18 settembre 2008

Duro scontro con la realtà

La vicenda di Alitalia ci porta a fare non una, bensì una serie di considerazioni che s’incrociano e s’accavallano, e si può quindi partire da uno dei tanti bandoli della matassa.
La prima considerazione è che la compagnia italiana, sola soletta in un pianeta dove le compagnie annaspano sempre di più, non aveva e non avrebbe avuto nessun futuro, CAI o non CAI. Se grandi compagnie come Lufthansa od Air France si fondono con altre, una ragione ci sarà pure.
Ad essere sinceri, ci sono più aspetti che rendono grottesca la vicenda: non solo l’assurda pretesa di mantenere “nazionale” la compagnia – una scelta che sa tanto d’autarchia vecchia e datata – ma anche quella, presuntuosa, di sdoppiare gli hub (Fiumicino e Malpensa) quando si stava a malapena a galla con uno.
Le responsabilità del governo ci sono quindi tutte, per non aver saputo prevedere un finale scontato: anche la piccola “Alitalia nazionale”, che sarebbe nata, non avrebbe avuto vita facile con i colossi dell’aria europei, ed il contribuente – di riffa o di raffa – avrebbe continuato a pagarne le carenze.
Nello svolgersi della vicenda, però, abbiamo annusato più “arie”: una, che ci porta dalle parti dei 16 “capitani coraggiosi”, sapeva tanto di una rinuncia annunciata. E qui ci spieghiamo.
La lunga e sofferta odissea che ha accompagnato la nascita della cosiddetta “cordata” – quel segreto che nascondeva trattative febbrili – sembra narrare un grande impegno di Berlusconi per un successo personale nella vicenda, al quale, però, non corrispondeva pari entusiasmo.
L’aria che pareva di respirare, più di un’avventura imprenditoriale, era quella di un “debito elettorale” che andava comunque pagato al Cavaliere, ed al quale i vari soggetti – per svariati motivi che non ci verranno mai a raccontare – sembravano dovere qualcosa. Della serie: “se prendo Alitalia mi hai fatto un piacere, se invece non me la devo prendere, me ne hai fatti due”.
Ciò spiegherebbe le strane “chiusure”, gli “aut aut”, la preclusione a sigle sindacali delle quali si sapeva benissimo che controllavano la gran parte del personale specializzato (piloti, ecc). Eppure, non potevano essere così fessi da non saperlo. Credo che, dalle parti della (ex) CAI, più di una persona, stasera, abbia stappato una bottiglia di champagne.
Una speciale attenzione merita – più che i sindacati autonomi – il comportamento della CGIL. Qualcuno potrebbe notare analogie con la rottura sindacale che avvenne con il “Piano per l’Italia” del precedente governo Berlusconi: a mio avviso, la questione è più complicata, perché fra i due eventi c’è stato il famoso “scippo” del 23 Luglio 2007, precariato e pensioni, il gran regalo di Damiano & soci alla finanza ed all’imprenditoria italiana.
Ci sarà stata senz’altro aria di rivalsa contro il Cavaliere – Epifanio è legato a filo doppio con le burocrazie del PD – ma qui c’entra forse più un pizzico di realismo.
Per come s’è svolta la vicenda – quel cedimento repentino delle altre sigle confederali, l’intransigenza di SdL e della altre sigle – la CGIL ha iniziato a temere di rischiare grosso. Della serie: posso rischiare il suicidio sindacale qualche volta – nei confronti dei governi “amici” – ma, alla lunga, i COBAS e tutti gli altri finiranno per accendermi il fuoco sulla coda. E se prendesse piede una sorta di Solidarnosc italiana? Nei luoghi di lavoro, ancora si ricorda la truffa del referendum sulle pensioni, con i “bonzi” sindacali che giravano tutto il giorno a votare in più sedi, mentre nelle sedi potenzialmente “ostili” (verificato di persona nella mia scuola), non si vide uno straccio di seggio.
Un atteggiamento più rigido, quindi, serviva alla CGIL per tentare di rifarsi una verginità perduta mentre, sul fronte della CAI, era tutta manna dal cielo per poter dire a Berlusconi: «Hai visto? Ci abbiamo provato…»
Infine, i lavoratori.
Bisogna onestamente riconoscere che i lavoratori di Alitalia hanno fornito una prova di dignità che da tempo non s’osservava in una lotta sindacale, al pari dei metalmeccanici FIOM di Rinaldini.
Sull’altro piatto della bilancia, però, i dipendenti Alitalia non sono salariati agricoli o tessili: sanno di far parte di una realtà imprenditoriale che è appetita. Anche se in Europa pare regnare il silenzio, c’è senz’altro già qualcuno che beve caffé e macina conti sul computer: il mercato italiano dell’aria è pur sempre un mercato che vale.
Una lotta sindacale portata avanti con fermezza e dignità – che ha condotto alla bruciante sconfitta i “rottami” della ex “triplice” sindacale, CISL ed UIL, più i parvenu dell’UGL – ma condotta sapendo che, dopo l’uscita di scena di CAI, si farà avanti qualcun altro che, bene o male, confermerà i loro redditi.
Vedremo se, i piloti e gli assistenti di volo, sapranno usare identica “nobiltà” quando ci sarà da contrattare per la plebe, ossia per il personale di terra, per il settore cargo, la manutenzione, i precari, ecc.
Ovviamente, il nuovo potenziale acquirente estero non accetterà più di farsi carico dei debiti di Alitalia (come nella precedente trattativa con Air France), e l’asticella sarà alzata di qualche tacca, a tutto discapito del contribuente italiano, che dovrà ancora una volta farsi carico dei debiti della compagnia.
La grande sconfitta, perché un vero sconfitto c’è, riguarda il governo e soprattutto l’immagine di Berlusconi, oramai offuscata. Come è arrivato a farsi buggerare in tal modo? Una spiegazione c’è.
Dopo la vittoria elettorale, il governo ha creduto d’aver vinto il Paese al Lotto: cosa che, a dire il vero, non sembrerebbe una gran vittoria, viste le condizioni economiche italiane. Ma tant’è: chi s’accontenta gode.
L’errore malsano è stato credere – come più esponenti del governo hanno affermato – che la “luna di miele” con gli italiani fosse imperitura, giacché sorretta (ed i meno sciocchi lo sanno) dal gran battage pubblicitario che Rai/Mediaset regala al Cavaliere.
Ora, un conto è usare gli strumenti di comunicazione come momento d’ipnosi collettiva – che può anche riuscire – un altro finire per rimanere auto-ipnotizzati. A sentire certe dichiarazioni di Brunetta, della Gelmini e d’altri (il Cavaliere non fa testo, è caduto nella pozione chiamata “mania di grandezza” da piccolo), sembra non si siano accorti d’essere finiti, scorrazzando qui e là, sotto la lente dell’ipnotizzatore.
Mai credere ai sogni che s’inventano per imbonire le masse – nemmeno Mussolini ci cascò – perché al primo manifestarsi della realtà per quel che è – propizia, nefasta, inconcludente, insignificante, tragica, esaltante – essa frantuma le bolle di sapone auto-create con tanto impegno. E ci si sveglia dai sogni.

