28 ottobre 2010

Come può funzionare?

«…ogni nuovo organismo storico crea una nuova superstruttura, i cui rappresentanti specializzati e portabandiera non possono non essere concepiti anch'essi come "nuovi" intellettuali, sorti dalla nuova situazione e non continuazione della precedente intellettualità
Antonio Gramsci – Quaderni del Carcere – 1929-1935.

Lo scorso 24 Ottobre era in programma, a Bologna, un incontro organizzato dall’associazione “Faremondo” (Faremondo.org) sul tema di come “uscire dalla Rete”: l’invito era rivolto ai scrittori, bloggher e gestori di siti Web, fra i quali lo scrivente.
Non sono andato a Bologna anche per motivazioni personali, ma confesso pubblicamente che ero poco convinto dell’iniziativa. Oggi – dopo che Emanuele Montagna m’ha aggiornato sulla “brillante” assenza proprio dei gestori dei siti e dei blog (cosa sulla quale non avevo dubbi, al punto che l’articolo era già scritto) – vorrei sottoporre qualche spunto utile per il futuro, così da poter sviluppare una riflessione collettiva sull’annoso problema dell’organizzazione.

Premessa

L’incontro del 30 Maggio 2010 – “Anticorpi: che facciamo?” – non fu proprio un successo: tanto brigare, per poi trovarsi in una trentina (scarsa) di persone, non giustificava proprio tanto sbattimento. Per tutti: organizzatori ed intervenuti.
Allora, “uscire dalla Rete” non è possibile? Siamo condannati a rimanerci? Probabilmente sì, ma c’è modo e modo di rimanere in Rete e fuori della Rete. Andiamo con ordine.

Quando mi recai a Bologna, era mio preciso intento spiegare con dovizia come l’energia fosse il nodo centrale dei “tempi bui” che stiamo vivendo. Non desideravo affatto rifare da capo la storia di quanto è brutto il nucleare…eccetera…bensì mostrare – calcoli alla mano – che sull’energia si giocherà la partita, soprattutto sociale, nei prossimi decenni.
Tutti blaterano su fonti energetiche e rendimenti, pensando così di trovare la panacea contro ogni male, mentre il vero problema non è la fonte, bensì chi governa tale fonte. Ai più attenti, non sfuggirà che le fonti fossili e l’Uranio sono perfette per l’oligarchia dominante: fonti finite, tecnologia complessa o di grandi dimensioni, completo controllo.
Per iniziare un confronto a tutto campo sul concetto di Economia Sociale Sostenibile – da contrapporre alle velleità “bancarie” di “stralciare” l’economia dal novero degli argomenti politici[1] – è necessario avere un concetto sul quale far leva, e l’energia è perfetto, anche se altri aspetti possono essere ugualmente utilizzati.
Perché l’energia?

Poiché è un argomento sentito, sul quale c’è una vasta convergenza di consensi, dove le realizzazioni sono tangibili e visibili: nonostante tutto il battage pubblicitario della Casta, solo un italiano su tre è disposto ad accettare una centrale nucleare sul suo territorio. Ma c’è un altro aspetto, ancora più importante.
Ogni anno, l’Italia – tributaria verso l’estero di circa il 90% dell’energia che consumiamo – paga la cosiddetta “bolletta energetica”, la quale può variare in una “forbice” fra i 30 ed i 60 miliardi di euro, secondo l’andamento dei prezzi e delle monete. Le nazioni che programmano per la metà del secolo la completa autosufficienza energetica (Danimarca, ad esempio, ma anche parecchie aree tedesche) meditano – oltre alle questioni relative al clima, ai problemi del nucleare, ecc – d’impossessarsi di quel malloppo.
Il quale, è difeso a spada tratta dagli USA per sorreggere il dollaro come moneta di riferimento, dai Paesi produttori di prodotti energetici per ovvi motivi e da numerose “quinte colonne” – lautamente foraggiate da questi “attori protagonisti” – per smontare le tesi sulle rinnovabili (pensiamo al “trattamento Rubbia”), “montare” fantasiosi problemi “estetici”, bistrattare ogni scienziato che sottolinei i rischi ambientali…in altre parole, tutto ciò che incrina il sistema dei fossili e dell’Uranio.
Ecco perché, “mettere le mani” sul “gruzzolo” da decine di miliardi di euro l’anno, sarebbe importante: potrebbe diventare la prima pietra per (ri)costruire un’economia basata sulle produzioni locali, sulle banche locali (come un tempo, senza fini di lucro), sul ritorno dello Stato come attore nei grandi processi industriali, ecc.

Da qui in avanti, sarebbe iniziato il discorso interessante, ma fui quasi zittito da richieste pressanti: “Queste cose già le sappiamo” fu il sentimento comune dei (pochi) intervenuti “il problema è: cosa possiamo fare?”
Capisco perfettamente l’ansia di chi vede la propria vita violentata da una masnada d’incompetenti attacché all’oligarchia dominante – anzi, a ben vedere, dai servi di tale oligarchia – ma non è chiedendo soluzioni salvifiche e messianiche al primo che viene a parlare che si risolvono i problemi, né si creano aggregazioni e strutture.
La responsabilità di quel fallimento non fu però di chi intervenne, bensì mia e di chi organizzò l’evento. Vediamo il perché.
La democrazia assembleare sarebbe una cosa meravigliosa: se funzionasse. L’incontro di Maggio ne fu un esempio, e quello di Ottobre ne ripercorreva i termini.

