Te ne sei andato, Davide, eppure fra qualche giorno nessuno più si ricorderà di te. Verrà il Natale, scartocceremo i doni come tutti gli anni: la solita sciarpa, il solito libro, la solita lozione dopobarba.
Per nostra buona sorte, tu non eri “solito”.
Tu, purché accademico, non lo eri nello spirito: la tua Storia non era quella dell’ufficialità e nemmeno quella dei riconoscimenti, bensì quella delle vicende e delle riflessioni.
Ancora ricordo quando lanciasti un grido di dolore per una vecchia scuola elementare sul confine di due regioni, di due province, di due comuni – sul confine del tempo e dello spazio, verrebbe da dire, attraversata solo dai ricordi e dai sentimenti, che a te bastavano – perché le ruspe stavano per entrare in azione e tu sapevi, ricordavi che da qualche parte c’erano ancora – forse nelle aule irriconoscibili, forse nelle soffitte fatiscenti – montagne di libri e, soprattutto, di quaderni.
Già, i quaderni, i quaderni vergati da generazioni di gente crepata di cancro all’ACNA oppure migrata lontano, lungi dal confine fatto di nebbia e Bormida, solcato artificiosamente nella terra degli Uomini.
Ed eri corso, non so come: t’immagino su una vecchia auto scassata, a raccogliere le testimonianze del tempo prima che la ruspa le portasse via. Hanno un bel dire chi è uno storico e chi non lo è: non lo dimostrasti solo con le tue pubblicazioni. Per me, lo sottoscrivesti rovistando nella polvere di quella vecchia scuola elementare.
Che dire, Davide. Ci hai onorato con la tua presenza, qui, dove la nebbia continua a salire dai fumi della Bormida, dove le campane ci ricordano che un altro se n’è andato e le campagne tremano per il freddo, aspettando che la neve le cheti.
Non so se avranno il coraggio d’intitolarti qualcosa: una scuola, certo, così dovrebbe essere se il mondo non si fermasse di fronte alla tua giovane età, se qualcuno fosse ancora in grado d’avere discernimento, nel riconoscere la grandezza di un giovane storico – Davide Montino – anche quando si muore a 37 anni.
Per nostra buona sorte, tu non eri “solito”.
Tu, purché accademico, non lo eri nello spirito: la tua Storia non era quella dell’ufficialità e nemmeno quella dei riconoscimenti, bensì quella delle vicende e delle riflessioni.
Ancora ricordo quando lanciasti un grido di dolore per una vecchia scuola elementare sul confine di due regioni, di due province, di due comuni – sul confine del tempo e dello spazio, verrebbe da dire, attraversata solo dai ricordi e dai sentimenti, che a te bastavano – perché le ruspe stavano per entrare in azione e tu sapevi, ricordavi che da qualche parte c’erano ancora – forse nelle aule irriconoscibili, forse nelle soffitte fatiscenti – montagne di libri e, soprattutto, di quaderni.
Già, i quaderni, i quaderni vergati da generazioni di gente crepata di cancro all’ACNA oppure migrata lontano, lungi dal confine fatto di nebbia e Bormida, solcato artificiosamente nella terra degli Uomini.
Ed eri corso, non so come: t’immagino su una vecchia auto scassata, a raccogliere le testimonianze del tempo prima che la ruspa le portasse via. Hanno un bel dire chi è uno storico e chi non lo è: non lo dimostrasti solo con le tue pubblicazioni. Per me, lo sottoscrivesti rovistando nella polvere di quella vecchia scuola elementare.
Che dire, Davide. Ci hai onorato con la tua presenza, qui, dove la nebbia continua a salire dai fumi della Bormida, dove le campane ci ricordano che un altro se n’è andato e le campagne tremano per il freddo, aspettando che la neve le cheti.
Non so se avranno il coraggio d’intitolarti qualcosa: una scuola, certo, così dovrebbe essere se il mondo non si fermasse di fronte alla tua giovane età, se qualcuno fosse ancora in grado d’avere discernimento, nel riconoscere la grandezza di un giovane storico – Davide Montino – anche quando si muore a 37 anni.
3 commenti:
No! Carlo,se, come dici, ha lasciato una evidente traccia del suo cammino relazionale, saranno in tanti a ricordarlo.
Io credo, voglio credere che la morte e' una trasformazione energetica, ovvero una evoluzione della vita.
Un saluto a Davide da
Donato Curcio
La morte di un giovane è sempre un
duro colpo alla nostra fiducia nella
vita. Solo in parte alleviata dal
pensiero, come dice Doc, che nulla
finisce, e tutto si trasforma.
Che il viaggio sia lieve per Davide,
e la Luce lo guidi di stella in stella.
Se ha scritto la storia, la storia non certo piccola per il tempo e lo spazio da lui difeso contro le ruspe dell'avidità, ha di certo indicato la verità.
Ciao Davide e che il tuo ego dissolto si disperda nel Bormida come in un fiume sacro.
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