Avevamo avvertito più volte, da queste pagine, del rischio che la “grande” CGIL correva se avesse continuato a braccetto con le oligarchie del turbo-capitalismo: perdere, con un’inarrestabile emorragia, il contatto ed il sostegno dei lavoratori.
Il più importante campanello d’allarme – il primo avvertimento “pesante” – furono le elezioni del 2008: l’accordo di Luglio 2007, approvato dai lavoratori con un referendum-truffa, fu uno dei più importanti discrimini che aprirono la via al governo di Silvio Berlusconi. Ma – direte voi – questa è politica, mica sindacalismo!
Se considerassimo il sindacalismo slegato dalla politica saremmo degli ingenui: il profondo legame fra il PCI-PDS-DS-PD di Guglielmo Epifani non si nasconde nemmeno dietro ad una quercia, mentre la segretaria dell’UGL – Renata Polverini – fra un incontro e l’altro dell’infinita querelle di Alitalia, si recava in Umbria, per partecipare ai lavori dei giovani quadri di Forza Italia. Più di così…
L’accordo di Luglio 2007 riuscì, in un sol colpo, a riunire le generazioni ed a scongiurare una guerra fra padri e figli: sì, ci riuscì come qualsiasi compromesso al ribasso, “offrendo” ai padri la catena per legarli al lavoro ben oltre i 60 anni, ed ai figli la certezza di un precariato a vita.
I figli, i nostri figli – i quali sono tutt’altro che quella pletora di deficienti telefonino-dipendenti che ci vorrebbero far credere – hanno compreso che, se non si mandano in pensione i padri, non ci saranno occasioni di lavoro per i figli.
Abbiamo – per fare un solo esempio – la classe docente più vecchia d’Europa: il 55% degli insegnanti ha più di 50 anni! Nella maggior parte dei paesi europei, sono circa il 30%. Un abisso, che rende la scuola italiana senza prospettive.
A fronte, il mercato del lavoro italiano – per i giovani – non si può nemmeno più definire tale: è ancora “lavoro”? Oppure “favore”, “occasione”, “caporalato”…
Se scorriamo la triste conta dei morti sul lavoro, scopriamo che rientrano prevalentemente in tre categorie: molto giovani (inesperienza), extracomunitari (i più esposti al rischio, la nuova schiavitù) e persone ben oltre i 50 anni (stanchezza, che spalanca le porte alla “fatalità”).
Quel penoso referendum, nel quale votarono quasi solo e più volte gli apparatcik sindacali (come dimostrò ampiamente Marco Rizzo, con fotografie, ecc), coprì forse il Re con una foglia di fico, che in questi giorni – con due vicende apparentemente slegate, “L’Onda studentesca” ed Alitalia – si sta trasformando in un esile filo d’erba.
La protervia sindacale di sposare senza remore – anche grazie a favori e protezioni personali – questo capitalismo (a mio avviso, in fase terminale, il che non vuol dire che ci saranno radiose “albe”), genera inevitabilmente una contraddizione fra chi sopporta il peso del nuovo mercato del lavoro – pochi soldi, meno diritti e tutele, maggior carico di lavoro – e le organizzazioni che dovrebbero (!) tutelarli. Come puoi tutelare un lavoratore, se sposi l’ideologia che ne vuol fare uno schiavo?
Le due vicende di questi giorni richiamano al medesimo crocevia, quello dove s’incontrano la strada del sacrosanto diritto ad una vita decente e quella dell’accumulo (anche truffaldino, vedi subprime) di capitali. E’ un crocicchio zeppo di macerie: una sorta di Beirut bombardata, una desolata via irachena od afgana.
Cosa chiedevano gli studenti in piazza?
Sì, c’erano i problemi della scuola…la Gelmini e tutto il resto…ma il vero problema era altro: lentamente, questi ragazzi – ed io l’ho potuto toccare con mano – iniziano a prendere coscienza che, una scuola sempre più “bombardata”, è fatta apposta per prepararli soltanto ad un futuro da esuli o da sottoproletari. E si ribellano.