Dopo Maggio, fui contattato alcune volte da Emanuele Montagna di Faremondo, il quale mi chiese se ero disponibile per incontrarci prima dell’Autunno, insieme a Franco Soldani. Dissi loro, per quella volta, di salire da me e concordarono. Qualche mese dopo fu Truman di Comedonchisciotte a dirmi che “sarebbe probabilmente passato” da me: ancora lo attendo.
Il mio desiderio d’avere, prima d’altre iniziative, incontri ristretti e diretti discendeva – e nel prosieguo dell’articolo apparirà più chiaro – da precise riflessioni sulla prassi da seguire.
Questo per dire che, se si organizza un incontro fra gestori di siti, scrittori, bloggher, ecc i casi sono due: o l’incontro è limitato ai sopraccitati individui, oppure – se si desidera un incontro con il pubblico – quegli stessi individui devono incontrarsi prima per concordare come intervenire. Altrimenti, è il caos: ciascuno chiede e tutti dovrebbero rispondere, su tutto, e non funziona.
E tornano alla mente i versi di Guccini: “chiunque ha un tiramento…”

Spontaneismo od avanguardia?

La mia posizione – non mi nascondo dietro il classico dito – si chiama leninismo perché sono convinto che Lenin seppe ben organizzare la presa del potere in Russia, poiché capì per tempo due assiomi inseparabili: la necessità di un’avanguardia e, proprio per l’elasticità intrinseca del gruppo ristretto, la spregiudicatezza nella prassi.
A prima vista, il Web sembrerebbe l’apoteosi della democrazia e dello spontaneismo, quindi il massimo della libertà d’espressione. Il che, per quanto riguarda il nostro agire all’interno dei siti e dei blog, è anche vero, a parte le ingerenze dei troll e dei debunker. Ma, come viene percepito il Web all’esterno? E’ temuto? E’ consultato? In altre parole: “conta”?
Il Web “conta” come movimento d’opinione facilmente percettibile, sul quale i partiti della Casta “modellano” la serie d’inganni che, ripetutamente, propongono.
La stima, che la Casta ha del Web, potrebbe essere invece così riassunta: un gruppo di galline starnazzanti che urlano ogni giorno centomila diverse canzoni, non omettendo di beccarsi fra di loro quando una cosiddetta “primadonna” passa a tiro. Per loro, significa soltanto tirare le somme su qualche denominatore comune molto sentito – quanti hanno promesso l’abolizione delle Province? – per blaterarlo in televisione e tirare a campare da un’elezione all’altra.
Il Web è il “regno degli orticelli” ben recintati e difesi a spada tratta: ciascuno con il proprio marchio, che va a controllare ogni settimana su Blogbabel per osservare se la freccia è all’insù o all’ingiù.
Ma dove vogliamo andare, agendo in questo modo? Sarà una bellissima democrazia assembleare ma, fra centomila anni (se durassimo tanto), saremmo al medesimo punto.

Gli incontri promossi da Faremondo, nelle sincere intenzioni degli organizzatori, dovevano servire proprio a questo: a “superare” la frammentazione del Web.
Il limite è non accorgersi di riproporre, per “superare” la “dimensione Web”, i suoi stessi difetti: essere lontani, “slegati” e disorganizzati.
Quindi, qualora si dovessero ripetere iniziative di questo tipo, il mio parere sarebbe quello di contattare le principali “testate” Web, bloggher, gruppi politici che agiscono sul Web, ecc e riunirci per trovare, prima d’aprirci al pubblico, almeno l’unità d’intenti su cosa intendiamo fare perché, non nascondiamoci, ciò che la maggior parte delle persone chiede è una formazione politica che corrisponda al plafond di cultura che lo spontaneismo del Web ha creato.
Agendo senza questa prima fase d’incontro e di riflessione, finiremmo per presentarci al pubblico per il nulla che siamo: lo sconcerto e la disillusione non farebbero che aumentare.

Lo stato dell’arte

Veniamo ai punti proposti da Faremondo:

1. La società del capitale: qual è la sua natura, come funziona sotto la superficie e quali sono le sue tendenze;
2. La natura della scienza: gli stereotipi ufficiali, il suo status interno più sofisticato e quel suo modo di ragionare così strettamente imparentato col modo di funzionare proprio del capitale;
3. Megamedia e propaganda: come i dominanti suscitano il consenso dei dominati nel mondo alla rovescia inventato dai loro mille schermi di fumo;
4. 11 settembre 2001: un inside job ad uso e consumo delle élite finanziarie dell'imperialismo USA dentro il big game geopolitico e criminale del mondo multipolare. Perché non possiamo chiedere la verità agli agenti del Potere e perché la consapevolezza di questo può portarci a ragionare diversamente;
5. Lo stato delle cose: come possiamo distinguerci concettualmente e nell'azione dalle opposizioni fittizie e da tutte le loro false piste intellettuali.

