Non attendetevi chissà quale crisi del canale di Suez per il prossimo anno…non è questo il senso di questo titolo…però ci sono delle attinenze storiche che andrebbero valutate, poiché la vicenda del Coronavirus ha fatto passare in secondo piano la grande novità di questi ultimi anni: la Brexit, ossia il distacco del Regno Unito dal vecchio continente, un affare complesso, che merita qualche approfondimento.
La “crisi di Suez” del 1956 fu ordita, senza consultare gli USA e l’URSS, da Francia, Gran Bretagna ed Israele per “impadronirsi” – forse sarebbe più opportuno dire “avere una gestione indipendente dall’Egitto” – del canale di Suez dopo la nazionalizzazione imposta da Nasser. La questione era sì importante, ma c’erano i mezzi per gestirla (come poi avvenne) senza una guerra.
Una parte del problema era economica – ossia gli oneri che le navi pagavano da chi dovevano essere incamerati? – ma questo era secondario, difatti, a crisi conclusa, vennero trovati accordi soddisfacenti per tutti.
La vera questione erano gli accordi di Sèvres del 1920 – i quali, sancivano con precisione certosina l’equilibrio di potenze nell’area – che assegnavano a Francia e Gran Bretagna dei territori “d’influenza” che andavano dall’Egitto all’Iraq, dal Libano ad Aden. In quei luoghi era nato Israele, ma le potenze europee lo inclusero nell’avventura, bypassando il problema.
Il vero problema era il 1956, ossia l’anno della crisi in Ungheria e dell’invasione sovietica: i rapporti USA-URSS erano tesi, e l’URSS minacciò d’intervenire in Egitto, da qui l’ordine americano di fermare tutto e tornare da dov’era giunti. Quando gli israeliani erano a 10 miglia da Suez e gli anglo-francesi a 24 miglia.
La crisi di Suez è generalmente accettata come la fine dell’Impero Britannico e di quello Francese, per quanto attiene il passato coloniale e sancì il primato degli USA nel controllo del Pianeta, soprattutto degli oceani, che sono la via che porta dappertutto.
Il secondo aspetto che è interessante notare è la dottrina Monroe, ossia l’atto del 1823 del presidente americano Monroe il quale, dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna del 1776, dichiarò che l’intervento europeo nelle colonie americane era concluso, e gli Stati Uniti erano gli unici a poter decidere i destini del continente americano.
Nell’Europa del Congresso di Vienna tale dichiarazione fu letta con sorpresa e qualche dileggio, poiché essendo inconsistente la Marina Statunitense, l’unica nazione veramente in grado di gestire la questione era la Gran Bretagna. Era un paradosso: Gadda inquadrò la vicenda in un suo romanzo:
“Oggi [...] le terre anche loro son libere, salvo alcuni scampoli come le colonie francesi e inglesi, e il campicello di Monroe, chiuso da un leggiadro filo spinato.” (dal romanzo La meccanica di Carlo Emilio Gadda.
Questo “principio” fu ciò che consentì alla Gran Bretagna di giocare, dopo il Congresso di Vienna e congiuntamente alle altre nazioni europee fino al 1914, sul “piatto” della politica euroasiatica, mantenendo però solo per sé il resto del Pianeta. E quel gioco terminò bruscamente, a 24 miglia da Suez, nel 1956.
Sulla Brexit – che solo gli allocchi pensano si sia trattato di un “moto popolare” – bisogna ricordare che iniziò appena dopo che Trump era stato eletto alla presidenza, nel 2016. E che, all’epoca, il leader conservatore inglese era David Cameron, europeista “tiepido” ma non convinto dello “strappo” dall’Europa, bensì della necessità di rinegoziare alcuni punti d’attrito: lasciò la carica ed il seggio parlamentare proprio nel 2016, dopo l’esito del referendum.
