perché le motivazioni di quella guerra sono di natura geopolitica, e coinvolgono dunque le strategie delle grandi potenze e poco o nulla quelle di questi minuscoli attori?
E se, a fronte di questa constatazione – della quale tutti dovrebbero riconoscere l’evidenza – si usa la satira non per mostrare le vere ragioni di quelle guerre, bensì si opera una “reductio ad minimum” – trattando questi scenari come se fossero l’avanspettacolo del “Bagaglino”, che finisce per fuorviare completamente la natura stessa del messaggio – si compie il proprio dovere d’informare?
Qualcuno ribatte: le capacità di comprensione e d’elaborazione del vasto pubblico non giungono a queste “vette”. Premesso che non ci credo, possiamo rispondere: continuiamo, allora, a raccontare favole e metafore?
Ancora ricordo la “fulgida” spiegazione di un giornalista italiano per la guerra in Iraq del 1991: l’Iraq aveva scippato il Kuwait come uno zingarello ruba una mela da un banco del mercato. Non è forse giusto farsela restituire?
Osserviamo, oggi, il credere a queste veloci “semplificazioni” dove ci ha condotti: la metafora è utile, ma – suvvia – chi scrive dovrebbe conoscerne i limiti. Ovviamente, chi scrive con onestà intellettuale.
Il “format” televisivo, quindi, ha una duplice funzione: carpire dal Web un mare d’informazione a costo zero (lo fanno, lo fanno…) per poi riappropriarsi del primato “massacrando” in diretta gli antagonisti. Chi ricorda la trasmissione (se ben ricordo, Matrix) nella quale furono invitati Blondet e Chiesa per parlare dei “misteri” dell11 Settembre, rammenterà bene quale fu il “canovaccio” della serata.
Mentre sul Web il dibattito andava avanti oramai da mesi – e, qui, ci sarebbe da approfondire anche la diversa scansione temporale dei due media – i due “malcapitati” furono precipitati in uno studio televisivo come due gladiatori al Colosseo.
Bastarono due “scartini” della politica italiana per rendere all’ascoltatore un semplice messaggio: osservate quanto siamo democratici…invitiamo anche questi due sognatori irresponsabili e li ascoltiamo, siamo noi stessi a proporveli! Come siamo magnanimi! E li facciamo a pezzi senza che nemmeno ve ne rendiate conto.
Identica sorte sarebbe capitata al sottoscritto, se avesse accettato di partecipare in diretta ad una trasmissione del canale satellitare RAI sul traffico d’organi: essendo stato il primo scrittore italiano che ha trattato l’argomento in un libro, giunsero a me con una semplice ricerca su Google.
A quel punto, in studio, era pronto lo Stato Maggiore della Sanità italiana per farmi a pezzi! Accettai soltanto di fare un breve intervento in audio, poi li lasciai ai loro soliloqui.
Non conta quanto tu sia bravo, corretto nella verifica delle fonti, attento alle “bufale”: per l’informazione di sistema, esiste il solo parametro della fedeltà al sistema stesso.
Perciò…lasciate ogni speranza voi ch’entrate…verrebbe da dire perché, a fronte di qualche rara buona pagina di giornalismo, il resto è soltanto un teatrino che entra nelle nostre case per sostenere il sistema.
Fatto più grave, quando si è nel bel mezzo di una crisi finanziaria che mette in discussione le stesse basi dell’economia – di questa economia, dell’unica che ci presentano come scienza economia esistente – ridurla ad un mero teatrino del déjà vu, triturando citazioni e sentenze per riempire il tempo, senza concedere ad altri la possibilità di spiegare e d’esplorare nuovi scenari.
Di certo – cambiano i tempi e le modalità espressive – la RAI pare aver trovato, per il futuro, un buon rimpiazzo per Bruno Vespa: come sono lontani i tempi di Samarcanda, quando la gente poteva ancora parlare in televisione!
Con buona pace di chi ancora prega San Toro.
Ricordiamo, a margine, che la raccolta pubblicitaria nel 2007 ha subito un’inversione di tendenza[1], ossia è diminuita sui media tradizionali (TV, giornali, ecc) ed è aumentata – ancora a livelli bassi, per l’esiguo costo della pubblicità sul Web, che fa “poco PIL” – per Internet. Questa nota, per capire che qualcosa “eppur si muove”, anche se si tende notoriamente a negarlo.
Perché è aumentata?
Da un lato – saremmo stolti a non riconoscerlo – per gli iperbolici costi della pubblicità tradizionale, a fronte dei risultati, ma non possiamo nascondere che, se Internet viene (modestamente, in valori assoluti) premiato per la raccolta pubblicitaria, è perché il mondo del Web comincia a proporre una modalità di circolazione dell’informazione – e dunque della cultura, del consenso e del dissenso, ecc – che inizia a far breccia.
Questa situazione è per lo più indotta da una enorme mole di lavoro volontario che tanti scrittori dedicano al Web – privilegiando, spesso, la circolazione dell’informazione gratuita ai contratti editoriali – perché, in fin dei conti, reputano questa loro attività quasi come un dovere sociale.
Non neghiamo che gli scrittori del Web (siti o blog, poco importa) non ne ricevano delle ricadute individuali, ma riflettiamo che – senza il loro apporto – il Web italiano si ridurrebbe a delle semplici traduzioni da siti esteri – che sono certamente importanti – le quali, però, finiscono per fornire un’informazione poco adatta ad essere interiorizzata (non “compresa”, attenzione!) da un pubblico latino.