Non solo alla Gelmini, a Tremonti, a Brunetta – ciò non spiegherebbe la grande partecipazione di studenti che non sono certo di “sinistra” (lasciamo perdere la pietosa balla dei centri sociali…) – poiché questi ragazzi si sono rivoltati contro un futuro cancellato, e lo hanno fatto per lo più in accordo con le loro famiglie e con i loro insegnanti. Un segnale dirompente, ma – vivaddio – finalmente un buon segnale!
A quel punto, la triplice sindacale ha convenuto che era meglio tentare di “cavalcare l’Onda” – per meri scopi di “bottega” sindacal/elettorale – ed il fatto che l’abbiano soltanto “cavalcata” è dimostrato dai retorici discorsi tenuti in piazza, a fronte – nei medesimi giorni – di scelte di fondo ben diverse.
Per prima cosa, la “Triplice” si è scissa sulla vicenda del futuro contratto del pubblico impiego: come possano pensare – CISL ed UIL (l’UGL è solo una carriola “aggregata” al carro) – che 70 euro lordi per coprire un biennio (più la pietosa una tantum per la “vacanza contrattuale”, roba da ridere, che solo Brunetta può strombazzare) possano mantenere un minimo di potere d’acquisto? 40 euro netti mensili, per un biennio, non sono un accordo: sono un altro tipo di “taglio”.
La CGIL non c’è stata, ma qui dobbiamo riflettere che il sindacato di Epifani è quello che rischia di più: cifre gonfiate a parte, l’UNICOBAS, i COBAS e l’SdL – i cosiddetti “autonomi” – avevano portato in piazza il 17 Ottobre un fiume di persone. Il primo sciopero degli “autonomi” pienamente riuscito in Italia: visibile, nei posti di lavoro, nelle città e nelle piazze.
Il “segnale” non è certo sfuggito alla CGIL: lo “scavalcamento” a sinistra (vedi Rinaldini e la FIOM) è la iattura peggiore per chi, a parole, difende i diritti dei lavoratori mentre, nei fatti, li usa come massa di manovra per scopi politici, di “bottega” sindacale e, purtroppo, anche personali.
La rottura dell’alleanza con le altre sigle (per altro, poco significative in termini numerici) era perciò obbligata per il sindacato di Corso Italia: obbligata sì, ma obtorto collo.
L’ultimo atto è quasi penoso – comunque finisca la vicenda – poiché lo spettacolo di quattro sindacati che firmano le forche caudine della nuova Alitalia – quando sanno benissimo di rappresentare poco o nulla – ci fa venire in mente solo il generale Jaruzelskj, nella Polonia che digradava dal socialismo reale, il quale firmava anch’egli accordi con i sindacati di regime, ma la piazza era di Solidarnosc.
Ci sono, ovviamente, delle differenze: il sindacato autonomo polacco era sorretto e finanziato dal Vaticano e dagli USA – era una vicenda strategica che incrociava questioni interne – e per questa ragione la strada italiana è più in salita.
In ogni modo, la “rivolta” dei sindacati autonomi – lo sciopero riuscito, la grande manifestazione, la resistenza dei dipendenti dell’Alitalia – sono segni che vanno tutti nella medesima direzione, e sono “accompagnati” dal risveglio degli studenti.
Chi fa paragoni con il ’68 può essere solo un mestatore nel torbido od uno sciocco: la situazione è altra, e questi ragazzi hanno gridato slogan che dovrebbero far meditare. “Noi non pagheremo la vostra crisi”: la crisi, evidente, di un sistema economico che non regge più, osannato soltanto dalle caste gaudenti del grande privilegio e dai pretoriani di palazzo. E, purtroppo, dai miseri lacché sindacali della Triplice.
Come andrà a finire? Non lo so: mica sono un mago, come i tanti che strombazzano sui giornali del sistema destro/sinistro.
Qualsiasi “risveglio”, però, non può che essere buon segno, e non lascia mai le cose come il giorno precedente: se n’è accorta anche la “corazzata” di governo, che imputa ad “errori di comunicazione” il crollo dei consensi e la brutta figura rimediata.
Posso solo ricordare che avvertii Epifani parecchio tempo fa dei rischi che correva – l’articolo era “Colpirne 10 per educarne 1000” del Maggio 2008 – laddove spiegavo i madornali errori commessi dalla cosiddetta “sinistra” italiana, inviata dai suoi stessi elettori alle “isole degli ignavi”. E concludevo:
“Sono le stesse persone che hanno inviato, senza biglietto di ritorno, chi le ha tradite nelle isole degli ignavi: Epifanio ci mediti, perché le isole non mancano. Oggi a me, domani a te.”
