05 settembre 2016

Apre la caccia. Possiamo ancora chiamarla così?

Un breve comunicato, per definire le quote di abbattimento relative alla caccia al cinghiale, stagione 2016:
I contingenti di abbattimento proposti durante la Commissione sono: 8.043 capi nella provincia di Savona, 8.500 in quella di Genova (di cui 4.200 nell’Ambito territoriale di caccia Ge 1 e 4.300 nell’Atc Ge 2), 4.500 in quella di Imperia (di cui 3.500 nell’Atc e 1.000 nel comprensorio alpino), 3.200 nella provincia della Spezia. Dai rappresentanti delle associazioni agricole è stata avanzata anche la proposta di un aumento di contingente nella provincia della Spezia.
In totale, nell’intera Liguria saranno abbattuti circa 23.000 cinghiali, migliaia di caprioli, qualche daino (li hanno inseriti da poco), cervi (idem) e poi pernici, fagiani, lepri, ecc.

Tralasciando le lepri e la selvaggina di penna – vengono allevati e poi liberati un paio di mesi prima, pochi sopravvivono oltre il primo giorno di caccia – rimane il numero esorbitante di cinghiali e caprioli, una vera mattanza. E si tratta di una sola regione. Perché?

Voglio subito premettere che questo non vuole essere un articolo pro o contro la caccia e, più in generale, l’uccisione degli animali come fonte di cibo: è un argomento che riguarda la nostra coscienza – non quella ambientale – ma quella roba che ci rimorde quando osserviamo i camion con vitelli e maiali che vanno al macello. Se si è contrari, basta diventare Vegetariani/Vegani ed il dubbio è risolto.
In seconda battuta, non comprendo la differenza fra un animale che viene ucciso con una pistola a molla dal macellaio oppure con una fucilata da un cacciatore: forse, il secondo, ha vissuto meglio.

Ho, purtroppo, abbastanza anni per ricordare la caccia in epoca “pre-ungulati”, quando i boschi erano deserti ed i cinghiali erano solo in Toscana ed in Sardegna, nessuno immetteva selvaggina di penna e, finiti i pochi animali presenti, si riponeva la doppietta. Spesso, una lepre in salmì e un fagiano alle erbe erano le sole prede di una stagione di caccia, quando le licenze erano a buon mercato, le cartucce si ricaricavano in casa e la doppietta era quella del nonno.
Incontravo i cacciatori mentre facevo la guardia alla vigna, giacché il danno peggiore non era la grandine, ma proprio i “forestieri” che staccavano un grappolo, mangiavano un paio d’acini e poi lo buttavano via. E tu spruzzavi il verderame per tutta l’Estate, alla faccia loro.

Il business, inutile dirlo, languiva, ed i voti dei cacciatori sono voti “pesanti”, che possono decidere le maggioranze parlamentari ed i governi. Allora, via con l’incrocio del cinghiale col maiale inglese (che è già nero di suo)! Con una decina di cuccioli per femmina al posto dei due o tre della cinghialessa originaria, il gioco è fatto: moltiplicate per 5 la fertilità primitiva ed ecco che gli equilibri ambientali saltano come birilli.
In seguito, giunsero i caprioli che hanno la pessima abitudine di nutrirsi di teneri boccioli: le faggete, disseccate, sentitamente ringraziano. Ma il business è decollato: armi rigate al posto delle vecchie doppiette, salatissime licenze (eh, lo Stato vuole la sua parte…), freezer pieni di carne e ristoranti che si riempiono per tutto l’Inverno, fra una stagione turistica e l’altra.

Una “squadra” di cacciatori (per il cinghiale è obbligatoria la caccia in squadra), in una stagione venatoria abbatte 50-100 prede, ed è composta da una decina di persone. Fatevi due conti della serva. E’ proibito commerciare le prede, ma, ma…se per quello, è proibito anche esigere il pizzo, farsi di coca oppure guidare una Ferrari ai 200 all’ora…la legge? Ma dai…

La differenza rispetto a mezzo secolo fa? Non ci sono più io che faccio la guardia alla vigna, semplicemente perché la vigna non c’è più e, nei prati arborati dove un tempo pascolavano le mucche, oggi crescono le querce. L’agricoltura di collina e di montagna è stata abbandonata: è persino proibito vendere direttamente il latte, se non hai un piccolo caseificio alle spalle “per l’igiene”! Eppure, nessuno di noi – cresciuti col latte di cascina – è mai morto intossicato. Anzi. Vorrei sapere come lavano le cisterne che scendono dalla Germania o dal Belgio col latte d’importazione.

Demolita la tradizione agricola su terreni scoscesi, era gioco forza impegnare quelle aree con qualcosa: il business non può mica fermarsi! Gli agricoltori, in Italia, si estinguono (non in Francia e Germania)? Bene! Operiamo per un allevamento estensivo sul territorio di cinghiali, caprioli, tassi, stambecchi, camosci, daini, cervi…
Per questa ragione, possiamo affermare che la caccia non esiste più. Oggi, c’è un “prelievo” di “risorse” da aree abbandonate, per le quali – a suo tempo – non è stato fatto nulla affinché non lo diventassero. Oggi, coltivare in collina è impossibile: provate a seminare mais o patate, ci penseranno i cinghiali ad “ararvi” il campo per la prossima semina!
Equilibri naturali?