Dunque, fra il 2016 ed il 2017 qualcuno, in Gran Bretagna e negli USA, era deciso a rinverdire la vecchia alleanza di Monroe, poi continuata per due guerre mondiali. In buona sostanza, prima di trovarsi invischiati nei mille problemi dell’Europa con il suo enorme Est (Russia, Cina, ecc) USA e GB ritennero meglio puntare le loro carte sulla vecchia alleanza: la stessa che la Gran Bretagna sancì per convenienza all’indomani del Congresso di Vienna del 1815.
Notizia nella notizia, che non sorprende, è contenuta in uno dei tanti protocolli diplomatici varati dopo la separazione dall’Europa: la Gran Bretagna si riserva di comminare le proprie sanzioni economiche ad altri Paesi in completa indipendenza, senza nessuna eccezione. Un passetto un poco azzardato.
La NATO, quindi, risulta indebolita come alleanza, ma rafforzata sugli intenti da seguire: meno siamo, più in fretta giungiamo ad una decisione. Una decisione che si prende quando il quadro delle alleanze è più definito, e dunque ci si avvicina ad un confronto.
Strana notizia, dunque, quella del velivolo antisommergibile italiano “pescato” a “rastrellare” il Mar Nero, e subito rinviato alla sua base da un Su-27M di Putin. Poi è giunta la smentita da parte italiana – ma queste tardive smentite hanno il sentore della toppa peggio del buco – perché dire che l’aereo non è più in servizio…beh…è la scusa di Pierino pescato a rubare la cioccolata…al punto che i russi non hanno modificato la loro nota diplomatica di protesta. (1) (2)
Invece, stupisce la decisione d’aver deciso la solita rivoluzione “arancione” e ferragostana in Bielorussia, con tante braccia tese nel saluto nazista e le classiche richieste di “libertà” che si sentono urlare da due secoli in tutta Europa, e non hanno mai condotto a niente. (3)
Alla NATO, purtroppo, non basta una Ucraina dove la popolazione ha perso almeno il 30% del suo potere d’acquisto e che vive, per lo più, con le rimesse degli emigranti. I russi, se volessero, potrebbero arrivare a Kiev in un paio di giorni, ma non vogliono essere accusati d’aver invaso un Paese democratico, governato prima con un colpo di Stato, e dopo da un presentatore televisivo.
Stupisce perché la Bielorussia fa il pari con la Cuba del 1962 : è il “cortile di casa” della Russia, che mai e poi mai cederà di fronte alla NATO (ed alla Lituania) in quel contesto, è troppo vicino a Mosca per i canoni di sicurezza del Cremlino e Putin ha già avvertito d’esser disposto ad inviare le truppe.
Tirando le somme, torniamo alla Brexit ed alla strana decisione britannica di saltare il fosso per tornare, con gli USA, ai tempi di Churchill o di Monroe. Comunque la pensiate, fu un bel coraggio, oppure una così ampia sfiducia nell’Europa ed una grande fiducia negli USA. Ma quali USA erano?
Nel 2016, era stato appena eletto Trump e pareva che il tycoon fosse lanciato verso i due mandati, ossia fosse giunto fino al 2024, cosa che oggi pare molto difficile: nessuno poteva immaginare che una malattia epidemica sconvolgesse gli equilibri del Pianeta.
Perché gli USA s’adoperarono per avere la Gran Bretagna con loro? In qualche modo non se n’era mai andata, però tutta quella compagnia…i francesi rompiscatole, i tedeschi boriosi, gli italiani infidi, gli spagnoli con quel loro orgoglio…no…meglio soli che mal accompagnati.
Perché, chi va con la Gran Bretagna sa che avrà la possibilità d’avere con sé, se non proprio tutto il Commonwealth, almeno quella parte del Commonwealth che ancora riconosce Elisabetta II come sua regina. E chi sono?
