Come sempre, Carlo Gambescia - sul suo blog - sa tratteggiare con la precisione del sociologo gli eventi: l’analisi fatta sul “V-day” e su Grillo è proprio un buon punto di partenza per tutti coloro che, passata la “buriana” di Piazza Maggiore, si chiedono “e adesso?”.
Molto interessante il dibattito seguito al suo articolo, con tantissimi spunti che – diciamocelo un po’, tanto per capire che non siamo gli ultimi della classe… – la maggior parte dei commentatori politici di regime non saprebbe mettere insieme in notti insonni. Oramai, così abituati al tritatutto dell’informazione, non sanno più riconoscere i veri spunti d’analisi e di sintesi politica. La vera politica, d’altro canto, latita da decenni e non si può fargliene una colpa se troppo denaro ha loro abbindolato il cervello.
Perciò, lasciamo i deprimenti epigoni del potere cristallizzato – i Michele Serra, i Cacciari, i Moretti… – perché non meritano nemmeno più una citazione. Iniziamo ad abbandonarli al loro tristo destino di portantini dello scranno papale: chissà che qualcuno si ravveda e torni a far funzionare i neuroni rimasti.
La realtà odierna è che Grillo ha testimoniato l’esistenza di un “popol minuto”, che non ce la fa più a reggere la tracotanza e l’inconsistenza del Papato Democristo/Fascist/Popolar/Berluscoid/Sinistrorso. Per ora, il “popolino” ha solo iniziato a contare le forze, ad esprimersi mediante il più moderno mezzo di comunicazione (scusate se è poco…) e a cercare d’individuare piattaforme e schemi politici comuni. In questo senso, Grillo stesso ha ragione nell’affermare d’essere soltanto un “passepartout”: se espandiamo la prospettiva politica ai prossimi decenni, è del tutto evidente che saranno più importanti le figure che nasceranno da quel movimento del leader stesso. Che, attenzione, ne è cosciente in prima persona.
Perciò, potremo – per comodità – definire con il termine “Grillo” non il simpatico attore, ma tutto ciò che farà (o potrà fare capo) a quel nome. Anche le polemiche sul signoraggio, a questo punto, lasciano il tempo che trovano per due basilari motivi: il primo è che pochissimi, nel movimento, sono completamente digiuni di quella truffa perpetrata ai nostri danni. Il secondo, che la semplice riaffermazione del potere sulla moneta – senza parallele e precise indicazioni per una politica di de-crescita cosciente – non mina nessuno degli assiomi di questa società perversa. Domani, i signori del futuro signoraggio potrebbero essere la nuova aristocrazia – mediatica, scientista, ecc – e non avremmo risolto nulla: come affermava de André, “dei cinghiali laureati in matematica pura”.
Senza una nuova politica che getti anche il cuore nell’agone, non c’è futuro: ci sarà soltanto nuova prevaricazione e corruzione.
Diventa perciò più interessante lo scenario futuro, sul quale ciascuno di noi ha diverse opinioni, e che merita d’essere approfondito. In altre parole, come giocherà le sue carte Grillo?
Ci fu, in tempi assai lontani, chi creò un “movimento” per contrastare il potere papale del tempo, la sua secolarizzazione, la corruzione, l’inconsistenza spirituale. Qualcuno potrebbe affermare che i tempi non sono poi tanto cambiati – discorso interessante – ma non facciamo troppe sovrapposizioni fra i Papi medievali e monsignor Casini (divorziato, separato o concubinato). Accomuniamoli con la semplice definizione di “potere”: basta ed avanza.
Quasi contemporanei, Francesco e Dolcino s’occuparono “alla Grillo” di queste faccende: non ne possiamo più di cardinali circondati dal lusso, che frequentano più le alcove che le sacrestie, che pretendono di succhiare il sangue della gente con le decime per dare sostanza al potere “mediatico” del tempo.
Era poca cosa rispetto all’oggi, ma l’icona della spada accompagnata dalla Croce era un messaggio chiaro per tutti: avete qualcosa da ridire? Accomodatevi.
