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27 maggio 2019

Fuori e dentro l’Italia


L’apparenza inganna: delle elezioni che hanno mostrato quanto il “monster” europeo sia più forte e ramificato di quanto immaginavamo – e che sono state una sconfitta per tutti coloro che guardano all’Europa come il fumo negli occhi – sembra che avranno soltanto effetti sulla politica italiana (della Francia ed altri Paesi, in questa, sede, non ci occuperemo), dove sono al governo due partiti euro-scettici. Ma quali effetti? Sono più interessanti del previsto.

Partiamo dello sconfitto, che è soltanto uno: il M5S. E’ una sconfitta, principalmente, del suo capo politico che aveva il dovere di “plasmare” diversamente il partito, e c’è una seconda istanza da prendere in considerazione: la presenza, ingombrante, della Casaleggio & associati sul treno vittorioso del 4 marzo 2018.

Gli errori hanno sempre pochi padri, si sa, ma gli errori ricadono inevitabilmente sulle spalle dei figli.
Gente che aveva fatto esperienza politica solo nell’ambiente pulito ed ovattato dei meet-up non poteva essere lanciata nel calderone maleodorante ed agguerrito della politica rampante, del confronto senza esclusione di colpi delle Tv di partito: se ricordiamo, Beppe Grillo – agli inizi – aveva proibito la partecipazione ai reality televisivi. Ma non era possibile, e allora le liste furono create partendo dai meet-up ed infarcendoli, qui e là, con personaggi di dubbio valore, che avevano conquistato un’altra, altrettanto dubbia, notorietà televisiva. Uno per tutti: Gregorio de Falco. Uno che, in tutta la vita, aveva solo gridato un “cazzo, risalga su quella nave” come messaggio “politico” (?).

Il secondo, clamoroso errore, fu accettare come direttore della RAI un uomo di Berlusconi: perché hanno accettato? Se le reti di B. erano tutte dirette contro il M5S, il Mov. non ha avuto nemmeno una rete televisiva al suo fianco, una misera rete televisiva, quando il PD, super sconfitto alle elezioni politiche, ha saputo mantenere la “sua” rete ed importanti personaggi sulle altre, vedi Lilli Gruber.
La riforma della Tv, non è mai arrivata: lo ricordiamo a Di Maio.

C’era, poi, nel dibattito politico, un’anomalia: mentre tutti erano pronti a stigmatizzare qualsiasi uscita di un esponente 5S troppo “di sinistra”, nessuno si meravigliava del fatto che la Lega teneva tranquillamente i piedi in due staffe, rimanendo legata al carro del centro-destra, formalmente e sostanzialmente.

In generale, il livello dei personaggi messi al governo da entrambi i partiti è risultato molto basso, troppo basso, e sono valsi più, soltanto, i messaggi su Facebook e su Twitter, ampiamente decisi e studiati dai rispettivi spin-doctor, nei quali quelli della Lega hanno ampiamente prevalso.

Troppo tardi, Di Maio, s’è accorto della trappola, e ci ha fatto finire dentro tutto il M5S: bisognerà attendere le analisi del voto, ma non mi meraviglierei se tutto il risultato dipendesse dalla gran  massa di voti ex M5S che si sono rifugiati nell’astensione. In effetti, la mancanza di un 20% circa di elettori sulle elezioni politiche, fa salire proporzionalmente gli altri. I “numeri”, rapportati agli aventi diritto (100), con un’affluenza del 55% raccontano altre cose:

Lega: 17,5 voti
M5S: 9
PD: 12
FI: 5
Fratelli d’Italia: 4
+ Europa: 2
Altri, nulle e bianche: circa 6.

45 non hanno votato.

Ciò che salta agli occhi, non è il successo della Lega né la “ripresa” del PD – che, in termini di voti, ha perso circa 161.000 voti – ma che, grazie alla scarsa affluenza, percentualmente ne ha un vantaggio.
L’unico, vero dato è che il M5S ha perso circa 1,2 milioni di voti: i quali, su una platea di 40 milioni di potenziali elettori, non sembra gran ché ma, se la gente non va a votarli, è dalle loro parti che bisogna trovarne una ragione.
In altre parole, ragionare sull’affluenza è doveroso farlo, ma chiedersi – dopo – perché tanti se ne sono andati, è la sola via da seguire.