Il più importante campanello d’allarme – il primo avvertimento “pesante” – furono le elezioni del 2008: l’accordo di Luglio 2007, approvato dai lavoratori con un referendum-truffa, fu uno dei più importanti discrimini che aprirono la via al governo di Silvio Berlusconi. Ma – direte voi – questa è politica, mica sindacalismo!
Se considerassimo il sindacalismo slegato dalla politica saremmo degli ingenui: il profondo legame fra il PCI-PDS-DS-PD di Guglielmo Epifani non si nasconde nemmeno dietro ad una quercia, mentre la segretaria dell’UGL – Renata Polverini – fra un incontro e l’altro dell’infinita querelle di Alitalia, si recava in Umbria, per partecipare ai lavori dei giovani quadri di Forza Italia. Più di così…
L’accordo di Luglio 2007 riuscì, in un sol colpo, a riunire le generazioni ed a scongiurare una guerra fra padri e figli: sì, ci riuscì come qualsiasi compromesso al ribasso, “offrendo” ai padri la catena per legarli al lavoro ben oltre i 60 anni, ed ai figli la certezza di un precariato a vita.
I figli, i nostri figli – i quali sono tutt’altro che quella pletora di deficienti telefonino-dipendenti che ci vorrebbero far credere – hanno compreso che, se non si mandano in pensione i padri, non ci saranno occasioni di lavoro per i figli.
Abbiamo – per fare un solo esempio – la classe docente più vecchia d’Europa: il 55% degli insegnanti ha più di 50 anni! Nella maggior parte dei paesi europei, sono circa il 30%. Un abisso, che rende la scuola italiana senza prospettive.
A fronte, il mercato del lavoro italiano – per i giovani – non si può nemmeno più definire tale: è ancora “lavoro”? Oppure “favore”, “occasione”, “caporalato”…
Se scorriamo la triste conta dei morti sul lavoro, scopriamo che rientrano prevalentemente in tre categorie: molto giovani (inesperienza), extracomunitari (i più esposti al rischio, la nuova schiavitù) e persone ben oltre i 50 anni (stanchezza, che spalanca le porte alla “fatalità”).
Quel penoso referendum, nel quale votarono quasi solo e più volte gli apparatcik sindacali (come dimostrò ampiamente Marco Rizzo, con fotografie, ecc), coprì forse il Re con una foglia di fico, che in questi giorni – con due vicende apparentemente slegate, “L’Onda studentesca” ed Alitalia – si sta trasformando in un esile filo d’erba.
La protervia sindacale di sposare senza remore – anche grazie a favori e protezioni personali – questo capitalismo (a mio avviso, in fase terminale, il che non vuol dire che ci saranno radiose “albe”), genera inevitabilmente una contraddizione fra chi sopporta il peso del nuovo mercato del lavoro – pochi soldi, meno diritti e tutele, maggior carico di lavoro – e le organizzazioni che dovrebbero (!) tutelarli. Come puoi tutelare un lavoratore, se sposi l’ideologia che ne vuol fare uno schiavo?
Le due vicende di questi giorni richiamano al medesimo crocevia, quello dove s’incontrano la strada del sacrosanto diritto ad una vita decente e quella dell’accumulo (anche truffaldino, vedi subprime) di capitali. E’ un crocicchio zeppo di macerie: una sorta di Beirut bombardata, una desolata via irachena od afgana.
Cosa chiedevano gli studenti in piazza?
Sì, c’erano i problemi della scuola…la Gelmini e tutto il resto…ma il vero problema era altro: lentamente, questi ragazzi – ed io l’ho potuto toccare con mano – iniziano a prendere coscienza che, una scuola sempre più “bombardata”, è fatta apposta per prepararli soltanto ad un futuro da esuli o da sottoproletari. E si ribellano.
Non solo alla Gelmini, a Tremonti, a Brunetta – ciò non spiegherebbe la grande partecipazione di studenti che non sono certo di “sinistra” (lasciamo perdere la pietosa balla dei centri sociali…) – poiché questi ragazzi si sono rivoltati contro un futuro cancellato, e lo hanno fatto per lo più in accordo con le loro famiglie e con i loro insegnanti. Un segnale dirompente, ma – vivaddio – finalmente un buon segnale!