Beh…a parte Canada, Australia e Nuova Zelanda…ci sono due cittadine (Akrotiri e Dhekelia) a Cipro, Gibilterra, l’isola di Ascension, le Falkland, l’isola di Diego Garcia, Belize, Brunei, Kenya…tutti posti dove ci sono basi militari britanniche e/o aeroporti militari. Senza dimenticare tutte le isole dei Caraibi, che sono invece basi finanziarie, chiamate altrove “paradisi fiscali”. (4)
Pur dimenticando, nella nostra lista, tanti luoghi incantevoli (ed importanti dal punto di vista strategico) chi “sposa” la Gran Bretagna fa un ottimo affare: se, poi, lo “sposo” sono gli USA – con tutte le loro basi nel mondo e le varie flotte – si tratta di una coppia di ferro. Più acciaio, petrolio ed Uranio, tanto per non farsi mancare nulla.
Questa è stata la mossa che ha portato i due a chiedere il divorzio dalla litigiosa Europa – non monete, finanza, tecnologia od altro – perché avendo a disposizione un aeroporto in quasi tutto il pianeta, senza dimenticare che da molti anni i due continuano a dirigere le operazioni militari in Iraq ed Afghanistan, consente loro di dominarlo. O, almeno, così sperano.
Di certo alcune cosucce li hanno spaventati: mai s’attendevano che i russi si mettessero a difendere la Siria come hanno fatto, impiantando persino una base aerea russa in territorio siriano. Ma ciò che veramente li spaventa è il ritmo col quale Pechino avanza sul piano militare.
La Cina, oggi, ha in servizio due portaerei, ma il governo ne ha ordinate subito altre due poi, senza attendere oltre, ne ha ordinate altre quattro, che saranno a propulsione nucleare. Ciò che sbalordisce è il ritmo, sei anni in tutto: ciò significa che nel 2026 otto portaerei cinesi saranno in linea, modernissime e pronte al confronto.
Come se non bastasse, i cinesi hanno modernizzato i missili a traiettoria balistica con sistemi d’autoguida terminale molto avanzati in funzione anti-nave, un po’ come i Kalibr russi, ed oggi è difficile pensare di mantenere il dominio del Mar Cinese e, più avanti, dell’Oceano Indiano. Il tutto, beninteso, senza armi atomiche.
Ci si può domandare dove vogliano arrivare i cinesi: a parte piccole contese territoriali, isolette di poco conto, al massimo Taiwan, che è già comunque ampiamente all’interno del sistema di difesa cinese, la Cina può avere due obiettivi: o lo scontro totale con le vecchie potenze euroamericane, oppure la conquista e la difesa di una zona paragonabile a quella conquistata dai giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, la “sfera di prosperità asiatica” a guida giapponese.
Ammesso che questo sia un obiettivo cinese, poiché la Cina ha già oggi una miriade di rapporti economici con la Russia, l’India, il Pakistan, l’Iran, l’Indonesia, la Malesia, il Vietnam…lo stesso Giappone.
Può essere un suo obiettivo giungere a controllare anche politicamente altre Nazioni? Ne dubito, perché non vedo il bisogno di farlo: grazie alla leva economica, sono già ben presenti in Asia. E nello SCO, alleanza senz’altro più solida della NATO perché nata e sorretta più da rapporti economici che da semplici somme militari.
Perciò, a mio parere, il grande sviluppo militare della Cina è più difensivo che offensivo, mentre la rinnovata forza dell’accordo fra USA e GB sembra indicare una volontà di riappropriarsi di quanto hanno perduto nei confronti della Cina dal punto di vista economico.
Un gioco piuttosto azzardato, poiché Cina (e Russia, e India) sono tutte potenze nucleari, e dunque non aggredibili con quei mezzi.
Oltretutto, la presenza di Trump alla Casa Bianca il prossimo anno è molto dubbia, ed anche se il nuovo presidente accettasse la sfida iniziata dal suo predecessore – una sorta di continuità diplomatica – non vedo con quali mezzi potrebbe intraprenderla, dopo la sciagurata gestione del Covid-20. Non dimentichiamo che gli USA, ad oggi, hanno circa 17 milioni di disoccupati che sopravvivono a spese del governo. Fino a quando? E si tratta dei soli disoccupati delle industrie: a quanto ammonterà, alla fine, il dissesto finanziario di tutto l’indotto statunitense?