I due accettarono la sfida, con diverse strategie, ed entrambi fallirono.
Francesco scelse la via “movimentista”, privilegiando la struttura esterna di pressione sul potere: vedrete – affermò – a forza di dimostrare loro che siamo noi i veri cristiani, se ne accorgeranno e dovranno cospargersi il capo di cenere. Il Papato, bonario, accettò la sfida: vuoi vedere che, grazie a quel gonzo, accetteranno di vivere in condizioni ancor più misere di quelle che già li obblighiamo a sopportare? Se saranno così ascetici da vivere in completa povertà, a noi toccherà – per compensare le statistiche sui consumi – abbandonarci al lusso più sfrenato. Crediamo bene che lo fecero Santo.
Francesco è oggi Rinaldini della FIOM (un “movimentista”), al quale il buon Epifanio promette (12/9/2007) – una volta sbaragliate la armate del caporal Giordano e del sergente (non napoleonico) Diliberto – una “profonda riflessione sul futuro della CGIL”. Se fossimo in Rinaldini, lo consiglieremmo di gettare un’occhiata nel cortile interno della CGIL, per osservare se non stiano già preparando il rogo: anche un salto a Campo dé Fiori, tutto sommato, potrebbe giovargli per rinfrescare la memoria.
Diversa fu la posizione di Dolcino – del quale, oggi, non c’è segno, è bene ricordarlo – che optò per lo scontro frontale, ma che partiva dalle stesse considerazioni di Francesco sul clero del tempo. Con un po’ d’acrimonia in più: d’altro canto, non lo fecero certo santo.
In diverse battaglie – sui monti del biellese e della Valsesia – sbaragliò le soldataglie dei vari episcopati, fino all’ultima, quando perse. La vendetta fu terribile: si racconta che, quando giunse a Vercelli per essere bruciato sul rogo, avesse già “perso per strada” naso, orecchie, pene e testicoli.
Dolcino non si limitò a fondare un movimento, ma lo organizzò in “partito” il quale – date le pessime abitudini del tempo, ovvero di cedere alla spada la soluzione d’ogni controversia – non poté prender forma che in un “partito armato”.
Le loro avventure, entrambe completamente fallimentari, alimentarono soltanto le fantasie (Dolcino) di un giovane poeta – tale Alighieri, oggi molto amato da un ministro dell’Istruzione – mentre l’avventura di Francesco si stemperò in secoli di diatribe sulla proprietà dei beni ecclesiastici. Proprio lui, che li aborriva.
Per quasi mezzo millennio, a Roma continuarono a sollazzarsi: va bene, c’è ‘sto Pietro Valdo…ma che è ‘sto Valdo? ‘na pasticca? Ma lassa perde…
Quando, però, un tal Lutero non si limitò più a denunciare dal pulpito le nefandezze ecclesiastiche, non meditò minimamente di creare un esercito, ma affisse pubblicamente le sue tesi nel duomo di Acquisgrana, la cosa si fece seria. E cambiò la storia europea.
Riflettiamo che, quelle tesi affisse pubblicamente in una grande cattedrale, avevano probabilmente la stessa importanza di un programma politico lanciato ai quattro venti ed ai sei continenti dal Web. Non si poteva più glissare né si poteva, semplicemente, ammazzare: quelle tesi sarebbero rimaste, anche se l’estensore fosse stato segregato nelle viscere del Laterano.
Molto interessante il dibattito seguito al suo articolo, con tantissimi spunti che – diciamocelo un po’, tanto per capire che non siamo gli ultimi della classe… – la maggior parte dei commentatori politici di regime non saprebbe mettere insieme in notti insonni. Oramai, così abituati al tritatutto dell’informazione, non sanno più riconoscere i veri spunti d’analisi e di sintesi politica. La vera politica, d’altro canto, latita da decenni e non si può fargliene una colpa se troppo denaro ha loro abbindolato il cervello.
