07 giugno 2021

La conferenza postbellica di Jalta (seconda parte)

 

Il sottomarino Wilheilm Bauer,  ex tipo XXI della 2° Guerra Mondiale

La Germania del 1939 era una gabbia zeppa di lupi, e quasi tutti volevano la guerra: il problema – si fa per dire – è che nessuno sognava una guerra identica a quella dell’altro.

C’era chi voleva una guerra per abbattere il bolscevismo sovietico, chi contro la Francia per vendetta nei confronti della pace di Versailles del 1919, chi vedeva rosso soltanto a pensare all’Impero Britannico…chi tornava dall’emigrazione negli USA per aiutare la Patria, chi vedeva un alleato nell’Italia, altri non si fidavano per niente degli italiani, chi voleva gli spagnoli al loro fianco…chi rammentava le antiche saghe vichinghe…probabilmente l’alleato più sconosciuto era il Giappone: lontano, misterioso, sconosciuto.

 

I primi due anni di guerra andarono bene per la Germania, ma già nel 1941 le cose presero a precipitare: prima ancora di Pearl Harbour Hitler decise la sua guerra contro il bolscevismo, sicuro che la Gran Bretagna avrebbe senz’altro capito…ma insomma…come si fa a non capire che stiamo dalla stessa parte?

Hitler desiderava iniziare le guerra fredda con una decina d’anni d’anticipo ma gli altri non erano d’accordo…e molte cose cominciarono ad andare storte: i racconti degli esuli ebrei terrorizzavano la popolazione, anche se la vera e propria Shoa non era ancora iniziata. E poi, Londra temeva Berlino e non si fidava: si erano liberati di un Re che puzzava troppo di Nazismo e, forti del potere coloniale, pensavano di sistemare prima le faccende con i tedeschi e solo in un secondo momento occuparsi dei sovietici, che già da molti anni combattevano con i finanziamenti ai Russi Bianchi. Per gli inossidabili imperiali britannici, fu un calcolo forse troppo azzardato.

Quando gli USA entrarono in guerra, molti tedeschi e la maggior parte degli italiani iniziarono, Ciano ed Umberto in testa, a temere l’inevitabile sconfitta.

 

Statunitensi e britannici erano entrambi potenze del mare e del cielo, perciò fu proprio in mare ed in cielo che i progettisti tedeschi furono spronati in un lavoro disperato e, in fin dei conti, inutile. Anche a causa della poca lungimiranza nazista.

A parte il programma nucleare, che fallì per la non-collaborazione e successiva fuga di Nils Borg e per il pessimismo sui risultati di Heisenberg, le speranze puntavano su due invenzioni: il caccia a reazione ed il sottomarino vero e proprio, vale a dire non dipendente dalla combustione con l’ossigeno per la propulsione.

Il primo obiettivo fu raggiunto in fretta: già nel Luglio del 1942 l’aereo con due reattori a getto sotto le ali decollò per il primo volo, ma qui ci si mise, misteriosamente, proprio Hitler di mezzo. Il Messerschmitt Me-262 era un caccia, nel 1942, molto simile strutturalmente ai Mig-15 e Mig-17 che volarono 10-20 anni dopo, sennonché, Hitler voleva farlo diventare un bombardiere (!).

Ci provarono tutti gli Assi della Luftwaffe a spiegargli che un caccia che raggiungeva i 900 chilometri orari era una novità unica nel panorama aviatorio dell’epoca, ma non ci fu niente da fare, al punto che la decisione di Hitler appare sconclusionata anche volendo ammettere che lo pensasse realmente.

Forse, Hitler voleva usarlo come minaccia per riuscire ad ottenere una pace separata col Regno Unito, ed attendeva con ansia che la missione di Rudolf Hess – volato in Scozia per incontri con l’aristocrazia britannica – desse dei frutti i quali, però, non giunsero mai. Ed Hess fu condannato all’ergastolo anche se la vera Shoa, al momento della sua fuga, non era ancora iniziata: fu trattenuto – oramai novantenne e solo (tutti gli altri erano già usciti) nel carcere di Spandau – fino a quando Gorbaciov decise di togliere il veto sovietico il quale era appoggiato, stranamente, da un analogo veto inglese.

Comunque, Rudolf Hess decise d’impiccarsi per togliersi di torno…anche se il suo medico raccontò che non era più in grado, a quell’età e con le sue forze, d’impiccarsi da solo. Che volete: qualcuno gli avrà dato una mano…

 

Tornando al nostro povero ed incompreso Me-262, i problemi si rincorsero l’uno con l’altro.

Per diventare un (pessimo) bombardiere leggero si perse un anno ed un secondo anno per riavere un caccia veramente funzionante, al punto che i primi Me-262 giunsero ai reparti nel Giugno del 1944, oramai troppo tardi per contare qualcosa, anche se diedero agli Alleati parecchi grattacapi.

 

Nello stesso Giugno del 1944 entrava in servizio la seconda arma “futuribile” di Hitler: i sottomarini classe XXI e l’U-2501, il primo, scendeva in mare ad Amburgo.