Non è chiaro se questi punti erano da considerare un dibattito per una ristretta avanguardia oppure una discussione da proporre al vasto pubblico.
Nel primo caso, appaiono scontati, nel secondo non so – effettivamente – quanto possano essere “sentiti”: una famiglia, che deve campare con 1400 euro e pagare l’affitto ed il mutuo, ha il tempo e la voglia di scoprire – ascoltando, leggendo, informandosi, dibattendo – quali sono gli inganni dell’odierna scienza/religione laica?

In realtà, alcuni di questi punti finiscono per essere scontati addirittura per il grande pubblico: chi legge sui siti d’informazione Web, ha ancora qualche dubbio che il capitale sia un raffinato mezzo d’accentramento della ricchezza verso un’oligarchia? Che tutto l’ambaradan dell’11 Settembre – comunque sia andato – servisse solo ad invadere l’Iraq per impossessarsi delle seconde riserve petrolifere del Pianeta, le quali – sotto Saddam – erano sfruttate per la decima parte rispetto al vicino saudita e, quindi, in breve tempo sarebbero divenute le prime riserve mondiali? Oppure che l’Afghanistan sia la vecchia strategia del controllo del “cuore” dell’Asia? E’ dai tempi di Marco Polo che lo sappiamo.
E ancora: nel Paese di Berlusconia, qualcuno ha ancora dei dubbi sulla funzione dei media?

E veniamo all’ultimo punto: “distinguersi” dalle opposizioni fittizie. Basta osservare un giorno di vita del PD o dell’IDV – le loro colpevoli “assenze” quando ci sono da votare emendamenti “critici”, le loro posizioni ondivaghe sull’energia, sul lavoro, il loro sposalizio con il liberismo…ma quanto bisogna andare avanti? – per capire che, chi sta di là, ci sta perché vuole starci, per raccogliere domani dei cocci sui quali ricostruire una posizione di potere. Basta una battuta: “Dal Bottegone al Botteghino”.

Come organizzare?

Distinguere la propria posizione (presumibilmente, nel “solco” della sinistra, ma ci sono importanti contributi da parte di quella che viene definita la “Nuova Destra”, mi riferisco a De Benoist) da quella dei sinceri sostenitori del capitalismo internazionale – che oggi si presenta con la veste liberista, quindi semplifica di molto la posizione di un marxista: niente “aneliti” socialdemocratici, kautskiani, rooseveltiani o keynesiani da valutare ed analizzare – comporta, semplicemente, chiedere più salario, salute e diritti, meno anni di lavoro ed un “quadro” giuridico certo, basato sulla Costituzione.
In altre parole, quella Economia Sociale Sostenibile che sappia coniugare l’esigenza di certezze (reddito, lavoro, sanità, istruzione, ecc) delle popolazioni e sappia riproporre un concetto di Stato che sia garante della vita delle popolazioni, non della salvaguardia del capitale: a margine, notiamo che il problema dell’attentato in atto alla Costituzione è molto sentito dagli italiani.
Il problema si sposta sul “come” chiederlo, quindi sull’organizzazione.

Ciò che i milioni di lettori del Web chiedono, oggi, è una nuova formazione politica che li rappresenti: non altro. Se circa il 30% degli elettori italiani – consapevolmente – hanno rifiutato la scheda perché non si sentivano rappresentati, lo spazio politico per intervenire esiste, anche considerando la presenza di Grillo o d’altre formazioni minori.
Nel frattempo, cosa fa la Casta?
Noi ci lambicchiamo sulla strategia da seguire, mentre Berlusconi ha già dato ordine alle sue reti televisive di trasmettere la serie di film di “Don Camillo”: lo fa sempre, prima delle elezioni. Perché?
Poiché la metà degli italiani sono oramai anziani e, da giovani o da meno giovani, tutti hanno visto quei film, che sono un mezzo potentissimo per portare alla luce i “buoni sentimenti” che sono presenti nell’animo umano.
Una volta riuniti – metaforicamente – milioni d’italiani sotto l’ombrello della lontana chiesa/partito di Brescello – ed i nostri compatrioti trasuderanno buoni sentimenti ed effluvi “di pancia” – sarà un gioco da ragazzi sovrapporre a quei sentimenti – condivisi/collusi con la maggior parte degli italiani – la propria facciona di uomo semplice, efficiente, devoto alla Madonna e alle puttane, come ogni italiano/italiana approva.
I partiti della cosiddetta sinistra – e lo dice una persona che ha “toccato con mano” i loro sconfortanti livelli di comunicazione – non riescono nemmeno a comprendere che, mentre loro si lambiccano sul fattibile e sul probabile, la destra berlusconiana fiorisce, immaginifica, di Gestalt dirette come uppercut alla “pancia” del Paese. Non a caso, i migliori risultati nella lotta al potere berlusconiano li ottengono i comici – Grillo, Guzzanti, ecc – che usano gli stessi mezzi.

