“Se la volpe vuole imitare le tigre, finirà soltanto per rompersi la schiena”
Proverbio tibetano
Avevo già scritto in un precedente articolo – Segnali di fumo da Parigi – che Vladimir Putin non avrebbe di certo accettato un “pensionamento” in dacia: sul proscenio o dietro le quinte, il nuovo zar di tutte le Russie non fa un passo indietro.
Per chi non fosse a conoscenza dell’ultimo kata del judoka, informiamo che, in prima battuta, ha liquidato il primo ministro Mikhail Fradkov per sostituirlo con lo sconosciuto Viktor Zubkov.
Costui, ha dichiarato (quale novità!) che si presenterà alle elezioni presidenziali del 2008, appoggiato (a questo punto è certo) da Russia Unita, il partito di Putin che gode di un gradimento “bulgaro”, vicino al 70%.
Avevo affermato che Putin, in questo modo, avrebbe mantenuto sostanzialmente il potere, ma il buon Vladimir ha fatto di meglio: diventerà lui stesso Primo Ministro!
Qui, bisogna ricordare che la Costituzione Russa prevede una repubblica federale con accentramento dei poteri nelle mani del Presidente, come stabiliscono molti impianti costituzionali di stampo federale.
Vladimir Putin sarebbe – in pura teoria – sottoposto al potere del Presidente, ma è lui stesso che lo ha chiamato alla carica di Primo Ministro e “lanciato” nella corsa per le presidenziali!
Se non bastasse ancora, Putin ha accentrato nelle sue mani il controllo di Gazprom, che è il secondo gruppo industriale del pianeta ed il primo in campo energetico.
Con queste carte in mano, Putin, Ivanov ed il “gruppo di San Pietroburgo” hanno un poker d’assi che consente loro di guardare con serenità al futuro per molti anni.
Fin qui nulla d’eclatante ma, nel frattempo, si sono svolte le elezioni in Ucraina: ancora una volta, gli ucraini hanno votato seguendo più l’appartenenza etnica che (eventuali) scelte politiche. L’Ovest ai filo-occidentali Yushchenko e Tymoshenko, l’Est al filo-russo Yanukovich.
Come ieri, però, non corre buon sangue fra Yushchenko e la Tymoshenko che – oltretutto – non sono visti tanto di buon occhio dall’UE, soprattutto dopo la nota vicenda del gas quando – nei primi giorni del 2006 – giunsero alla soglia di un confronto armato con la Russia, perché “spillavano” il metano che doveva giungere in Occidente per rivenderlo.
In realtà, l’Ucraina ha sufficienti risorse energetiche – metano e carbone – soltanto che il buon Yushchenko pensava di “seguire” la via di Putin (ossia rivendere il “malloppo”), ma Yushchenko è una volpe, non una tigre.
In quei giorni fra il Natale del 2005 e l’Epifania del 2006 – mentre in Occidente si gozzovigliava – le divisioni corazzate russe tornarono a correre nella neve verso Occidente. Fu chiaro per tutti che la composizione poteva essere soltanto politica.
Sono passati due anni e, come un rito, si ripetono le elezioni in Ucraina: ha vinto il blocco “orientale”? Quello “occidentale”? Poco importa.
Meglio centrare l’attenzione sugli “sponsor” che sui contendenti: da un lato (l’Est) la Russia, esportatrice del metano che serve all’Europa, e l’UE che ha un disperato bisogno del metano russo per mantenere (almeno) la parvenza di rispettare il Protocollo di Kyoto.
Dall’altra gli USA, che vedono ogni giorno che passa la propria divisa perdere valore: in realtà, il prezzo del petrolio non sale di un accidente. Scende il dollaro, la moneta di riferimento: la tanto agognata valutazione del greggio in euro – aborrita da Washington – sta avvenendo nei fatti.
L’economia reale del petrolio – vale a dire dell’unico bene che ancora può avere una parvenza di riferimento per le monete – ha sancito che il petrolio pagato in dollari non può che crescere di prezzo, mentre in euro mantiene un valore pressoché costante. Ad ogni aumento del greggio, corrisponde un parallelo apprezzamento dell’euro: potremo filosofare sui decimali, ma la sostanza è questa.