Cosa potrà fare il M5S per risalire la china?
Cambiare qualcosa al suo interno: marginalizzare il ruolo della Casaleggio & associati – quelle buffonate che approvavano la linea del partito con 30.000 voti (elettronici!) – e cambiare leader: va bene Di Maio al Lavoro, ma richiamate Di Battista come segretario del partito. Perché? Poiché è del tutto evidente che il partito, una volta raggiunto il potere, è stato abbandonato come un sacco al bordo di una strada.
E’ nel partito che si formano le nuove leve ed è sempre nel partito che si forma il consenso: altrimenti, si deve correre sul “pianeta” Tv dove non si ha (colpevolmente) nulla, oppure sul pianeta Internet che è stato abbandonato a se stesso.

Rimane da chiedersi cosa farà la Lega.
Non andrà certo ad una resa dei conti per tornare nel centro destra: come avevo già scritto in un precedente articolo, la data più probabile per nuove elezioni sarebbe la prossima Primavera. Ma.
Se il M5S facesse valere la sua forza elettorale in parlamento – ossia non cambiasse nulla nel governo e propendesse per una linea politica di maggior attenzione ai suoi obiettivi – la palla tornerebbe alla Lega, che dovrebbe decidere il da farsi.

Non ha sbagliato Zingaretti nel dire che si potrebbe tornare al bipolarismo (lui, ovviamente, ci spera) perché la Lega con FI e la Meloni potrebbe sperare di arrivare al governo. Attenzione, però: i voti oggi raccolti dalla Lega mostrano che gli italiani approvano la Lega senza Berlusconi e la Meloni: quale sarebbe il nuovo responso? In fin dei conti, la Lega ha mostrato di ben governare insieme ai 5S, non con altri, e la Lega con Berlusconi aveva il 6% dell’elettorato. E i 5S all’opposizione sarebbero pericolosi.

Un rimpasto di governo? Poco probabile. Una linea di governo più vicina ai desiderata della Lega? Sarebbe la fine dei 5S.

Penso che, passata la sbornia elettorale, si tornerà a parlare dei problemi del Paese, ma si tornerà esattamente a farlo come prima, altrimenti ogni accelerazione di Giorgetti condurrà, inevitabilmente, alla fine del governo. Che, per come ha lavorato, è stato fra i migliori degli ultimi decenni, nonostante le tante ingenuità e mancanze.

Sta ai 5S mostrare d’essere una forza di governo decisa e sapiente: cosa che, fino ad oggi, non hanno saputo fare con la dovuta precisione, e gli elettori li hanno puniti.
Per entrambe le forze al governo si pone, quindi, un dilemma: crescere da soli oppure continuare (Lega) sotto “opzione” d’altre forze politiche?

Staremo a vedere. 

21 maggio 2019

Mansueti, guerrieri o maneggioni?

E ci guardano pure. Dai loro manifesti elettorali, ci scrutano, ci osservano: speranzosi, languidi, concilianti, battaglieri, consolatori, fidanti, consueti, suadenti e complici, integerrimi e scontrosi…ce n’è per tutte le razze e le solfe…hanno dedicato tempo e soldi per quelle immagini…no, così, un po’ più a destra…il ciuffo…la piega sulla giacca…
E finiamo per crederci, che quelle immagini rappresentino il succo dell’ideologia, la sterzata fra il desueto, il coraggio fra la contiguità…e ci scanniamo pure.
Poi, per cinque anni, le parole più gettonate saranno: variante, ponte, autostrada, tangente, palazzo, appartamenti, attico, tangente, voti, scambio, cupola, tangente. E, infine: avviso, garanzia, indagine, intercettazione, cellulare, processo, patteggiamento, rinvio, giudizio, assoluzione, condanna, dimissioni, corruzione…

Finiamo, inconsciamente, per lottare su basi ideologiche per gente che l’ideologia la snobba, la usa solo come grimaldello per far saltare tutti i chiavistelli del potere, per arrivare a possedere cinque telefonini, quattro automobili, tre uffici, due amanti, lo yacht, la faraonica villona al mare ed il gentile chalet sulle nevi.

Poi, ci provò Grillo. Non sappiamo molto di questa vicenda, perché l’inquietante presenza dei Casaleggio lancia un dubbio su tutta l’avventura: forse, il Beppe si rese conto che senza l’appoggio di gente abile nella comunicazione avrebbe soltanto gridato al vento per anni. Ma tant’è: nacque il Movimento.
Nacque mentre i partiti tradizionali – che avevano sbaragliato la vecchia classe politica ai tempi di Tangentopoli – finivano massacrati dai loro stessi atti, ossia dall’incapacità di generare felicità nelle menti degli italiani e, parallelamente, di mostrare una protervia inconcepibile nel traghettare risorse dai bilanci pubblici ai loro portafogli. Gli italiani sono il popolo meno prolifico del mondo, e il generare figli non dipende da asili nido o quant’altro, ma solo nella felicità intrinseca, la gioia di guardare al futuro. Che manca. Irrimediabilmente?

