15 dicembre 2007

Le autostrade dei sogni (mancati)

Gentile Ministro Bianchi,
è con gran pena che mi rivolgo a lei, così canuto e all’apparenza saggio, perché l’essere ministro – quel ministerium che sa di servizio – ci dovrebbe consentire di rivolgerci a lei come in confessione, nel pubblico confessionale del Web.
Ho dovuto per forza scriverle perché sono stato colpito da due eventi, nella medesima sera, che la riguardano: come supremo gestore dei trasporti italiani e come comunista. Almeno, così dicono di lei.

E’ notte, la buia notte di dicembre che ottenebra le strade dell’Appennino, quando nel fascio dei fari m’appare un conoscente. Non fa l’autostop, non fa nulla: attende nella notte. Come non fermarsi per chiedere se ha bisogno d’aiuto?
Vuole conoscere il tenore dei miei pensieri mentre guidavo? Presto fatto.
Ronzava ancora nelle orecchie l’omelia dell’arcivescovo di Torino, durante le esequie dei quattro operai morti alle acciaierie Thyssen-Krupp (i “fabbri” di Hitler, ricorda?), che scagliavano nell’etere – urbi et orbis – il messaggio ripetuto da tutti i cantori di regime: «Mai più, mai più esseri umani bruciati, carbonizzati, resi cenere dal fuoco della fabbrica!» Memento, homo.
Finalmente, verrebbe da dire.
M’arresto: «Successo qualcosa?»
«No, aspetto la corriera.»
«Qui?»
«Sì, dovrebbe passare fra tre quarti d’ora.» Tre quarti d’ora nella notte a due sotto zero. Verrebbe quasi la voglia di raccontarlo al Ministro dei Trasporti.
«Sali, dai, che si va a casa.»
«Come va?» i soliti convenevoli. «Hai finito di lavorare a quest’ora?»
«Sì». «Ma che orario fai?»
Ancora lo ricordo, ragazzo, sui banchi di scuola. Non so che titolo di studio ha e che scelte fece, ma ora lo ritrovo solo, nella notte, che aspetta una corriera più evanescente di quelle che portano da Kabul a Mazar–I–Sharif.
«L’orario di lavoro è dalle 7 del mattino alle 19, continuato: l’altro turno» – ci vuole tanto ad indovinarlo? – «è dalle 19 alle 7.» Settore? Edile, grandi costruzioni.
E così scopro che, quel ragazzo che osservavo giocare sul campo di calcio, ora manovra per 12 ore continuative qualche marchingegno che scava, trita, carica, stende, liscia, batte terra o cemento, asfalto o ghiaia. Per dodici ore, continuate.
«Lo hai scelto tu di fare 12 ore il giorno?»
«No: è così, oppure non lavori.»
Questa è la strategia della "sicurezza" dopo i morti di Torino.

Verrebbe la voglia di raccontarlo al ministro del lavoro, ma è troppo occupato a gustare il frutto delle sue alchimie strategiche che riguardano lavoro e pensioni, e allora m’avvicino al confessionale, scosto la tenda e lo racconto ad un ministro comunista. Almeno, così mi hanno raccontato: un tizio che è docente d’Economia dei Trasporti, che è stato messo lì da un altro accademico che fa di nome – per mostrare d’essersi affrancato dalla schiavitù – Diliberto.

Ascolteranno, questi libertari comunisti? Non lo so: se non ascolteranno loro, udranno gli italiani.
Mentre si celebrano sante messe – con le liturgia della Chiesa, dei partiti e dei media di regime – sui poveri morti di Torino, nell’indifferenza di tutti c’è chi continua a lavorare per dodici ore filate con delle pericolose macchine operatrici. E poi si grida all’incidente.
Ci arrabbiamo – giustamente – per i giovani laureati sottoccupati nei call-centre, e ci dimentichiamo dei dannati della terra, di quelli che per strappare un tozzo di pane devono giocarsi brandelli di vita.
Verrebbe la voglia d’urlarlo in faccia ad un ministro comunista. L’unico che si riesce a trovare: l’altro, è sempre occupato a tradurre, dal latino che giunge da Oltretevere, il nuovo verbo della “solidarietà sociale”.