Conosciamo anche le ragioni della grande espansione dell’informazione di radice anglosassone: una delle più estese pratiche per evitare gli incrementi di tassazione – in quei paesi – è la donazione alle fondazioni. In altre parole, chi supera certi livelli di reddito, può decidere di devolvere una parte dei suoi guadagni ad una fondazione – dove lavorano, ben protetti – scrittori e giornalisti.
Domandiamoci, date le premesse: possiamo attenderci da queste persone indipendenza di giudizio ed una limpida etica professionale? In alcuni casi sì, in altri…in ogni modo, ciò comporta l’inevitabile innalzamento delle capacità critiche del lettore, perché quelle analisi giungono da un mondo assai diverso dal nostro. E, i traduttori, sono anch’essi in gran parte dei volontari che compiono un lavoro encomiabile.
L’informazione di sistema, invece, propone “pacchetti” informativi già preformati (i cosiddetti “format”, appunto) nei quali la certezza dei dati e la correttezza delle analisi viene fornita dai titoli di chi è invitato a partecipare alle “kermesse” televisive.
Anche qui, però, possiamo rilevare un vulnus: quanti di questi “esperti” affidano parte delle loro fortune in campo accademico al successo che ricavano da queste “partecipazioni”? Ed è ovvio che non desiderino essere intralciati da concorrenti, ancor più se non santificati dal crisma dell’informazione di sistema.
La vicenda di questa puntata di “Anno zero” assume maggiore importanza per l’argomento trattato – la crisi finanziaria internazionale – la quale rischia seriamente d’incidere, in futuro, non su marginali spostamenti di reddito, bensì di far precipitare sulle nostre spalle (ossia sull’economia reale, sui redditi, sul lavoro, sul welfare…) i frutti delle alchimie finanziarie di un sistema marcio fino al midollo.
Era quindi importante – a nostro avviso – fornire la più ampia informazione sull’argomento – a “vasto spettro” – poiché è oramai chiaro a tutti che le istituzioni internazionali preposte stanno balbettando sull’argomento, ed anche i tanto conclamati “piani di salvataggio” non sembrano cancellare il dubbio che stiamo utilizzando strumenti spuntati per una crisi che va oltre le emergenze dei listini di Borsa.
Se la politica annaspa, e l’informazione fatica a reggere oramai il confronto con il Web, non mi stupì la comunicazione – che ricevetti dalla mailing listi di Arianna Editrice – che Eugenio Benettazzo sarebbe stato fra gli ospiti della puntata.
Finalmente, mi dissi! Vuoi vedere che, a fronte oramai della loro conclamata incapacità a spiegare agli italiani cosa sta succedendo, invitano uno che è in grado di farlo?
Potevano essere Benettazzo o Saba, oppure Della Luna o altri ancora: poco importa – mi dissi – perché la cosa importante è che parli qualcuno che – finalmente! – adoperi un nuovo linguaggio, che dipinga un quadro partendo da presupposti radicalmente diversi.
Ovviamente – come gli utenti del Web ben sanno – non avevo certo bisogno d’ascoltare Eugenio ad “Anno zero”, poiché basta cercarlo su Youtube per trovare tutto ciò che si desidera. L’importante, per me, era lo “sdoganamento” di Benettazzo, il riconoscere (almeno!) che esistono altre forme e nuovi modi per spiegare alla gente come sia possibile che, a forza di “creatività” in economia, si giunga a creare un apocalisse.
Sicché, inforcai gli occhiali e mi sedetti di fronte al video, che frequento oramai di rado.
Il primo stupore (la trasmissione era già iniziata) fu constatare che il “parterre” era occupato dai soliti “analisti” dell’informazione ufficiale: ogni tanto un collegamento esterno con altrettanti “esperti”. Dov’era Eugenio?
Passano i minuti, le interruzioni pubblicitarie, e tutto tace.
Finalmente, verso il termine della trasmissione – introdotto dalla “new entry” Margherita Granbassi – viene presentato un “analista e saggista” che “opera su Internet e fa conferenze”: poco è mancato che lo definissero un povero orfanello. Io non l’ho udito, ma non mi è parso che sia stato nemmeno presentato con il suo nome, né esso è comparso in sovrimpressione.
Date le premesse, a questo punto Benettazzo doveva spiegare il “mondo” in circa un minuto: ci ha provato, poveraccio, ma era impossibile farlo in così breve tempo. Il commento di Santoro – caustico e di sufficienza – è stato: “Ci ha fatto il riassunto della trasmissione”.
Vogliamo sottolineare che stessa sorte era precedentemente toccata ad una giovane economista (o studentessa d’economia) islamica, la quale avrebbe dovuto spiegare i fondamenti della finanza islamica. La ragazza – niente veli, buona pronuncia italiana, evidente competenza sull’argomento, ecc – ha tentato di farlo ma, a quel punto, sono intervenuti più volte i soliti tromboni del parterre per dire qui, ricordare là…ma, era chiedere troppo lasciare che spiegasse? Dopo, ciascuno avrebbe potuto fare i rilievi ed i commenti che desiderava.