Giunti a questo punto, si dovrebbe parafrasare il titolo di un noto testo storico – Ascesa e declino delle grandi potenze di Paul Kennedy – in “Ascesa e declino dei partiti politici italiani”: quasi una rottamazione.
L’UDC conquistata e spartita (pare quasi una Polonia del 1939!) fra i due blocchi, Alleanza Nazionale morta per un appartamento a Montecarlo. Sì, avete letto bene: per un appartamento a Montecarlo. Trovarne uno più stupido di Gianfranco Fini, fra i tanti fessi italioti al potere, non è facile.
Sopravvive un barlume del ceppo originario, legato alla sopravvivenza fisica di Silvio Berlusconi, dove trova rifugio la gran maggioranza di quel 10% d’italiani che possiedono il 50% della ricchezza nazionale: hanno ragione a farlo, perché B. non li ha mai traditi.

Dall’altra parte, invece, i tradimenti consumati nel nome di un’Europa che sarebbe stata in grado d’aprire la cornucopia urbi et orbi sono stati infiniti, tanto che non si deve perdere tempo a citarli. Veltroni – “Celestino” (V, come lo chiama De Gregori) – il poco prode Prodi, qualche rottame ex DC ed ex PCI, robetta di poco conto. Se D’Alema è la “ mens maxima” che riescono ad esprimere, saluti e baci. Il resto sono soltanto rumenta di poco conto, gente da mandare, per la riconversione operativa, da Filippo de Maria. Magari diventano ballerini.

Fra le nuove “leve” della politica dell’epoca – FI, AN, UDC, PDS, RC, ecc – c’era anche la Lega Nord di Bossi.
Ricordo bene i manifesti con la gallina del Nord che faceva le uova d’oro, ed il Sud – famelico – che le rubava: era solo il tentativo del sen. Miglio d’accontentare i suoi partner tedeschi – Miglio era uno dei pochi italiani abbonati alla Deutsche Fernsehen, la Tv tedesca – per staccare il Lombardo-Veneto e collegarlo con gli “Imperi Centrali”. Senza una guerra, come avvenne nei Balcani.
Ma il sen. Miglio fallì, e poi morì e tutto passò nelle mani di un modesto (per cultura politica) Umberto Bossi, il quale non trovò di meglio che accasarsi con Berlusconi. La prima volta sbatté la porta e se ne andò, la seconda rimase e finì tutto a bagasce. La fine fu tristissima: il “Trota” laureato (?) in Albania, fiumi di soldi alla famiglia Bossi, storie di diamanti in Africa ed i famosi 49 milioni di rimborsi elettorali inesistenti ancora oggi “presenti” nella politica nostrana.

Per 30 anni, la Lega – a fasi alterne – ha (s)governato questo Paese: non si può negarlo, perché la compagnia era allegra e pronta ad ogni permissività, basta ricavare i voti.
Nella sua fase di ascesa, la Lega era probabilmente un partito ancora di “verginelle”, ma ci ha abituato, nei decenni, a comportamenti ed abitudini sempre più simili a quelli degli ex qualcosa che erano tutti in FI ed in AN.

Basti pensare ai famosi bilanci della Regione Piemonte – le “Mutande Verdi” – dalle quali spuntarono spese pazze addossate al bilancio regionale, oppure il “Gran Circo” della Regione di Maroni, con accusati, processi e quant’altro, con le tre regioni del nord – Piemonte, Lombardia e Veneto, sempre governate dalla Lega in associazione con FI ed altri – falcidiate dai processi.
Chissà perché i “Mose” olandesi funzionano regolarmente nelle chiuse e nei canali, mentre quello italiano è sempre rotto. Chissà.
Alla fine della storia, cosa troviamo?

Un partito che vince alla grande alle elezioni, ma che non ha i voti per governare da solo e che non desidera fare un governo con i due principali attori del passato: FI e PD. Lo stallo è evidente, e la situazione non è gestibile, se non con l’arrivo della trojka europea o di governi istituzionali.
C’è il lungo braccio di ferro, e alla fine spunta il governo M5S-Lega.
Già, ma la Lega chi è?

E’, in gran parte, la stessa compagine politica – nel senso di parlamentari, ministri, sottosegretari, assessori, sindaci e politici in genere – che è maturata negli anni di Berlusconi, ed ha assorbito un certo laissez-faire nella gestione degli appalti e nella programmazione delle opere. La Lega era al governo quando Lunardi ammetteva che “con la mafia bisogna convivere”.