4 commenti:

Luca C. ha detto...

Tremonti ha appena detto che Alitalia non può essere rinazionalizzata, perché lo impediscono le norme comunitarie o qualcosa del genere. Ed è vero, in effetti, che l'Unione Europea incide pesantemente sulla libertà delle nazioni che vi appartengono di adottare la politica che meglio credono al riguardo.
Se così stanno le cose, tuttavia, non si capisce a che scopo cincischiare tutto questo tempo con l'italianità della compagnia che sarebbe stata salvata dalla CAI, quando è evidente a tutti che questi signori dopo cinque anni lascerebbero tutto ad Air France, o a Lufthansa o magari a British Airways.
E se gli esuberi, la cassa integrazione, ecc. ecc. saranno comunque a spese dello stato, non sarebbe giusto che il Ministero dell'Economia fosse almeno azionista di minoranza della compagnia, per trarre anche qualche utile dalla stessa invece di lasciarli tutti ai "soliti noti"?
Luca

S. ha detto...

Tipico degli incantatori maldestri restare affascinati dall'oscillazione del loro stesso pendolo e perdere di vista il disegno più grande.
I manipolatori di oggi potrebbero candidarsi a divenire i manipolati di domani, senza neppure accorgersi che il veleno che hanno in circolo è lo stesso che hanno cercato di iniettare a qualcun altro.
Poi finisce che qualcosa va storto (o va per il verso giusto?) e ci si trova vittime dei propri stessi inganni.
Chissà?
Credo che ognuno, nel suo piccolo, si costruisca attorno la propria prigione, e poi pianga disperato, magari lamentandosi della sfiga di trovarsi lì, senza accorgersi di avere in mano la chiave per uscirne.