Cercando d’andare un po’ più a fondo nella questione, potremo suddividere le nostre impressioni in due estese categorie: chi ha da tempo messo una pietra sopra all’informazione di sistema – e ritiene che la cosa non lo riguardi più – e chi la segue, anche saltuariamente.
Nel primo caso, ci troveremo di fronte a persone che, per lo più, si affidano al Web ed utilizzano perciò un media di tipo bi-direzionale, senz’altro più flessibile, ampio ed esaustivo della TV. Queste persone giudicheranno irrilevante ciò che è accaduto, ma sottovalutano che – se loro riescono a “nutrirsi” con fonti più esaurienti – per tanti così non è. Gli altri, siccome ogni media dovrebbe fornire il più ampio spettro d’informazione, vengono semplicemente scippati di un loro diritto, quello d’essere informati con una vasta gamma d’espressioni.
Ovviamente, il frutto di questa pratica saranno opinioni create avendo a disposizione poco materiale e, spesso, inquinato da pareri spacciati per dogmi: vorrei sapere, a fronte della copiosa informazione che c’è sul Web, quanti sanno che la moneta non ha più relazione con l’oro. Se potessimo fare una rilevazione, sarebbe sicuramente una sorpresa: per questa ragione il problema tocca anche quelli che dell’informazione di sistema fanno a meno. Quando si va “alla conta” – oppure per la semplice formazione d’opinioni – lo scenario è completamente falsato.
Il pericolo è grave soprattutto per i “format” che si definiscono “alternativi” di “opposizione” di “libera informazione” e via discorrendo: non si può certo applicare il paragone ai teatrini di Bruno Vespa, laddove il “format” – spiccatamente nazional-popolare – è costruito apposta per accalappiare coloro i quali credono nei miracoli di San Silvio e di San Romano, ma anche per escludere a priori tutti gli altri.
Ho voluto fare una prova su me stesso, per verificare la mia “tenuta” a “Porta a porta”: i risultati sono stati deludenti, 7 minuti una sera, ben 11 un’altra (c’era però una tizia con un bel paio di cosce al vento, il che falsa la rilevazione), mentre non riesco a sopportare la vista di Mannheimer, come per le scene troppo violente di sangue ed orrore. Dovrebbero vietarlo ai minori.
Tutto sommato, speravo di riuscire a far di meglio: fidavo sulla mia antica predisposizione per l’immersione in apnea, ma con “Porta a porta” nemmeno il grande Maiorca ce la potrebbe fare.
Invece, il “format” modello Santoro è più pericoloso, perché accattiva con una sorta di presentazione “in jeans”, mentre – gratta gratta – salta fuori la medesima impostazione. Cambierà il colore delle sedie, la simpatia dei giornalisti (ed anche la bravura, pensiamo a Jacona) ma se non ci lasciano ascoltare cos’è la finanza islamica o perché Benettazzo aveva previsto con largo anticipo quel che sta accadendo, di tutto quel carrozzone non sappiamo che farcene.
Viene allora da chiedersi quale sia il gioco di Santoro.
Il “personaggio” Santoro fa parte di un sistema politico incentrato su un unico assioma “Berlusconi sì, Berlusconi no”. Non ce la sentiamo nemmeno di concedere un “Berlusconi forse”: insomma, il solito giochetto del berlusconismo/anti-berlusconismo. Fu premiato – a fronte di uno squallido intervento di censura da parte di Berlusconi, una sorta di diktat in pieno stile staliniano, quando fu estromesso dalla RAI – con un posto da parlamentare europeo, non dimentichiamolo. Si tratta quindi, pur riconoscendo le sue ottime qualità professionali, di un giornalista organico al sistema.
Vorrei ricordare che fui fra i primi a denunciare questo limite nella partecipazione di bravi giornalisti – Travaglio ne è un esempio, nessuno lo mette in dubbio – ai programmi televisivi. Hanno forse il pregio di farli conoscere al grande pubblico ma, se questa “presentazione” avviene con tanti crismi, c’è da insospettirsi.
Lo denunciai ad una delle prime puntate di “Anno zero”: come si può ridurre la vicenda afgana con una semplice “Letterina al mullah Omar”?
Comprendiamo che la satira possa aprire qualche breccia, che la parola tagliente ma calata con garbo possa valicare le inevitabili censure del video ma, in fin dei conti, qual è il discrimine?
Che si riesca, mediante la satira od altro, a non concedere nessuna ritrattazione, anche marginale, rispetto alle argomentazioni che si desiderano esporre. Possono oggi, gli italiani, sentirsi soddisfatti di simili spiegazioni?
Perché – liberi o prigionieri siano il mullah Omar o Ayman al Zavahiri, morto o vivo Saddam, altrettanto Osama bin Laden – la “guerra infinita” in Oriente continua a mietere vittime ed a non mostrare nessuna soluzione?
Sarà, forse, perché le motivazioni di quella guerra sono di natura geopolitica, e coinvolgono dunque le strategie delle grandi potenze e poco o nulla quelle di questi minuscoli attori?
E se, a fronte di questa constatazione – della quale tutti dovrebbero riconoscere l’evidenza – si usa la satira non per mostrare le vere ragioni di quelle guerre, bensì si opera una “reductio ad minimum” – trattando questi scenari come se fossero l’avanspettacolo del “Bagaglino”, che finisce per fuorviare completamente la natura stessa del messaggio – si compie il proprio dovere d’informare?