Dall’altra, per ora, non ci sono episodi di corruzione: c’è la vicenda Raggi, ma l’accusa era di falso, ossia l’accusa era d’aver mentito su questioni interne alla sua giunta, cosa poi rivelatasi non vera. Di queste accuse, ne nascono e muoiono centinaia l’anno. Però, non ci sono soldi dietro, non c’è il chiudere gli occhi di fronte al malaffare, non si vuole favorire economicamente questo al confronto di quello.
Bisogna che la Lega se ne faccia una ragione: ci sono accuse che sono interne alla vita delle giunte – falso, varie omissioni, ecc, anche se così non dovrebbe essere – che fanno quasi parte della lotta politica ed altre – dove ci sono soldi di mezzo – e, queste, qualche campanello d’allarme devono farlo scattare, altrimenti è del tutto inutile proporre un governo “del cambiamento”.

Siri, Rixi, Fratus sono la punta dell’iceberg di questi comportamenti e la Lega – invece di fare ostruzionismo sul governo – dovrebbe fare pulizia al suo interno. D’altra parte, se questo governo ha deciso d’essere il governo del cambiamento, le regole vanno rispettate.

E’ tutto un teorema ordito dai giudici. Se si sposa questo principio, si deve poi indicarne la soluzione: nomina dei giudici da parte del potere politico? Per secoli l’umanità ha vissuto con questo sistema, ed è stato lampante che, quando un giudice doveva giudicare “milord” ed uno straccione, appeso al palo finiva sempre lo straccione.
La tripartizione dei poteri è una conquista, anche se ci possono essere delle smagliature, ma questo è compito della classe politica porvi rimedio: ad esempio, perché non punire la “fuga” delle notizie giudiziarie, almeno fino all’avviso di garanzia?
Basta fissare delle regole certe ed uguali per tutti, procure comprese, e certi comportamenti finirebbero: ricordo che B. fece infinite lamentazioni per il suo avviso di garanzia recapitato a Napoli durante un incontro con Bush, ma fu lui stesso (tramite i suoi giornali) a diramare ai quattro venti che il presidente della Regione Lazio andava a trans con l’auto di servizio.
Che fare?

Io non penso che lottare contro la corruzione politica sia un valore di destra o di sinistra, e nemmeno che il M5S sia un partito di sinistra e la Lega uno di destra. Sono categorie di un tempo trascorso, dalle quali fatichiamo tutti a staccarci, io per primo. Sono le categorie che ci vengono dalla nostra storia personale, dalle amicizie, dal nostro passato. Eppure, è necessario staccarsi.
Da anni sono amico di una persona che fu nel MSI quando io militavo nello PSIUP: sapeste quante risate ci siamo fatti su quegli anni! Sulle nostre ingenuità, i nostri pregiudizi, sulle nostre incapacità nel guardare oltre gli amici uccisi, i reciproci agguati, le botte, il sangue. Nel nome di un Duce che mai conobbero o di un radioso futuro socialista, mai arrivato.

La Storia ci ha messi in un bel guaio, perché – ad essere onesti – nessuno può dire che un governo di destra o di sinistra sia dietro l’angolo, dato che entrambe le forze politiche che hanno dato vita al governo, secondo me, faticherebbero troppo a dover tornare all’obbedienza in dei fumosi e poco probabili schieramenti. Non c’è nessuna alleanza con Berlusconi dietro l’angolo, ed il PD è sempre il PD di Renzi, anche se il segretario, oggi, è Montalbano-bis. Ed il PD e FI sono stati sconfitti sonoramente dagli italiani: concedere loro altro tempo sarebbe non solo sprecato, ma ingiusto.

Per chi coltiva queste illusioni, vorrei ricordare cosa sono le elezioni europee: una sfida che non ha mai contato una cippa, visto che non contano una cippa gli eletti e vanno a Bruxelles per decidere una cippa.
E vorrei rammentare le elezioni europee del 1984, quando a sinistra si gridò al “sorpasso” sulla DC, mentre Andreotti abbozzò un sorriso: nessuno, all’epoca, meditò di scomodare la mafia per così poco e, nelle successive elezioni politiche del 1987, la DC superò il PCI per ben tre milioni di voti. Le vere elezioni, gente, sono fissate per il 2023.

Meditate, prima di gridare a nuovi governi di destra o di sinistra: quel che ci aspetta, in quel caso, è soltanto un Monti-bis o Mario Draghi. Saluti e baci a tutti.