Con la sciagurata avventura dei mutui subprime – necessaria per mantenere a galla il mercato immobiliare americano, ma destinata a crollare perché sono proprio i fondamentali dell’economia USA ad essere irrimediabilmente corrotti, per il tragico errore di valutazione di Bush sull’economia di guerra – gli USA sono destinati a perdere dolorosamente terreno. E questo lo affermo ricordando che, quando il cambio era 0,90 circa a favore del dollaro – nel 2002 – scrissi in un mio libro (Europa Svegliati!) che il cambio si sarebbe attestato intorno agli 1,25 dollari, e così è rimasto per parecchi anni. Non era così scontato, a quel tempo, scriverlo in un libro.
Come se non bastasse la guerra, gli USA hanno continuato ad indebitare lo stato e le famiglie oltre ogni misura ed oggi stanno giungendo al redde rationem.
Cosa possiamo quindi attenderci dalle elezioni ucraine?
Nulla, assolutamente nulla che non sia una sorta di “navigazione a vista”. Dovranno trovare un accordo di convivenza: giocarsela sulle questioni interne, ma il metano non si tocca.
Lo sponsor di Yushchenko non è l’Occidente – questo bisogna averlo ben chiaro – bensì gli USA, solo gli USA, perché l’UE non ha nessun interesse a fomentare disordini a Kiev. La contromisura russa? Già precisata: la costruzione di un gasdotto che porterebbe il metano in Cina.
Romano Prodi, appena diventato Primo Ministro italiano, è corso a Mosca per rassicurare Putin (con consistenti “pacchetti” economici europei), come se non bastasse la joint venture fra Russia e Germania, che ha visto addirittura un ex premier – l’ex cancelliere tedesco Schroeder – insediarsi alla presidenza della società che costruirà il nuovo gasdotto, il quale porterà il metano in Germania nel 2010 passando sul fondo del Baltico.
A quell’epoca, tutti i paesi satelliti dell’ex URSS – Ucraina, Bielorussia e anche la Polonia dei due gemelli Cip e Ciop – sotto il profilo geo-strategico, varranno come il due di coppe. Sperare nell’aiuto americano?
Per almeno due o tre anni, gli USA non saranno in grado di risollevarsi dall’abisso nel quale sono crollati: ne avranno probabilmente per parecchi anni, per leccarsi le ferite generate dalla guerra irachena.
Ora, riflettiamo che questo processo è iniziato nel 2000, con Bush – trionfante – assiso nello Studio Ovale ed un oscuro ex colonnello del KGB – addetto militare in Germania per molti anni – che prendeva il posto di un evanescente Eltsin.
Chi avrebbe giocato un centesimo sulla vittoria del russo?
I russi sono grandi giocatori di scacchi: se, poi, conoscono anche la disciplina interiore delle arti marziali, diventano dei concorrenti temibili. Dall’altra, si mangiano noccioline e c’è chi riesce addirittura a farsele andare per traverso.
Nel 2008, quindi, Putin “sorpasserà” Bush, che lascerà al suo successore un’eredità da brivido. La Russia, semplicemente, continuerà a gestire il tesoro energetico per almeno mezzo secolo.
Dobbiamo riconoscere che solo una dose massiccia di stupidità e d’ignoranza ha condotto la Casa Bianca verso il rincaro dei prodotti energetici – ritenuta una necessità per sorreggere il dollaro – senza riflettere che era proprio ciò di cui aveva bisogno la Russia per risollevarsi.
Si tratta, quindi, anche delle capacità dei singoli, inutile negarlo perché, quando Powell consigliava prudenza, Bush non lo ascoltò e lo sostituì con la Rice, una ragazzina che veniva dai quadri della Chevron.
Ragionando su questi aspetti geopolitici – e sull’indubbia importanza dei singoli nell’intricata partita della politica estera – si stringe il cuore nel riflettere sulla pochezza e sulla miseria dei nostri uomini politici: non solo arroccati in una Casta, bensì incapaci persino di gestirla.