Un bel sogno, roba per Verdi ambientalisti e politici da strapazzo.
Mi sapete dire quale predatore potrebbe limitare una popolazione (solo in Liguria!) di 23.000 cinghiali? I lupi? Ma se i pochi che vagano fra i monti vengono uccisi dai pastori appena si fanno vedere?!? La lince, come hanno fatto in Austria?
Premesso che la follia italiota d’incrociare i maiali con i cinghiali, lassù, non l’hanno fatta, la lince è un “gattone” di 25 Kg, che se è affamato attacca l’uomo. Lascereste i vostri figli tranquillamente nel bosco, in cerca di funghi o di mirtilli?

L’Austria è in rotta con l’UE non solo per migranti o muri da erigere, è in disaccordo anche per la rigidissima normativa europea sulle armi: in altre parole, gli austriaci non accettano di essere disarmati, perché hanno linci ed orsi nei boschi, e sono coscienti del pericolo che possono rappresentare.
In Italia, invece – che ha accettato la normativa europea (vi sorprende?) – se dovessero essere introdotti i predatori, i boschi diventerebbero dominio assoluto dei “prelevatori”, ossia di quelli che ancora oggi chiamiamo “cacciatori”. Qualcosa s’è visto, quando gli orsi si sono fatti vedere nel Nord-Est.

In buona sostanza, ed in buona pace per Verdi, Vegani, ambientalisti…e per tutti coloro che ritengono di poter risolvere le difficoltà con un semplice sillogismo assoluto, ritengo che la situazione non abbia soluzioni. Al punto cui siamo giunti, solo una grave carestia ci libererebbe dalla fauna imposta per motivi politici ed economici. Forse.
P.S. Non ho mai sparato un colpo di fucile in vita mia.

5 commenti:

Eli ha detto...

Magari avessero solo incrociato il cinghiale con il maiale!
In Toscana hanno fatto di peggio, una ventina d'anni fa.
Il cinghiale maremmano, Sus Scrofa, era di taglia piccola, circa ottanta-novanta chili, la femmina figliava una-due volte l'anno, e produceva due piccoli.
Troppo poco per l'avidità dei cavernicoli autoctoni, che pensarono bene di introdurre cinghiali di razza slava, del peso di duecentocinquanta-trecento chili, che partoriscono dagli otto ai dieci cuccioli. Un bengodi per i decerebrati cacciatori.
Ormai, da anni, il cinghiale di zona non si vede più, ed i mostri importati si sono riprodotti in maniera esponenziale, creando danni notevoli all'agricoltura ed alle macchine che passano per strada. Periodicamente organizzano cacce sfrenate per sterminarli, perché i contadini non ne possono più.

Detto ciò, voglio renderti partecipe di una bellissima visione che mi è apparsa il giorno di Ferragosto.
Dalle finestre di casa ho visto un giovane cervo, coi piccoli palchi di corna ed il corpo alto ma esile, che attraversava la strada davanti casa mia. Non correva, passeggiava.
Sono uscita sotto il portico, immobilizzandomi subito e trattenendo il respiro, ed ho potuto osservarlo attraversare il prato. Poi si è infilato tra i cespugli ed è sparito nei sentieri del bosco.
Avevo osservato in passato daini e caprioli, ma è la prima volta che mi è venuto a trovare un cervo. E' una magia osservarlo spuntare, è come quando in una radura trovi un bel porcino, il bosco cambia, diventa magico. E ci si può sentire tutt'Uno con la Natura e l'ambiente circostante.
Ciao.

Carlo Bertani ha detto...

La "alchimia" - Eli - è la stessa che io ho citato, l'incrocio con i maiali: nei Balcani l'avevano già fatto prima. Il cinghiale (quello a strisce da cucciolo) fa pochi figli. Ma il cervo era in Toscana od a Roma?
Ciao
Carlo

alsalto ha detto...

E quindi e' una costante questa "alchimia".
Pare che cio' che vari sono solo le specie che si son volute incrociare.
Pure dalle mie parti i danni son assai visibili, li rintracci facilmente ai bordi della strada, nei fossati come in aperto campo.
Queste bestiacce non conoscono confini, recinzioni...aree di lizza, sono sfuggenti anche se spesso assai rumorose.
Ancor piu' visibili sono le loro tracce con l'approssimarsi di alcuni periodi dell'anno, settembre e novembre se non erro, poiche' coincidono con il ripetersi di alcune manifestazioni che si susseguono con scadenza non esatta.
Come una sorta di approssimazione, come se alla base vi fosse un numero irrazionale a governare tali eventi, una sorta di funzione continua, senza voler scomodare fibonacci, sezioni auree o quant'altro ma le omologie non mancano
.
A queste manifestazioni, almeno dalle mie parti, s'e' scelto di dare un nome: rally.

E queste bestiacce amano il rally ed accorrono copiose e sui loro passi rintracci rifiuti d'ogni sorta. Bottigliette, scatolette, fazzoletti ripieni, assorbenti, cicche, sputi, seggiole pieghevoli rotte...

"Questi cazzi di piccioni" componeva il dio Zappa.
"Questi cazzi di umani" bestemmio io.

Saluti ed abbracci. :-)

Eli ha detto...



Carlo,

il cervo l'ho visto in Toscana.
Quest'anno ho rinunciato al mio solito Ferragosto romano, fatto di silenzio, strade deserte, piacevolezze cittadine, e mi sono tuffata nella Natura per un mese intero.
Mi ha fortificato, tonificato, e sono tornata rigenerata.
Ciao.

Eli ha detto...


alsalto

non chiamare bestiacce i cinghiali.
Anche loro hanno la loro funzione, anche se totalmente privi di grazia.
E comunque sono migliori di qualche umano...
Bacioni!
E.