A quel punto, la triplice sindacale ha convenuto che era meglio tentare di “cavalcare l’Onda” – per meri scopi di “bottega” sindacal/elettorale – ed il fatto che l’abbiano soltanto “cavalcata” è dimostrato dai retorici discorsi tenuti in piazza, a fronte – nei medesimi giorni – di scelte di fondo ben diverse.
Per prima cosa, la “Triplice” si è scissa sulla vicenda del futuro contratto del pubblico impiego: come possano pensare – CISL ed UIL (l’UGL è solo una carriola “aggregata” al carro) – che 70 euro lordi per coprire un biennio (più la pietosa una tantum per la “vacanza contrattuale”, roba da ridere, che solo Brunetta può strombazzare) possano mantenere un minimo di potere d’acquisto? 40 euro netti mensili, per un biennio, non sono un accordo: sono un altro tipo di “taglio”.
La CGIL non c’è stata, ma qui dobbiamo riflettere che il sindacato di Epifani è quello che rischia di più: cifre gonfiate a parte, l’UNICOBAS, i COBAS e l’SdL – i cosiddetti “autonomi” – avevano portato in piazza il 17 Ottobre un fiume di persone. Il primo sciopero degli “autonomi” pienamente riuscito in Italia: visibile, nei posti di lavoro, nelle città e nelle piazze.
Il “segnale” non è certo sfuggito alla CGIL: lo “scavalcamento” a sinistra (vedi Rinaldini e la FIOM) è la iattura peggiore per chi, a parole, difende i diritti dei lavoratori mentre, nei fatti, li usa come massa di manovra per scopi politici, di “bottega” sindacale e, purtroppo, anche personali.
La rottura dell’alleanza con le altre sigle (per altro, poco significative in termini numerici) era perciò obbligata per il sindacato di Corso Italia: obbligata sì, ma obtorto collo.
L’ultimo atto è quasi penoso – comunque finisca la vicenda – poiché lo spettacolo di quattro sindacati che firmano le forche caudine della nuova Alitalia – quando sanno benissimo di rappresentare poco o nulla – ci fa venire in mente solo il generale Jaruzelskj, nella Polonia che digradava dal socialismo reale, il quale firmava anch’egli accordi con i sindacati di regime, ma la piazza era di Solidarnosc.
Ci sono, ovviamente, delle differenze: il sindacato autonomo polacco era sorretto e finanziato dal Vaticano e dagli USA – era una vicenda strategica che incrociava questioni interne – e per questa ragione la strada italiana è più in salita.
In ogni modo, la “rivolta” dei sindacati autonomi – lo sciopero riuscito, la grande manifestazione, la resistenza dei dipendenti dell’Alitalia – sono segni che vanno tutti nella medesima direzione, e sono “accompagnati” dal risveglio degli studenti.
Chi fa paragoni con il ’68 può essere solo un mestatore nel torbido od uno sciocco: la situazione è altra, e questi ragazzi hanno gridato slogan che dovrebbero far meditare. “Noi non pagheremo la vostra crisi”: la crisi, evidente, di un sistema economico che non regge più, osannato soltanto dalle caste gaudenti del grande privilegio e dai pretoriani di palazzo. E, purtroppo, dai miseri lacché sindacali della Triplice.
Come andrà a finire? Non lo so: mica sono un mago, come i tanti che strombazzano sui giornali del sistema destro/sinistro.
Qualsiasi “risveglio”, però, non può che essere buon segno, e non lascia mai le cose come il giorno precedente: se n’è accorta anche la “corazzata” di governo, che imputa ad “errori di comunicazione” il crollo dei consensi e la brutta figura rimediata.
Posso solo ricordare che avvertii Epifani parecchio tempo fa dei rischi che correva – l’articolo era “Colpirne 10 per educarne 1000” del Maggio 2008 – laddove spiegavo i madornali errori commessi dalla cosiddetta “sinistra” italiana, inviata dai suoi stessi elettori alle “isole degli ignavi”. E concludevo:
“Sono le stesse persone che hanno inviato, senza biglietto di ritorno, chi le ha tradite nelle isole degli ignavi: Epifanio ci mediti, perché le isole non mancano. Oggi a me, domani a te.”