Perciò, lasciamo i deprimenti epigoni del potere cristallizzato – i Michele Serra, i Cacciari, i Moretti… – perché non meritano nemmeno più una citazione. Iniziamo ad abbandonarli al loro tristo destino di portantini dello scranno papale: chissà che qualcuno si ravveda e torni a far funzionare i neuroni rimasti.
La realtà odierna è che Grillo ha testimoniato l’esistenza di un “popol minuto”, che non ce la fa più a reggere la tracotanza e l’inconsistenza del Papato Democristo/Fascist/Popolar/Berluscoid/Sinistrorso. Per ora, il “popolino” ha solo iniziato a contare le forze, ad esprimersi mediante il più moderno mezzo di comunicazione (scusate se è poco…) e a cercare d’individuare piattaforme e schemi politici comuni. In questo senso, Grillo stesso ha ragione nell’affermare d’essere soltanto un “passepartout”: se espandiamo la prospettiva politica ai prossimi decenni, è del tutto evidente che saranno più importanti le figure che nasceranno da quel movimento del leader stesso. Che, attenzione, ne è cosciente in prima persona.
Perciò, potremo – per comodità – definire con il termine “Grillo” non il simpatico attore, ma tutto ciò che farà (o potrà fare capo) a quel nome. Anche le polemiche sul signoraggio, a questo punto, lasciano il tempo che trovano per due basilari motivi: il primo è che pochissimi, nel movimento, sono completamente digiuni di quella truffa perpetrata ai nostri danni. Il secondo, che la semplice riaffermazione del potere sulla moneta – senza parallele e precise indicazioni per una politica di de-crescita cosciente – non mina nessuno degli assiomi di questa società perversa. Domani, i signori del futuro signoraggio potrebbero essere la nuova aristocrazia – mediatica, scientista, ecc – e non avremmo risolto nulla: come affermava de André, “dei cinghiali laureati in matematica pura”.
Senza una nuova politica che getti anche il cuore nell’agone, non c’è futuro: ci sarà soltanto nuova prevaricazione e corruzione.
Diventa perciò più interessante lo scenario futuro, sul quale ciascuno di noi ha diverse opinioni, e che merita d’essere approfondito. In altre parole, come giocherà le sue carte Grillo?
Ci fu, in tempi assai lontani, chi creò un “movimento” per contrastare il potere papale del tempo, la sua secolarizzazione, la corruzione, l’inconsistenza spirituale. Qualcuno potrebbe affermare che i tempi non sono poi tanto cambiati – discorso interessante – ma non facciamo troppe sovrapposizioni fra i Papi medievali e monsignor Casini (divorziato, separato o concubinato). Accomuniamoli con la semplice definizione di “potere”: basta ed avanza.
Quasi contemporanei, Francesco e Dolcino s’occuparono “alla Grillo” di queste faccende: non ne possiamo più di cardinali circondati dal lusso, che frequentano più le alcove che le sacrestie, che pretendono di succhiare il sangue della gente con le decime per dare sostanza al potere “mediatico” del tempo.
Era poca cosa rispetto all’oggi, ma l’icona della spada accompagnata dalla Croce era un messaggio chiaro per tutti: avete qualcosa da ridire? Accomodatevi.
I due accettarono la sfida, con diverse strategie, ed entrambi fallirono.
Francesco scelse la via “movimentista”, privilegiando la struttura esterna di pressione sul potere: vedrete – affermò – a forza di dimostrare loro che siamo noi i veri cristiani, se ne accorgeranno e dovranno cospargersi il capo di cenere. Il Papato, bonario, accettò la sfida: vuoi vedere che, grazie a quel gonzo, accetteranno di vivere in condizioni ancor più misere di quelle che già li obblighiamo a sopportare? Se saranno così ascetici da vivere in completa povertà, a noi toccherà – per compensare le statistiche sui consumi – abbandonarci al lusso più sfrenato. Crediamo bene che lo fecero Santo.