Noi, che rappresentiamo l’altra metà dell’elettorato – confuso, deluso, oramai trasfuso con ogni veleno – invece di presentare pochi e semplici obiettivi, chiediamo riflessioni sui massimi sistemi? E chi ci seguirà mai?
Ripeto, a rischio d’apparire malato “d’aristocrazia politica”: era rivolto ad una ristretta cerchia di persone od era erga omnes?
Come già ricordavo, se il messaggio era rivolto a “chiunque” non poteva sortire altro che una gazzarra senza senso – pensiamo alle mille, sfaccettate posizioni sull’11 Settembre – oppure una noia infinita.
Questo accade perché, a monte, è venuta meno la principale responsabilità dell’intellettuale: quella d’elaborare cultura. Se non si è in grado di presentare una proposta politica coerente, cosa si presenta/chiede alla gente? Non vorremo mica sostenere che sia il Web a riuscirci?!? Sfaccettato, condizionato, svagato, preda dei mille troll e debunker che postano, con nick fantasiosi, dalle segreterie dei partiti al potere?
Gli italiani che non si fanno prendere all’amo di Don Camillo, chiedono qualcosa di più ed è giusto che lo pretendano quando ci si presenta con una prospettiva mica da poco – “uscire dalla Rete” – per ritrovarsi, ovviamente, sul territorio. Ci rendiamo conto di quale responsabilità ci si carica sulle spalle?

Contingenze e furbizie della Casta

Anni fa, ad un incontro promosso da Elio Veltri, gli chiesi come potesse girare l’Italia in quel modo…insomma, non costava mica poco…
Mi rispose che lo poteva fare soltanto perché aveva ancora diritto alla tessera ferroviaria gratuita, retaggio di quand’era parlamentare.
Noi, per spostarci a Bologna, dobbiamo cercare altri per dividere i costi del viaggio, anche perché il treno mica è più economico come un tempo: oggi, spostarsi, costa parecchio. E gli stipendi sono più bassi ed incerti.
La classe politica lo sa benissimo: per questa ragione concede ogni benefit per i viaggi ai suoi accoliti – mentre nega qualsiasi contributo ad altri – perché in quel modo sa benissimo d’inchiodare la gente a casa. Sfogati sulla tastiera.
Lo stesso principio viene applicato all’editoria: se il tuo “agire” ed i tuoi contenuti possono essere accettati dalla Casta – meglio se la sorreggono – allora avrai diritto ai contributi, altrimenti nulla.
Senza contributi per viaggiare – e poi alloggiare, nutrirsi, ecc – e nemmeno una minima copertura dei costi per eventuali pubblicazioni, tutto finisce per diventare puro volontariato, ma un volontariato che richiede energie e si “prende” una parte delle nostre vite.

E’ il tasto che nessuno vuole toccare, quello economico: siamo la parte meno abbiente della popolazione – mettiamocelo in testa – ed impariamo ad agire di conseguenza: altrimenti, con un altro paio d’iniziative di questo genere che vanno praticamente a monte, sarà “tastiera forever”.
Quando il Primo Ministro Tojo chiese all’ammiraglio Yamamoto d’attaccare le flotte USA su tutti i fronti, con tutto ciò che il Giappone aveva a disposizione all’inizio della guerra, Yamamoto versò la tazza di tè che aveva in mano sul pavimento e rispose: “Questa è la nostra forza, ciò che oggi possediamo: se la gettiamo in una sola, grande battaglia, sparirà e non resterà nulla”. Ricordiamoci quelle parole, prima di prendere qualsiasi decisione.

Qualche indicazione operativa

I tempi per grandi adunate non sono maturi, tanto meno se sono spontanee e senza temi ben circoscritti ed obiettivi da raggiungere.
Allora, è meglio essere chiari: è necessario che una serie di persone che da anni scrivono, propongono, pubblicano, “lavorano” sul Web s’incontrino e stendano un plafond d’obiettivi comuni. Non avere il timore d’affermare che lo faranno quasi “a porte chiuse”, perché quello è il ruolo dell’intellettuale, almeno in questa fase.
Questo, da sempre, è il compito degli intellettuali: venire meno a questo principio, non significa prosternarsi in aneliti d’umiltà, bensì fuggire alle proprie responsabilità.
Non è necessario essere degli “scafati” obiettori del sapere scientifico né degli espertissimi tecnici d’aviazione e di demolizioni controllate: basta credere che questo Paese meriti una classe politica diversa, migliore, con l’obiettivo chiaro delle re-distribuzione della ricchezza, della primato del sapere sul potere, del pubblico sul privato.
Qualche traccia operativa?
1. Riportare la tassazione all’originario concetto di progressività;
2. Contrastare le varie riforme “federali” e, anzi, ridurre le amministrazioni intermedie, che sono soltanto cespiti di corruzione per la Casta;
3. Lottare contro il programma nucleare civile italiano e sviluppare un piano per la totale autosufficienza energetica;
4. Separare la previdenza dall’assistenza, iniziando a prevedere forse di sostegno al reddito diverse dalla tradizione, con un occhio attento al reddito di cittadinanza;
5. Contrastare l’inurbamento delle popolazioni, studiando mezzi e prassi che conducano ad una ri-appropriazione del territorio e ad una sua occupazione finalizzata alla gestione delle risorse.
6. Il sapere è il miglior viatico dell’Umanità: abbattere il mostro classista creato nell’istruzione – a tutti i livelli – dalla riforma Bassanini in poi.
7. Altro…
Prima d’incontrarsi, però, bisognerebbe contattare telefonicamente più persone e stabilire con cura la data: affinché, chi deve esserci, ci sia.