7 commenti:
Analisi lucida e condivisibile, chi meglio di te che vive la scuola giorno dopo giorno può fare una disamina? SE ne hai voglia il mio pensiero è espresso sul mio blog http://unodivoi-marco03blogspot.com/
Vorrei spezzare solo una piccola lancia a favore di Epifani che ho ascoltato a piazza del popolo e che per la prima volta a mio modo di vedere per lo meno a parola è stato convincente rivendicando con umiltà il ruolo e la manifestazione di questi ragazzi come "indipendente" e proiettata al loro futuro impegnandosi a vegliare su di essi. Magari saranno solo parole però a me hanno fatto un certo effetto, per il resto hai pienamente ragione nella questione Alitalia e nel referendum la c.i.g.l avrebbe dovuto distinguersi e non uniformarsi ciao a tutti.
Ciao marco03: non hai, per caso, copiato errata la tua URL? Non riesco ad andarci...
Sì, magari fanno bei discorsi...sono allenati...io, però, credo sempre in verba volant et scripta manent!
Ciao
Carlo Bertani
http://unodivoi-marco03.blogspot.com/ ("riflettiamo" lo trovi sulla icona del mio nome), grazie della considerazione ciao Carlo.
P:S: Hai letto l' articolo di Solange Manfredi su don chisciotte -COLPO DI STATO- a me ha messo inquietudine Credi possibile la sua disamina?
Caro Bertani,
vorremmo segnalarti, a commento, un nostro corsivo apparso su www.faremondo.org, dove fra l'altro vieni citato.
Si intitola Le persone, l'Onda e le agorà.
Buona lettura, e speriamo di ricevere un commento.
Con i migliori saluti,
la redazione di Faremondo
(redazione@faremondo.org)
Le persone, l'Onda e le agorà
Cielo della terra
d'ora in avanti
ogni anno è un premio
Yotaro Issa
Non se ne sono accorti o quasi. Il loro “mestiere” (di giornalisti e simili) è altro, da gran tempo. A parte qualche eccezione, di cui diremo, gli eventi italiani di queste ultime settimane vengono letti “slegati”, nemmeno un po' di stucco fra le mattonelle. Dunque dalle fessure, o “fughe”, come significativamente le chiamano quelli di questo mestiere (senza virgolette perché è ben diverso dal “mestiere” dei signorotti sopra) ci si può insinuare in profondità. E vedere anche ciò che non si può vedere: che gli studenti-genitori-insegnanti hanno compreso e toccato qualcosa di allarmante per le agenzie del Potere, così come avevano fatto quelli che nell'aprile scorso si erano politicamente rifiutati di andare a votare e i tanti partecipanti ai V-day per nulla sedotti dal grillo pifferaio, come per mesi molti dipendenti di Alitalia e i sindacati di base il 17 ottobre...
Un'unica notizia vogliamo proporvi qui: tutti quelli che hanno compreso e toccato si ribellano alla sottrazione di futuro impacchettata ad oltranza dai dominanti, alla certezza di essere già – genitori-figli-nipoti – condannati alla precarietà non tanto del “lavoro” ma dell'intera vita. Tanto più in una Monnezza Italia, paese non diverso da altri, dove i dominanti hanno giocato sporco come altrove, trascinandosi tuttavia dietro una massa di manovra forse più numerosa e “convinta” che altrove.
Non è poco, per i tempi. Per questo la notizia non la si deve dare e, se qualcuno la dà, non la si deve far girare.
Meglio discettare a vanvera sul Nuovo Sessantotto o Settantasette, meglio coprire tutto il davanti della scena con gli scontri tra studenti “di sinistra” e “di destra” indotti dalle veline di un ottuagenario Agente a vita del Potere... La forca mediatica si è messa qualche altro velo mentre qualcuno dei soliti noti veniva lasciato cadere. Ma stavolta il trucco non è pienamente riuscito. L'operazione di recupero corporativo, politica e sindacale insieme, ha fatto flop con la semplice faccia di Veltroni alla testa della parata insabbiante del 30 ottobre. E, almeno a questo giro, hanno perso loro tutti insieme, “la destra di governo” del muscolare sbandieratore di Arcore e “la sinistra di piazza” prontamente riversatasi a nera macchia di petrolio sopra l'Onda appena nata.