Qualcuno ribatte: le capacità di comprensione e d’elaborazione del vasto pubblico non giungono a queste “vette”. Premesso che non ci credo, possiamo rispondere: continuiamo, allora, a raccontare favole e metafore?
Ancora ricordo la “fulgida” spiegazione di un giornalista italiano per la guerra in Iraq del 1991: l’Iraq aveva scippato il Kuwait come uno zingarello ruba una mela da un banco del mercato. Non è forse giusto farsela restituire?
Osserviamo, oggi, il credere a queste veloci “semplificazioni” dove ci ha condotti: la metafora è utile, ma – suvvia – chi scrive dovrebbe conoscerne i limiti. Ovviamente, chi scrive con onestà intellettuale.
Il “format” televisivo, quindi, ha una duplice funzione: carpire dal Web un mare d’informazione a costo zero (lo fanno, lo fanno…) per poi riappropriarsi del primato “massacrando” in diretta gli antagonisti. Chi ricorda la trasmissione (se ben ricordo, Matrix) nella quale furono invitati Blondet e Chiesa per parlare dei “misteri” dell11 Settembre, rammenterà bene quale fu il “canovaccio” della serata.
Mentre sul Web il dibattito andava avanti oramai da mesi – e, qui, ci sarebbe da approfondire anche la diversa scansione temporale dei due media – i due “malcapitati” furono precipitati in uno studio televisivo come due gladiatori al Colosseo.
Bastarono due “scartini” della politica italiana per rendere all’ascoltatore un semplice messaggio: osservate quanto siamo democratici…invitiamo anche questi due sognatori irresponsabili e li ascoltiamo, siamo noi stessi a proporveli! Come siamo magnanimi! E li facciamo a pezzi senza che nemmeno ve ne rendiate conto.
Identica sorte sarebbe capitata al sottoscritto, se avesse accettato di partecipare in diretta ad una trasmissione del canale satellitare RAI sul traffico d’organi: essendo stato il primo scrittore italiano che ha trattato l’argomento in un libro, giunsero a me con una semplice ricerca su Google.
A quel punto, in studio, era pronto lo Stato Maggiore della Sanità italiana per farmi a pezzi! Accettai soltanto di fare un breve intervento in audio, poi li lasciai ai loro soliloqui.
Non conta quanto tu sia bravo, corretto nella verifica delle fonti, attento alle “bufale”: per l’informazione di sistema, esiste il solo parametro della fedeltà al sistema stesso.
Perciò…lasciate ogni speranza voi ch’entrate…verrebbe da dire perché, a fronte di qualche rara buona pagina di giornalismo, il resto è soltanto un teatrino che entra nelle nostre case per sostenere il sistema.
Fatto più grave, quando si è nel bel mezzo di una crisi finanziaria che mette in discussione le stesse basi dell’economia – di questa economia, dell’unica che ci presentano come scienza economia esistente – ridurla ad un mero teatrino del déjà vu, triturando citazioni e sentenze per riempire il tempo, senza concedere ad altri la possibilità di spiegare e d’esplorare nuovi scenari.
Di certo – cambiano i tempi e le modalità espressive – la RAI pare aver trovato, per il futuro, un buon rimpiazzo per Bruno Vespa: come sono lontani i tempi di Samarcanda, quando la gente poteva ancora parlare in televisione!
Con buona pace di chi ancora prega San Toro.
[1] Dati Nielsen comunicati dall’ANSA il 28 aprile 2007.
18 commenti:
Premetto ho letto Benetazzo e lo adoro, sicuramente è stato uno dei più lungimaranti nel prevedere l' attuale crisi ( magari non concordo sulla sua visione del petrolio), seguo te ed apprezzo la tua sensibilità e le tue nozioni specie in tema di ambiente e geopolitica però sinceramente non capisco questo attacco a quei pochi che cercano di fare giornalismo televisivo cosa che oramai è diventato come scalare le più alte vette e che rimane pur sempre il maggior richiamo per i popoli (intendo l' immagine ovviamente).Sono contento che tu abbia fatto questo post in quanto osservavo anche sul blog della Randazzo che c' era un video che sbeffeggiava anche Travaglio riducendolo a un figlio del sistema che firma autografi vende libri quasi denigrandolo per non essere aggiornato in materia di Signoraggio. Riconosco che la materia è importante e andrebbe approfondita ma sono altresi sicuro che se domandissimo a Benetazzo qualcosa in materia di processi politici o dei vari scandali che hanno accompagnato la nostra storia politica non sarebbe particolarmente efferato, questo per dire che forse sia giusto che ognuno si occupi di quello che conosce meglio e poi magari interagisca con altri che abbiano altre competenze.IO immaggino che il tuo spirito comunitario che evidenzi nel progetto di Italianova (che io approvo assolutamente e che vorrei sapere che fine ha fatto ) sia anche questo, ovvero quello di dividere all' interno di un denominatore comune, (ovvero l' eguaglianza di fronte allo stato e alle leggi) le diverse conoscenze ed opinioni.Anche io avrei voluto vedere Benetazzo seduto nel parterr e sentirlo parlare di più però ridurre questi giornalisti a uomini in frac o cagnolini come Vespa mi sembra paradossale e autolesionista.Se vogliamo continuare a conformare ogni cosa rendendo tutto uguale arriverà qualcuno che prima o poi avrà da ridire anche su di voi, magari accusandovi di adoperarvi sui blog solo per pubblicizzarvi e vendere i vostri libri. Bè, io non lo penso credo nell importanza di ciò che dite, e credo anche in quello che riescono a mostrarmi ad anno zero, una di quelle poche trasmissioni nelle quali le immagini riescono a farmi riflettere.Penso anche io che la trasmissione sia stata noiosa però credo che l' intervento di Rampini e soprattutto la ragazza che ha parlato alla fine valeva più di un manuale d' economia.Per cortesia non facciamoci del male!! Ciao a tutti con stima ed affetto.