 

Abbandonata l’idea del sottomarino nucleare o delle turbine Walter – troppo lontane nel futuro per sperare in una realizzazione ancora utilizzabile – la Kriegmarine optò per un sottomarino che, negli anni ’40, assomigliava già ai sottomarini a propulsione diesel/elettrica degli anni ’60-70.

Gli U-Boot del tipo XXI erano in grado di navigare sott’acqua per lunghi periodi e per lunghe missioni: solo per fare un esempio, un tipo XXI era in grado d’immergersi di fronte a Genova e, navigando a quasi 300 metri di profondità (all’epoca, completamente invisibile), dopo 4 giorni di navigazione a velocità economica, solo grazie alle batterie, emergere di fronte a Napoli.

Poche ore a quota periscopica, usando i motori diesel tramite uno snorkel per ricaricare le batterie, ed il sottomarino poteva tornare negli abissi: la stessa energia elettrica garantiva la purificazione ed il condizionamento dell’aria in immersione.

Tanto per capirci, le principali Marine del Pianeta giunsero a questi risultati solo intorno al 1970, giacché il sottomarino diesel/elettrico è silenziosissimo, confrontato con i chiasso delle turbine di un sottomarino nucleare, identificabile già a molte miglia di distanza.

 

Il programma di costruzione prevedeva il montaggio in nove settori completi di tutti i collegamenti elettrici ed idraulici già preparati, per costruirli in serie in piccoli cantieri sui fiumi dell’interno e sottrarli così ai bombardamenti. Tre giorni di sosta nel cantiere di assemblaggio ed il sottomarino poteva prendere il mare.

Fra il Giugno del 1944 ed il termine delle ostilità furono consegnati (secondo le fonti) dai 118 ai 121 sottomarini alla Kriegmarine, che entrarono dunque in servizio.

Cosa ne fecero, i tedeschi, di un’arma del genere, la quale poteva individuare ed attaccare con siluri elettrici senza l’uso del periscopio, soltanto col rilevamento degli idrofoni ed il calcolo di rotta e velocità grazie ad un calcolatore elettro-meccanico? Un mezzo con un’autonomia di 15.500 miglia marine, in grado di giungere quasi ovunque nel mondo?

Non ne fecero nulla.

 

Appena un sottomarino terminava un ciclo di addestramento di 4 mesi, cambiava comandante e tornava nel Baltico per un nuovo ciclo, ad libitum: converrete che per una nazione che richiamava i ragazzi e li schiaffava sui carri armati a morire, c’è qualcosa che non quadra. L’attuale pontefice emerito, Benedetto XV, fu richiamato nella Flak, la contraerea e lì servì il suo popolo. Ed Hitler.

 

Furono costruiti anche sommergibili dello stesso tipo ma per uso costiero, il tipo XXIII e, negli ultimi giorni di guerra, due di quei piccoli sommergibili affondarono tre navi al largo della Scozia, senza essere scoperti dalle navi di scorta.

Un sommergibile del tipo XXI, invece, il pomeriggio del 7 Maggio 1945 – e dunque a guerra oramai conclusa da poche ore – si lasciò sfilare nel periscopio a 500 metri di distanza l’incrociatore britannico Norfolk (altre fonti indicano Suffolk, erano gemelli) e la squadra di navi che lo seguivano le quali, probabilmente, stavano tornando ai loro ancoraggi consueti di Scapa Flow, nelle Orcadi. Lo annotò sul libro di bordo che consegnò al suo ritorno a Bergen, dove si arrese mostrando con un ghigno malefico il giornale di bordo al suo interlocutore britannico: nessuno degli inglesi aveva rilevato niente.

 

Il progetto di quei sommergibili fu steso fra il 1940 ed il 1942, approvato da Doenitz nel 1943 ma solo nel 1944 il primo sottomarino entrò in servizio: già a Dicembre del 1944 erano parecchi i sottomarini in servizio e, a Bergen in Norvegia, fu creata la prima flottiglia di soli tipo XXI.

 

Nel 1943, però, Doenitz – futuro successore di Hitler nella carica di Cancelliere – fece una comunicazione assai strana e sibillina, almeno per i tempi:

 

“La Marina da Guerra del Reich costruirà, molto lontano da qui, un sicuro rifugio per il nostro capo, Adolf Hitler, affinché l’ideologia del Nazismo non vada perduta.”

 

Strana, perché nel 1943 la guerra non era certamente vinta ma era ancora lontana da una fine inevitabile ed una dichiarazione sibillina, perché parlava di luoghi molto “lontani” e “sicuri”.

Per inciso, questa dichiarazione portò poi, nel dopoguerra, a mille congetture che condussero gli americani ad inviare una task force in Antartide, che perse inutilmente vite umane nella ricerca di qualcosa che nemmeno sapevano cosa potesse essere, in un posto dove c’erano solo ghiaccio, qualche rara roccia e temperature proibitive, che condussero ad incidenti aerei per il ghiaccio ed a morti congelati per le temperature siderali.

 

Nel frattempo, però, qualcosa si muoveva.