Una delle proposte operative era quella di creare una rivista: ottima idea, perché fra migliaia di siti una vera rivista di riflessione politico/sociale manca. Come la facciamo?
Ci si mette viaggio – ammettendo che siano presenti i principali scrittori, bloggher, ecc – per poi scoprire che uno la vuole cartacea, un altro elettronica, aperta ai commenti, chiusa, con forum, senza forum…eccetera? Sarebbe meglio chiarire perché si vuole creare una rivista: obiettivi da raggiungere, prassi, persone, ruoli.
Va da sé che, senza contributi né spazi per una redazione, una simile rivista potrebbe essere soltanto (per ora) elettronica: d’altro canto, anche i grandi quotidiani stanno migrando sul Web.
I costi per una rivista Web sono bassissimi e facilmente sostenibili: più complessa l’organizzazione.

Anzitutto, serve un webmaster, il quale si occupi della gestione tecnica della rivista. Per sollevare il webmaster dal suo lavoro, dovrà essere individuata una figura di caporedattore, con la funzione precipua di programmare gli interventi. A sua volta, una ristretta cerchia di redattori lo coadiuverà presentando i brani (propri, d’altri, traduzioni, ecc, ma originali) pronti per la pubblicazione. Dovrebbe altresì esistere una figura simile all’addetto alle Pubbliche Relazioni, con il compito di ricevere la posta ed eventualmente smistarla. Un grafico per abbellire gli articoli con capacità d’elaborazione e gestione di più formati, grafici e multimediali.
In questo modo, il lavoro sarebbe equamente distribuito e meno gravoso per tutti: personalmente, non avrei remore ad accettare un po’ di pubblicità per coprire qualche costo e concedere qualche modesto rimborso spese per chi dovrebbe assumersi responsabilità (quindi, tempo) maggiori.

Ciò che viene proposto, ritornando all’incipit dell’articolo, è che gli intellettuali ancora presenti e non organici (torna la distinzione gramsciana…) al potere, si diano una sveglia e si rendano conto di quali sono i loro compiti storici all’interno della società che desiderano rivoluzionare.
Altrimenti, se non si è in grado d’assumersi quella responsabilità, è meglio lasciar perdere ed attendere che altri ci riescano, perché solo quella fase rappresenterà la rinascita della cultura (politica e non) italiana.

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.

[1] Vedi: http://carlobertani.blogspot.com/2010/10/roba-da-pazzi.html

19 commenti:

Carlo Bertani ha detto...

Sarò via, lontano dal Web, fino a Mercoledì 3 Novembre: quindi, la partita è tutta vostra...
Buon lavoro
Carlo

Anonimo ha detto...

Devo dire che sono un pò deluso, ero sul punto di partire per Bologna ma poi purtroppo non ho avuto la possibilità di ricevere un giorno di ferie a lavoro e ora quasi me ne rallegro. Se non erro Carlo questo è il secondo tentativo andato a male dopo Italianova e anche se riconosco la sincerità e il realismo dei problemi sopracitati non ne capisco il prologo e accresce ancora di più in me la certezza e l' amarezza che il web e questo blog possano essere solo un placebo per digerire le quotidiane amarezze.Credo sempre più che oggigiorno mantenere relazioni sociali sia difficile proprio per l' incapacità oramai acquisita da parte della gente di relazionarsi e di confrontarsi guardandosi negli occhi. Il vero piano di distruzione di massa consiste proprio nel renderci degli "estranei in casa" capaci di trovare e bilanciare quelle emozioni che ci mancano attraverso la tv,il cinema e forse ora mi viene da dire attraverso il web.Non credo che si possa costruire un gruppo in un incontro e se si vuole costruire qualcosa tutti dobbiamo essere pronti a rinunciare a qualcosa.Ora scusami ma non voglio andare avanti sono già in pena per una carissima persona che vive lontano e che è vicina al trapasso ma la quale mi ha insegnato che la forza spesso non la si trova solo nella parola ma nell' esempio di chi, trascinando con se una malattia grave riesce sempre a trovare un sorriso per accoglierti.Qualunque iniziativa è valida purchè ci si incontri e confronti se vuoi chiamami o dammi un tuo recapito che sarò io a contattarti a te o a chiunque di questo blog che abbia voglia di costruire un contatto saluti a tutti Ciao!

Ricky ha detto...