Hai ragione Carlo, ma è già qualcosa che abbiano iniziato a introdurre l'argomento. Lo so che hanno solamente girato intorno al problema ma ricordati che erano in televisione e in televisione gli argomenti non possono essere affrontati liberamente, anzi non possono essere affrontati affatto. Santoro e Travaglio sono gli unici nel panorama televisivo che si pongono nella maniera giusta contro i problemi che affliggono l'Italia e il mondo. Cmq so che se stanno in televisione devono far parte anche loro in qualche modo del sistema, ma si vede anche che il vestito che gli hanno cucito a dosso gli va un pò stretto. Almeno questa è l'impressione che mi danno.
seguo lei e altri informatori 'alternativi' che circolano sul web con molto interesse, un interesse che ha ormai ha soppiantato le tristi sceneggiate tv da lei descritte...
mi chiedo sempre però, quando leggo la parola 'sistema': cosa intende con questo?
non siamo tutti parte del sistema?
se lei e altri non riuscite, per motivi diversi, ad avere voce nei vari comizi di distra/uzione di massa, lo chiamate sistema, ma...c'è una soglia minima per riconoscere cos'è sistema e cosa non lo è?
chi stabilisce questo livello d'ingresso?
saluti cordiali
Caro Carlo, anch’io ho seguito San Toro (cosa che oramai non faccio più da tempo) curioso dello sdoganamento di Benettazzo - o di qual si voglia voce “altra” dal coro, e non ho avuto altro che la conferma di quello che elenchi nel tuo post. San Toro, smesso l’eskimo, non è altro che una delle voci funzionali al sistema, che però un certo popolo “progressista” scambia ancora per “voce critica”.
Il suo programma si distinguerà forse dal Vespasiano – quest’ultimo caratterizzato oramai, oltre che dalla posizione yoga nota come “a 90 gradi”, dal pieno stile gossipparpecoreccio -, ma è comunque impossibile trovarci una seria disamina dell’attuale sistema bensì l’allineamento totale allo stesso (il parterre ne è una riprova), in questo certo in buona compagnia (trasmissioni de La 7 e Matriballarò varie).
Memorabile è stato un servizio sulla “questione islamica” in Italia , trionfo delle più becere banalità e razzismo: l’islamico della moschea, barbuto e in abiti non occidentali, era di certo un terrorista, invece un giovane islamico in studio, esponente di una qualche organizzazione per “l’integrazione”, agghindato stile yuppies era un bravo cittadino perché di certo “integrato” (o assimilato?).
A proposito della “questione islamica”: hai forse visto mai da San Toro una disamina approfondita delle guerre in Iraq e Afghanistan, degli attentati dell’undici settembre - soprattutto delle loro cause, a parte le loro tragiche conseguenze sulle popolazioni civili di quei posti (anch'esse bellamente completamente oscurate), etc etc
La lettera aperta di Paolo Barnard a Travaglio è illuminante.
Certo San Toro e gli altri (suoi) Santi sono anti Berlusca, ma questo non è sufficiente, a mio parere, per ricevere la patente di democrazia nell'informazione.
Che fare? Io oramai guardo solo programmi su canali satellitari esteri, ovvero seguo solo il web ma, ti confesso, ho ben poche speranze. La mancata informazione in Italia, così come la situazione politico/socio/economica riflettono a mio avviso completamente questo paese, e il web che tu comunque giustamente valorizzi è (riferendoci a quello nostrano) comunque anch’esso uno specchio della situazione di sfascio del nostro paese: si trovano molte più voci critiche in America, a mio avviso patria di molte delle nefandezze dell’attuale “mondo sviluppato”, che nel nostro “democratico” paese: evidentemente gli yankees, verso i quali sono alquanto critico, possiedono comunque degli anticorpi che noi non abbiamo.
Un saluto
Alfredo
Per Marco03
Capisco che sia duro mettere in discussione Santoro, anche e me piaceva Anno Zero, che oltre a Report sono le uniche trasmissioni rimaste, discutibili forse ma vedibili, il resto e' NULLA. Ballaro'non mi convince.
Pero' sono d'accordo con Carlo, chiamano sempre gli stessi "esperti", visibilmente allineati o con la desra o con l'opposizione ma nulla di nuovo o interessante dicono...
Sono iscritta alla mailing di Anno Zero e qunado ci hanno chiesto se avevamo ulacosa di personale da die sulla Crisi finanziaria, li ho invitati a leggersi qualcosa su siti alternativi d'informazione, quelli che secondo Santoro fanno " diterologia", ma che secondo me vedono molto piu' lontano...e magari inviatere igiornalisti, ovviamente sapevoche non sarebbe accaduto. Quindi il povero Eugenio si sapeva che fine avrebbe fatto...