Anonimo ha detto...

Innanzitutto vorrei esprimere anche io la mia solidarietà e la mia ammirazione per la dignita avuta da parte degli operatori Alitalia, che ho avuto personalmente la possibilità di vedere direttamente in quanto lavoro in via Veneto a pochi passi da dove si svolgevano le trattative ed ho potuto constatare tra squilli di tromba e inni al banditaggio la determinazione di chi aveva capito che sarebbero solo stati usati per un operazione politica finanziaria che non aveva futuro.La cosa che mi infastidisce di più è la reazione dei miei pari di quei cittadini che spinti da una malainformazione che ha saputo dare risalto solo alle parole del nostro duce (é tutta colpa della C.G.I.L e dei piloti se stiamo andando verso il baratro), e ai squilli festosi di tromba dei piloti quando la cai ha abbandonato la contrattazione , considerare in maniera quasi spregevole questi lavoratori che a loro modo di vedere avevano sempre guadagnato troppo per poter reclamare qualcosa.A me tutto ciò da il voltastomaco e mi fa essere contrariamente a te pessimista nel vedere sfumare l' apprezzamento al nostro venditore di sogni e impunità.Se la gente sapesse esprimere pari dignità di quei lavoratori forse qualcosa potrebbe cambiare in questo paese.In fine lasciami domandare a te Carlo quale è secondo te il confine tra la mia ingenuità e il mio cerchiabottismo nel rimpiangere la figura di Prodi il quale a mio modo di vedere aveva un profondo senso delle istituzioni e che durante il suo mandato si era procurato una trattiva con Air France che anche se presentava delle lacune avrebbe permesso di sopravvivere e magari anche rinnovarsi senza l' aiuto dei vari strozzini (banche e confindustria)e che soprattutto si è presentato sempre davanti ai giudici e non ha mai cercato alibi.

Carlo Bertani ha detto...

Tre commenti da "90". Sulla questione puramente economica, mi sento di dire che la soluzione Air France era la migliore, ma Berlusconi voleva aggiungere un'altra corda all'arco per esser certo di vincere le elezioni. Chi non ne fosse convinto, ascolti la "chiacchierata" fra Berlusconi e Saccà (disponibile su Youtube) dove racconta - senza pudore - che la promozione della tale attricetta "gli serve per avere la maggioranza in Senato". Verba manent. Figuriamoci cosa gliene fregava di Alitalia. Oggi, non vedono tutti l'ora di togliersi il "morto" di casa - CAI e governo - perché per entrambi sarebbe un peso. Unico problema: l'immagine, che va ad incrinarsi. Per questa ragione, hanno iniziato il tam tam che "è colpa dei sindacati": solo questione d'immagine e di format, come ricorda Berselli in un bell'articolo su Repubblica. Di certo, però, sarà la prima incrinatura del governo Berlusconi: la crisi economica farà il resto, poiché si ha un bel convincere tramite i media, ma quando sono i soldi a mancare...
Nemmeno io saprei tracciare un confine, dove termina l'imbonitore mediatico e dove torna a farsi vivo il buon senso, ma so che quel confine esiste. Lo scoprirono, in modo terribile, italiani e tedeschi alla fine della guerra: speriamo di riuscirci prima.
Su Prodi, che dire...si è senz'altro - sempre - mostrato uomo di governo e non una fanfaluca come il Cavaliere, però ha anch'egli le sue colpe.
Non seppe comprendere che doveva dare una sterzata al Paese, che bisognava dare segnali di discontinuità. La sua maggioranza, però, era marcia fino al midollo, esattamente come lo è oggi quella di centro destra, basti pensare che i "guai" della Forleo e di De Magistris vennero (quasi) tutti dal centro sinistra.
E poi, la riforma del welfare e delle pensioni fatta contro i lavoratori, contro la sua stessa maggioranza?
Fu troppo acquiescente con i poteri bancari ed imprenditoriali del Paese, e non s'accorse che finiva per giustificare un "tanto peggio, tanto meglio" in parte dell'elettorato.
In ogni modo, è acqua passata: se dovessimo giungere a rimpiangerlo (come sosteneva Biagi) saremmo messi ben male.
Una notizia di servizio: martedì pomeriggio sarà pubblicata italianova.org: sono nove mesi che ci stiamo lavorando, speriamo bene! Siete tutti invitati al "vernissage"!
Ciao a tutti
Carlo Bertani