Caro Carlo,
Come spesso fai, metti molta carne al fuoco, passi da una premessa in cui parli della centralitá della questione energetica per poi virare sul tema che riassumendo forzatamente si puó riassumere in: Come si puó ridare nuova forza alla partecipazione democratica partendo dalla rete (correggimi se sbaglio). Questo puó generare confusione.
Comunque sia, ci sono molte cose della tua analisi e delle soluzioni che proponi che condivido, ma altrettante che mi lasciano perplesso. Alle volte trovo che dai troppa fiducia al ruolo mediatore dello Stato, quando in ultima analisi lo Stato é mercato ed é difficile pensare di potersi confrontare con pezzi di potere e di "borghesia" per costruire un nuovo fordismo.
La tua analisi sul Dove stiamo sbagliando? e le tue proposte per superarlo si centra giustamente sulla critica a un settore della societá un po' troppo chiuso in un narcisismo miope e autoreferenziale, incurante di cosa si muova davvero nella societá, e porti come esempio gli incontri promossi da Faremondo.
La soluzione che proponi peró mi sembra che vada nella stessa direzione, visto che poi alzi lo stendardo dell'avanguardia che propone i temi e guida il popolo, ovvero getti le basi per una nuova autocrazia. Posso sbagliare, ma a mio modo di vedere il leninismo ha gettato le basi dello stalinismo, con questa storia del cuneo e dell'avanguardia. Sempre a mio modo di vedere, il ruolo dell'intellettuale é invece principalmente quello di ascoltare.
Mi sembra anche che non noti come la frammentazione del web sia lo specchio della frammentazione della societá occidentale attuale.
Ti posso assicurare che la democrazia assembleare funziona, al contrario di quello che pensi, in gruppi sociali non viziati dall'individualismo occidentale. Come risolvere questo problema non lo so ma non credo che la soluzione possa venire dal proporre punti programmatici come da te elencato (per quanto ottimi e condivisibili), riproponendo prassi da oligarchia partitica, o fondare una rivista di diffusione di idee, rischiando che faccia la fine del manifesto.
Io non stimo granché Vendola, ma devo dire che le sue Fabbriche sono un esempio di come sia possibile riunire un gruppo di persone su valori comuni, superare le divisioni generazionali e reintegrare quel senso di partecipazione democratica comune, che si é perso quando é nata nelle persone la paura di non essere ascoltati, e questo si puó ottenere anche attraverso lo strumento web.
Con stima
Riccardo

Orazio ha detto...

Sono sempre più convinto che Berlusca è a un bivio. O sottomettere l'Italia e farne un regno per se e la sua famiglia allargata alle veline o fuggire all'estero in un paradiso fiscale. E ripeto delle due ipotesi la più probabile è la prima.
Nessuno che vuol scommettere con me un caffè?

No! Pazienza il futuro mi darà ragione.

Salute a tutti.

luigiboschi ha detto...

Ogni attuale organizzazione nasce già con il cancro in grembo. Bisogna evadere e pensare ad altra società, non come cambiare questa.
Questo modello deve essere lasciato morire. Va aiutato con l'eutanasia.

In Germania il Partito Pirata tedesco ha creato LiquidFeedback, la piattaforma online che consente ai suoi membri di prendere parte alle discussioni e intervenire direttamente nella filiera programmatica. http://www.luigiboschi.it/?q=node/36937
Luigi Boschi

emilio ha detto...

...pensavo di aver postato ieri, ma evidentemente qualcosa è andat storto col mio pc. Se il post risultasse doppio mi scuso in anticipo.
Un album musicale di qualche anno fa aveva come titolo "danza - militanza".
Penso che gli intellettuali siano di tre categorie: ci sono quelli che pensano ai massimi sistemi, gli strateghi-speculativi ed i tattici-operativi.
Ogni categoria è complementare alle altre, ed individualmente ognuno ha le proprie inclinazioni ed i propri talenti.
In questi ultimi decenni abbondano gli speculativi: "dobbiamo riuscire a...", danza...
Grazie tante, ma il come non lo dice nessuno.
Sono essenzialmente d'accordo con la posizione "leninista": la democrazia assembleare funziona sol nei film americani, la realtà è che un condominio di 30 persone non riesce a mettersi d'accordo neanche sul colore delle persiane. Gruppi ristretti agiscono più rapidamente e soprattutto non sono zavorrati da posizioni troppo prudenti, troppo estremiste, o da soggetti che pretendono di esprimere una linea ma non ne sono in grado.
Questo non vuol dire che sono per una "monarchia illuminata", ma in determinate circostanze gruppi numericamente ristretti sono più efficaci rispetto a strutture pachidermiche e di fatto caotiche. Un esempio può essere un plotone militare: un gruppo ristretto di persone che segue una linea strategica predeterminata, ma con una guida "tattica" sul campo; e questa guida ha tutto l'interesse di fare il meglio per i compagni, perchè se li affossa potrebbe non sopravvivere neanche essa stessa.
Riassumendo, in questo momento sono necessarie strutture snelle, magari indipendenti fra loro, che agiscano secondo una linea comune.
Ad esempio, piccole associazioni senza impegni vincolanti o gravosi per i soci potrebbero coagulare gruppi attorno ad idee comuni e generare senso critico. Due, tre riunioni a settimana, brevi per non far nascere l'idea "...non ci vado perchè sennò faccio tardi pure stasera...", riunioni dove si parla, si divulgano i temi che riteniamo importanti, più e più volte, ripetutamente. La gente è stanca o non ha voglia o non è capace di trovare le notizie di rilievo: perchè non offrirle come chiacchiere fra amici, giorno dopo giorno, ritornando sempre sui temi importanti, con aggiornamenti e novità.
È solo uno degli aspetti tattici, sicuramente ce ne sono altri.
Questo è anche un modo per uscire dalla rete. Certo non bisogna abbandonarla, ma usarla come uno strumento e non come lo strumento.