A parte Marco Travaglio, in cui voglio ancora credere, San Toro e' in "suspiciones"....
Guardo Santoro con curiosità,
é praticamente a mio avviso l'unica trasmissione giornalistica tra virgolette della tv italiana.
L'intervento di quel giovane economista alla fine mi ha molto colpito per la sua estrema competenza ed acutezza.
Mi ha colpito però molto di più il commento di Santoro e l'averlo poi ignorato completamente.
Oggi scopro il nome e tutto mi sembra chiaro,
una voce troppo alternativa per la tv,
hai proprio ragione,Carlo.
Ciao Carlo.
Sul mio blog http://marcomessina.wordpress.com/ ho scritto un post su Benetazzo dopo la sua partecipazione ad Anno Zero e ne avevo scritto anche uno poco prima sulle sue previsioni finanziarie. La Rete non viene rispettata in tv. Mi spiace che sia Anno Zero a peccare questa volta. Sulle altre trasmissioni è meglio calare un velo pietoso. Anno Zero resta un ottimo programma di inchiesta ma purtroppo su certi argomenti (signoraggio e mafia dei colletti bianchi) resta ancora molto carente. Anno Zero a mio avviso deve essere visto solo come un passo avanti verso un tv vera, libera e indipendente. Le parole di Paolo Barnard contro il blocco Gabanelli-Rai-Santoro-Travaglio-Grillo sono illuminanti. Anche loro si stanno facendo sedurre dal potere e dal successo rischiando di cadere nello stesso peccato di chi condannano. Il mondo dei blog però cammina. Le informazioni circolano. Benetazzo (con una 't') in Rete è molto conosciuto (con un suo post ho raddoppiato i contatti) e personaggi come te, Pamio, Barnard, Della Luna, Cedolin, Franceschetti, Piselli iniziano a farsi strada. Io cerco col mio blog di aiutare questo flusso di vera informazione e svegliare il branco di pecore che segue Vespa e Mentana.
Si può discutere sui modi e sui metodi che questi giornalisti usino, in alcuni casi forse strillano troppo in altri si fanno proteggere dai partiti candidandosi ( vedi Santoro che però si è pubblicamente pentito e fatta ammenda), però non si può discutere l' onesta d' intento di quello che fanno. Vorrei ricordarvi che questi giornalisti potrebbero essere a capo di qualche redazione televisiva o giornalistica invece di raccogliere querele.Per cortesia non distruggiamo quel poco che abbiamo , ma stimoliamoli a migliorare. Avete visto il dossier Alitalia della Gabanelli ? Mi sembra che qualcuno in questo blog tramite le parole di Barnard voglia mettere in discussione anche questo. Il Blog è un ottimo mezzo ma abbiamo bisogno di trasmettere anche le nostre immagini altrimenti gente come Berlusconi ci renderà solo dei topi di fogna e ci dilanierà. Saluti a tutti.
marco03,
credo ti riferisca a me quando parli di mettere in discussione la Gabanelli. Non volevo assolutamente alludere alle sue inchieste che restano sacrosante e aria pulita nella nostra tv lottizzata. La Gabanelli, Grillo, Travaglio, Santoro sono da proteggere dagli attacchi privi di argomenti e delegittimanti che si leggono spesso e che io spesso combatto nei forum in Rete. Però non bisogna mitizzarli troppo perchè forse anche loro utilizzano metodi difficili da condividere. La denuncia di Barnard è molto forte. La clausola di manleva è fortemente limitante per la professione di un giornalista ed è una spada di Damocle sulle loro teste. Nè la Gabanelli, nè Travaglio ne parlano mai. Barnard non è stato difeso da nessuno e i suoi gridi di allarme che interessano tutta la categoria di giornalisti liberi, a cui Travaglio e Gabanelli dovrebbero appartenere, restano inascoltati. Dico soltanto che non possiamo metterci il salame sugli occhi davanti a tutto ciò. Detto questo ben venga Anno Zero e Report, ma attenzione, perchè si può fare molto, ma molto di più. E c'è gente in grado di farlo.
Avete visto ieri sera come al costipanzo show è stato trattato Giulietto Chiesa dal padrone di casa quando ha appena accennato al fatto che le banche centrali sono private e se gli ialiani lo sapevano o meno che Bankitalia era privata? Se non ho sentito male si è beccato del guastatore e gli è stata tolta la parola. Senza commenti.
Avevo letto anche io che ci sarebbe stato Benetazzo ad Annozero, ma ho sentito subito puzza di bruciato.
Al 90 per cento, mi sono detto, lo faranno parlare il minimo possibile, oppure tenteranno di smerdarlo, e ci riusciranno.
Infatti è andata secondo le mie previsioni, ed è prevalsa la prima possibilità.
Michele Santoro non è uno scemo, ma ormai è un giornalista normalizzato, e lo stesso dicasi, in buona sostanza, per Marco Travaglio. Due narcisi che giocano a fare gli oppositori facendo il tiro al bersaglio contro il "mostro Berlusconi".
Tuttavia, diversamente dalle altre volte, quanto non resisto più di un quarto d'ora a vedere il programma, sono riuscito a vederne un'ora abbondante, e poi gli ultimi dieci minuti, quando ha parlato Benetazzo (che comunque non era presentato dalla Granbassi, ma da una squinzia che sotto voce gli faceva "Veloce, veloce!").