Juan Domingo Peròn – futuro presidente/dittatore argentino – che nei primi anni ’40 era in Italia, aggregato alle truppe alpine per fare “esperienza” col grado di colonnello, sparì dall’Italia per ricomparire all’ambasciata tedesca a Berlino…per fare cosa? Eh…

Dopo la guerra furono sequestrati, in Argentina, alcuni passaporti perché intestati a persone non corrispondenti per età od altri dati di varia natura: il problema era che i passaporti non erano falsi, bensì regolarmente emessi dalla Repubblica Argentina, senza ombra di dubbio! Che mistero.

Qualcuno parlò, ed ammise che nel 1943 Peròn scambiò con i tedeschi 1.000 passaporti argentini in bianco, a fronte della cifra iperbolica di 3 miliardi di marchi: oddio, nel 1943 i tedeschi potevano far girare le rotative della zecca come volevano, e non era un problema consegnare miliardi di carta ad un colonnello argentino che se li sarebbe portati in Patria. La cosa più difficile fu esaudire la seconda richiesta: l’invio in Argentina di 2.000 SS armate ed addestrate.

Pensate che voglia raccontarvi una fuffa? Nella terza parte dell’articolo incontreremo “nel luogo sicuro e lontano” proprio quelle SS e vedremo come la cosa andrà a finire.

 

Tornando ai sommergibili, la domanda più ovvia è sapere che fine fecero: 6 furono affondati in mare da aerei Alleati, e questo è un dato certo…per l’altro centinaio ci sono poche certezze e tante supposizioni senza prove. Alcuni furono presi dai sovietici, dagli americani, inglesi, francesi…incamerati nelle loro Marine e studiati attentamente…uno, addirittura, fu recuperato dal fondo dai tedeschi, che lo tennero in servizio fino al Maggio del1970, l’U-2540, rinominato Wilhelm Bauer, che oggi si trova a Brema ed è una nave-museo.

Altri furono trovati sul fondo, sabotati dai loro equipaggi…qualcuno sotto le macerie dei bunker…ma una certezza per tutti sulla loro fine non c’è.

Ma una ricostruzione degli eventi dovrà pure essere stata fatta – direte voi – almeno dalla Bundesmarine, la Marina del dopoguerra: certo, è stata fatta con teutonica precisione. Chi fu il primo comandante della nuova marina del dopoguerra della RFT? L’ammiraglio Friedrich Ruge, che era stato comandante della Flotta del Nord nella Marina del III Reich: un sottoposto di Doenitz. Dunque…

 

Ma torniamo un momento al 1945, a quella conferenza di pace di Jalta: cosa cercavano, oramai, i contendenti?

Si contendevano con qualsiasi mezzo gli agenti segreti del III Reich, chi per sapere come difendersi (i russi) chi per sapere come “tagliare le ali” ad un’Unione Sovietica che si era fatta non più il ricettacolo dei comunisti del pianeta, bensì una potenza militare di prim’ordine. Erano oramai lontani i tempi dei convogli artici per rifornire la Russia nel 1942: negli ultimi anni di guerra la produzione bellica sovietica, per alcuni settori, superava addirittura la produzione americana.

I servizi segreti tedeschi divennero allora terreno aperto di caccia: vuoi con i soldi, con i ricatti o con le “benevole” concessioni.

Furono centinaia le persone che passarono di qua o di là della futura Cortina di Ferro e nulla contava, veramente, cosa avessero combinato durante la guerra: soprattutto erano molto ricercati gli appartenenti ad ODESSA, la rete di spionaggio tedesca, la quale aveva anche un settore dedicato alla fuga nei Paesi esteri se le circostanze lo avessero richiesto.

Il suo principale esponente, l’ammiraglio Canaris fu giustiziato dai nazisti il 5 Aprile del 1945 accusandolo di tradimento, ma più probabilmente per chiudere la bocca definitivamente alla “mente” che più sapeva di quelle vicende.

 

Così, i sommergibili poterono prendere il largo? Lo vedremo nella terza ed ultima parte.

2 commenti:

giuseppe castronovo ha detto...

Oltre le impunture assurde di Hitler per trasformare il caccia a reazione in un bombardiere va detto che la Germania se era avanzatissima nella ricerca e nella progettazione aveva un grosso handicap, le sue strutture produttive erano arretrate rispetto a quelle americane, dovremmo dire ancora pre-catena di montaggio. L'architetto Albert Speer riuscì ad incrementare la produzione a livelli notevoli nel 1944 solo ricorrendo allo sfruttamento del lavoro servile dei prigionieri di guerra.

Carlo Bertani ha detto...

Vero, Giuseppe, inoltre aveva grossi problemi per alcune materie prime: pensa soltanto che la gomma, che gli Alleati prendevano da varie piantagioni nel mondo, dovevano crearla sinteticamente, con degli aggravi di costi e di tempi di produzione. All'inizio la Spagna fu più accomodante e treni spagnoli portavano prodotti petroliferi in Germania, poi la GB, dopo il 1943 fece la voce grossa ed i traffici diminuirono in modo consistente. Ciao
Carlo