Si fa affidamento sulla forza del dollaro, ma si può continuare a farlo? E per quanto? I cinesi hanno iniziato a comprare petrolio in yuan ed alla Borsa di Shangai c’è già una quotazione in yuan (con tanto di future) dal Marzo 2020, mentre scambiano i prodotti energetici con la Russia nelle rispettive divise (yuan e rublo) ed anche altri Paesi cominciano ad usare altre valute, come l’Euro. L’Iran usa dollari, euro, yuan, rubli e rupie.
E’ sempre molto difficile fare previsioni, soprattutto su quel “lungo periodo” sul quale John Maynard Keynes aggiungeva sempre una postilla “nel quale saremo tutti morti”. Però, almeno alcuni ragionamenti senza pretendere d’aver svelato la Luna, si possono fare.
Mentre la Cina non sembra avere, oggi, necessità del confronto militare per sopravvivere sulla scena mondiale, la posizione di USA e GB ricorda un po’ quella di due giocatori di poker che hanno perso parecchio e, alle tre di notte, raggranellano tutti i soldi che hanno ancora per tentare il classico “o la va o la spacca”.
Rischiando di trovarsi, col serbatoio vuoto, a 24 miglia da Suez.
2) https://formiche.net/2020/08/italia-russia-mar-nero/
4) https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4f/Commonwealth_realms_map.svg
9 commenti:
Ciao Carlo, molto interessante la tua riflessione sulle implicazioni geopolitiche della Brexit. Ad essere sincero non ho capito come è stato possibile che gli USA si siano praticamente isolati appoggiando l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue visto che gli inglesi sono la testa di ponte americana in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Oltre alle considerazioni da te fatte, mi pare che delle menti alquanto limitate dal punto di vista strategico come Trump e (visto che le disgrazie non vengono mai sole) l'attuale primo ministro britannico abbiano potuto prevalere su un azzardo di queste dimensioni. Ci sarebbero poi alcune considerazioni sulla disastrosa situazione dell'Ue che allo stato dei fatti rischia di essere facile preda di Russia e Cina. Basterebbe ridimensionare il ruolo della Germania e la sua ossessione al comando per mettere definitivamente in crisi la già precaria situazione dell'Ue.
Ciao
Massimiliano
Grazie Carlo, hai descritto perfettamente una situazione che conoscevo poco o meglio, per sommi capi. Sono d'accordo, la ue per gli usa e'una specie di palla al piede, come e'sempre stata infatti ha sempre fatto "armiamoci e partite" in tanti scenari dove facevano le comparse e gli usa il grosso. Secondo me, lo dico sempre, il mondo ha cominciato a girare all'inverso con la siria. Se gli usa fossero entrati in siria da padroni voleva dire entrare e trovare una porta per l'immensa russia e poi la cina. Son stati fermati sia li che in crimea e ora tentano il tutto per tutto, alle 3 di notte,con la bielorussia, ma e'come hai descritto tu! Per me sei un punto di riferimento, grazie, Jane.
E' vero che, in fin dei conti, l'UE era una buona soluzione per gli USA, ma fino a quando stavano buoni buonini e s'inchinavano di fronte agli americani. Il che è venuto meno con la riunificazione tedesca, con la crescita della Spagna dopo gli anni '80...insomma, l'UE ha messo più bastoni fra le ruote economici rispetto a quanti ne poteva risolvere, vedi le querelle contro l'industria tedesca "inquinatrice", mentre le 5.000 cc e passa americane non inquinavano una mazza. Di qui la scelta, angloamericana, di ritornare alla classica politica dei "cugini angli". E' il vecchio copione giocato per due guerre mondiali.
Non sono sicuro che il gioco varrà la candela...i rapporti internazionali sono molto fluidi oggi, la diplomazia corre su una lama di rasoio...staremo a vedere.
Grazie e saluti a tutti (vado a vedere come sta la mia barca, e come sto io con lei...)
Carlo
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