Però mi aspettavo che in studio ci sarebbero stati Tremonti, Bersani, e altri loschi e improbabili figuri a litigare in diretta. Invece non c'era nemmeno un politico, ma solo un'economista (la Napoleoni) e dei giornalisti economici, che non erano delle cime né dei fenomeni di anticonformismo ma sono stati capaci di fare una discussione civile.
Luca
A mio avviso, dovremmo distinguere - come ricordavo nell'articolo - fra persone che utilizzano più fonti d'informazione e chi si nutre di sola TV.
Per i primi, è evidente che la TV non rappresenta un pericolo, perché hanno altre fonti di confronto, mentre per i secondi il pericolo c'è.
Difatti, le persone che qui hanno commentato seguono anche questo ed altri blog, siti, ecc. Sono, in un certo qual modo, "vaccinati".
Ora, per un ascoltatore "TV e basta", è più facile distinguere la truffa quando Berlusconi dichiara che Bush è il più grande presidente americano, oppure quando Travaglio indica nel mullah Omar la causa dei guai in quel paese?
E' questo aspetto che mi spaventa: se così non fosse - ossia se Anno Zero volesse fornire un'informazione a 360 gradi - perché zittiscono Benetazzo? (grazie per il suggerimento ortografico)
In questo modo, continueremo ad avere il Vespone che ammansisce i più "seguaci" e Santoro che "recupera" chi s'allontana dal gregge. Per condurlo alla medesima mangiatoia.
Poi, siccome il Web gli fa sentire il fiato sul collo - più di quello che pensiamo, difatti hanno timore a nominarlo, e so che lo seguono costantemente - allora, ogni tanto, lasciano che bravi giornalisti come la Gabbanelli e Jacona combinino qualcosa di buono, per non perdere troppo terreno.
E, sempre ogni tanto, sacrificano un Barnard per assicurare la loro fedeltà al potere.
No, non voglio aver nulla cui spartire con questo tipo d'informazione. Scusate se sono drastico, ma ho qualche anno sulle spalle e non posso rivoltarmi contro la mia esperienza.
Un caro saluto, e grazie a tutti
Carlo Bertani
Si è detto che non bisogna mitizzare nessuno, sono d' accordo, non metterei la mano al fuoco per nessuno, però mi sembra che ora lo stai facendo tu con Benetazzo e Barnard i quali vanno messi in discussione come ogni altro..Se vogliamo distruggere tutto santificando il web e disquisendo anche nelle virgole che possone omettere nella loro visione questi giornalisti apriamo un contenzioso con tutti e lasciamoci soffocare.Credo che ognuno debba fare informazione seguendo i propri criteri e poi risponderne di fronte a chi li ascolta, quindi confrontiamoci e non distruggiamoci il web è importantissimo ma la televisione è indispensabile per contrastare il sistema. Un saluto a tutti e scusate la mia insistenza.
marco03,
Non mitizzo affatto Benetazzo e Barnard. Sento solo il dovere di diffondere col mio blog le loro idee e di appoggiare le loro tesi. Finora non ho elementi per metterli in discussione e ti assicuro che se e quando li avrò lo farò senza alcuna remore, così come fatto con Santoro o Travaglio.
Gentile Sig. Bertani, fino alla fine degli anni '90 ci siamo cullati nell'illusione che ci fossero programmi e giornalisti independenti che davano voce alla "ggente". Ci siamo accorti della manipolazione solo dopo che abbiamo avuto accesso alla rete. Chi prima e chi dopo. Però c'è anche chi MAI accederà alla rete, e fra qualche anno potrebbe essere troppo tardi accedervi. Fra qualche anno la rete potrebbe essere "normalizzata", "tariffata" o cancellata. Chi da tempo frequenta la rete alimentato da una curiosità etica sa perfettamente che i media nazionali, di qualunque colore politico, danno voce al "dissenso" che ribolle solo per potergli mettere sopra un bel coperchio. Questa gente sa perfettamente che il mezzo televisivo è più potente di internet perchè lo slogan arriva più velocemente ai cuori rispetto a un dialogo socratico. Pertanto, l'opportunità (rara) concessa a voi blogger di parlare per 5 minuti in televisione, è una GRANDE opportunità per arrivare soprattutto a coloro che MAI - O TROPPO TARDI - accederanno alla rete. Abbiamo solo una cartuccia, e non possiamo sprecarla. Benetazzo è bravo ma è ingenuo: è troppo abituato a fare i monologhi. È più facile fare un monologo che sostenere un duello dialettico disseminato di trappole e di sofismi. Un duello dialettico serve per seminare ancora più dubbi di quanti ne vorrebbe chiarire: la mente dei telespettatori cade in una forma di schizo-ipnosi: "X ha ragione, però Y non ha torto". E così via. Dopo aver spento il televisore ci ritroviamo ancora più confusi.
Mi permetto umilmente di proporre una strategia per i blogger a cui saranno concessi 5 minuti di televisione.
Tenendo in conto che:
1. Le trasmissioni politiche sono fatte per nascondere quando è utile tranquillizzare, e mostrare quando è utile allarmare.