Come si spiegherebbe, altrimenti, il “disastro” – appena mascherato dai media di regime – nel quale è incorso un piccolo Angeletti nelle assemblee di Mirafiori? I lavoratori hanno respinto al mittente i tranelli che il governo “amico” dei lavoratori ha teso loro.
Epifani, si lancia in una patetica disanima dei perfidi accordi sul welfare – altrimenti “salta il banco” – ma quale “banco”? Quello al quale aspira come componente della Casta? Cosa gli hanno assicurato, un posto in Parlamento, una poltrona da sindaco o la presidenza dell’INPS? Correggetemi se sbaglio, ma Epifani non fa il sindacalista? E’ forse lui che si deve preoccupare del “Banco”? Non s’insospettisce se Luca di Montezemolo e le grandi banche d’affari sono in accordo con la sua “visione” del welfare?
Ci sarebbe da riflettere se convenga avere dei “padri-padroni” come Putin – questo è innegabile – ma nella situazione russa era l’unica chance.
E per l’Italia?
Avevo proposto la via dell’importazione – un Blair od un Schroeder pensionati, una Ségolène Royal (anche l’occhio vuole la sua parte…), un Aznar od un Lula, un Chavez…– insomma, qualcosa di meglio dell’inconsistenza del Valium e dello psiconano. Niente da fare: appena parli d’Italia, storcono il naso.
Potremmo tentare la via dell’ingegneria genetica: forse incrociando la flemma di Enrico Letta con…con Mussi no, ne uscirebbe solo un Letta incazzato. Letta e D’Alema? Ne uscirebbe solo lo zio (il Letta Gianni).
Partire da Veltroni per incrociarlo con Berlusconi? Ne uscirebbe un senza palle che non va più al cinema e passa le giornate di fronte alla televisione. Prodi e Fini? Ne uscirebbe un cardinale, non serve.
Niente, il patrimonio genetico non ci soccorre.
Io non so voi come la pensiate, però sabato 6 ottobre 2007 – a Roma, in piazza Farnese – si riuniranno i comitati per le Liste Civiche: l’ultima spiaggia per tentare d’avere una nuova classe politica. Chi c’è?
I nomi sono i soliti: Travaglio, Beha, Veltri, Pardi…
Ho ricevuto, negli anni, migliaia di e-mail da parte di persone che mi chiedevano “cosa possiamo fare?”. Non s’assicura di certo il risultato, ma almeno vale la pena di tentare.
Proverbio tibetano
Avevo già scritto in un precedente articolo – Segnali di fumo da Parigi – che Vladimir Putin non avrebbe di certo accettato un “pensionamento” in dacia: sul proscenio o dietro le quinte, il nuovo zar di tutte le Russie non fa un passo indietro.
Per chi non fosse a conoscenza dell’ultimo kata del judoka, informiamo che, in prima battuta, ha liquidato il primo ministro Mikhail Fradkov per sostituirlo con lo sconosciuto Viktor Zubkov.
Costui, ha dichiarato (quale novità!) che si presenterà alle elezioni presidenziali del 2008, appoggiato (a questo punto è certo) da Russia Unita, il partito di Putin che gode di un gradimento “bulgaro”, vicino al 70%.
Avevo affermato che Putin, in questo modo, avrebbe mantenuto sostanzialmente il potere, ma il buon Vladimir ha fatto di meglio: diventerà lui stesso Primo Ministro!
Qui, bisogna ricordare che la Costituzione Russa prevede una repubblica federale con accentramento dei poteri nelle mani del Presidente, come stabiliscono molti impianti costituzionali di stampo federale.
Vladimir Putin sarebbe – in pura teoria – sottoposto al potere del Presidente, ma è lui stesso che lo ha chiamato alla carica di Primo Ministro e “lanciato” nella corsa per le presidenziali!
Se non bastasse ancora, Putin ha accentrato nelle sue mani il controllo di Gazprom, che è il secondo gruppo industriale del pianeta ed il primo in campo energetico.
Con queste carte in mano, Putin, Ivanov ed il “gruppo di San Pietroburgo” hanno un poker d’assi che consente loro di guardare con serenità al futuro per molti anni.
