L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) s’interroga
sulla “esplosione” di casi in Italia, principalmente casi che si stanno
verificando nell’area del Lombardo-Veneto, e non sa fornire spiegazioni. Non
riesce a comprenderlo perché, prendendo per buone le misure di profilassi
adottate negli aeroporti, il caso italiano non dovrebbe essere molto diverso da
quello francese, inglese o tedesco: un aeroporto come Malpensa, non presenta –
sempre secondo le misure standard di prevenzione del rischio indicate dall’OMS
– differenze rispetto ad Londra, Francoforte o Parigi.
Sempre che i cinesi, o gli italiani che s’erano recati in
Cina, siano scesi in un aeroporto italiano che, ricordiamo, per i voli da/per la Cina sono soltanto Malpensa e
Fiumicino.
L’Italia, oggi, si trova ad essere l’unico (per ora) Paese
europeo ad aver subito vittime per l’infezione: ad oggi (Domenica 23/2 sera) le
vittime accertate sono 3, mentre i casi di Coronavirus accertati sono, al
momento, circa 150. Un valore altissimo per un Paese europeo.
In questo articolo non prenderò in esame le cause del
contagio, ossia se siano dovute ad una mutazione naturale del virus oppure se
si sia trattato della “fuga” di un virus modificato in ambienti militari, per
una semplice ragione: se è una questione che ha a che vedere con i militari,
non lo sapremo mai (magari fra cent’anni…) ed è quindi inutile perderci del
tempo. I virus mutano naturalmente il loro DNA con una velocità iperbolica
rispetto al mutare del genoma umano: dunque, imbastire complotti
internazionali, in questa vicenda, non è dimostrabile né di nessun aiuto.
Il punto centrale della vicenda, da prendere attentamente in
osservazione, risulta dunque la singolarità del caso italiano: domandiamoci,
chi può aver infettato?
Le risposte sono semplici: un cinese venuto dalla Cina o un
italiano tornato dalla Cina. Il quale, se fosse sceso (obbligatoriamente)
dall’aereo a Roma o Milano, difficilmente sarebbe passato: anche qui, però, un
minimo dubbio rimane, giacché il virus può anche presentarsi in modo
a-sintomatico.
Terminati questi (doverosi!) preamboli, vorrei raccontarvi una
storia che mi fu raccontata molti anni fa da una persona vicina alle forze di
polizia triestine.
Da dove vengono i cinesi? Perché nessuno di loro è mai stato
trovato su un barcone? Perché giungono e svaniscono senza lasciare traccia?
Vi riferirò cosa mi fu riferito, mentre cercavo dati per il
mio libro Ladri di organi
(Malatempora, Roma, 2005), dati che per il mio libro c’entravano poco e quindi,
all’epoca, non detti loro grande importanza.
Il Carso si divide in Carso italiano e Carso sloveno. Mentre
il Carso italiano (più a Nord) è considerato l’ultima propaggine delle Alpi
Giulie, con qualche vetta di una certa importanza, il Carso sloveno non supera
i 650 metri
d’altezza ed è, generalmente, un altopiano di scarsa altitudine.
Fino agli anni ’90 del secolo scorso, questo confine era
fortemente presidiato sia dagli italiani e sia dagli jugoslavi, poiché si
trattava pur sempre di un confine fra l’Est dell’Europa e l’Ovest. Ai valichi
di frontiera, da una parte c’erano gli italiani (armati, ovviamente) dall’altra
i vopos jugoslavi, che mostravano
senza pudore i loro Kalashnikov.
Tutte le strade del Carso – sia quelle in Italia, sia quelle
in Jugoslavia – erano presidiate da pattuglie armate, giorno e notte, tutti i
santi giorni dell’anno.
Con la fine della Jugoslavia ci fu un graduale
alleggerimento delle precauzioni, poiché da un lato c’era la nuova Slovenia che
desiderava entrare in Europa, dall’altro un’Italia che non doveva più temere i
pronipoti di Tito.