2. Solo gli invitati che sono pro-sistema possono approfondire, a quelli anti-sistema non è concesso.
3. Il sistema vuole che il telespettatore si alzi dalla poltrona avendo nella mente le RISPOSTE "giuste": "È tutto sotto controllo", "Loro sanno quello che fanno","Non abbiamo altra scelta", ecc., ecc..
Cosa fare dunque?
Come catturare l'attenzione dei telespettetori?
Come scatenare la loro curiosità?
Come trasformare la loro curiosità in un'azione anti-sistema?
Questo è il punto.
1. Se ho 5 minuti a disposizione, userei la metà del tempo per parlare del problema occultando la mia posizione critica verso il sistema. In questo modo i sofisti presenti in studio e il conduttore non potranno interrompermi poichè non possono ancora capire la mia posizione.
2. Il terzo quarto del tempo lo userei non per offrire RISPOSTE anti-sistema (i sofisti presenti avrebbero poi un tempo sufficiente per addentere e sbranare le mie tesi), bensì per offrire TRE DOMANDE ai telespettatori (TRE perchè è più facile che rimangano nella memoria). Devono essere domande chiave che riescano a circoscrivere il problema.
3. L'ultimo quarto lo userei per fare questo tipo di dichiarazione: "Se volete tranquillizzarvi senza conoscere i fatti, ascoltate pure le risposte che vi verranno offerte in questa sede. Se invece volete approfondire la questione, con il rischio di spaventarvi, comprate, con gli spiccioli che vi rimangono, un PC e navigate su internet cercando le RISPOSTE alle TRE DOMANDE".
4. Dopodichè sarebbe opportuno che uscissi dallo studio (meglio al rientro dalla pubblicità) al fine di provocare nel telespettetore l'idea che mi abbiano espulso non si sa per quale ragione ("Sono una vittima").
5. Nel caso volessi rimanere nello studio eviterei scientificamente di partecipare alla discussione, ripetendo ogni qual volta fossi interpellato le TRE DOMANDE famose.
Naturalmente è non è facile applicare alla lettera questa tattica, bisogna allenarsi come dei guerrieri giapponesi. Inoltre è necessario flessibilizzarla a seconda della forma di comunicazione che mi viene proposta: una cosa ed essere stati invitati in studio, una cosa ed essere in diretta video con lo studio, una cosa ed essere stati videoregistrati, una cosa ed essere in contatto telefonico con lo studio, ecc.. In ogni caso la sostanza non cambia: "Ho poco tempo. Non mi lasceranno parlare. Devo seminare nella mente dei telespettatori una profonda curiosità".
Cordialmente
Luigi
Caro Luigi, hai ragione a dire che bisognerebbe allenarsi come guerrieri giapponesi. Il problema è che, per interiorizzare i kata, ci vogliono anni (se bastano).
Inoltre, il povero Benetazzo ha avuto a disposizione non 5, bensì un minuto e mezzo: a quel punto, c'è veramente poco da fare.
Io, sarei per puntare sulla Rete.
Devo una (tardiva) risposta a Max: perché ho usato il termine "sistema".
Poiché ritengo che, attualmente, ci sia un tale livello di commistione nella classe politica che non renda necessario un "regime".
In altre parole, fin quando il livello d'opposizione (partitica, sociale, ecc) è di basso livello, il potere può governare usando i consueti mezzi, ossia la stampa, TV, ecc.
Solo in presenza di una forte opposizione si presenta la scelta: il dialogo od il regime (che non significa un golpe, ma l'uso della forza per far rispettare leggi liberticide).
Cosa ci porterà il futuro? Non lo so, ma la manifestazione di oggi dei COBAS è qualcosa che cambierà i rapporti di forze con il potere, il quale dovrà decidere. Giungere ad un compromesso o passare al "regime"? Per ora sembrano scegliere la seconda via, ma non è detto che riesca.
Staremo a vedere.
Grazie a tutti
Carlo Bertani
Non so a voi, ma a me Santoro mi sempre dato la sensazione di uno che gli puzza tanto il fiato e che .non soltanto sputacchia quando parla.
Io percepisco il fetore soltanto a vederlo in TV.
Il caro Benettazzo si e' salvato da sfiatate di fogna
Io mi ricordo bene la trasmissione perché l'ho seguita tutta per l'argomento che trattava e vedere se San Toro fosse davvero un buon giornalista "indipendente". Non sapevo che c'era Benetazzo, ma quando l'hanno presentato, nascosto in mezzo al pubblico, lontano sul loggione, male, all'improvviso, si è trovato a parlare come se fosse un eretico, conseguentemente si è imbarazzato e lì Santoro si è divertito a mettere in evidenza i balbettii e i punti che non si possono spiegare con due parole con il clima a cui era sottoposto. Il problema non è per Benetazzo, sono sicuro che non ha un soldo in azioni in questo periodo , ma per i tanti risparmiatori che credono alle banche, chiedono prestiti o depositano i loro risparmi per ritrovarsi, succede spesso, senza più un soldo solo perché hanno dato fiducia al banchiere o al promotore che in teoria ne dovrebbe sapere di più di loro, è per questo che sono pagati. Questa generazione di giornalisti è come quella dei medici attuali, su 100 90 pensano solo allo stipendio, gli altri 10 fanno il lavoro in condizioni estreme e alla prima disattenzione vengono crocifissi.
Complimenti Carlo, è sempre un piacere leggerti.
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