Fin qui nulla d’eclatante ma, nel frattempo, si sono svolte le elezioni in Ucraina: ancora una volta, gli ucraini hanno votato seguendo più l’appartenenza etnica che (eventuali) scelte politiche. L’Ovest ai filo-occidentali Yushchenko e Tymoshenko, l’Est al filo-russo Yanukovich.
Come ieri, però, non corre buon sangue fra Yushchenko e la Tymoshenko che – oltretutto – non sono visti tanto di buon occhio dall’UE, soprattutto dopo la nota vicenda del gas quando – nei primi giorni del 2006 – giunsero alla soglia di un confronto armato con la Russia, perché “spillavano” il metano che doveva giungere in Occidente per rivenderlo.
In realtà, l’Ucraina ha sufficienti risorse energetiche – metano e carbone – soltanto che il buon Yushchenko pensava di “seguire” la via di Putin (ossia rivendere il “malloppo”), ma Yushchenko è una volpe, non una tigre.
In quei giorni fra il Natale del 2005 e l’Epifania del 2006 – mentre in Occidente si gozzovigliava – le divisioni corazzate russe tornarono a correre nella neve verso Occidente. Fu chiaro per tutti che la composizione poteva essere soltanto politica.
Sono passati due anni e, come un rito, si ripetono le elezioni in Ucraina: ha vinto il blocco “orientale”? Quello “occidentale”? Poco importa.
Meglio centrare l’attenzione sugli “sponsor” che sui contendenti: da un lato (l’Est) la Russia, esportatrice del metano che serve all’Europa, e l’UE che ha un disperato bisogno del metano russo per mantenere (almeno) la parvenza di rispettare il Protocollo di Kyoto.
Dall’altra gli USA, che vedono ogni giorno che passa la propria divisa perdere valore: in realtà, il prezzo del petrolio non sale di un accidente. Scende il dollaro, la moneta di riferimento: la tanto agognata valutazione del greggio in euro – aborrita da Washington – sta avvenendo nei fatti.
L’economia reale del petrolio – vale a dire dell’unico bene che ancora può avere una parvenza di riferimento per le monete – ha sancito che il petrolio pagato in dollari non può che crescere di prezzo, mentre in euro mantiene un valore pressoché costante. Ad ogni aumento del greggio, corrisponde un parallelo apprezzamento dell’euro: potremo filosofare sui decimali, ma la sostanza è questa.
Con la sciagurata avventura dei mutui subprime – necessaria per mantenere a galla il mercato immobiliare americano, ma destinata a crollare perché sono proprio i fondamentali dell’economia USA ad essere irrimediabilmente corrotti, per il tragico errore di valutazione di Bush sull’economia di guerra – gli USA sono destinati a perdere dolorosamente terreno. E questo lo affermo ricordando che, quando il cambio era 0,90 circa a favore del dollaro – nel 2002 – scrissi in un mio libro (Europa Svegliati!) che il cambio si sarebbe attestato intorno agli 1,25 dollari, e così è rimasto per parecchi anni. Non era così scontato, a quel tempo, scriverlo in un libro.
Come se non bastasse la guerra, gli USA hanno continuato ad indebitare lo stato e le famiglie oltre ogni misura ed oggi stanno giungendo al redde rationem.
Cosa possiamo quindi attenderci dalle elezioni ucraine?
Nulla, assolutamente nulla che non sia una sorta di “navigazione a vista”. Dovranno trovare un accordo di convivenza: giocarsela sulle questioni interne, ma il metano non si tocca.
Lo sponsor di Yushchenko non è l’Occidente – questo bisogna averlo ben chiaro – bensì gli USA, solo gli USA, perché l’UE non ha nessun interesse a fomentare disordini a Kiev. La contromisura russa? Già precisata: la costruzione di un gasdotto che porterebbe il metano in Cina.
Romano Prodi, appena diventato Primo Ministro italiano, è corso a Mosca per rassicurare Putin (con consistenti “pacchetti” economici europei), come se non bastasse la joint venture fra Russia e Germania, che ha visto addirittura un ex premier – l’ex cancelliere tedesco Schroeder – insediarsi alla presidenza della società che costruirà il nuovo gasdotto, il quale porterà il metano in Germania nel 2010 passando sul fondo del Baltico.