Non faccio in tempo a salutarlo ed a salire le scale di casa che giunge un’altra sorpresa: è proprio la tua sera, Ministro Bianchi.
E’ arrivata una bella multa di 160 euro per eccesso di velocità, più cinque punti in meno sulla patente. La data è “solo” del 10 di Agosto, ma non fa nulla: anche i treni non arrivano mai in orario.
“Ha raggiunto la velocità di 93 Km orari nel comune di Cassine…” per una attimo, mi tornano alla mente Tenco e gli anni della mia gioventù.
Ma, quel tratto di strada, non è la tanto osannata “superstrada” Acqui-Alessandria?!?
Eccome! Eh, lo ricordo bene: fine dei problemi di traffico nell’alessandrino: c’è la superstrada! Ricordo suoi colleghi – per carità, inferiori per censo, “solo” sindaci e amministratori provinciali – che tagliavano nastri e si davano gioiose pacche sulle spalle: ce l’abbiamo fatta, finalmente abbiamo la superstrada!

Io, ingenuamente, credevo che su una superstrada si potesse raggiungere la folle velocità di 93 Km orari, ma ho scoperto il tranello e qui – nella quiete del confessionale – glielo voglio raccontare. Così, nell’attesa di traslare la salma di Lenin nella casa di Diliberto, potrete colpire questi sordidi controrivoluzionari.
All’insaputa di tutti (!), certi oscuri nemici del popolo – amministratori comunali, forse vigili urbani ligi al dovere, chi mai lo saprà? – hanno posizionato cartelli con il divieto di superare i 70 Km orari in alcuni punti – deserti come la ridotta dei Tartari – della superstrada e così, quando il settore vinicolo non va tanto bene, “vignano” lo stesso grazie alla tecnologia dell’autovelox. E voi potete, appagati e garruli, tagliare ogni anno le risorse finanziarie per gli Enti Locali. Tanto, paghiamo noi.
Forse, se volessimo aumentare la sicurezza sulle strade, non sarebbe meglio pensare a forme di segnaletica attiva, oppure non consegnare ai neo-patentati auto che corrono a 160 Km/h? Come dice? La FIAT ha storto il naso? Beh, ma lei è un ministro comunista...

Ora, caro Ministro Bianchi (onomatopeico), non m’adombra il pensiero di quei cinque punti: siccome ho quasi 40 anni di patente e non ho mai – forse per mia fortuna – avuto un incidente ritengo che, se la fortuna continuerà ad arridermi, potrò assommare tanti punti da vincere una lavatrice.
I soldi? Anche quelli non sono importanti: “vanno e vengono”. Vanno da noi, per giungere a voi.
Ciò che mi deprime è il ricordo. Sì, ha ragione: un figlio dei fiori non pensa al domani. E io penso a ieri. Lei ha appena scapolato il gran tranello dello “fermo” dei TIR, e starà senz’altro confortandosi per lo scampato pericolo con robuste dosi di coramina.

Era appena l’altro ieri, quando lei fu incaricato di sovrintendere allo scassato regno delle mulattiere nazionali: ancora ricordo cosa affermò come suo indirizzo, la Stella Polare che l’avrebbe guidata nel suo ministerium.
«Finalmente, darò il via alle “autostrade del mare.”» Aspetti, ministro, non scappi dal confessionale: ci sono i filmati RAI e le ANSA dell’epoca che la inchiodano. La prego, non si nasconda dietro l’altar maggiore…
Non voglio tediarla – queste cose lei le sa benissimo – ma voglio confortarla: aveva ragione da vendere!