Sulla scena sono invece comparse persone che pongono la domanda di futuro negata da tutte le “risposte” politiche e culturali provenienti dalle agenzie del Potere. Persone a loro modo consapevoli dell'ulteriore, enorme saccheggio che i centri finanziari dominanti stanno organizzando ai danni delle moltitudini planetarie con il capestro della spazzatura (la crisi dei mercati, delle banche e dei loro mutui), che potrebbe rapidamente mutarsi in guerra di distruzione (capacità produttiva ed esseri umani) in caso di “intoppi” o “resistenze”.
Proviamo a ragionare: cosa sta succedendo a queste persone che apparentemente vanno in piazza contro i provvedimenti di una maestrina ministro? Essere consapevoli della sottrazione di futuro provoca due tipi di “risveglio”. Diradata la primitiva foschia depressiva (quando ancora nel profondo dell'anima si coltiva l'illusione “io speriamo che me la cavo”), finisce di colpo l'automatismo indotto della delega, la visione della democrazia senza partecipazione. E quasi subito, con un salto, si riacquista una certa stima di sé come persona che insieme agli altri può fare qualcosa per scongiurare una catastrofe già segnata nella tavola delle leggi di questo mondo. Di questi due tipi di “risveglio” si preoccupano le agenzie del Potere. Non della “difesa” del tempo pieno (che potrebbero anche lasciare così com'è), non della lotta contro le classi-ponte (che in questi anni hanno bellamente lasciato proliferare nelle diseguaglianze competitive all'interno dei gruppi-classe, anche davanti a due o più insegnanti...).
Ha ben ragione Carlo Bertani (una di quelle rare eccezioni) ad insistere sull'importanza dello slogan sentito in molte piazze: “Noi non pagheremo la vostra crisi”. (1) Dove la consapevolezza sta finalmente dal lato del noi, noi che dobbiamo riprendere ad immaginare un altro futuro se vogliamo vivere, mentre dal lato della vostra crisi nessuno di noi si riempirà più la bocca con l'inevitabile crollo del capitalismo nella sua metastasi terminale, né con tutto il contorno di disarmanti paralisi cognitive ed autoassoluzioni preventive dispensate da noti maîtres à penser mediatici.
Questo noi consapevole lo diventerà ancora di più e meglio se non si farà più sedurre da quei meccanismi della delega che sono le elezioni e la partecipazione (cammellata o convinta) ai rituali di piazza scelti dai dominanti. Di più (e sappiamo di toccare qui un nervo scoperto): sarà ancora meglio se questo noi comincerà a disertare il corpo a corpo di piazza anche quando a proporlo sono i cosiddetti “settori antagonisti”, perché anche in questo caso è facile (quasi inevitabile, vista la “potenza degli agenti” e dopo lo spartiacque di nome 11 settembre...) cadere nella trappola delle agenzie del Potere (strumentalizzazione, infiltrazione di provocatori, repressione, svuotamento mediatico e tutto il dejà vu almeno da Genova 2001, se proprio vogliamo lasciare sullo sfondo l'armamentario stragista italiano precedente, da Portella della Ginestra in poi...).
Occorrono dunque altre strategie, altre pensate, sui “luoghi” e sulle “forme”. E occorrono soprattutto occasioni in cui questo noi consapevole possa esercitarsi in dialogo senza rissa, alla presenza delle persone intere (quindi non solo in rete). Delle agorà, insomma, dove pensano insieme gli uguali con tutte le loro diverse esperienze e “competenze”. Delle agorà da dove nessuno delegherà l'organizzazione del cambiamento ai “poteri pubblici e democratici” (come vorrebbe Giulietto Chiesa) o ad altra élite illuminata, per la semplice ragione che l'architettura decisionale mondiale (auspicata dallo stesso Chiesa) in grado di mettere in atto dentro la catastrofe misure contro la catastrofe dovrà formarsi all'interno delle agorà e mai fuoriuscire dalle stesse. (2)
Su questo punto non ci possono essere equivoci o fraintendimenti. Altrimenti si è già morti in partenza, s'innesta da subito il déjà vu e l'autocontradditorio Paolo Barnard (che sull'11-9 ripete funesto lo schermo di fumo del gatekeeper magno Noam Chomsky) finisce per aver ragione quando scrive che bisogna “riportare le persone al centro” togliendo spazio a tutti i “personaggi” (lui compreso, ovviamente). (3)
Che cosa potrà fare quest'Onda di persone lo vedremo strada facendo. Combinati come siamo, d'ora in avanti ogni anno è un premio, come disse in modo sublime Yotaro Issa. Scampate per un momento all'assalto della marea nera, in attesa di nuovi agguati mediatici le persone dell'Onda potrebbero cominciare a riunirsi in agorà. Cielo della terra: per pensare.