A quell’epoca, tutti i paesi satelliti dell’ex URSS – Ucraina, Bielorussia e anche la Polonia dei due gemelli Cip e Ciop – sotto il profilo geo-strategico, varranno come il due di coppe. Sperare nell’aiuto americano?
Per almeno due o tre anni, gli USA non saranno in grado di risollevarsi dall’abisso nel quale sono crollati: ne avranno probabilmente per parecchi anni, per leccarsi le ferite generate dalla guerra irachena.
Ora, riflettiamo che questo processo è iniziato nel 2000, con Bush – trionfante – assiso nello Studio Ovale ed un oscuro ex colonnello del KGB – addetto militare in Germania per molti anni – che prendeva il posto di un evanescente Eltsin.
Chi avrebbe giocato un centesimo sulla vittoria del russo?
I russi sono grandi giocatori di scacchi: se, poi, conoscono anche la disciplina interiore delle arti marziali, diventano dei concorrenti temibili. Dall’altra, si mangiano noccioline e c’è chi riesce addirittura a farsele andare per traverso.
Nel 2008, quindi, Putin “sorpasserà” Bush, che lascerà al suo successore un’eredità da brivido. La Russia, semplicemente, continuerà a gestire il tesoro energetico per almeno mezzo secolo.
Dobbiamo riconoscere che solo una dose massiccia di stupidità e d’ignoranza ha condotto la Casa Bianca verso il rincaro dei prodotti energetici – ritenuta una necessità per sorreggere il dollaro – senza riflettere che era proprio ciò di cui aveva bisogno la Russia per risollevarsi.
Si tratta, quindi, anche delle capacità dei singoli, inutile negarlo perché, quando Powell consigliava prudenza, Bush non lo ascoltò e lo sostituì con la Rice, una ragazzina che veniva dai quadri della Chevron.
Ragionando su questi aspetti geopolitici – e sull’indubbia importanza dei singoli nell’intricata partita della politica estera – si stringe il cuore nel riflettere sulla pochezza e sulla miseria dei nostri uomini politici: non solo arroccati in una Casta, bensì incapaci persino di gestirla.
Come si spiegherebbe, altrimenti, il “disastro” – appena mascherato dai media di regime – nel quale è incorso un piccolo Angeletti nelle assemblee di Mirafiori? I lavoratori hanno respinto al mittente i tranelli che il governo “amico” dei lavoratori ha teso loro.
Epifani, si lancia in una patetica disanima dei perfidi accordi sul welfare – altrimenti “salta il banco” – ma quale “banco”? Quello al quale aspira come componente della Casta? Cosa gli hanno assicurato, un posto in Parlamento, una poltrona da sindaco o la presidenza dell’INPS? Correggetemi se sbaglio, ma Epifani non fa il sindacalista? E’ forse lui che si deve preoccupare del “Banco”? Non s’insospettisce se Luca di Montezemolo e le grandi banche d’affari sono in accordo con la sua “visione” del welfare?
Ci sarebbe da riflettere se convenga avere dei “padri-padroni” come Putin – questo è innegabile – ma nella situazione russa era l’unica chance.
E per l’Italia?
Avevo proposto la via dell’importazione – un Blair od un Schroeder pensionati, una Ségolène Royal (anche l’occhio vuole la sua parte…), un Aznar od un Lula, un Chavez…– insomma, qualcosa di meglio dell’inconsistenza del Valium e dello psiconano. Niente da fare: appena parli d’Italia, storcono il naso.
Potremmo tentare la via dell’ingegneria genetica: forse incrociando la flemma di Enrico Letta con…con Mussi no, ne uscirebbe solo un Letta incazzato. Letta e D’Alema? Ne uscirebbe solo lo zio (il Letta Gianni).
Partire da Veltroni per incrociarlo con Berlusconi? Ne uscirebbe un senza palle che non va più al cinema e passa le giornate di fronte alla televisione. Prodi e Fini? Ne uscirebbe un cardinale, non serve.
Niente, il patrimonio genetico non ci soccorre.