Francesco è oggi Rinaldini della FIOM (un “movimentista”), al quale il buon Epifanio promette (12/9/2007) – una volta sbaragliate la armate del caporal Giordano e del sergente (non napoleonico) Diliberto – una “profonda riflessione sul futuro della CGIL”. Se fossimo in Rinaldini, lo consiglieremmo di gettare un’occhiata nel cortile interno della CGIL, per osservare se non stiano già preparando il rogo: anche un salto a Campo dé Fiori, tutto sommato, potrebbe giovargli per rinfrescare la memoria.
Diversa fu la posizione di Dolcino – del quale, oggi, non c’è segno, è bene ricordarlo – che optò per lo scontro frontale, ma che partiva dalle stesse considerazioni di Francesco sul clero del tempo. Con un po’ d’acrimonia in più: d’altro canto, non lo fecero certo santo.
In diverse battaglie – sui monti del biellese e della Valsesia – sbaragliò le soldataglie dei vari episcopati, fino all’ultima, quando perse. La vendetta fu terribile: si racconta che, quando giunse a Vercelli per essere bruciato sul rogo, avesse già “perso per strada” naso, orecchie, pene e testicoli.
Dolcino non si limitò a fondare un movimento, ma lo organizzò in “partito” il quale – date le pessime abitudini del tempo, ovvero di cedere alla spada la soluzione d’ogni controversia – non poté prender forma che in un “partito armato”.
Le loro avventure, entrambe completamente fallimentari, alimentarono soltanto le fantasie (Dolcino) di un giovane poeta – tale Alighieri, oggi molto amato da un ministro dell’Istruzione – mentre l’avventura di Francesco si stemperò in secoli di diatribe sulla proprietà dei beni ecclesiastici. Proprio lui, che li aborriva.
Per quasi mezzo millennio, a Roma continuarono a sollazzarsi: va bene, c’è ‘sto Pietro Valdo…ma che è ‘sto Valdo? ‘na pasticca? Ma lassa perde…
Quando, però, un tal Lutero non si limitò più a denunciare dal pulpito le nefandezze ecclesiastiche, non meditò minimamente di creare un esercito, ma affisse pubblicamente le sue tesi nel duomo di Acquisgrana, la cosa si fece seria. E cambiò la storia europea.
Riflettiamo che, quelle tesi affisse pubblicamente in una grande cattedrale, avevano probabilmente la stessa importanza di un programma politico lanciato ai quattro venti ed ai sei continenti dal Web. Non si poteva più glissare né si poteva, semplicemente, ammazzare: quelle tesi sarebbero rimaste, anche se l’estensore fosse stato segregato nelle viscere del Laterano.
Forse, farsi troppe domande sul futuro immediato del movimento “Grillo”, è superfluo se prima non ci sono delle tesi accuratamente esposte, ponderate e precisate anche nei particolari. Ciò che attende Grillo non è oggi la scelta fra movimento e partito – per ora le cose possono benissimo rimanere come sono – bensì una crescita interna del “Grillismo", ovvero sui contenuti decisivi del nostro vivere. Non basta certo chiedere l’espulsione dei parlamentari corrotti, né lanciare da una piazza messaggi al vento o presentare auto ad idrogeno.
Penosamente, ci provò anche Prodi con l’esperimento del “cantiere” di Bologna: non sappiamo se quel cantiere ancora esiste, ma abbiamo costatato che su quelle fondamenta è stata creata la fetecchia di governo che abbiamo dinnanzi.
Il passaggio obbligato dei “Grilli” è proprio la definizione e l’analisi di un vero programma: senza la sintesi finale – ossia delle proposte serie ed incisive, per modificare radicalmente il nostro modo di vivere e di pensare – né un partito e né un movimento avrebbero senso.
Attenzione, non si tratta di una proposta riduttiva: qui, stiamo parlando di rivoluzione.
Ci sono moltissimi esempi da proporre: dalla proprietà della moneta alla produzione dei beni, dalla generazione d’energia alla non-creazione di rifiuti, ai trasporti (sapete che siamo uno dei pochi paesi industrializzati che non sta “ripensando” al dirigibile?), all’invereconda scuola sempre più autoritaria e verticistica, ad una sanità che fa di tutto per venderti farmaci e non guarirti.