Saluti

emilio ha detto...

...pensavo di aver postato ieri, ma evidentemente qualcosa è andat storto col mio pc. Se il post risultasse doppio mi scuso in anticipo.
Un album musicale di qualche anno fa aveva come titolo "danza - militanza".
Penso che gli intellettuali siano di tre categorie: ci sono quelli che pensano ai massimi sistemi, gli strateghi-speculativi ed i tattici-operativi.
Ogni categoria è complementare alle altre, ed individualmente ognuno ha le proprie inclinazioni ed i propri talenti.
In questi ultimi decenni abbondano gli speculativi: "dobbiamo riuscire a...", danza...
Grazie tante, ma il come non lo dice nessuno.
Sono essenzialmente d'accordo con la posizione "leninista": la democrazia assembleare funziona sol nei film americani, la realtà è che un condominio di 30 persone non riesce a mettersi d'accordo neanche sul colore delle persiane. Gruppi ristretti agiscono più rapidamente e soprattutto non sono zavorrati da posizioni troppo prudenti, troppo estremiste, o da soggetti che pretendono di esprimere una linea ma non ne sono in grado.
Questo non vuol dire che sono per una "monarchia illuminata", ma in determinate circostanze gruppi numericamente ristretti sono più efficaci rispetto a strutture pachidermiche e di fatto caotiche. Un esempio può essere un plotone militare: un gruppo ristretto di persone che segue una linea strategica predeterminata, ma con una guida "tattica" sul campo; e questa guida ha tutto l'interesse di fare il meglio per i compagni, perchè se li affossa potrebbe non sopravvivere neanche essa stessa.
Riassumendo, in questo momento sono necessarie strutture snelle, magari indipendenti fra loro, che agiscano secondo una linea comune.

Orazio ha detto...

E anche stavolta Berlusca c'è l'ha fatta ad uscirne indenne dalle sue follie. Fini abbaia e non morde la paura delle elezioni lo paralizza. Ormai è certo rimarrà al potere per tutta la legislatura e nel 2013 vincerà lelezioni e diverrà presidente della repubblica per due mandati 7+7= 14 anni arriveremo al 2027. L'Italia del nord alla lega il centro sud reame della famiglia Berlusconi.

E nessuno che scommetta con me un caffè??

Ciao a Carlo e agli amici del Blog

iri ha detto...

Orazio, non pensi che il can can della marocchina serva a nascondere qualche fregatura colossale che si sta mettendo a punto ai danni nostri?

Orazio ha detto...

Si certo, ma ciò non cambia i termini della questione. Questa storia conferma la propensione degli italiani a farsi fare il bunga bunga da Silvio ed esserne felici e godenti. Le televisioni possono fare tutto anche rendere bello il dolore che Berlusca propina agli italiani oramai inebetiti da dosi massicce di TV spazzatura, quella vera non la vedono più.

Ciao

iri ha detto...

Pasolini aveva capito tutto sulla televisione e sulla società.

gix ha detto...

Certo il momento è complesso e non è indubbiamente facile avere certezze su quale sia la strada più giusta da percorrere per superare la crisi attuale, soprattutto dal punto di vista politico e del bene comune, che qui ci interessa. Non lo so, ma forse è necessario tenere distinti due ambiti, quello teorico e quello pratico, anche se le azioni in questi due campi possono sembrare in contraddizione.
Per l’aspetto teorico del problema non ci sono limiti particolari, ogni idea buona va bene per elaborare un programma nuovo, che sia di riferimento per una società, se non migliore, almeno diversa da questa che ci divora a tutti quanti. In questo senso, almeno nella teoria è importante avere anche il quadro completo di quello che si vorrebbe fare; qui penso che un gruppo di persone che sia capace di trascinare con le proprie idee una massa che idee non ne ha o magari le ha confuse, sia determinante. L’importante è creare un nuovo modello, che sia capace di sostituire il vecchio e faccia strada indipendentemente da ciò che fa il vecchio modello, senza pensare ad abbatterlo prima di tutto. In altre parole questo nuovo sistema dovrà essere capace di trovare un proprio spazio sostituendosi pian piano ai precedenti, senza cercare prima di abbatterli. Per esempio ragionare in termini di destra e sinistra credo che ormai non abbia più tanto senso, di fronte alle realtà mondialiste e globaliste.
Poi però c’è l’aspetto pratico, ovvero come procedere materialmente, e qui credo che non si può non tenere conto della realtà del momento, che certo condiziona. Voglio dire che nella pratica forse è meglio avere obiettivi volta per volta limitati ma chiari, e procedere magari a piccoli passi, ma procedere. Per esempio, adesso l’obiettivo immediato quale è, mandare a casa B.? Bene, occorre secondo me concentrarsi su questo, e per fare questo può anche essere necessario ricorrere alle alleanze più improbabili tipo Fini-Bersani, poi una volta ottenuto il risultato si vedrà. L’obiettivo successivo qual è, la riforma elettorale? Bene diamo corda a chi si propone per il raggiungimento di questo scopo, e via di questo passo. Quindi è bene capire con chiarezza se conviene votare oppure astenersi, per esempio. Non è facile e nemmeno ragionevole pensare che una società che ha ingurgitato il sistema attuale per quasi venti anni possa passare ad uno nuovo da un giorno all’altro, tra l’altro dovendosi rendere conto di aver sbagliato tutto questo tempo.

gix ha detto...
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gix ha detto...
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gix ha detto...
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doc ha detto...