La grande caserma di Muggia (Guardia di Finanza) all’epoca
ospitava centinaia di finanzieri, che s’occupavano di presidiare una dozzina di
valichi di frontiera più il territorio: oggi è vuota e in stato di degrado.
Ciò che mi raccontarono, a Trieste, fu che siccome il Carso
triestino è un maestoso bosco, ma non presenta difficoltà ad attraversarlo (basta
camminare) e da una parte e dall’altra nessuno lo presidia più, oggi si va e si
viene in gran tranquillità. Oltretutto, oggi è “Europa” da una parte e
dall’altra.
Sloveni e croati dichiarano all’Europa d’essere un
“baluardo” per le moltitudini che s’accalcano in Bosnia direzione Europa, che
li bloccano nei campi profughi in territorio bosniaco…che nessuno passa…ma
ditemi: dopo aver visto qualche film di Emir Kusturica vi affidereste, corpo e
beni, alle loro rassicurazioni?
Recentemente, l’UE ha scoperto che le documentazioni dei
piloti sloveni erano carenti, non conformi agli standard di sicurezza del volo
in Europa: niente, se ne sono fatti un baffo. Soltanto quando l’UE l’ha messa
giù a muso duro – minacciando di sequestrare i velivoli atterrati in Europa –
hanno preso provvedimenti. La mentalità, che i triestini ben conoscono, è:
“Sono venuti in Europa, ma continuano a farsi gli affari loro come sempre”. In
ogni cosa: dalle tariffe autostradali a quelle telefoniche “pirata” che non
rispettano i confini.
Così, mi raccontarono, i cinesi sono condotti dalle loro
organizzazioni (mafiose? Non si sa nulla) fino a Pola in aereo, poiché a Pola
c’è un aeroporto internazionale. Da lì, tramite furgoni, vengono portati sul
confine del Carso, poi attraversano il confine a piedi, giungono in Italia dove
sono prelevati da altri cinesi, con altri furgoni ma sempre della medesima
organizzazione.
I furgoni non si fermano nella città giuliana, per due
motivi: perché devono spiegare a quelli che hanno convinto a compiere il lungo
viaggio, dalle zone contadine della profonda Cina fino all’Occidente, che
(almeno) per tre anni saranno assegnati come lavoratori coatti a chi li ha
richiesti. Schiavitù, per almeno tre anni: è il pagamento del “passaggio” e, spesso,
basta una buona dose di botte per calmarli.
La seconda ragione è geografica: da Trieste, puoi solo
andare verso Venezia. Là, fra Venezia e Padova, sempre in autostrada, avvengono
le divisioni dei vari “contingenti”: chi proseguirà verso la direzione Milano e
Torino, e chi invece scenderà a Prato, Roma, il Sud…
Nessuno conosce fin nei minimi particolari questo traffico,
poiché i cinesi sono bravi a nasconderlo e spietati con chi si ribella: è stato
anche girato un film – Io sono Li, di
Andrea Segre – per spiegare cosa avviene di fronte ai nostri occhi, senza che
ce ne accorgiamo. Senza che nessuno di chi sa benissimo queste cose, ce lo
racconti.
Oggi, la Cina
è una grande potenza economica, e nessuno ha interesse ad andare a rovistare
come hanno fatto ad impadronirsi del polo tessile di Prato ma la mia
spiegazione – che potrà apparire assurda – è soltanto che sono venuti per
imparare. Per apprendere le tecniche moderne delle lavorazioni tessili: quanti
sono? Diecimila? Ventimila? E cosa importa! Sono soltanto l’avanguardia dei 18
milioni d’operai tessili che ci sono in Cina!
I cinesi che raggiungono Genova per trattare la vendita
delle turbine a gas dell’Ansaldo – le più grandi, costose ed efficienti del
mondo – scendono dall’aereo al “Colombo” e probabilmente stendono loro un
tappeto rosso lungo chilometri, basta che comprino. Come quelli che si recano
in Germania per fare affari con l’industria del vento, che in Cina è la più
estesa del pianeta, per numero e produzione.