Il modello di trasporto italiano – fino all’avvento ferroviario – fu un modello marittimo e fluviale: per la forma stessa dell’Italia, anche i bambini comprendono che, le merci che si spostano dal Nord al Sud, è meglio se occupano spazi in mare che nelle autostrade. Oltretutto, una modesta nave con 2.000 tonnellate di portata utile, “toglie” dalle strade 85 TIR, quei maledetti che stavano per farle la festa. Quei poveracci, quei dannati del volante che devono correre come matti, altrimenti rischiano il posto.
L’altro segmento di trasporto era rappresentato dalla rete dei canali veneti e dal Po. Posso ricordarle che, nel 1819, l’arciduca Ranieri d’Austria inaugurava la rete di canali che, dalla Svizzera, portava a Venezia via Lago Maggiore, Ticino, Naviglio Grande, Naviglio Pavese e Po? Già, ma lei insegna economia dei trasporti, mica storia…
Eppure, tutti i nostri problemi nascono da quella negazione. Come dice? Nessuno lo chiede, dall’Europa non è giunto nulla…
No, ministro: adesso non mi faccia arrabbiare, altrimenti – al posto dell’assoluzione – le arriverà un cazzottone.
Non mi dica che non lo ha letto. Non ha letto il Libro Bianco “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”? Lo so, sono 138 pagine fitte fitte, e nelle tiepide sere romane viene voglia di far dell’altro.
Lì, l’UE ci tirava le orecchie proprio per la scarsa attenzione posta alla navigazione interna, per la nostra scellerata disattenzione per la navigazione marittima. Qui da noi, pare che tutto ciò che esula dalle autostrade non esista.
E la TAV? Ma, Buon Dio, era l’UE stessa che le raccomandava cosa fare: “…il trasporto via mare fra porti europei, che avrebbe potuto alleggerire la congestione nella Comunità, in particolare quella attorno alle Alpi e ai Pirenei, non ha conosciuto lo stesso sviluppo…(rispetto alla ferrovia N. d. A.).
Il trasporto marittimo intracomunitario e il trasporto fluviale sono due elementi chiave dell'intermodalità che devono permettere di far fronte alla congestione crescente delle infrastrutture stradali e ferroviarie…Il loro rilancio presuppone la creazione di autostrade del mare…(pag. 44).

Insomma, Ministro, aveva visto giusto! Domanda: perché non ha fatto niente?
Mancavano i soldi?
Non mi sembra, visto che la stessa UE era disposta a finanziare il 50% delle spese di progetto, ed il 10% di quelle di realizzazione, per il collegamento fluviale di Milano via Cremona, Po, con i porti adriatici. Qual era la stima dei lavori?
Il Consorzio Navigare sul Po li stimò, nel 2001, in 400 miliardi di vecchie lire: mettiamoci un po’ di rivalutazione – e i contributi europei – e forse la spesa sarebbe inferiore ai 200 milioni di euro. Troppo poco? Eh, lo so: è una miseria…

Poi, prima dei tre rituali Pater, Ave e Gloria, voglio ricordarle che sono un po’ stufo di ricevere sempre posta che – ad onor del vero – dovrebbe sbrigare lei.
Come quella del signor Albert Mairhofer – un simpatico altoatesino – che ha fondato a Londra una società, la Tirol-Adria, che si propone di creare un collegamento fluviale fra le valli dell’Adige e dell’Inn. So che ha capito: qui si parla di mettere in collegamento il Mediterraneo con il Danubio, mica roba da ridere. Piatto ricco: già ci pensava Franz Josef.
La prego, intervenga: non so più cosa rispondere ad Herr Mairhofer, perché ha già ricevuto risposte – per ora solo interlocutorie – dal governo federale tedesco e da quello austriaco, da quelli regionali del Tirolo e della Baviera.

Recentemente mi ha fatto sapere che anche la regione Veneto si è mossa ed il progetto verrà presentato a Berlino: “Gentile dott. Albert Mairhofer…sono ad informarla che sarò io a rappresentare la Regione Veneto al convegno di Berlino, e che nel corso dell’intervento provvederò ad accennare la possibilità di realizzare il collegamento fluviale in oggetto…Cordialmente, Paolo Menegazzo.
Ma, è possibile che lei non ne sappia proprio nulla? Qui fanno convegni, fondano società ed associazioni, siti Web: lei, dov’è nel frattempo?
Mairhofer continua a chiedermi perché “Herr Prodi” non gli risponde: magari Herr Prodi ha passato una “velina” ad "Herr Bianchi", ed era così velina che è volata via nel ponentino. Faccia qualcosa, perché lo sa come sono questi italiani di lingua tedesca: sono gente seria, d’altri tempi: ritengono che, quando si scrive al proprio governo, s’abbia da ottener risposta. Per loro, non c’è differenza fra il governo di Roma (!) e quello di Berlino.
Insomma, io mi pento e mi dolgo per quei 93 Km l’ora, ma lei non mi faccia fare – gratis – il supplente!