Iniziamo ad affiggere delle tesi, sbugiardiamoli nella loro inconsistenza politica. Iniziamo la rivoluzione.
Penosamente, ci provò anche Prodi con l’esperimento del “cantiere” di Bologna: non sappiamo se quel cantiere ancora esiste, ma abbiamo costatato che su quelle fondamenta è stata creata la fetecchia di governo che abbiamo dinnanzi.
Il passaggio obbligato dei “Grilli” è proprio la definizione e l’analisi di un vero programma: senza la sintesi finale – ossia delle proposte serie ed incisive, per modificare radicalmente il nostro modo di vivere e di pensare – né un partito e né un movimento avrebbero senso.
Attenzione, non si tratta di una proposta riduttiva: qui, stiamo parlando di rivoluzione.
Ci sono moltissimi esempi da proporre: dalla proprietà della moneta alla produzione dei beni, dalla generazione d’energia alla non-creazione di rifiuti, ai trasporti (sapete che siamo uno dei pochi paesi industrializzati che non sta “ripensando” al dirigibile?), all’invereconda scuola sempre più autoritaria e verticistica, ad una sanità che fa di tutto per venderti farmaci e non guarirti.
Iniziamo ad affiggere delle tesi, sbugiardiamoli nella loro inconsistenza politica. Iniziamo la rivoluzione.
4 commenti:
Caro collega,
Un altro ottimo intervento. Ha sentito ,tra l'altro, del 'buon' Casini che vuole calpestare il referendum del 1987 per tornare al nucleare?! Mi chiedo semplicemente come sia possibile che un politico che dovrebbe essere preparato su questi temi non sappia che il nucleare ora come ora in Italia sarebbe un'assurdità (tempi di costruzione delle centrali, riserve di uranio disponibili ancora per pochi decenni, scorie radioattive, ecc...). In sostanza: perché cose del genere le sa lei e non i 'tecnici' del Governo?!
Saluti.
René Pernettaz.
Bell'articolo. L'aggiungo al mio reader.
Caro Carlo
Leggo sempre con interesse i tuoi articoli, riguardo a
quest' ultimo, trovo estremamente calzante l'analogia fra Martin Lutero e le forme e i modi che dovrebbe assumere un movimento che voglia veramente cambiare lo stato di cose. Il ricatto del debito pubblico, attraverso il quale interi popoli sono oppressi dal sistema fiscale, ricorda tanto tanto il ricatto del Purgatorio (invenzione del Medioevo) per estorcere indulgenze, da parte della Chiesa, ai popoli d'Europa. La definizione per il movimento di Grillo, di un programma politico è senza dubbio un passaggio importante, ma non sufficiente. Non dimentichiamo, per restare nel paragone, che la riforma luterana ebbe successo perchè trovò l'appoggio dei principi tedeschi. Al momento non vedo alcun Federico di Sassonia nel nostro panorama politico, a meno che non venga fuori qualche governatore illuminato, che rompa gli schemi adottando ,tanto per per cominciare, una moneta regionale, che restituisca alla collettività la sovranità monetaria o meglio la sua sovranità tout-court.
Carissimi,
Fa molto piacere ritrovarsi fra gente con la quale ci si capisce.
René si domanda perché le faccende sul nucleare le sappiamo noi e non Casini. Tommaso arguisce con intelligenza sul mio "parallelismo" luterano.
La risposta, purtroppo, possiamo darcela da soli: perché - di là di falsi "acculturalismi" (terribile neologismo...) - facciamo ancora funzionare i nostri neuroni.
Pensiamo a Calderoli, a Di Pietro, a Mastella: ma cosa ci possiamo aspettare da questa gente?
Ovvio che non hanno nulla da dire, perché non trovano nulla su cui pensare.
Un saluto fraterno a tutti.
Carlo Bertani
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