Così sopravvivono due Cine – se vogliamo – quella che
rispose al “Arricchitevi!” di Den
Xiao Ping e che c’è riuscita, e quella delle moltitudini che non ci sono
arrivate, ma che ci sperano, a differenza di noi italiani, che preferiamo
estinguerci. Fra mezzo secolo ci saremo riusciti: non sono illazioni, sono le
cifre dell’ISTAT a certificarlo. 200.000 italiani in meno ogni anno: provate a
costruire la piramide demografica per i prossimi 50 anni, e vedrete dove
andremo a finire.
Le due Cine, usano probabilmente due diverse vie per
giungere in Italia: linee aeree o, addirittura, aerei privati i grandi manager
od i ricchi turisti che passeggiano per Venezia…mentre, lì accanto, scorre un
altro esodo: silente, oscuro, misterioso.
Dimenticavo: negli anni 2000, il traffico stimato sul
confine giuliano era stimato in “circa” 25.000 persone l’anno: nemmeno tanto, a
pensarci bene. Per loro, quasi nulla.
Anni dopo, una ricercatrice del Censis m’interpellò per
avere notizie più precise sul traffico: siccome la mia fonte, all’epoca, era
ancora in vita (oggi, purtroppo, non lo è più) glissai e le dissi di chiamare
direttamente la Questura
di Trieste. Chiamò, dicendo che era il Censis a volere informazioni…niente da
fare…la fecero girare da un centralino all’altro, fin quando fu “dirottata” su
una linea morta: tut, tut, tut…
Richiamò un paio di volte, poi capì.
L’immigrazione cinese non deve essere toccata: ci sono
alcune “rotte” che sconfinano nella diplomazia internazionale e che è meglio
non percorrere…guardate cosa succede con l’Egitto e l’affaire Regeni, con l’ENI che estrae gas a tutto andare…siamo,
almeno, così intelligenti da capire. Altro non si può fare: siamo un piccolo
popolo della vecchia Europa in via d’estinzione. Non lamentiamoci troppo.
Il governatore del Friuli Venezia Giulia Fedriga, appena
nominato, sputò fuoco e fiamme per la questione del confine giuliano: fece
dichiarazioni di fuoco, riprese più volte da Salvini (all’epoca, Ministro
dell’Interno!)…strumenti di rilevamento elettronico nei punti chiave del percorso,
pattuglie, cani, animali e molecolari, elicotteri, aerei, satelliti…non è
successo niente. Come sempre, terminata la campagna elettorale, inizia il
silenzio post-elettorale.
Ci sono stato parecchie volte: non esiste un percorso
“standard”, non ci sono punti “chiave”, esiste solo un’enorme area boscosa
omogenea, decine e decine di chilometri con strade ben praticabili (eredità
italiana e jugoslava) che anche un bambino può percorrere. Ci sono gli orsi
(tipo grizzly), è vero, ma basta un fucile col silenziatore e nessuno se ne
accorge.
Il virus? Perché solo in Italia?
Chi può dirlo? Quando ho visto la cartina con le
contaminazioni ed i primi decessi, m’è tornata in mente la vecchia storia
dell’immigrazione cinese, raccontata senza pathos
di fronte ad una fresca birra Lasko,
in un tranquillo bar di Capodistria, come se stessimo parlando di calcio o del
tempo. Il percorso, il medesimo percorso: Padova, poi la “bassa” padana, quindi
verso Milano…
Potrete anche non crederci, nessuno vi obbliga a farlo, però
meditate: quante volte vi siete chiesti da dove vengono ‘sti cinesi…sui barconi
non ce n’è uno…sui gommoni nemmeno…li paracaduteranno?
E il Ministero degli Esteri italiano non ha mai saputo
nulla? E quello dell’Interno, anche quando c’era quello delle cannoniere?
Niente, nessuno sa nulla.
Meditate, gente, meditate…