Ora la saluto, e le confesso che sono moderatamente ottimista per il vostro futuro. Dopo tanti mesi di tentennamenti – nei quali avete lasciato passare riforme che nemmeno il centro-destra si sarebbe immaginato di fare, come lavoro e pensioni, RAI, sicurezza, scuola e tutto il resto – ho visto che oggi state risollevando la schiena per protestare. Finalmente.
Come dice? Sono solo proteste per una legge elettorale che vi vedrebbe svantaggiati? Allora siete solo capaci a protestare per salvare le vostre poltrone! E le “autostrade del mare”? Erano solo un sogno del giovane Werther?
Grazie, Ministro Bianchi: no, non fa nulla per l’assoluzione. Faccio a meno. Saluti “comunisti” (sic!).
P.S. La storia dei turni di 12 ore è tutta vera e sacrosanta: ho dovuto solo – nell’Italia dei diritti sanciti dai partiti “amici” dei lavoratori e dai sindacati rampanti – confondere un po’ le acque per non rendere riconoscibili luoghi e situazioni. Non per me, che non rischio nulla, ma per chi me l’ha raccontata. Capirà: c’è l’Italia dei ministerium, e c’è quella di chi “tiene famiglia”.

8 commenti:

Unknown ha detto...

I mei complimenti. E' stato ineccepibile.

Ma che speranze abbiamo? Solo una rivoluzione può salvarci? E chi è capace di muovere questa rivoluzione? Perchè tanto poi c'è l'ultima puntata della fiction in Tv e allora rimandiamo a domani...ma domani c'è l'italia che gioca...e poi dopodomani si lavora e se ne parla il prossimo week end...se ci arrivo.

Un ingegnere (anche io lavoro 12 ore al giorno e rischio solo la vista...sono un fortunato?)

Luca C. ha detto...

Quello che mi chiedo anzitutto è sul CCNL di quel giovanotto (perché avrà un contratto di lavoro, non sarà mica in nero, altrimenti è proprio inutile parlare) quante ore i sindacati del settore hanno deciso che lui possa lavorare.
Perché certamente non saranno 12 ore... e chissà se le ore che lavora in più gliele pagano come straordinario.
Fosse anche, sarebbe comunque troppo. Del resto, a Roma abbiamo cantieri (per esempio per nuove metropolitane di cui si potrebbe benissimo fare a meno) che stanno aperti regolarmente fino a notte alta.
Però se il discorso rimane che l'operaio accetta di lavorare perché altrimenti non si lavora per niente non si caverà mai un ragno dal buco.
Tu come reagiresti, Bertani, se il tuo preside ti chiedesse di fare lezione per 12 ore filate?
Ecco, appunto...
Saluti
Luca

Paolo Federici ha detto...

caro Carlo
proprio ieri scrivevo nel mio blog
http://paolofederici.splinder.com/post/15113537
... "Allora capovolgiamo il problema: smettiamola di far viaggiare le merci su strada (solo in Italia quasi il 90 per cento delle merci vanno via camion! Nel resto dell'Europa i traffici si dividono equamente tra strada e ferrovia), incrementiamo i servizi ferroviari e sviluppiamo le "autostrade del mare" (se non sapete cosa siano, chiedete! Ve lo spiego io).
Lo Stato non dovrà più "mantenere" i camionisti, le strade saranno più libere, l'inquinamento si ridurrà, le ferrovie potranno incrementare i loro servizi, i nostri mari saranno meglio "sfruttati" per i trasporti ... e l'Italia rientrerà nella media Europea nel rapporto di forza tra camionisti ed "altri" tipi di trasporto!
Utopia?
Ai posteri l'ardua sentenza!"
Personalmente credo che non sia utopia: le cosiddette «autostrade del mare» sono un meraviglioso progetto che continua a trascinarsi da anni. Purtroppo la «logica» di far viaggiare per mare le merci che devono andare da Milano alla Sicilia (imbarcando i camion al porto di Genova o di La Spezia e sbarcandoli a Palermo) si scontra con «altri» interessi, perché così facendo si ridurrebbe drasticamente il consumo di combustibile, e le società petrolifere NON sarebbero contente. Le autostrade diminuirebbero i loro introiti e il ponte sullo Stretto non avrebbe più ragione di essere. Anche la «logica» di potenziare le ferrovie si è scontrata, negli ultimi cento anni, con lo strapotere della Fiat. E' chiaro che se molta più gente e molte più merci viaggiassero per treno, la Fiat venderebbe meno camion e meno auto. E questo - per loro - non va bene.
In Germania oltre il 50% delle merci viaggia su rotaia (cioè con il treno). In Italia non raggiungiamo il 10%. Ma la stessa cosa si potrebbe dire per i trasporti «cittadini»: a cosa serve avere quell'enorme numero di automobili che avvelenano le città? In Giappone nessuno si sogna di andare in ufficio con l'automobile. Certo, la differenza è che là i mezzi pubblici funzionano davvero. Purtroppo non basta la «logica» per far funzionare le cose. Così come per far smettere di fumare nei locali pubblici c'è voluta una legge, ci vorrebbe una legge per:
1) impedire l'utilizzo dei camion (ma anche delle automobili) su tratte superiori ai 300 chilometri (per effettuare viaggi più lunghi i camion devo «salire» sul treno o sulla nave. Insomma, NON si possono più fare tratte superiori ai 300 chilometri «tutto strada»
2) impedire l'accesso delle auto private nelle città (a lavorare ci si va con i mezzi pubblici. Tutti, dal megadirigente all'ultimo uomo delle pulizie). Certo, prima bisognerebbe assicurarsi che treni, traghetti e metropolitane funzionino a dovere. E questa, oggi, è ancora utopia.
Paolo