A livella del grandissimo Totò s'addice al periodo, temporale e politico.

Ogn'anno,il due novembre,c'é l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

Ogn'anno,puntualmente,in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado,e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza.

St'anno m'é capitato 'navventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! si ce penzo,e che paura!,
ma po' facette un'anema e curaggio.
.........
La casta è casta e va,si,rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava,si,inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

...... e poi finalmente esplode

"Famme vedé..-piglia sta violenza...
'A verità,Marché,mme so' scucciato
'e te senti;e si perdo 'a pacienza,
mme scordo ca so' muorto e so mazzate!...

'A verità Orazio è che gli italiani si sono rotte le scatole di Berlusconi: rimarrai solo tu con il tuo mantra, ormai fuori moda.
Doc
P.S. mi scuso per il fuori..onda ma in questo periodo mi sovvien che...
A metà degli anni '80, per coincidenze...strane, ho iniziato a leggere in più di una occasione A Livella ai miei figli e ai miei nipoti/e, ed anche altre poesie di Toto', per iniziarli ad educare al principio/concettualizzato del diritto sostanziale alla uguaglianza.

Orazio ha detto...

Cari amici del blog ma siete proprio sicuri che Berlusca sia alla frutta??

piero ha detto...

Cari compagni, e compagne (di barca), io abito in germania da un po’ di anni, però so bene quanto desolante sia in italia ora (ogni volta che sento mia mamma è così triste)…. Ho però visto su internet che nel mio comune un po’ di ricambio nello scenario politico c’è stato: sebbene vinca la lega, una sinistra così debole ha dato spazio a più persone valide di mettere il naso nella vita del comune( di 6000 ab.) attraverso formazioni di opposizione autonome. Mi domando se funzioni così anche nelle città più grosse? Quello che propone B. Grillo non è malvagio in sé, in fondo una rete che organizzi questi gruppi di liste autonome sarebbe una ventata nuova nella politica italiana, però.. ci sono molti però di cui p. bernard ha ampiamente parlato. Il problema è che si dice che il politico non debba essere una professione, però poi sono in pochi che vogliono fare quel “lavoraccio”, ossia sbattere la propria faccia sui cartelloni, pagare brigare parlare, tutto di propria iniziativa quasi certi di nessun ritorno Infatti quante volte ci siamo trovati in gruppi vari a sbatterci in battaglie a ‘mo di muro di gomma.. siamo ormai rassegnati e senza gruppo, crediamo che qualsiasi movimento sia destinato a non portare nessun risultato, percui non ci muoviamo (parlo al plurale ma sarebbe più corretto usare la prima persona..). eppure non è così. C’è bisogno di un gruppo fuori da internet, che raccolga fondi, che teorizzi e scriva libri, gente che chiami ad adunata e svolantini… e via dicendo.Ma prima di tutto c’è bisogno di portare questi temi, che sono problemi concreti nei bar (carlo sei un super opinionista, prendo spessissimo spunto dalle discussioni su questo forum e chiacchero con amici qui in germany).Il politico non sarà una professione ma deve essere formato, e deve sopravvivere alla prova del bar (esagero per provocazione). Sono d’accordo con Emilio. Ah si e poi orazio facciamo un po’ di fantapolitica: grazie a B. l’italia diventerà una repubblica presidenziale, ma non sarà berlusconi a vincere, quanto invece un suo socio nell’opposizione: Di Pietro (.. associabile a B. in quanto a stup.)… :) .. ci scommetto volentieri un caffè virtuale.
Piero

Carlo Bertani ha detto...

Cari amici,
sono fra quelli che non s'aspettano la soluzione dietro l'angolo. E lo dice uno che scrive da molti anni per trovare soluzioni.
Come sempre, per tutti i cambiamenti, ci vuole (a volte sono più di uno) dei gruppi coesi che elaborino una nuova cultura.
Elaborarla significa chiarire ogni aspetto di un settore, dalla A alla Z.
E poi, avere un plafond comune, una consapevolezza sincera dei valori comuni che si desiderano portare avanti.
Non credo alle soluzioni spontaneiste né ai taumaturghi: la vita m'ha insegnato che solo il lavoro paga, ed elaborare cultura è un lavoro come un altro.
Certo, se questi appelli e questo momento passasse senza nessuno scrollone e senza nessuna iniziativa, mi sentirei autorizzato a dedicarmi a ciò che più mi diverte: la letteratura.
Presto pubblicherò un secondo articolo, con nuovi spunti, per osservare se riusciamo a chiarirci meglio.
Ciao a tutti
Carlo