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09 marzo 2013

Mario Draghi aviatore





Non per entrare nel merito del motore,

ogni motore ha una musica e io la so.

Così per sempre nel vento la farò cantare,

per questa mia povera terra da sud a nord.

E quanto è solo un uomo lo sa solo Dio,

mentre volo sopra le ferite della città….”

Francesco de Gregori – Pilota di guerra – dall’album Terra di nessuno – 1987.



La storia inizia parlando con mio genero, che installa sistemi fotovoltaici: la copertura degli incentivi dura fino a Giugno, e dopo?

Dopo, il mercato crollerà, perché – tutti lo sanno – senza incentivi sulla produzione o sgravi fiscali sugli impianti una fonte sì utile, ma il cui costo di produzione ha ancora bisogno di anni per diventare concorrenziale, s’arresta.

Qui non si tratta più di qualche installatore che perde il posto: è tutto il sistema d’aziende produttrici, installatrici e manutentrici che va in tilt. E chi ci pensa?

Il governo, che non c’è.


Si passa a vedere le novità sulla scuola: pare che il ministero stia partorendo un nuovo decreto, nel quale – sostanzialmente – lascia le cose come stanno sul fronte delle assunzioni e dei pensionamenti. Il fatto è che, lasciando le cose come stanno, non è che le cose si aggiustano da sole: arriveranno i vincitori del concorso (emanato da Profumo stesso), mentre sono ancora in attesa quelli del Tirocinio Formativo Attivo e…i posti non ci saranno!

La colpa…eh sì, la colpa…la colpa è della Fornero o di Bondi? Eh, la colpa era d’Alfredo, come sempre.

Prendiamo un attimo in considerazione un grafico come questo:




L’Italia, in controtendenza rispetto a quasi tutte le nazioni europee, non sta risparmiando sulle pensioni da nababbo dei politici, degli amministratori, dei militari, dei magistrati…no, l’Italia risparmia (e crea un avanzo di bilancio) sulle pensioni dei poveracci, facendoli schiattare sul posto di lavoro. Dopo, lasceranno una pensione di reversibilità del 60% circa, così si realizzeranno ulteriori “risparmi”.


Di queste faccende – dove gli italiani attendono risposte dal governo – ce ne sono parecchie: vertenze di lavoro, contratti, pagamenti della P.A. (increscioso il numero dei suicidi!), personale della pubblica amministrazione che aspetta e non sa cosa, ecc. Non si può congelare un Paese e tirare avanti così!


Si fa vivo Mario Draghi (1) (il Mario numero 1) il quale, bello bello, infila una serie d’ossimori che fanno spavento, e li spaccia come l’ovvia ovvietà. Ovvio:


L'Italia prosegue sulla strada delle riforme", indipendentemente dall'esito elettorale. Lo ha detto il presidente della BCE Mario Draghi, sottolineando che il processo delle riforme continua come se fosse inserito “il pilota automatico”. “E' la democrazia, è qualcosa che ci sta a cuore e i mercati lo sanno.”


Se, dall’estero (leggi:BCE), sostengono che il progresso politico/economico italiano avviene anche senza un governo regolarmente eletto, grazie ad un “pilota automatico”, bisognerebbe almeno indicare dove sta, dov’è questo fantomatico aggeggio che ha qualcosa di magico, ossia “vedo e prevedo”, “aggiusto” e c’è pure la pretesa di chiamarla “democrazia”.

La democrazia del pilota automatico è veramente una chicca.


Oggi non c’è il governo e non ci sarà: al massimo i parlamentari si divertiranno un po’ ad eleggere i loro presidenti, le commissioni, ecc…e, infine, la massima carica dello Stato.

Intanto – da qualche parte, forse da via Nazionale, forse direttamente da Palazzo Chigi – “qualcuno” provvederà ad azionare il pilota automatico (che si trovi nella stessa stanzetta dove c’è la pompetta per far salire lo spread?): non c’è governo, non c’è nessuno, eppure tutto va avanti.

Come va avanti?


Anzitutto, non esiste nulla – nella Costituzione – che indichi cosa sia questa benedetta “ordinaria amministrazione”. Quando fu stesa la Costituzione vigevano patti fra gentiluomini, della serie: se capita un alluvione dovremo prevedere gli stanziamenti d’emergenza, se capita un terremoto idem…eccetera. E nessun Parlamento, ancorché impegnato nelle consultazioni, avrebbe negato quel bisogno.

Recentemente, Prodi concesse l’uso delle basi italiane per la guerra del Kosovo: non ci sembra proprio una “ordinaria amministrazione”, eppure lo fece. Il risultato? L’Italia andò in guerra contro la Repubblica di Serbia e Montenegro senza uno straccio di voto parlamentare, che giunse quando le bombe erano già cadute da un pezzo (oramai sotto D’Alema).


L’esternazione di Mario Draghi ci sembra, allora, una sonora presa per il sedere: “noi tireremo diritto”, sembra d’ascoltare. Già, ma come?


Anzitutto, molte decisioni possono essere prese come circolari interne dei ministeri. Ovvio che, queste circolari, se “sbavano” un po’ troppo, se escono dal seminato, dovrebbero essere soggette ad un voto parlamentare. Già: ma chi lo decide?

Qualche parlamentare, in genere, che chiede l’invio alla Corte Costituzionale: deve essere redatta in una certa forma, approvata e sostenuta da un nutrito gruppo di parlamentari.

Anche la Corte dei Conti od il TAR del Lazio possono essere coinvolti (così come il Consiglio di Stato) ma è inutile ricordare che il parere della Consulta è determinante.