Carlo Bertani ha detto...

Come sempre, tanta carne al fuoco.
Credo di sì: solo una rivoluzione (nel senso di un mutamento di 180°) potrà salvarci, solo che - temo - non accadrà se non dopo una dolorosa catarsi.
La generazione che meglio lavorò per l'Italia fu quella che prese le redini del paese dopo la guerra. Sembra quasi che non sappiamo vivere senza ricordare quando abbiamo sofferto, e tanto.
Non riesco ad inquadrare bene il commento di Lucacec, perché mi sfuggono alcune cose.
E' evidente che il contratto sarà per 8 ore, solo che se non ne fai 12 sei subito licenziato: c'è tanto da capire?
O si fanno contratti e si rispettano, oppure smettiamola di parlare dell'Italia come di un paese civile.
Molto bello ed esaustivo l'intervento di Paolo, che spiega benissimo il problema italiano dei trasporti.
Aggiungo una sola cosa: in Germania il 30% delle merci viaggia su canali interni, con costi inferiori nella trafila produzione-consumo del 2% rispetto all'Italia. E non è affatto vero che i principali fiumi italiani non siano navigabili.
Grazie a tutti

Carlo Bertani

Luca C. ha detto...
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Luca C. ha detto...

E infatti, ti sembrerà strano ma io avevo capito. Che il contratto di questo ex alunno (se ho ben capito) NON PREVEDE di lavorare 12 ore filate, ma 8, o giù di lì. E al limite le ore in più devi pagarmele come straordinario.
Imporre all'operaio 12 ore filate regolarmente non è civile, appunto: non gli riconosci più i diritti di cittadinanza. Lo tratti da schiavo, che deve sopravvivere per continuare a produrre.
Però, caro Bertani, accettare di lavorare 12 ore al giorno di regola per un cantiere edile (per tirare su palazzi e palazzine al posto di pascole e terreni agricoli, poi) significa accettare la schiavitù. E quindi non rappresentiamo questo giovanotto come un martire, perché non lo è, checché se ne dica.
Se il tuo preside ti chiede di fare lezione per 12 ore filate tu, spero bene, prima solleciterai un'ispezione del ministero o dell'ufficio scolastico regionale, e poi presenterai una denuncia all'autorità di polizia.
Se il tuo alunno edile fa una cosa simile oltre a non lavorare più nei cantieri rischia anche di essere aspettato in mezzo alla strada (magari alla famosa fermata della corriera) e di prendere un sacco di botte.
Però, mi scuserai ma lavorare 12 ore al giorno in un cantiere è una cosa che non riesco ugualmente a concepire (a meno che la casa non sia mia). Se lo chiedessero a me, direi di no, e mi licenzino pure.
E non sono nemmeno molto sicuro che ad accettare determinate situazioni sul mercato del lavoro si faccia del male solo a sé stessi. Non sono solo cazzi tuoi, perché ogni torto subito costituisce un precedente, o conferma una consuetudine perniciosa. C'è altro?
Saluti
Luca

Carlo Bertani ha detto...

OK Luca: adesso è chiaro (in ogni modo, la situazione è un po' diversa e non posso dire di più per non coinvolgere quel ragazzo, ma è molto, molto più grave per il contesto dove si svolge.)
Ciao.

Luca C. ha detto...

Certo, mi rendo conto, ci mancherebbe.