(1)C. Bertani, Il grande convoglio, sul binario morto, in www.carlobertani.blogspot.com, primo novembre 2008.
(2)Per la posizione di G. Chiesa si veda, da ultimo, l'articolo Fine corsa, apparso su www.megachip.info il 27 ottobre 2008.
(3)Questa istanza Barnard la pone in ogni suo intervento e compiutamente nel suo sito, www.paolobarnard.info, in particolare nel saggio L'informazione è Noi, apparso sullo stesso sito il 18 maggio 2008.
Cari amici di Faremondo,
mi ha colpito il vostro articolo e mi ha confortato. Spiego perché.
Poiché si pensa sempre d'esser soli o quasi, in questo mare magnum del Web, nel quale - come in "Waterworld" - ogni tanto una barca s'avvista all'orizzonte.
Dove sarà la terra, viene allora da chiedersi? Domanda delle cento pistole.
Stiamo, per ora, ancora navigando nel vasto Mare Oceano, ed è difficile trovarsi. Dite bene che si deve superare la dimensione del Web, ma come? Sapeste che fatica cercare lentamente l'altro fra atolli disabitati e tempeste.
Stiamo cercando di farlo con altri amici del Web, in un nuovo blog che riunirà parecchie "firme" che so leggerete abitualmente, ma non è facile perché ognuno teme di perdere il piccolo orticello coltivato con tanta cura, in anni di lavoro gratuito, col solo scopo di risvegliare le coscienze ottenebrate.
Quando ci riusciremo, sarete fra i primi a saperlo: speriamo che sia un buon giorno. Per vivere.
Un abbraccio
Carlo Bertani
"Non pagheremo la vostra crisi".
Questo slogan è bellissimo. Tanto reale quanto geniale e semplice. Chi potrebbe rifiutarsi di urlarlo con tuta la voce possibile in corpo? Certamente CgilCislUIl.
Quando queste organizazzioni parlano di lotta alla precarietà, loro che attraverso la concertazione hanno fatto si che questa situazione fosse possibile è una delle cose più vergognose della nostre società.
Il sindacalismo di base, una volta caduto (o ridotto ai minimi termini) il sistema clientelere di CgilCislUil potrà trovare un'autostrada libera difronte a se e percorlerla a tutta velocità, ma come in ogni cosa la differenza la fanno le persone, e non delle sigle sindacali siano esse confederali o non.Il referendum truffa la dove si è potuto, si è combattuto per cercare di contrastare il completo controllo dei confederali su di esso, ma ad esempio, la sigla autonoma presente nella nostra azienda non è stata omogenea nella sua azione nei dipartimenti, fra la base,e questo ha dato un'enorme vantaggio a CgilCislUil, come se poi ne avessero avuto bisogno.La cinghia di trasmissione tra politica e sindacato gira ancora benissimo.
In genere la Cgil, firma un minuto dopo le altre sigle, e la sua diversità, la sua battaglia, è racchiusa tutta in quel minuto, con tanti bei discorsi addietro che poco trovano una logica, questo sia alivello delle strutture superiori, che a livello di rappresentanza aziendale.
Grazie signor Bertani per i suoi. articoli,
Molto inmteressanti le tue osservazioni - lavorare oggi - perché spesso ci nutriamo di "massimi sistemi" e dimentichiamo la cronaca, quotidiana, che osserviamo nei luoghi di lavoro.
Dovremmo tornare a raccontare situazioni reali, per creare una rete d'esperienze confrontabili, fruibili per tutti.
Grazie
Carlo Bertani
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