Bene: viene messo a ruolo. Quanto tempo passa?

Dipende, da svariati mesi a qualche anno. E nel frattempo?

Nel frattempo quegli atti hanno valore giuridico – sia essa una circolare del Ministero dell’Istruzione sulle nomine, sia quella del Ministero del Welfare per gli esodati, sia quella del Ministero dell’Economia sugli interventi per il fotovoltaico, ecc – salvo poi, un giorno lontano, essere sconfessati in toto od in parte dalla Consulta oppure da un nuovo Governo.

Si creano così quelle situazioni delle quali non si ha più il controllo: soldi richiesti indietro, persone che devono tornare al lavoro, insegnanti che “salgono” o “scendono” in graduatoria, che perdono il posto.

Si finisce così di fronte al CEDU (Corte Europea per i Diritti dell’Uomo) presso la quale, per numero di ricorrenti, l’Italia è in pole position. I giudici europei sono oberati dalle richieste italiane.

Abbiamo scelto tre esempi qualsiasi, ma ce ne sono molti altri che non abbiamo citato, solo per capire l’entità del danno.


Ecco dove Mario Draghi punta per continuare a governare (via Mario Monti) per conto dell’Europa: sull’inazione delle forze parlamentari. Napolitano ha già chiaro come muoversi: darà un solo mandato a Bersani per verificare l’ipotesi dell’accordo con Grillo e, sfumata quella, si tornerà a Monti.

Il quale, magari, non otterrà la fiducia in Parlamento e rimarrà per “l’ordinaria amministrazione”: l’Italia, nel frattempo, andrà in malora a tutto vantaggio della Germania.


Se uno scenario del genere dovesse verificarsi, credo che Grillo potrà salutare quel “100%” nel quale spera.

Anche per un misero 51% – tanto basta per governare – mancano più di 20 punti: una voragine.

I primi sondaggi post-elettorali (ISPO & Mannehimer) hanno dato Grillo in ascesa di circa tre punti, il PD in leggerissima salita ed il PdL e Monti in debole discesa. Insomma, nessuno sfracello.

Da qui in avanti, Grillo andrà a scontrarsi contro gli “zoccoli duri” di partiti che sono al potere, alternativamente, da vent’anni: sono le amministrazioni sul territorio e l’imprenditoria che aspetta finanziamenti (l’episodio di Perugia è illuminante). Gente che difficilmente cambierà casacca, soprattutto se Grillo aspetterà che la mela cada dall’albero: potrebbe diventare così vecchio da non vederla cadere. E nemmeno gli italiani si ricorderebbero di lui.


Ci sono due cose che Grillo può fare per evitare questi scenari, e dei quali – non dimentichiamo – dovrà rendere conto agli italiani che l’hanno votato alle prossime, vicine elezioni.

La prima è garantire la democrazia interna e la trasparenza: consultazioni via Web – per i soli iscritti, sia chiaro – dove si domanda se si preferisce andare avanti da soli od accettare un tavolo di confronto con il PD.

Non si capisce perché gli italiani dovrebbero scegliere via Web d’uscire dall’Unione Europea (condizione per uscire dall’euro) e non un semplice governo interno.

Se nella consultazione prevale il “no”, benissimo: a livello politico ciascun movimento o partito s’assumerà le sue responsabilità.


Se, invece, dovesse prevalere il “sì”, vi sembra un abominio andare ad un tavolo con Bersani per decidere se quegli otto punti, che coinvolgono anche il M5S, possano essere discussi?

Dopo una discussione approfondita, anche qui, ci potranno essere due decisioni: “no” oppure “sì”.

Nel caso di un “no” – finalmente – si farebbe chiarezza: il M5S non ritiene sufficienti le assicurazioni del PD per procedere, tutto torna come prima. A quel punto, al M5S non rimarrebbe che inseguire il 51%: di fortuna ce ne vorrà veramente tanta, secondo il mio pensiero.


Se, invece, ci sarà un “sì” – sofferto, condizionato solo fino a certi livelli, che esclude alcuni punti o parti, ecc – in altre parole un accordo anche “minimale” si potrà dare vita ad un governo che durerà quel che durerà.

La differenza?

Alle prossime elezioni, non ci saranno più Monti in carica né il Cavaliere: con tutti i misfatti che hanno compiuto, sarà facile produrre “qualcosa” per migliorare la vita degli italiani. Che non lo scorderebbero.

Dopo, ci si confronterà su quanto di buono si è fatto e s’affronteranno – in campagna elettorale – i nodi più “spessi” che riguardano la vicenda europea: l’euro, il fondo “salva stati”, la rinegoziazione del debito, ecc. Qui sì che Grillo potrebbe raggiungere quel fantomatico 51%!

Quale sarebbero i vantaggi del secondo scenario?

La prima è quella di togliersi di torno due ingombranti personaggi come il Cavaliere e Monti, compresi i “controllori” europei ed i loro “piloti automatici”, il secondo è quello di giungere ad un redde rationem con il PD: una sana autocritica, da quelle parti, è necessaria.

Ma, soprattutto, tornerebbe in questo povero Paese un briciolo di vera democrazia, e non i “piloti automatici” di Draghi: i quali, se sbagliano e portano ad un disastro, si comunica solo “che il pilota automatico non ha funzionato a dovere”. Pace all’anima loro.



(1) Vedi. http://www.radio24.ilsole24ore.com/notizie/2013-03-08/draghi-risanamento-avanti-pilota-085544.php