Io non so voi come la pensiate, però sabato 6 ottobre 2007 – a Roma, in piazza Farnese – si riuniranno i comitati per le Liste Civiche: l’ultima spiaggia per tentare d’avere una nuova classe politica. Chi c’è?
I nomi sono i soliti: Travaglio, Beha, Veltri, Pardi…
Ho ricevuto, negli anni, migliaia di e-mail da parte di persone che mi chiedevano “cosa possiamo fare?”. Non s’assicura di certo il risultato, ma almeno vale la pena di tentare.
4 commenti:
Sono stato a Kiev diverse volte nella mia vita in tempi recenti, l'ultima lo scorso agosto. L'influenza americana è forte, ci sono tanti americani che vanno lì a trovare moglie o a investire, ma buona parte delle persone pensano che per l'Ucraina sia meglio stare con la Russia, piuttosto che con l'America o l'Europa. Tutti parlano russo e questo la dice già molto lunga. L'est del paese è la parte più produttiva e quella maggiormente legata a Mosca. Tanti ucraini lavorano in Russia e credo che quest'ultima non lascerà tanto facilmente strada libera agli americani a Kiev.
Salve, mi chiamo Francesco ed ho 42 anni.
Seguo i tuoi articoli su "disinformazione.it" un sito che trovo veramente utile, interessante e che consulto regolarmente.
Volevo farti i miei complimenti...
A parte tutto ciò, volevo portare anch'io la mia esperienza personale riguardo alla situazione in ucraina e di gran parte dell'est europa, siccome mi trovo spesso "da quelle parti" per motivi di lavoro.
Quando ci fu la prima rivoluzione arancione il mio fratello era presente (io in quell'occasione non potei..)
Poco tempo dopo eravamo a Mosca e parlando con amici russi chiedemmo cosa ne pensavano della rivoluzione arancione, perchè noi pensavamo (da poveri fessi) che fosse qualcosa di vero e spontaneo...
Ebbene, rimanemmo abbastanza sorpresi dalla loro risposta, perchè ci dissero testualmente:"Hanno solo cambiato mafia".
Infatti, pochi mesi dopo mi ritrovai a Kiev e altri amici ukraini confermarono la cosa e ci dissero che la rivoluzione arancione era solo un bluff, la gente che manifestava era tutta pagata.
E chi conosce quell'area (l'ukraina) sà di che miseria vive la gente comune, quindi non gli costò neanche tanto alla fine organizzare un tot di pulman con gente presa dalle campagne (viaggio+vitto+compenso).
La Russia non permetterà mai il controllo totale dell'Ukraina da parte degli americani, nè tantomeno gli ukraini si metteranno culo e camicia con gli stessi.
Anche se una "via di mezzo" potrebbe essere l'ingresso nella UE dell'Ukraina (sistema già efficacemente sperimentato di "neocolonizzazione" in altre parti dell'est europa)
In ogni caso, anche se paesi come la Polonia, l'Ungheria, la Bulgaria, La Romania sono entrati a far parte della comunità europea, di fatto sono dei "satelliti" della CIA che servono proprio a "far peso" della stessa all'interno della comunità.
Un mio amico austriaco molto esperto di queste cose, già anni fà mi disse che Prodi con l'ingresso di questi paesi nella comunità europea aveva di fatto "sconvolto" l'equilibrio della comunità stessa, perchè comunque i soldi che girano in questi paesi erano più americani che europei. E quindi...
scusate se sono stato un pò lunghino, ma è un'argomento che mi ha "stimolato un pò...
un saluto e complimenti ancora.
Buon lavoro.
La realtà dei paesi ex URSS è più complessa di quel che immaginiamo. Già nel 2003, segnalai che in Belarus "lavoravano" circa 150 ONG occidentali, tutte per screditare Lukasghenko.
Il pericolo maggiore però, a mio avviso, è l'enclave di Kaliningrad. Per fortuna, la debolezza statunitense sul fronte internazionale depotenzierà le minacce.
Un caro saluto a tutti
Però il petrolio è in dollari!!! Anche quella della svalutazione del dollaro è strategia.
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